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Facoltà di Lettere & Filosofia


misterbaby

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L'alternativa è riciclarsi, un po' triste ma...a volte inevitabile.

Perché triste?

Direi che lo è se il mio unico sogno fosse studiare i metri lirici dell'ultimo Euripide, ma altrimenti se si ha un ventaglio più ampio (a volte molto molto ampio) di scelte che potrebbero andare bene, non riesco a vederlo come un ripiegare triste su qualcosa che fa schifo in modo inenarrabile.

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@starlight: quanto hai ragione! =) il sistema triennale+biennale è terribile e fa solo perdere tempo..

@skanda: la penso come te, ma secondo me nessuno deve farsi assorbire troppo dal suo lavoro, non solo noi donne! =)

@divine: hai ragione anche tu, perchè questo è il grande limite di lettere, e devo ammettere che sono tra le pazze che puntano all'insegnamento X_X in ogni caso è come dice stralight, bisogna cercare di inventarlo il lavoro o di adattarsi

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Oh, quante risposte!

Allora, voi avete decisamente ragione sul fatto che occorre scegliere una facoltà che piaccia, anche perchè con la disorganizzazione imperante delle uni italiane se non si ha una ferrea volontà si lascia dopo 2 anni o si finisce a 40 anni. Oltretutto devo ammettere che ho sbagliato a dire "abbiamo sbagliato a scegliere questa facoltà", chi sono io per parlare per voi? E chi lo dice che per voi è uno sbaglio? Diciamo che IO credo di aver commesso un errore. Ma questo lo posso dire solo col senno di poi, perchè allora io come voi credevo nella mia scelta e non credevo sarebbe stato tutto così deludente (è chiaro che è facile parlare col senno di poi, ma così è). Il discorso mio s'incentra su questa osservazione: che senso ha fare MALE una cosa che piace? Molto meglio fare BENE una cosa che non è poi così nelle proprie corde, ma che possa ripagare dopo. Io l'avevo capito dopo il primo anno che era una mezza sòla, st'università (parlo del MIO caso), ma sono voluto andare avanti e questo è stato il mio errore. Oltretutto vedo gente che magari non ha fatto proprio quello che sognava e ora viene seppur parzialmente premiata per lo sforzo...non so. Bisogna essere fieri di aver scelto ciò che ci piace, sì, ma nel momento in cui viene ad essere tutto fumo e niente arrosto, il piacere, almeno per me, svanisce in massima parte.

 

Il nuovo ordinamento, 3+2 3x2 paghi 3 e prendi 2 in effetti è un po' una porcheria, avrebbe anche delle potenzialità ma non si è saputo applicare nlle università, anche a causa delle resistenze di docenti che fanno il c...o che vogliono, senza che nessuno gli dica o A o B o C e ti ammollano 4680272920 libri per esametti da 4 CFU. Oltretutto anche questo discorso della "specializzazione", sì, andrà anche bene, ma francamente fa anche un po' ridere (NON MI RIFERISCO A CHI HA SCRITTO QUI ma a chi effettivamente lo dice nel mondo del lavoro), perchè spesso sento dire e ripetere a pappardella che nel mondo del lavoro ad alti livelli ci vogliono competenze trasversali, essere duttili, pronti al cambiamento eccetera eccetera e poi richiedono la specializzazione estrema. E' sempre il solito discorso del "specializzato ma non troppo", "qualificato ma non troppo", "neolaureato ma con anni di esperienza"...tutti sti paradossi che sanno di presa per il c..o e basta. Vabbè ma sto divagando.

