Phylolaches Posted November 2, 2009 Share Posted November 2, 2009 Questi sono i miei principali coming out, quattro andati bene e uno... leggete Traggo i resoconti da un diario- biografia che ho scritto a mio uso e consumo anni fa. Scusatemi quindi per il tono romanzato Ho capito di essere gay a 15 anni. Allora ero fidanzato con una ragazza, G., che vedevo saltuariamente, la classica "fidanzatina da primo liceo" tutta TVB e TAT... nel 2004, a 17 anni, ho cominciato la mia avventura nel mondo gay. Allora frequentavo ancora il liceo, e avevo tre amiche, R., S. e F., con le quali avevo legato molto. Le mie esperienze gay partirono col botto: il primo che incontrai era un uomo sposato molto più grande di me, e, trovandolo piacevole, da bravo adolescente me ne andai completamente di cervello per lui. Il peso sul mio cuore era in effetti insopportabile, e le mie amiche se ne accorsero, ma dissi solo che avevo "problemi". Non sentivo G. da settimane, ormai, e quando mi chiamò per rinfacciarmelo io sbottai di non rompermi le scatole; ne nacque un'accesa discussione che terminò solo un'ora dopo con la reciproca mandata a quel paese. Il giorno dopo questa litigata, andai a scuola a passo di marcia, e in classe trovai solo R. Le dissi che dovevo parlarle, così, automaticamente, come se il peso sul mio cuore avesse spinto un pulsante invisibile che attivava quella reazione. La presi per un polso e la trascinai, sbigottita com'era, in una specie di stanzino dove i bidelli della mia scuola ammucchiavano le cose. E' incredibile come certe cose rimangano impresse nella mente: ricordo il preciso ordine in cui erano disposte alla rinfusa tutti i cartelloni e i pezzi di banco, le lavagne, i cassini e le sedie scompagnate. Ricordo il fruscio del giubbotto di Ripalta e l'odore piacevole della sua brioche comprata dal bar di Vittoria, nell'edificio scolastico. "Ti devo dire una cosa." dissi. "E questo l'ho capito" disse lei. Quant'era dolce vederla così risoluta, ma al tempo stesso allarmata e preoccupata per quello che le avrei detto "Ma cosa, me lo puoi dire?" "Ehm, sì. Dunque... vedi... io sto male in questi giorni perchè... perchè ho trovato un'altra persona." "Oltre a G?" "Oltre a G. Non è questo il problema. Il problema è che questa persona ha... ecco... molti più anni di me. Ed è sposata. Ed ha una figlia. Ed è... ed è un uomo." R. mi squadrò con occhi indagatori e tirò un morso alla sua brioche. "E qual è il problema?" chiese, senza scomporsi. Rimasi stupito. Mi sarei aspettato una sorpresa immane, un urlo di rabbia, delle convulsioni; avevo immaginato che sarebbe scappata gridando e lasciandosi dietro la brioche ancora da finire... e invece lei restò calma lì a guardarmi, come se le avessi appena detto che l'acqua è bagnata. "R." le dissi io, scandendo piano le lettere "Forse non hai capito... io... io sono bisex!". Allora mi illudevo di esserlo. "Avevo capito perfettamente" disse lei, e stavolta mi sorrise "oh, andiamo Max, ti conosco da quattro anni ormai e ho imparato a volerti bene così come sei, non fa la differenza se vai con le donne o con gli uomini!" Le sorrisi ampiamente e la abbracciai stretta. Nel corso della giornata le avrei parlato di tutto. Tutto quanto. Nei giorni seguenti, portai anche S. nello stanzino dei bidelli e le feci lo stesso discorso che avevo fatto a R., parola per parola. Lei reagì con dolcezza e sentimento, come aveva sempre fatto, e fu lei ad abbracciarmi. A F. invece lo dissi in una maniera particolare, come particolare era lei: nella palestra della scuola, in mezzo al caos delle persone che fingevano di fare ginnastica, finsi di scrivere un sms e le passai il mio cellulare, sul quale lesse la verità. Lei si voltò e mi sorrise, e poi si propinò in consigli e battute pronunciate con la sua voce simile a quella di chi aspira l'elio. Nei giorni seguenti il mio rapporto con loro tre ebbe una sensazionale impennata verso l'alto, che mi fece riguadagnare autostima e consapevolezza di me stesso. Ma non tutto andava così bene: la mia ragazza, G, non la sentivo da