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Identità omosessuale


nonaprite

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Sul fatto che c'è un po' di timore al considerare la sessualità come una cosa di mutevole, ti do abbastanza ragione. Abbastanza perché c'è sempre chi rifiuta qualunque tipo di categorizzazione, per i motivi più disparati.

D'altro canto, credo che gli esseri umani abbiano bisogno di qualche punto di riferimento. C'è bisogno di sapere che le mele continuano a cadere in terra, che il fuoco brucia, e via dicendo. Io riconosco di aver sempre avuto un'inquietudine di fondo, un senso di "diversità" che si è placato solo con l'accettazione della mia omosessualità. Adesso posso dire "io sono così" e mi sento molto più tranquilla.

 

(spero di essere stata chiara che oggi non connetto bene... colpa della sveglia all'alba)

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C'è qualcosa che non torna.

1) I paragoni fatti finora non reggono. Non mi sembra avere alcun senso, ad esempio, l'analogia coi vegetariani: mentre, come tutti ben sappiamo, l'omosessualità non è una scelta, un vegetariano sceglie di non mangiare la carne. Dunque, non si può parlare di "identità vegetariana" per il semplice fatto che il vegetarianesimo (o come cavolo si dice) non è una caratteristica innata della persona, come appunto l'omosessualità; al massimo, si potrà parlare di un'ideologia.

2) Poi: se sotto minaccia di morte, tra una bella donna e un brutto (a parer tuo) ragazzo, tu sceglieresti la donzella, si vede che tanto gay non sei.

3) Ma qual è il problema? Pesa così tanto darsi una definizione? Perchè è così facile definirsi, che ne so, "vegetariani", "comunisti", "religiosi", "beethoveniani", ma è tanto complicato darsi un'identità sessuale?

Per giunta, come torno a sottolineanare, non si tratta nemmeno di dover fare una scelta: lo si è e basta. Al massimo la difficoltà sta nel capire cosa si è; ma a quel punto, perché rinnegare la propria identità?

 

[Ma ho capito bene, sì? ;) ]

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NorwegianWood

C'è qualcosa che non torna.

Ok, nel mio piccolo cerco di mettere ordine, sperando d'aver capito bene cosa intendi. :D

 

1) I paragoni fatti finora non reggono. Non mi sembra avere alcun senso, ad esempio, l'analogia coi vegetariani: mentre, come tutti ben sappiamo, l'omosessualità non è una scelta, un vegetariano sceglie di non mangiare la carne. Dunque, non si può parlare di "identità vegetariana" per il semplice fatto che il vegetarianesimo (o come cavolo si dice) non è una caratteristica innata della persona, come appunto l'omosessualità; al massimo, si potrà parlare di un'ideologia.

Su questo punto sono d'accordo con te: una persona sceglie di mangiare o meno alcuni cibi, non sceglie se essere gay o no (al massimo può non rassegnarsi all'idea o rinnegare se stesso e fingere d'essere altro, ma questo è un altro discorso).

Tuttavia, credo che dovremmo ragionare anche ad un altro livello. Accantoniamo il caso di chi rinuncia alla carne per principio o adesione a un'ideologia, e concentriamoci invece sui gusti in quanto tali.

Io scelgo se mangiare o no il formaggio, e dietro la mia scelta può esserci una miriade di motivi (tutti validi) che al momento non ci interessa. Io, però, non posso scegliere se il formaggio mi piace o no, quello dipende dalle mie papille gustative e dai miei centri nervosi: due fattori su cui non ho un controllo diretto e che ho ereditato alla nascita.

Ecco, letti in questo senso, "gusto" e "identità" diventano due categorie che tendiamo a vedere in modo diverso ma che, in realtà, hanno molto in comune. Anzi, se non fosse per il contesto culturale che influenza la nostra percezione, forse non vedremmo alcuna differenza tra gusto e identità; sarebbero solo due facce della stessa medaglia, due modi di guardare lo stesso tema.

 

2) Poi: se sotto minaccia di morte, tra una bella donna e un brutto (a parer tuo) ragazzo, tu sceglieresti la donzella, si vede che tanto gay non sei.

A questo risponderà il diretto interessato. Io dico solo che il "gusto" non è sempre una questione di attrazione fisica, è anche una questione di senso estetico. Una persona che trovo brutta, lo è anche se appartiene alla categoria maschile; e, anche se sono gay, so riconoscere e apprezzare la bellezza di una donna (il che non c'entra nulla con il sesso ma con l'occhio che vuole la sua parte e non un pugno).