 

Sul discorso lauree, a me sembra che cadano sul morbido solo CERTI TIPI D'INGEGNERIA, le PROFESSIONI SANITARIE (ma non tutte), STATISTICA, ECONOMIA (ma non sempre) e stop. Per il resto mi sembra che si navighi comunque nella cacca, anche i laureati in legge: tutti quelli che conosco al massimo fanno praticantato da 5000 anni con retribuzione miserrima. Ma è inutile stare tanto a guardare le altre lauree, occorrerebbe vedere che chi esce da molte facoltà umanistiche non è affatto preparato, ma lo fa solo per parcheggiarsi un po' d'anni e il problema è che il sistema glielo consente, la gente meno preparata non viene penalizzata, anzi...quanti 110 e lode ho visto di persone assolutamente inadeguate che sono riuscite nel loro intento solo a forza di fare esami notoriamente "facili" con prof "malleabili" che la tesi manco la leggono. Questo porta a dequalificare le lauree umanistiche come Lettere ma anche le altre e MI RINCRESCE DAVVERO DIRLO, ma molti pregiudizi che si hanno sulle facoltà umanistiche, che sono facili e non preparano, PURTROPPO IN PARTE SONO VERI! Ho maturato questa convinzione parlando con persone di vari atenei (quelli romani, in primis, ma anche quelli limitrofi, anche se non si dovrebbe generalizzare, però...). E poi i corsi, come ho già detto, sono organizzati male: vi pare possibile che una laurea in Lettere che in teoria dovrebbe preparare ANCHE all'insegnamento, non preveda MANCO UN ESAME DI PSICOLOGIA o PEDAGOGIA? Ma chi l'ha fatti sti piani di studio, una commissione di ubriachi che s'ammazzano di cicchetti in birreria??? Ora non so come siate messi voi, ma da me così funziona.

 

Sul fatto di riciclarsi, mi spiego meglio: non è negativo di per sè riciclarsi, ma è molto complesso. Bisogna rimettersi in gioco completamente, acquisire tutta un'altra forma mentis, ricominciare daccapo e ciò può essere molto dispendioso sia emotivamente che proprio economicamente! Soprattutto, bisogna sapersi riciclare ma nella direzione giusta, perchè se s'intraprende una strada alternativa che comunque non si rivela essere la nostra, ecco un altro buco nell'acqua! Non è facile per niente, per questo è una prospettiva un po' triste se la si guarda bene, anche perchè c'è chi è più abile nel farlo e c'è invece chi magari proprio non gliela fa.

 

Madonna che pippone! La smetto subito, ma questo è un tema che mi sta a cuore.

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litterae non dant panem.

 

caro fred, ecco la sintesi massima del tuo giusto discorso, già gli antichi lo avevano capito! purtroppo chi sceglie questa strada è consapevole del rischio che corre e del fatto che sta mettendo in gioco alcuni anni preziosi per investirli in un futuro che si spera ci sia e sia positivo. non sempre l'investimento va a buon fine, è inevitabile, ma se hai scelto di giocare consapevolmente e perdi, tutto ciò che ti resta da fare è cercare di recuperare in altro i soldi persi. è così, lo sapevamo e lo sappiamo, ma adesso che siamo in ballo, balliamo.

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No, non è tanto quello...il punto è che oggi le facoltà umanistiche sono diventate di massa a prescindere dall'attitudine e dalla preparazione di partenza dei singoli, i corsi vanno al ribasso per stare dietro a queste persone che sono comunque paganti e via con una serie di laureati inadeguati che il mercato non riesce neanche ad assorbire. Per tirare fuori il panem dalle litterae bisogna riqualificare il tutto, dare spazio a MENO gente e PIU' meritevole*, riformare la didattica dalle fondamenta etc etc etc. Sarà un discorso impopolare, ma il livello basso delle università e quello di aver fatto superficialmente una cosa che amavo e non per mia responsabilità sono i miei veri crucci, ripeto, non essermi pentito perchè le lettere non danno pane...me ne sarei dovuto accorgere prima come gli antichi :D. Che poi le lettere non danno panem, è vero fino ad un certo punto, ci vuole gente brava che sappia trarre il panem.

 

*Magari io non rientro in questa schiera, eh, non è un discorso per me...anzi, magari un bel NO ti spinge a scegliere altro.