settimane. Un pensiero mi aveva attraversato la mente... probabilmente, se le avessi detto di me come avevo fatto con le tre amiche, avrei rotto quel muro che ci divideva, avrei potuto essere me stesso, e lei sarebbe stata di nuovo mia amica o forse (anche se non ne ero proprio convinto) sarebbe tornata ad essere la mia ragazza! Ci tenevo molto a lei... e non avrei voluto perderla. Le mandai un messaggio dicendole che avrei voluto vederla, e ci demmo appuntamento per il giorno dopo; lei arrivò puntuale e mi accolse con un "ciaaaaaoooooo!" e un abbraccio troppo affettuosi per sembrare anche in minima parte credibili. Più che due che si erano lasciati da poco, sembravamo conoscenti, meno che amici. Cosa che, pensai con una punta di cinismo, alla realtà dei fatti eravamo sempre stati. Passeggiammo un po'. Grace mi raccontò del suo anno scolastico, dell'ultimo bagno al mare che aveva fatto a metà ottobre, del suo amico Tizio e della sua amica Caia; io non parlai quasi per nulla, limitandomi ad emettere grugniti e ad assentire. Camminando, arrivammo a quella che inconsciamente avevo scelto come coreografia per la mia rivelazione, una chiesetta sulla cima di un colle che domina tutto il paese: era un posto isolato, ma con una vista impagabile sui tetti e sui campanili. Ci sedemmo sulla balaustra della terrazzina d'ingresso della cappella, le spalle rivolte al paese. C'erano contemporaneamente le nuvole e il sole pomeridiano. "Allora" disse lei, non riuscendo a mascherare l'ansia nella sua voce "cosa mi devi dire?" E, improvvisamente, le parole che avrei dovuto dirle, praticamente le stesse che avevo usato con le mie amiche, si nascosero dentro di me, e arrancai per rimetterle insieme tutte quante, come un diabolico nascondino, parodia sadica del gioco con il quale io e G. ci eravamo conosciuti. Alla fine riuscii a farle il discorso, ma stavolta balbettando e tremando, senza avere il coraggio di guardarla in faccia. Quando ebbi finito, e fui arrivato alla parola clou della mia confessione, "bisex", G. chiuse gli occhi e li strinse, con un'espressione indecifrabile. Capii che tutto stava andando nel verso sbagliato, che non avrei mai dovuto pensare di riconquistare G. con quella confessione, che lei stava pensando che per tre anni l'avevo ingannata e che adesso non avrebbe mai più voluto vedermi. Pensò tutto questo, e non me lo disse. "Va bene" disse calma alla fine, voltandosi verso di me ma senza riaprire gli occhi, come se la spaventassi "C'è altro?" In quel momento mi accorsi di quanto era diventata donna, così diverso dallo scricciolo magrolino e col caschetto di capelli neri che, dieci estati prima, era venuta a giocare a casa mia. Ora era alta, i capelli lunghi tinti di biondo, la voce profonda, il seno piccolo ma evidente sotto i suoi vestiti... e capii che in quel momento avevo davanti tutto il genere femminile. Non avrei mai avuto una ragazza, perchè io ero gay, e non bisex come mi ero voluto illudere. Non avrei mai più illuso una donna. Non mi sarei mai più illuso. Non sapendo perchè, la abbracciai e la tenni stretta a me, l'abbraccio più pieno di sentimento che le avessi mai concesso in tre anni. Lei esitò per un attimo, poi strinse anche le sue braccia intorno a me. Poi, come l'incantesimo di Cenerentola, ci sciogliemmo, e lei farfugliò: "Ora devo andare, devo..." ma evidentemente non trovò una scusa plausibile, così ripetè "...andare". "Ci rivediamo, vero?" chiesi io, cercando di sorridere. Lei sorrise a sua volta e annuì. Scese le scale della chiesa e si reimmerse nel paese, mentre io rimanevo lì a guardarla confondersi nelle strade, tra la gente. In un certo senso, sono rimasto là per tutta la mia vita. Quell'anno Pasqua arrivò verso la fine di marzo, e come tradizione l'avrei trascorsa a Lecce; avendo bisogno di staccare un po' dalla mia famiglia, chiesi ospitalità a Zio Gio'. Il fratello più giovane di mia madre si era sposato appena cinque anni prima, ma per una triste questione fisica sua moglie non poteva avere figli, così avevano adottato i loro nipoti. Da piccolo, avevo