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etichette e raziocino


phepye

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Mercante di Luce

Probabilmente hai ragione anche te, ma ragionando in termini di percentuale di queste persone credo che se negli anni '60 e '70 la maggior parte della gente era se stessa e tendeva a fare gruppo (ed etichetta) con chi gli era più simile, dopo questi anni c'è stato un progressivo rovesciamento delle parti.

Non per niente la maggior parte delle etichette di oggi arriva da quegli anni là, seppur con evoluzioni varie nel corso del tempo.

Così come nella musica, anche nella vita di coloro che ci sono legati tramite etichette s'è assistito ad una perdita di spessore.

Tutto questo, naturalmente e indubbiamente, a mio modesto parere.

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mi sono sempre chiesto perchè mi si dovesse inserire per forza in qualche categoria...  :)

 

 

Le persone che si etichettano io le divido in due gruppi: quelli che si etichettano perchè loro si vogliono etichettare, nel senso che si creano un'etichetta per se stessi, perchè hanno bisogno di sentire che appartengono a qualcosa e quelli che si etichettano perchè devono farsi capire dagli altri.

 

Io credo che la maggior parte di questi gruppi si etichetti perchè ha bisogno di sentire che appartiene a qualcosa, quindi per un discorso personale, più che sociale, perchè sapere che appartieni a un gruppo da sicurezza, ti senti più sicuro e più situato nel mondo.

Il problema non è l'etichetta perchè come ha detto un utente di cui non ricordo il nome, lui è metal, si sente metal e quindi è metal, stop. Lui SI SENTE  metal, ci si sente. Il problema è quando ti dai un'etichetta che poi magari neanche ti appartiene realmente, vedi gli emo, io non ho mai capito cosa sono gli emo e non so se loro sanno cosa significhi essere emo. O meglio, non so se loro SI SENTONO realmente emo o se piuttosto non sia una semplice moda. Se qualcuno lo sa me lo spieghi!!  :D  Alcuni dicono che Jared Leto sia emo, ma dove??? Il problema dell'etichetta è di limitare, come qualcuno giustamente asseriva. Insomma non si può essere solo di un modo. Qual è il confine tra l'emo e il punk? Qual è il confine tra il crudo e il cotto? Sembrano domande stupide ma neanche tanto.

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  • 2 weeks later...

A che pro allora prodigarci tanto per limitare noi stessi?

Il problema e' alla base, ed e' questo, e' vedere l'etichetta come qualcosa di limitante, ma non lo e'. Non e' che se tu sei punk vuol dire che ti DEVI comportare per forza in un certo modo, ma descrive a grandi linee alcuni tratti della tua vita e delle tue preferenze.

Personalmente sono diffidente di chi non riesce a classificarsi in nessun modo perche' di solito sono le persone piu' noiose, banali e "normali" nel senso negativo del termine che conosco. Quelle che non si interessano di niente.

 

Si', ecco, scusate per l'assenza, e non so bene se posso rispondere a questo topic (troppo vecchio?), comunque voglio soltanto precisare una cosa, Sweet, ma anche con Ariel: un pensiero va ripreso in toto, per creare una sana discussione, e non riprendere piccole parti, che sa tanto di "prendo quel che mi va comodo".

 

Sia per Ariel che per Sweet vale la medesima risposta: avete quotato una mia frase, fregandovene di quello che ho scritto dopo.

Se ve ne siete accorte, infatti, subito dopo ho scritto questo (cito testualmente):

Ovviamente questo è un discorso prettamente filosofico, non adatto alla vita di tutti i giorni.

 

 

Ma ragioniamo con calma: etimologicamente parlando (parlo nella mia ignoranza, ovviamente) "etichetta" deriva da "etica", dal greco "ethòs", e cioè "comportamento", "consuetudine".

 

Si può quindi parlare di "etichetta" intesa come una "piccola etica", cioè rivolta soltanto ad una piccola parte delle nostre azioni, come perlappunto il genere di musica che ascoltiamo, il tipo di vestiti che scegliamo di indossare, et cetera.

 

Ma IMHO il dilemma nasce proprio qui: nella società di oggi molto spesso le etichette ci costringono a limitarci, ed anche se noi cercassimo di cambiare le nostre abitudini rischieremmo quasi sicuramente di uscirne sconfitti.

Perché? Perché nella società di oggi ognuno di noi viene catalogato in un modo, e quello è in tutta la vita natural durante.