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No, non è tanto quello...il punto è che oggi le facoltà umanistiche sono diventate di massa a prescindere dall'attitudine e dalla preparazione di partenza dei singoli, i corsi vanno al ribasso per stare dietro a queste persone che sono comunque paganti e via con una serie di laureati inadeguati che il mercato non riesce neanche ad assorbire. Per tirare fuori il panem dalle litterae bisogna riqualificare il tutto, dare spazio a MENO gente e PIU' meritevole*, riformare la didattica dalle fondamenta etc etc etc.

 

 

ma questo si dovrebbe fare in qualsiasi facoltà, non solo nella nostra.

basta farsi un giro a giurisprudenza ma rendersi conto del livello medio: troppa gente, centinaia di persone a seguire i corsi. ma alla fine la preparazione è davvero buona?

oramai al giorno d'oggi all'università si iscrivono cani e porci, non è più come una volta che studiava solo chi aveva i mezzi economici per farlo e una laurea dava prestigio a una famiglia fino alla settima generazione.

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misterbaby

Io invece quando mi iscrissi a lettere moderne avevo il sogno dell'insegnamento, ora invece...Una mia amica, quasi laureata in lettere moderne, vorrebbe passare a scienze della formazione primaria, anzicchè fare la specialistica in filologia moderna, perché ha sentito dire che è più facile entrare nelle scuole elementari...Sinceramente, sono un po' scettico.

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Sul discorso lauree, a me sembra che cadano sul morbido solo CERTI TIPI D'INGEGNERIA, le PROFESSIONI SANITARIE (ma non tutte), STATISTICA, ECONOMIA (ma non sempre) e stop. Per il resto mi sembra che si navighi comunque nella cacca.

 

più o meno è così, io penso sempre che sia meglio laurearsi in una materia che interessa piuttosto che non laurearsi in qualcosa che non interessa anche se potrebbe dare lavoro, perchè è facile perdere interesse e voglia di studiare e finire di rimanerci anni inutilmente. lo dico anche perchè vedo tanti ragazzi che vanno all'università del tutto annoiati, questi farebbero meglio a trovarsi un lavoro senza perdere tempo perchè è più conveniente. e questo è importante per voi in lettere perchè siete veramente in tanti, se non ci sarà posto per tutti io penso che sia meglio che, chi non è veramente interessato, faccia altro. (andare a zappare)

 

litterae non dant panem.

 

mancum scientia :rotfl::ling:

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eh purtroppo no, non tutti i tipi scientia XD

comunque è vero, è un discorso che riguarda l'unviersità in genere, perchè troppe persone scelgono di andare all'uni solo per parcheggiarsi e non perchè veramente motivati..

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Presente. Futuro filosofo, cioè futuro disoccupato (questa era d'obbligo).

 

Mi trovo benissimo e sono entusiasta di ciò che sto facendo. Media (per ora) > di 30 e mi mancano pochi esami per finire.

 

Ultimo esame dato: proprio pedagogia, e peraltro la buona prof cercava di tirarmi su e di farmi capire che è un luogo comune che non si possa trovare lavoro, che anzi i filosofi hanno un vasto raggio di possibilità, ad esempio nelle case editrici (è l'ultima moda per i filosofi: si dice sempre che possono lavorare nelle case editrici). D'altra parte la mia ambizione sarebbe proseguire gli studi.

 

Mal che vada, per arrotondare, cercherò di buttarmi sulla "consulenza filosofica", che è l'ennesimo nuovo modo post-moderno di dire "ti dò una pacca sulla spalla, però metaforica perché toccarti infrange il distacco professionale ed è anche poco igienico, e in cambio tu mi allunghi 50 euro, però adesso sai prenderla con filosofia: vuoi mettere?"

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Il discorso mio s'incentra su questa osservazione: che senso ha fare MALE una cosa che piace? Molto meglio fare BENE una cosa che non è poi così nelle proprie corde, ma che possa ripagare dopo. Io l'avevo capito dopo il primo anno che era una mezza sòla, st'università (parlo del MIO caso), ma sono voluto andare avanti e questo è stato il mio errore. Oltretutto vedo gente che magari non ha fatto proprio quello che sognava e ora viene seppur parzialmente premiata per lo sforzo...non so. Bisogna essere fieri di aver scelto ciò che ci piace, sì, ma nel momento in cui viene ad essere tutto fumo e niente arrosto, il piacere, almeno per me, svanisce in massima parte.