passato ore sulle ginocchia di Zio Giò giocando e ridendo come un matto, tanto che quando mi aveva presentato quella che sarebbe diventata sua moglie avevo avuto una crisi di gelosia immensa; col tempo, però, avevo imparato a voler bene anche a lei, soprattutto perchè era una donna esplosiva e concreta, pronta a lasciare i panni di brava massaia/lavoratrice per divertirsi e giocare. In effetti, vedevo loro due come una seconda famiglia, che mi aveva spesso ospitato qualora volessi cambiare un po' aria. Del resto, avevo in comune con Zio Giò molti interessi, tra cui quello per la tecnologia (avevamo lo stesso modello di cellulare, un Nokia 6600) e la voce praticamente identica, se non per la mia erre moscia. Così quell'anno decisi di soggiornare là. Era il Sabato Santo, silenzioso come tradizione imponeva; io ero immerso nella lettura di uno dei thriller della moglie di zio Giò, che era al lavoro, mentre lo zio era intento a scrivere una relazione al pc al piano di sopra. Mentre leggevo, tranquillo e sereno, sentii la musichetta che solitamente accompagnava l'arrivo di un sms. Era sicuramente di un ragazzo che frequentavo in quel periodo; presi il cellulare dal comodino accanto a me. Quando sbloccai la tastiera, rimasi per un momento interdetto: non solo non c'era nessun messaggio in arrivo, ma sullo screen saver campeggiava l'immagine di Yeti, il gatto di mio zio... com'era possibile? La terribile verità si formò come un lampo nella mia mente: nello scendere dal piano di sopra, avevo preso il cellulare sbagliato, quello di mio zio, lasciando il mio alla sua portata! Corsi di sopra con il cuore in gola, ma era troppo tardi: Zio Giò aveva il mio cellulare tra le mani, gli occhi puntati sullo schermo e un'espressione indecifrabile sul volto. Sbiancai, e la stanza improvvisamente diventò freddissima. Ero incapace di dire qualsiasi cosa, di formulare un pensiero concreto, di strappare il cellulare dalle mani dello zio. Come se si fosse accorto solo in quel momento della mia presenza, dopo parecchi istanti dal mio arrivo lo zio si girò verso di me e con una voce stranamente malferma mi disse: "Mariano, ti è arrivato un messaggio. Da un certo Mauro." Mi tese il cellulare col messaggio ancora impresso sullo schermo. Annuii in segno di ringraziamento e corsi giù di filato. Sulle scale, lessi il messaggio: "Ciao tesoro mio, sai che mi manchi un po'? Io sto studiando, ma tra poco dovrei uscire con mia sorella. Vorrei tanto che ci fossi anche tu con noi. Quando torni usciamo tutti insieme, che ne dici? Ti mando un dolce bacio". Il respiro mi si mozzò in gola: lo zio aveva di certo letto quel messaggio, e nonostante fosse alquanto innocuo, era molto esplicito. Stavo pensando a quello che dovevo fare o dire, quando sentii i passi di mio zio lungo la scala. Me lo ritrovai davanti, con un'espressione triste. "Max" mi disse "C'è... qualcosa di cui mi vuoi parlare?" Non so cosa mi spinse a parlargli di me: forse il fatto che dovevo trovare qualcuno di meno oggettivo, come lo erano le mie amiche, con cui condividere il mio segreto; forse la tristezza di Zio Giò era insostenibile, e credetti che la verità lo avrebbe ristabilito; forse fu solo una pazzia adolescenziale. Fatto sta che gli dissi tutto. Tutto. Alla fine del mio racconto, lo Zio sospirò. Sembrava immerso nei suoi pensieri, anche se l'espressione triste era sparita. "Zio, ti prego" gemetti "non dirlo a mamma e papà..." Lui si voltò di scatto a guardarmi; le sue sopracciglia si inarcarono, come gli avessi detto una cosa offensiva e volgare. "Ma che dici? No che non lo farò!" disse, emettendo una breve risata "Sei tu che sei il padrone della tua vita, mica io. Se vorrai e quando vorrai, lo dirai tu a loro. E lo stesso vale per Maria Grazia, non glielo dirò. Sarà un po' brutto doverle mentire, ma del resto si tratta di te, no? Penso che mi chiederebbe il divorzio se sapesse che ho tradito la tua fiducia." "Grazie, zio" sibilai, ancora incredulo "però ti ho visto un po'... un po'..." "Stranito? Beh, lo sono, Mariano. Ti assicuro che è stata