 

Se io mi professassi "punk", ma ad un certo punto iniziassi a non interessarmi più a questo genere, ma ad un altro, come ad esempio il genere "metal", tanto per rimanere in tema, quello che otterrei quasi sicuramente sarebbe uno sbigottimento da chi risultava essere vicino ai miei pensieri (che possono essere punk, metal, et cetera), e nel peggiore dei casi anche ad attacchi verbali o fisici, diretti od indiretti.

 

Ovviamente questo è un discorso che può valere sia con argomenti piuttosto "banali" rispetto la nostra essenza (come ad esempio quale cibo mi piace, et cetera), ma anche con quelli molto più intimi (come la propria sessualità), perché non è raro guardarsi attorno e vedere che molta gente perpetua attacchi di questo tipo giustificandosi dicendo che le loro vittime sono (o erano, dipende dai casi) "diversi".

 

 

Quindi, penso che ognuno possa fare tutto quello che vuole riguardo TUTTI gli aspetti della propria vita, come anche "etichettarsi" oppure scegliere di non farlo, ma personalmente non mi piace molto l'idea di limitare noi stessi, come l'"etichetta" impone.

Tuttavia, esprimere il mio dissenso circa l'etichettarsi non mi impone di non interessarmi a niente, anzi, ci sono diverse cose che mi piacciono, diversi gruppi che mi piacciono, e diversi tipi di vestiti che mi piace indossare.

Ma non mi va di metterli tutti in un unico insieme, ogni cosa trasmette un sentimento diverso, che non può essere associato con qualcosa di diverso.

 

Poi, "De gustibus non disputandum est".

 

 

PS: Tutto il mio discorso è espesso in chiave PRETTAMENTE personale, e pertanto non nego che possano esserci contraddizioni più o meno grandi, ma vi prego, se dovete quotarlo, di quotarlo in toto e non estrapolando scorci di frasi, altrimenti a cosa serve la discussione? Be happy. =)

 

PPS: Se questo post infrange in qualche modo il Regolamento non esitate a rimuoverlo. Personalmente parlando ero in dubbio sul poter postare di nuovo in questo topic. °°

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Peccato che quotare in toto non e' permesso dal regolamento e quindi e' per quello che uno riporta piccoli pezzi di frase.

 

Ma IMHO il dilemma nasce proprio qui: nella società di oggi molto spesso le etichette ci costringono a limitarci,

In che modo? Prego, fammi degli esempi pratici. Quello sottostante non vale:

 

Se io mi professassi "punk", ma ad un certo punto iniziassi a non interessarmi più a questo genere, ma ad un altro, come ad esempio il genere "metal", tanto per rimanere in tema, quello che otterrei quasi sicuramente sarebbe uno sbigottimento da chi risultava essere vicino ai miei pensieri (che possono essere punk, metal, et cetera), e nel peggiore dei casi anche ad attacchi verbali o fisici, diretti od indiretti.

Questo e' un esempio ipotetico e molto molto lontano dalla realta'. Voglio un esempio pratico di in che modo un'etichetta ti limiterebbe.

Non so quanti anni hai o che adolescenza hai avuto ma solo io ho visto gente che tranquillamente passava da una fase all'altra senza troppi problemi? E non e' che riceveva attacchi verbali o fisici per questo, magari cambiava alcune frequentazioni ma diciamoci la verita' queste cose succedono anche in eta' adulta e per motivi molto piu' futili di qualche classificazione.

Quindi o tu hai subito qualche brutta discriminazione per un'etichetta che adesso universalizzi, oppure sei semplicemente una persona molto catastrofica che dipinge situazioni in realta' parecchio inverosimili.

 

Ovviamente questo è un discorso che può valere sia con argomenti piuttosto "banali" rispetto la nostra essenza (come ad esempio quale cibo mi piace, et cetera), ma anche con quelli molto più intimi (come la propria sessualità), perché non è raro guardarsi attorno e vedere che molta gente perpetua attacchi di questo tipo giustificandosi dicendo che le loro vittime sono (o erano, dipende dai casi) "diversi".

Se ti vesti di nero e ti professi metallaro ci sara' sempre chi si crede migliore di te.

Se ti vesti di nero e rifiuti per una qualche tua allergia alle definizioni di professarti metallaro... quelle persone ti "leggeranno" comunque come metallaro e si crederanno sempre migliori di te.