 

 

scusa fred ma io sto discorso non l'ho capito. in che senso fare male una cosa che piace? che intendi x fare male? nel senso che il sistema ti porta cmq a studiare male? ma se tu hai la passione farai di tutto x studiare al meglio. io amavo antropologia e l'amo tuttora e e la rifarei altre mille volte finchè muoio.

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Mal che vada, per arrotondare, cercherò di buttarmi sulla "consulenza filosofica", che è l'ennesimo nuovo modo post-moderno di dire

"ti dò una pacca sulla spalla, però metaforica perché toccarti infrange il distacco professionale ed è anche poco igienico, e in cambio

tu mi allunghi 50 euro, però adesso sai prenderla con filosofia: vuoi mettere?"

 

Verlaine, mi spieghi meglio cos'è 'sta cosa del consulente filosofico? Ne ho sentito parlare e stento a credere che sia vera, ma pare

sia verissima. Alcune domande? Chi va da un CF? Che cosa dovrebbe ottenere: una riformulazione in termini filosofici

delle sue problematiche? Perché dovrebbe andarci?

 

Il mio contributo alla discussione generale è il seguente:

 

1 uno che si iscrive a LeF deve frequentarla come se si fosse iscritto alla più difficile e ardua delle facoltà scientifiche, adottare uno

stile di vita conseguente, frequentare le lezioni dei professori più bravi e più seri;

 

2 studiare sempre un elevato numero di ore al giorno, andando ben al di là di quanto richiesto dallo stretto programma dei vari

moduli e modulastri;

 

3 farsi un programma di letture anche personali, che duri per tutti e cinque gli anni, e non farsi guidare unicamente dal criterio

della passione, che può favorire la pigrizia, ma leggere sempre soprattutto i grandi classici.

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Concordo, Isher. Se uno si iscrive - mettiamo - a filosofia, e però non si entusiasma in modo sincero nell'aprire l'edizione delle lettere di Cartesio di 1500 pagine, o nel passare ore in biblioteca a cercare oscuri libri in inglese sulle diverse flessioni dell'idealismo tedesco, o simili, per puro hobby (cioè non per necessità d'esame), forse ha sbagliato facoltà. E lo stesso - mutate le mutande - penso si possa dire dei corsi letterarii, storici etc. Tuttavia, io consiglierei invece - per le letture personali - di seguire la passione, che, lungi dall'impigrire, porta invece gratificazione e, appunto, entusiasmo nella ricerca personale - e quindi anche risultati, che poi spingono a proseguire con più energia. Certo ogni tanto bisogna anche dare una chance a ciò che è classico, indipendentemente dal gusto, ma senza vincoli: una chance che ci si deve permettere di revocare.

 

Riguardo la consulenza filosofica, ebbene sì, pare sia proprio vera. Condivido le tue perplessità, l'avrai capito dal tono con cui ne ho scritto. E ti dirò di più: esistono anche altri tipi di consulenza: la consulenza autobiografica, la consulenza estetica... Sono "nuove" figure professionali, sulla cui utilità nella sostanza la mia riduzione macchiettistica può essere presa con serenità alla lettera. Il consulente NON si occupa dell'inconscio, a differenza dello psicoterapeuta, né in generale di intervenire su un dato problema del consultante (come ad es. gli psicoterapeuti della terapia breve strategica); bensì si rivolge unicamente alle problematiche -esistenziali-. Quindi, niente indagini sull'inconscio e niente consigli pratici.