 

3) Ma qual è il problema? Pesa così tanto darsi una definizione? Perchè è così facile definirsi, che ne so, "vegetariani", "comunisti", "religiosi", "beethoveniani", ma è tanto complicato darsi un'identità sessuale?

Per giunta, come torno a sottolineanare, non si tratta nemmeno di dover fare una scelta: lo si è e basta. Al massimo la difficoltà sta nel capire cosa si è; ma a quel punto, perché rinnegare la propria identità?

 

[Ma ho capito bene, sì? :D ]

Le categorie servono all'uomo per poter studiare la realtà che lo circonda, se stesso compreso. Altrimenti non avremmo la filosofia, le classificazioni di Linneo e quant'altro... Certo, alla fin fine le categorie sono sempre incomplete e imperfette, e quindi aggiornabili e perfettibili.

Il che significa che non dobbiamo fissarci nel riconoscerci o meno in una o nell'altra. Io, ad esempio, se dovessi descrivere me stesso rinuncerei ad usare nomi o aggettivi... direi sempliemente "io sono io". Ma a questo punto impedirei a chiunque di studiarmi (il che non mi dispiacerebbe :D).

In fondo, se qualcuno volesse cercare di capire che "tipo" di essere umano sono, dal punto di vista sessuale o meno, credo che darei una risposta analoga a quella che diede Michael Ende quando gli chiesero "Scusi, ma cosa significa La storia infinita?", "Legga il libro", "L'ho letto e non l'ho capito", "Lo rilegga".

Ecco, io direi semplicemente "Frequentami e, se ancora non hai capito chi sono, frequentami ancora". ;)

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Quello con i vegetariani non era assolutamente un paragone e l'ho anche scritto. "L'identità sessuale è molto importante perchè non è una scelta." Così come non ho parlato di identità vegetariana, ma ho detto che l’essere vegetariano può essere una scelta molto importante, comportata da tutta una serie di ideologie che definiscono aspetti fondamentali dell’identità di una persona.

Poi non è detto che il riconoscere e difendere la propria omosessualità sia l’unica battaglia della vita.

Perché è facile definirsi religiosi (o altro)? Non basta dire “sono buddista”. Per molte persone la fede vuol dire rinunce, vuol dire sforzi enormi per convogliare i principi della propria religione con la vita di tutti i giorni, fare dei compromessi e quindi i conti con i sensi di colpa. Io ho avuto (e ho) più difficoltà ad affrontare cerchi aspetti della mia personalità che a riconoscere il fatto che fossi gay.

Sono d’accordo che si tratti di ideologie, mentre l’omosessualità in sé trascende le proprie idee e il proprio carattere. Però il processo con cui la si vive non è poi così diverso da quello con cui si cerca di seguire gli altri aspetti della propria persona.

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Ok, rispondo poco per volta.

 

A NorwegianWood:

Ho compreso il discorso sui vegetariani. E ho compreso anche il discorso sui gusti, che condivido: cioè gusto e identità sarebbero in fondo la stessa cosa, no? Ma, mentre il mio gusto per i maschi ha un nome (e quindi diventa un'identità), il mio gusto, per fare un esempio, per il cioccolato non ha un nome, dunque potrebbe non sembrare affatto un'identità, pur essendo della stessa natura. Vabbè, discorso un po' confusionario, ma spero si sia capito.

Sul punto 2 sono ancora perplesso: riconoscere la bellezza di una donna è diverso dall'andarci al letto sotto minaccia di morte (per "andare" si intendeva quello, no?)

E poi basta co' 'sta storia dell' "io sono io": tu sei tu perché sei un insieme di caratteristiche, fra le quali c'è l'omosessualità e tante altre cose. Appartenere ad una categoria (in questo "la categoria degli omosessuali" :D ), non vuol dire appartenere solo a quella categoria; quindi, continuo a non vedere il problema. ;)

 

A Louis:

Riguardo ai vegetariani, era una considerazione aperta a tutti i partecipanti alla discussione, non una critica nei confronti del tuo post, tranquillo. :D E poi puoi stare certo che "il riconoscere e difendere la propria omosessualità" non è "l’unica battaglia" della mia vita. :D Sono comunque sostanzialmente d'accordo sul resto del tuo post. Voglio poi precisare che la frase "è facile definirsi religiosi, ecc." è stato un tristissimo esempio di abbreviazione: non intendevo dire che sia realmente facile, ma che se si può fare ciò, allora ci si può anche definire omosessuali con la medesima relativa facilità.