La gente se la prende col diverso, questo e' vero. Ma non con come il diverso si chiama, ma con quello che FA.

Pensi che un omosessuale "che non si etichetta" faccia meno schifo a un omofobo di uno che si etichetta? A me non pare proprio perche' tutto quello che l'omofobo vede e' uno che lo prende nel culo, chi se ne frega se ci si fa chiamare anche o no.

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Che dire... molti tendono ad etichettare, e a volte, devo etichettarmi pure io, nonostante si, segui il filone dark, ma più che altro, mi reputo me stesso, sia nel vestire che nel pensare.

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Che io sappia il tuo post non infrange per niente il Regolamento, anzi - sarebbe sbagliato aprire un nuovo topic sullo stesso argomento (cosa che molti utenti sembrano fare ultimamente), non riprenderlo :awk:

 

Mi dispiace di averti dato quest'impressione, ho dato per scontato che, per quanto non comodamente applicabile alla vita di tutti i giorni, tu applicassi in pratica la tua filosofia, perchè è quello che faccio io. Non è un discorso di coerenza, nè ti biasimo per avere delle filosofie che poi non applichi, è che io personalmente amo vivere secondo tutti i miei principi ideali, anche quelli non facili - non avrei dovuto lasciare implicita questa parte del discorso.

 

La differenza tra i nostri due pensieri pratici (quindi non le teorie, che già sono abbastanza diverse di per sè) è che tu consideri anche l'ambiente esterno come parte dell'etichetta. Le persone che sono parte del tuo gruppo, che condividono gli stessi pensieri, cioè porti giustamente a un livello puramente sociale l'etichetta.

 

Per me non è così, il mondo esterno non può essere parte di come mi catalogo. Correggimi se sbaglio, ma mi pare quasi che tu non ti etichetti in nessun modo per paura di tradire coloro che si etichettano nello stesso modo, nel caso in cui tu cambi etichetta.

 

Sono sicura che tu t'interessi a diversi gruppi e attività, ma davvero non capisco, per quanto unici possano essere i sentimenti che ti scatenano, a quale sistema di riferimento tu ti rivolga per definirti, allora.

 

Lasciando da parte il discorso musica, perchè anch'io lì ho gusti così variegati che un'etichetta sola è piuttosto impossibile (anche se si potrebbe dire che persino 'amante della musica' sia un'etichetta).

 

Mettiamo che tu suoni il clavicembalo. Sei, quindi, un suonatore di clavicembalo, è una definizione ben chiara, anche se tu magari suoni con molta più maestria e sentimento dei tuoi predecessori, e scateni con lo strumento sensazioni intense e mai conosciute prima d'ora. Frequenti il club dei suonatori di clavicembalo. Un giorno, decidi di imparare a suonare la chitarra, e lentamente smetti di suonare il clavicembalo. Semplicemente, non ti senti più di suonarlo - diventi invece un chitarrista. I tuoi amici amanti del clavicembalo sono disgustati e non ti vogliono più vedere.

Questo ti rende meno chitarrista? L'esserlo ora invalida il tuo essere stato suonatore di clavicembalo? Se sei entrambi, non puoi semplicemente definirti come suonatore eclettico ("Per la precisione, suono clavicembalo e chitarra")?

 

Forse ti sembrerà che questo discorso non abbia alcuna applicazione pratica a quello che stiamo facendo sulle etichette, ma è più un paradosso (fino a un certo punto. Non so nel mondo della musica, ma nel mondo dell'arte sono piuttosto delineati molti gruppi basati sullo stile, e posso avere il mio stile personale, come tutti, ma avrò delle influenze piuttosto indentificabili, no?), per cercare di spiegare perchè io non riesco a concepire una non-definizione.

Per me è quasi uno stato di non esistenza delle cose, non so come altro spiegare quello che sono e quello che faccio, se non con delle parole precise. Forse quello è il mio vero limite.

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Ma ragioniamo con calma: etimologicamente parlando (parlo nella mia ignoranza, ovviamente) "etichetta" deriva da "etica", dal greco "ethòs", e cioè "comportamento", "consuetudine".

 

Si può quindi parlare di "etichetta" intesa come una "piccola etica"

 

Ma...ma...stai scherzando?  :awk: :awk:

 

«Etichetta»  viene dal francese étiquette che a sua volta deriva dal francese antico estiquer che significa «attaccare».