 

La consulenza autobiografica, o filosofica, o estetica si adopera per quei disagi interiori che non sono riducibili a una patologia, ma sono comunque esperienza comune dell'essere umano: il mal di vivere, lo smarrimento metafisico, il confronto con il dolore, con il lutto, con l'avvicinarsi della morte, l'incontro con la propria caducità, con i propri limiti, le condizioni di esilio, il mutamento inarrestabile, etc.etc. E si propone di costruire, in un percorso di scambio, quindi dialogico, diamnestico e in alcuni casi anche diagrafico, una consapevolezza nuova, che possa aiutare il consultante a trasformare tali situazioni di disagio esistenziale da handicap puri e semplici in occasioni di crescita interiore e di attivazione della creatività. Il consulente filosofico usa l'impostazione filosofica (e la tradizione filosofica) per, ad esempio, costruire una narrazione nuova, più "grandiosa" e raffinata, del mal di vivere o del disagio esistenziale del consultante che, dall'idea di "inefficienza", di mero "guasto" a cui ogni malessere è re-legato nel contesto di oggi, la rivaluti in senso creativo, sottolineando che sono esperienze tipiche dell'umano, che quindi coinvolgono le sue facoltà superiori, e che perciò possono essere lette e vissute in modo nobilitante, come facevano i poeti dello spleen, della decadenza, i romantici, etc.etc.

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Tuttavia, io consiglierei invece - per le letture personali - di seguire la passione, che, lungi dall'impigrire, porta invece gratificazione

e, appunto, entusiasmo nella ricerca personale - e quindi anche risultati, che poi spingono a proseguire con più energia. Certo ogni tanto

bisogna anche dare una chance a ciò che è classico, indipendentemente dal gusto, ma senza vincoli: una chance che ci si deve permettere

di revocare.

 

 

Ma hai ragione. La passione è un grande motore. E dato lo sterminato campo di letture che uno ha di fronte, potenzialmente, serve anche

da guida e criterio. Tuttavia esistono anche dei passaggi obbligati. È vero però che per questi ultimi bisogna darsi più tempo, non i 25 o 26

anni (se ad esempio uno si laurei a questa età), ma i 35 e 40.

 

 

La consulenza autobiografica, o filosofica, o estetica si adopera per quei disagi interiori che non sono riducibili a una patologia

Il consulente filosofico usa l'impostazione filosofica (e la tradizione filosofica) per, ad esempio, costruire una narrazione nuova,

più "grandiosa" e raffinata, del mal di vivere o del disagio esistenziale del consultante

 

 

Una sorta di narratologia con chiavi, strumenti e cultura filosofica: ha il suo fascino, e richiede competenze sicure, per essere qualcosa

di serio. In effetti la mia prima domanda verteva sul «chi» può essere il consultante: direi una persona agiata, colta, magari non di filosofia,

perché altrimenti l'effetto-sorpresa può non scattare. È comunque una abilità interessante, portato di nuovi tempi.

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FreakyFred

Io valuto seriamente, in parallelo al dottorato che conto di iniziare a ottobre, di prendere una laurea triennale in filosofia. Non posso negare che l'impronta scientifica e quella speculativa abbiano peso del tutto paragonabile nella struttura del mio pensiero.

Spererei di poter trovare un punto di sintesi nelle scienze cognitive e nella filosofia della mente, anche se poi, nel mio stile, finirei indubbiamente col costituire tutto in un sistema di pensiero organico in ogni sua parte, e dunque finirei col fare anche l'epistemologo, e il metafisico, eccetera eccetera...

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In effetti la mia prima domanda verteva sul «chi» può essere il consultante: direi una persona agiata, colta, magari non di filosofia,

perché altrimenti l'effetto-sorpresa può non scattare. È comunque una abilità interessante, portato di nuovi tempi.

 

Sono molto curioso anch'io di vedere la faccia di una persona in grado di farsi intortare da un "consulente filosofico". Forse è per questo che la cosa mi ispira; e penso che sarei anche portato per un'attività del genere.

 

Concordo col tuo identikit: servono soldi e tempo da perdere per intraprendere un simile percorso, e avere una cultura del tipo infarinatura, però tale da far sì che il soggetto sia convinto di essere una persona colta e raffinata.