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Ho compreso il discorso sui vegetariani. E ho compreso anche il discorso sui gusti, che condivido: cioè gusto e identità sarebbero in fondo la stessa cosa, no? Ma, mentre il mio gusto per i maschi ha un nome (e quindi diventa un'identità), il mio gusto, per fare un esempio, per il cioccolato non ha un nome, dunque potrebbe non sembrare affatto un'identità, pur essendo della stessa natura.

 

Ecco è questo il punto; se siamo d'accordo su questo, come mai si sente la necessità di chiamare certe cose "identità" e altre "gusti"?

 

Secondo voi, sarebbe sensato, o giusto, superare questa distinzione nel caso dell'omosessualità?

Una società in cui l'omosessualità sarebbe solo un gusto sarebbe migliore o peggiore? e in cosa?

Sarebbe tanto strano (al di là di quello che siamo abituati a pensare) se un giorno qualcuno dicesse "a me piacciono i biondi, quello è l'elemento che mi interessa, se siano uomo o donna non mi interessa"?

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Se l'omosessualità fosse un gusto, sarebbe peggio, perché, sotto sotto, è come dire si tratta di una scelta. In fondo, anche se una cosa non ti piace la puoi lo stesso mangiare, se un vestito non ti piace lo puoi indossare lo stesso, se le donne non ti piacciono, chi se ne frega, fai la persona "normale" e metti su famiglia.

Visto che i gusti possono essere soggetti a cambiamento, ad una affermazione tipo "sono gay", la risposta potrebbe sempre essere "si, ma poi ti passa"

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Se l'omosessualità fosse un gusto, sarebbe peggio,perché, sotto sotto, è come dire si tratta di una scelta. In fondo, anche se una cosa non ti piace la puoi lo stesso mangiare, se un vestito non ti piace lo puoi indossare lo stesso, se le donne non ti piacciono, chi se ne frega, fai la persona "normale" e metti su famiglia.

Visto che i gusti possono essere soggetti a cambiamento, ad una affermazione tipo "sono gay", la risposta potrebbe sempre essere "si, ma poi ti passa"

 

Ecco il punto  dove tu sbagli secondo me...Essere gay NON è UN PROBLEMA...

 

X quanto riguarda il discorso identità/gusto che fa Naked, sono abb d'accordo... ma questo già si sapeva...

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Scusa, potresti quotarmi il punto in cui dico che essere gay è un problema?

Leggiamole le cose prima di rispondere, su.

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Credo che la differenza tra "gusti" e "identità" sia semplicemente un paradigma linguistico che "smaschera" certi piccoli pregiudizi del linguaggio... e quindi della mentalità.

 

Nella realtà, suppongo, la componente istintiva e quella razionale sono sempre più o meno mescolate.

 

Essere gay può consistere (1) nell'essere attratti da altri maschi, (2) nell'essere consapevoli di essere attratti da altri maschi, (3) nell'accettare di essere attratti da altri maschi, (4) nell'essere entusiasti di essere attratti da altri maschi, (5) nel fare sesso con altri maschi, (6) nell'aderire a certi ideali politici, (7) nel partecipare ai Pride, (8) nel vivere una certa cultura ad esempio letteraria e cinematografica detta appunto "gay", (9) nell'ascoltare ossessivamente dischi di Madonna e della Carrà, (10) nell'essersi trasferiti in Spagna all'indomani dell'approvazione dei PACS...

Provate a chiedervi quali di questi fattori sono "gusto" e quali "identità" e poi a chiedervi come sia fatto un gay che possegga solo alcuni di questi requisiti e in cosa differisca da chi ne possegga solo altri.

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Ecco è questo il punto; se siamo d'accordo su questo, come mai si sente la necessità di chiamare certe cose "identità" e altre "gusti"?

Bè, a questo punto diventa un discorso solo strattamente legato alla sfera sessuale: cioè, data la condizione di estremo bigottismo in cui riversa la società, finché si parla di cibo, si chiama "gusto"; se si parla di sesso, si chiama "identità". Un modo come un altro per prendere le distanze dalla realtà, credo.

 

Se l'omosessualità fosse un gusto, sarebbe peggio, perché, sotto sotto, è come dire si tratta di una scelta.

Non credo. Credo che in realtà gusti non siano una scelta: io non scelgo qual è il mio colore preferito, non scelgo i cibi che mi fanno schifo, non scelgo la Musica da ascoltare... e non scelgo da quale sesso essere attratto. No?

 

Provate a chiedervi quali di questi fattori sono "gusto" e quali "identità" e poi a chiedervi come sia fatto un gay che possegga solo alcuni di questi requisiti e in cosa differisca da chi ne possegga solo altri.