Designa un cartellino che si «attacca» sopra bottiglie scatole o casse o recipienti per indicare quantità e qualità del contenuto,

oppure sul dorso di libri per indicare la loro collocazione negli scaffali di una biblioteca, e simili. Il significato figurato «definizione

sommaria», denominazione con cui si indica qualcosa, viene da qui.

 

PS: Appena si tiene un concorso per la battuta più surrealista, partecipa!  :rotfl::sisi:

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fallendaydreamer

Non amo chi si etichetta 'punk' senza sapere la storia del punk, esattamente come non amo chi, da gay, non s'informa un minimo sulla storia del movimento.

Diciamo che la cosa è un tantino diversa, la definizione di gay implica soltanto il fatto di essere attratti dallo stesso sesso, non il fatto di essere informati sulla storia del movimento, qualsiasi altra cosa è superflua. La definizione di punk invece è più complessa, ha a che fare col movimento giovanile sorto negli anni '70, e il paragone, secondo me, non regge.

Una cosa che ho notato comunque è che più che etichettarsi, la gente etichetta. Non ho mai sentito nessuno dire "io sono emo/punk/metallaro/truzzo". Ho soltanto sentito dire "quello è emo" e così via.

A meno che un'etichetta non abbia una definizione univoca e semplice, come ad esempio gay, io cerco di non utilizzarle, dato che assumono un significato soggettivo. A volte però sono molto utili. Io non conosco la storia emo, per cui, io, se dico emo, mi riferisco al look di una persona, e credo che sia lo stesso nell'immaginario collettivo. E qui viene l'utilità dell'etichetta, se dico "ho incontrato Andrea", qualcuno può non capire a chi mi riferisco, se dico "ho incontraot Andrea, quello emo", che lo sia veramente o meno, in questo modo è molto più probabile che si capisca a chi mi riferisco.

L'etichetta quindi, seppur soggettiva e a volte non del tutto appropriata, è utile per rafforzare l'identità di qualcuno, o la propria.

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L'idea di identificarsi per la musica che si ascolta

è una tendenza nata negli anni Ottanta,

mentre nei Settanta ci si divideva

soltanto per le idee politiche.

 

Ma mentre negli Ottanta

ci si odiava per le diverse appartenenze;

ora si è aggressivi verso chi non è veramente

quello che sembra.

 

E' una tendenza quella di dare del poseur

che mi pare sia cresciuta moltissimo.

Ora si dice:

"Non mi piaci perchè NON sei un VERO metallaro, punk, truzzo..."

e non più: "Non mi piaci perchè sei un vero metallaro, etc..."

 

Il termine "poseur" è un termine dei Goth,

ma ora viene esteso indistintamente

a tutte le sotto-culture giovanili.

 

 

Grazie, Almadel Traduttore e Interprete!

Sono riuscito così a orizzontarmi in un topic per me di primo acchito incomprensibile.

Datemi una mano a capirne di più. formulo alcune domande:

 

- queste sotto-culture sono molto diffuse e imprescindibili,

oppure vi aderisce solo una determinata fascia della popolazione giovanile?

- qual è il rapporto tra appartenere a queste sotto-culture e il livello culturale-sociale

dei ragazzi e delle ragazze appartenenti?

- come sono visti dai coetanei quelli che non appartengono a una qualunque etichetta?

- servono veramente per socializzare?

- se cìè un rapporto con una fascia d'età, a che età si esce per sempre dal mondo

delle etichette?

 

Grazie a chi vorrà rispondere.

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Isher, ringrazia il fatto che ho un fratello

non ancora ventenne! :awk:

Peraltro - per me - lui e i suoi amici sono identificabili

in quell'etichetta che negli Anni '90 recava scritto "raver";

ma che per loro non ha alcun significato.

Ascoltano musica elettronica e "sono quelli che vanno alle feste"

(le "feste" sono quelle cose che io chiamavo "rave");

ma la differenza rispetto a dieci anni fa è l'ecclettismo.

Tutti si entusiasmano per generi musicali disparati

- musica classica, cantautori, reggae, progressive -

vengono persino alle serate gay per ballare "la trash"

("la trash" sarebbe il revival, come la Carrà...)

Eppure sono tutti "riconoscibili",

non so come vengano additati dagli altri...