 

Diverso sarebbe il caso di una persona filosoficamente preparata e davvero colta, che si rivolgesse a una consulenza filosofica in un momento di grave disagio esistenziale. Chissà, magari capita anche questo. (Non penso che sia impossibile, non credo sia necessario l'effetto sorpresa su questa o quella teoria, ma piuttosto la capacità di aprire diversi punti di vista e criteri interpretativi al consultante.) In tal caso la cosa diverrebbe un po' più interessante, quasi un vero confronto filosofico di alto livello.

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L'unica cosa che possiamo dire, in margine a questa figura del consulente filosofico, della quale in effetti

mi hanno parlato alcuni laureati in Filosofia come di prospettiva di lavoro non così inconsistente come

potrebbe sembrare, e anche con un certo interesse intrinseco, da parte loro, è che con essa si ricuce, in

qualche modo, il divorzio tra teoria e prassi, tra vita e pensiero, che erano invece strettamente uniti nella

filosofia greca, e hanno costituito per secoli un carattere distintivo della filosofia. D'altra parte, dopo la

«chiacchiera», o «conversazione», di Rorty, perché non la consulenza filosofica? Che al limite, fatta

veramente bene, può essere di livello anche superiore. Anche perché avrebbe un qualche rapporto con

la verità, la verità soggettiva in questo caso, o anche verità-pragmatica (la narrazione che funziona per

me o è adeguata a me), mentre la chiacchiera non ne ha alcuno. E tu Verlaine, da quel pochissimo che ti

conosco virtualmente, secondo me ci saresti portato. Altra osservazione marginale è che essa è un evidente

sostituto laico della religione (ricorda gli esercizi spirituali dei quali ha parlato e straparlato Hadot, e la

«cura di sé» di Foucault), ovvero sostituto culturale-estetico della psicoterapia.

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Esatto, Isher, sono molto in linea con l'ultima cosa che hai scritto: di fatto, c'è spazio per queste figure professionali proprio perché vanno a inserirsi nel posto che per i credenti osservanti ha la religione (e il sacerdote). Il disagio esistenziale è sempre stato gestito all'interno della solidarietà comunitaria e/o dalla religione, e oggigiorno, in cui non c'è più tempo per la dimensione comunitaria (salvo eccezioni), e c'è un crescente pubblico di non credenti e di deisti blandi, sorge l'esigenza del recupero di un luogo dove poter gestire queste situazioni intime confrontandosi con una tradizione di saggezza e cultura, ma in modo aconfessionale.

 

Non concordo invece sul divorzio tra teoria e prassi che così sarebbe ricucito (nel senso che secondo me non è mai stato scucito), ma è un aspetto che ci porterebbe troppo lontano a discuterne. Invece, colgo il parallelo con la psicoterapia anche perché una buona psicoterapia è giocoforza anche filosofica, compresi i casi delle terapie e strategie di sperimentazione più recente, che nascono proprio da certe riflessioni filosofiche e sono da esse inscindibili. La terapia della psiche, del sé, è per sua natura (alla base) una faccenda eminentemente filosofica. Si tratta di decostruire visioni del mondo disfunzionali, costruirne altre più proficue, fare ricerca su di sé, riconciliarsi con le proprie verità e con quelle del mondo, acquisire consapevolezza: cos'è questa se non filosofia..

 

Che dire, staremo a vedere se ci attende un'esperienza da consulenti filosofici ;)

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una buona psicoterapia è giocoforza anche filosofica, compresi i casi delle terapie e strategie di sperimentazione più recente,

che nascono proprio da certe riflessioni filosofiche e sono da esse inscindibili. La terapia della psiche, del sé, è per sua natura

(alla base) una faccenda eminentemente filosofica. Si tratta di decostruire visioni del mondo disfunzionali, costruirne altre

più proficue, fare ricerca su di sé, riconciliarsi con le proprie verità e con quelle del mondo, acquisire consapevolezza:

cos'è questa se non filosofia..