una sorpresa... non me lo sarei mai immaginato, devo dire." "Nemmeno io... fino ad ora" spiegai, amaramente. "Capisco. Beh, in ogni caso tu sei mio nipote, e non è che ti posso odiare solo perchè sei gay. Certo... sarà un po' difficile abituarsi all'idea... ma del resto, non penso che la tua intelligenza, la tua maturità, la tua allegria e il bene che ci vogliamo dipenda dalla tua sessualità. Tu sei Max, sei mio nipote, sei un bravo ragazzo.... e questo è quello che conta." Abbracciai lo zio forte forte. Alla fine dell'abbraccio, lui mi guardò sornione e disse: "Bene, credo che sia ora di cambiare cellulare, in ogni caso." Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Johann Posted November 2, 2009 Share Posted November 2, 2009 cavoli! ho letto tutto d'un fiato... che dire... complimenti hai avuto dei bei C.O. comunque uffa.. non sapevo che lo sgabuzzino delle scope era un posto fortunato! Peccato che ho finito la scuola ancora complimenti! Buona fortuna! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ecotr Posted November 2, 2009 Share Posted November 2, 2009 Cavolo, mi sembrava di essere lì *.* Complimenti per i CO e per come scrivi, sei bravo Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Wunderkind Posted November 2, 2009 Share Posted November 2, 2009 In fin dei conti è andato quasi tutto per il meglio Bravo e davvero complimenti per aver saputo reagire nel mondo più opportuno ai vari imprevisti. Sai, sei molto bravo a scrivere e non è un complimento come un altro: sai come fare immedesimare le persone in ciò che scrivi, non è da prendere sotto gamba come dote Ciao. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Phylolaches Posted November 2, 2009 Author Share Posted November 2, 2009 Grazie ragazzi Sì, in effetti è andato tutto bene, almeno per questi tre coming out che sono stati i primi e i più importanti... ce ne sono stati altri, ma questi sono quelli di cui serbo il ricordo più preciso. Ringrazio molto chi mi ha fatto i complimenti per la scrittura, significano molto per me visto che è una passione (e da qualche tempo anche una specie di lavoro ). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Loup-garou Posted November 3, 2009 Share Posted November 3, 2009 Complimenti per le stesse due cose. Ma quello che scrivi è davvero successo? Il tuo scritto sembra talmente un romanzo che son portato inconsciamente a considerlo un racconto fittizio. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Phylolaches Posted November 4, 2009 Author Share Posted November 4, 2009 No no, è successo tutto veramente Luoghi, persone e fatti sono un po' romanzati, ma, sfortunatamente o fortunatamente a seconda dei casi, è tutto reale. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
garciamaquez Posted November 4, 2009 Share Posted November 4, 2009 al di là della storia, scrivi davvero bene!! hai già pubblicato racconti o romanzi?? complimenti ciao ciao Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Phylolaches Posted November 4, 2009 Author Share Posted November 4, 2009 Grazie GarciaMarquez (peraltro il tuo nickname richiama uno dei miei autori preferiti ) Al momento sono free-lance: collaboro (quasi sempre in via gratuita, sigh) con giornali e pubblicazioni ufficiali di associazioni culturali, squadre sportive e collettivi universitari della mia zona, ma ho anche vinto quattro concorsi letterari, di cui uno in particolare mi ha portato ad essere pubblicato in una raccolta di scritti di autori esordienti. Sono al lavoro sull'editing del mio primo romanzo che ha già ricevuto un paio di proposte di pubblicazione... chissà, la scrittura è una mia passione e accetto quello che viene Quello da cui ho tratto il resoconto dei CO in realtà è poco rappresentativo della mia scrittura, poiché si tratta di un diario romanzato che ho scritto due anni fa al termine di un lustro particolarmente terribile serve a ricordarmi quanto sono fortunato nella mia vita attuale Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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