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Isher, ringrazia il fatto che ho un fratello

non ancora ventenne! :rotfl:

 

 

Ma la capacità ermeneutica, di traduttore e interprete, ce la metti tu!  :awk:

Strano poi perché la tua età ti colloca più o meno nella loro: si vede che l'attivismo glbt

ha rappresentato per te un'esperienza compensativa e correttiva rispetto a questo mondo delle

etichette che a parte l'aspetto ludico positivo, a me sembra fondato sul black out della dimensione

storica, critica, politica, della realtà, su una sorta di apprensione orizzontale della realtà.

 

In chiave foucaldiana, non ho potuto non pensare, leggendo alcuni post, che i ragazzi si

raggruppano spontaneamente, e molto facilmente, in grandi insieme autoregolantisi, i quali prescrivono

comportamenti, modi di vivere, modi di pensare, senza che questa funzione del Potere sia avvertita

come tale, come una funzione per l'appunto esterna, ma, essendo disseminata e circolante,

non genera alcuna forma di resistenza. Di qui la completa internità alle etichette di chi le adotta

e l'accanimento a tenerle in vita (tu non sei una vera metallara, tu non sei un vero punk),

e d'altra parte la loro interscambiabilità, per cui non se ne esce.

 

Altra cosa che mi ha colpito è che i ragazzi uniscono nel termine etichetta cose profondamente dissimili: qualcuno

ha citato l'essere gay e l'essere lesbica accanto all'essere punk o truzzo o che so io. Non fate nessuna distinzione?

L'identità personale, di orientamento sessuale, di genere, sta sullo stesso piano della

preferenza per un genere musicale? Questo è quello che chiamavo orizzontalità assoluta della percezione della realtà.

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Isher se consideri quanto spesso la gente paragona l'essere bisessuale a mangiare un gelato ("mi piace la vaniglia ma anche il cioccolato", argomentazione che ho sentito ad nauseam!) direi che paragoni tra orientamento sessuale e musica che si ascolta al confronto impallidiscono :awk:

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Sweet, non toccarmi i paragoni col gelato!

Mi tornano sempre utili quando si parla di "cause",

diventano ridicoli però quando si parla di "progetti".

 

Sarà anche vero che un "punk gay" e un "punk etero"

faranno più volentieri gruppo insieme

rispetto a un "truzzo gay" e un "punk gay".

O forse no?

 

Si sta rischiando l'off topic?

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Se stiamo rischiando l'OT allora rilancio con una cosa che mi e' venuta in mente ieri sera dopo che ho postato, e non mi andava di editare per aggiungerla:

 

voi direste mai a un tifoso di calcio di non etichettarsi? o meglio avete mai visto un tifoso di calcio dire "si', supporto questa squadra, ma non mi etichetto"? per lui quell'identita' e' tutta la sua vita... e non e' forse lo stesso per un gay o per un punk (serio) e perche' no... persino per un emo... finche' non trova qualcos'altro a cui appassionarsi :awk:

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voi direste mai a un tifoso di calcio di non etichettarsi? o meglio avete mai visto un tifoso di calcio dire "si', supporto questa squadra, ma non mi etichetto"? per lui quell'identita' e' tutta la sua vita... e non e' forse lo stesso per un gay o per un punk (serio) e perche' no... persino per un emo... finche' non trova qualcos'altro a cui appassionarsi :awk:

 

 

No, non glielo chiederei mai, ma proprio perché si tratta di un tifoso,

e io distinguo il tifoso da un gay.

 

Se si parte dalla passione, cioè dalla carica della passione, tutto diventa accomunabile.

Significa però partire dagli effetti, ma cose che producono gli stessi effetti non sono

necessariamente simili o omogenee tra loro.

 

Capisco però che questo modo di esprimersi facilita la caduta di paure verso l'omosessualità,

o verso comportamenti considerati "eccentrici", e sdrammatizza tutto: e questo è un bene.

Dire: «sì, mi piace la vaniglia come il cioccolato», oppure: «a te piace la fragola, a me la banana»,

esonera da fastidiose spiegazioni, dal dover rendere conto di un presunta "diversità", insomma

è uno stile di parola che va benissimo nel sociale, con sconosciuti e con avversari ideologici.

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Se si parte dalla passione, cioè dalla carica della passione, tutto diventa accomunabile.

Io sono d'accordo, ma mi sembra che molti qui abbiano confutato questo atteggiamento, dicendo che non vorrebbero essere accomunati nemmeno a un gruppo basato sulla passione per qualcosa (eg. metallari).

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