 

 

Sì e no. Naturalmente per discutere sia pur brevemente di questo dovremmo distinguere tra psicoanalisi e psicoterapia:

sono due cose molto diverse. Ma il problema è che un'intrusione, fin dall'inizio, del filosofico, non può che rappresentare

una sconfitta o un aggiramento del psicologico.

 

Naturalmente se il problema è "star meglio", cioè il beneficio e il vantaggio, può entrare tutto. Può entrare, ed entrerà,

anche il "pedagogico", ma io personalmente, fin dove lo riuscissi ad individuare, ne avrei orrore.

 

Questo ci permette di prununciare la terza parola necessaria per avere presente il che cos'è di questi vari tipi di counseling,

e cioè il sincretismo.

 

Probabilmente è vano delineare una deontologia, o una teoria, del counseling filosofico perché proprio quest'ultimo nasce

su un terreno fortemente sincretistico. E vano anche perché se l'obiettivo dichiarato è ricostruire una narrazione di sé e del

mondo che aiuti a star meglio, la porta è aperta a tutto. A l'amour, comme à la guerre....

 

II problema mi sembra questo.

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Mmm.. non sono d'accordo. Però stiamo andando potentemente off-topic :) Mi limiterò ad accennare alcune cose.

Anzitutto psicoanalisi e psicoterapia sono diverse solo nel senso che la psicoanalisi è una forma di psicoterapia (tra tante), e peraltro divenuta molto controversa nel tempo. Poi, ogni psicoterapia comporta (e necessita di) una teoria della mente (e dell'ambiente con cui interagisce) e quindi nasce direttamente dalla filosofia (Freud, all'inizio, considerava la sua una ricerca filosofica). Quanto alla deontologia di simili professionalità, non la conosco nel dettaglio (posto che ve ne sia una formale), ma ne ho delineato più su l'asse principale: il consulente non si occupa di inconscio né di patologie, ma si limita al disagio esistenziale, lavorando su ciò che emerge, sul conscio. E nel caso del consulente filosofico, vi lavora con strumenti filosofici. Ovvio che poi, come accade per -ogni- fenomeno umano, anche questo è aperto a contaminazioni.

E infine, tutto ciò non mi pare affatto un problema. ;)

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scusa fred ma io sto discorso non l'ho capito. in che senso fare male una cosa che piace? che intendi x fare male? nel senso che il sistema ti porta cmq a studiare male? ma se tu hai la passione farai di tutto x studiare al meglio. io amavo antropologia e l'amo tuttora e e la rifarei altre mille volte finchè muoio.

 

Fare male una cosa che piace perchè la facoltà (almeno la mia) è organizzata per moduli e moduletti completamente avulsi l'uno dall'altro, con programmi e lezioni ridicole e quel che è peggio, monografici, senza nessuna propedeuticità...organizzazione di cui si lamentano moltissime facoltà e studenti e che ti porta ad avere una preparazione ad EMMENTHAL, con dei buchi enormi. Poi, per come la vedo io, per me non ha senso fare unicamente esami di letteratura et similia...adorerei una strutturazione interdisciplinare, perchè quando si parla di materie umanistiche tutto è assolutamente collegato. Non parlo solo delle materie umanistiche, ma includo nel quadro anche le scienze umane (antropologia, sociologia, psicologia...). Per me uno almeno alla triennale non dovrebbe laurearsi in STORIA, LETTERE, ARTE etc., ma dovrebbe avere una laurea in STUDI UMANISTICI in generale, per poi sviluppare il proprio interesse alla specialistica. Lo so, è da pazzi, ma a me le materie umanistiche piacciono tutte e avere una preparazione così carente mi dispiace parecchio.

 

Concordo parecchio sui 3 punti di ISHER e trovo affascinante la figura della consulenza filosofica, anche se secondo me purtroppo riuscirebbe ad attecchire solo su un target limitato: c'è tanta gente 'gnorante che crede che i filosofi siano Edoardo de Crescenzo e Giobbe Covatta. Occorrerebbe prima cominciare da delle lezioni di cultura generale e poi partire con la consulenza, se fate partire il tassametro prima...SO' SOLDI!

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rinverdiamo un pò questo topic =D ho appena finito il primo anno accademico di lettere classiche e sono felicissima della scelta, che è stata molto travagliata perchè poco accettata in famiglia =( un anno dopo son felice di scrivere in questo topic *_*

@ skanda: non parliamo del problema lavoro futuro! :afraid:

 

dove studi? :)

 

Io primo anno (ormai quasi finito) di PhD in Classics, dopo un'onorata carriera in Lettere Classiche (triennio)/Scienze dell'antichità-indirizzo filologico(magistrale)/Classics (Master of Philosophy).

Soddisfattissima della mia scelta perché sto facendo una delle cose che amo di più e mi pagano anche xD

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  • 2 weeks later...

dove studi? :)

 

Io primo anno (ormai quasi finito) di PhD in Classics, dopo un'onorata carriera in Lettere Classiche (triennio)/Scienze dell'antichità-indirizzo filologico(magistrale)/Classics (Master of Philosophy).

Soddisfattissima della mia scelta perché sto facendo una delle cose che amo di più e mi pagano anche xD

 

e sono tanto felice per te =D io studio a fisciano, tu? (scusami ma leggo solo ora il post! XP)

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  • 4 weeks later...

Ma che bel Topic! Io studio Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee alla Federico II di Napoli! *_*

Sono al secondo anno, dopo averne perso uno a Biologia a girarmi i pollici! xDDD

Bè, ora ho le idee chiare su cosa fare, e devo dire che qui mi trovo benissimo! *_*

Per Settembre sto preparando gli Esami di Inglese I e Tedesco I... voi?

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Infatti lo è, mi dispiace che molti non la pensino allo stesso modo...

"Suona malissimo" è una frase che ho sentito troppe volte, a proposito del tedesco. :angry:

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Infatti lo è, mi dispiace che molti non la pensino allo stesso modo...

"Suona malissimo" è una frase che ho sentito troppe volte, a proposito del tedesco. :angry:

Io faccio parte di quelle persone che dicono "è una lingua poco romantica", quando mi capita di sentire dei tedeschi parlare sembra sempre che stiano per darsele XD boh sarà una mia impressione. Io cmq studio giapponese alla Ca' Foscari di Venezia, una lingua che mi piace tantissimo anche dal punto di vista "melodico". Quest'anno se riesco a seguire i corsi voglio provare anche spagnolo :D

 

 

 

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Quoto in pieno quello che dice Fred, purtroppo le facoltà umanistiche, sono piene di personaggi che si parcheggiano lì per il solo gusto di dire "studio all'università", sono spesso completamente inadeguati, mancano della basi necessarie e abbassano il livello di tutta la facoltà. Poi mettiamoci anche il fatto che i prof. di materie umanistiche, sopratutto lì alla Sapienza, sono delle mummie atrofizzate che si credono di essere gli unici detentori del sapere universale per il solo fatto di essere stati allievi di un De Felice piuttosto che di un'altro umanista dei tempi che furono, e poi il loro contributo alla cultura moderna è minimo o quasi inesistente.

 

Un'altro fattore da considerare è che tutti reputano queste facoltà finalizzate al lavoro, ma la cultura umanistica non deve essere obbligatoriamente finalizzata a qualcosa, si tratta di una concezione contemporanea, un retaggio positivista, nel passato non si studiava filosofia o storia dell'arte perchè si voleva diventare docenti o curatori di un museo ma perchè si voleva accrescere la propria conoscenza e semmai essere la base culturale su cui si forgiava la consapevolezza della classe dirigente, purtroppo molta gente che conosco, uscito da questa facoltà pretende il lavoro come se fosse un diritto acquisito per il solo fatto di aver conseguito una laurea ma le cose non stanno così. Anche lingue purtroppo, nonostante sia una facoltà molto interessante, non forma figure professionali competitive, oggi la conocenza di almeno due lingue straniere dovrebbe essere il bagaglio di base di qualunque figura professionale.

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