Allora ritieni che "gusto" e "identità" siano differenti? Cioè, mi pare di capire che la tua idea sia che gusto=scelta e identità=caratteristica innata; o sbaglio? Se fosse così, però, allora possiamo anche dire addio al considerare l'omosessualità un gusto... e posso anche starci. Ma allora, cosa rimane da considerare "gusto"? Stiamo al discorso di cui sopra: io non scelgo qual è il mio colore preferito, non scelgo i cibi che mi fanno schifo, non scelgo la Musica da ascoltare... Allora queste sono tutte identità?

Ho capito male? :gha:

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Sì, tesoro: hai capito male. :gha:

 

Intanto io non avverto la distinzione tra "gusti" e "identità" nemmeno a livello linguistico: mi ci attengo perché questo è il modo in cui chi ha aperto il topic ha posto la questione. Infatti la mia premessa cercava un po' di disancorare la sostanza dall'accidenti verbale.

 

Inoltre, semmai, è il contrario: anche sul piano linguistico io farei coincidere il concetto di "gusti" con qualcosa di innato e non decidibile, quello di "identità" con qualcosa che prende sì le mosse dal modo in cui si è ma che soprattutto si completa con una scelta consapevole e deliberata e che infine porta all'inserimento in un determinato gruppo sociale.

 

Per questo ho fatto gli esempi che ho fatto. Io sono un gay nato gay ma anche consapevole, orgoglioso, visibile e attivista: l'unica cosa che mi accomuna con un padre di famiglia che di giorno si riempie la bocca di ratzingerate e di notte se la riempie coi viados oppure con un teenager il cui essere gay consiste nella mutandina trendy o nel cellulare all'avanguardia... è per l'appunto l'uso della parola "gay".

 

Una postilla: da viaggiatore e da buongustaio, io credo che anche la gastronomia sia "identità" e che se, riferendoci al cibo, ancora parliamo comunemente solo di "gusti" è perché la sessualità è un argomento scottante, mentre alla cultura del cibo ancora sono pochia pensarci. Ma qusto andrebbe off topic.

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Ok, devo ricordarmi di non passare più nella sezione Spunti & Riflessioni di prima mattina, così sono più sveglio e capisco meglio! :D

Dunque, a parte l'inversione di significato tra gusto e identità... siamo sostanzialmente d'accordo, no? Alla fine il problema delle "definizioni" esiste solo perché stiamo parlando della sfera sessuale... :gha:

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Temo di sì.

 

Anzi no.

 

(E' prima mattina anche per me! :D)

 

Il problema delle definizioni esiste in ogni ambito dell'esistenza umana... ed è giusto che sia così, se no non avremmo nulla cui appigliarci per ragionare.

 

Il problema - a proposito della sessualità e di ogni altro argomento - sono le definizioni non ragionate, gli schemi poco flessibili, le etichettature preconcettuali, il parlare per sentito dire, il non avere padronanza della lingua, eccetera...

 

(Esempio da Forum. I topic "innamorarsi on line" oppure "farsi amare da un etero" sono completamente alla deriva proprio per dei banali equivoci linguistici, che a suo tempo avevo segnalato: cioè le definizioni di "innamoramento" e di "etero"... Nessuno mi ha dato ascolto ed ecco che, senza essersi messi d'accordo prima sulle parole, le discussioni non hanno senso e sembrano dialoghi tra sordi. :gha:)

 

P.S. Qualcuno cancelli il mio involontario doppio post qui sotto!!!  :D

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NorwegianWood
P.S. Qualcuno cancelli il mio involontario doppio post qui sotto!!!  :gha:

Fatto :D

 

Comunque, mi pare che questo topic (nonostante i "discorsi da mattina presto") stia procedendo bene, tutt'altro che tra sordi! Anzi, fa piacere vedere che tuti gli utenti cercano di intendersi sui termini che usano: bravi! :D

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  • 3 weeks later...

Mi permetto una domanda.

Perchè solo i gay, fra tutte le categorie, vogliono sbarazzarsi dell'idea stessa di essere una categoria?

 

Non è che è una qualche forma di omofobia interiorizzata anche questa?

Non è come dire "Io non voglio rientrare in questa identità, perchè questa identità non mi piace" o "non voglio essere giudicato in quanto gay" o mille altre cose del genere che si sentono?

 

Noi giudichiamo e veniamo giudicati sempre per le categorie a cui apparteniamo.

 

Un giorno il mio amico Daniel mi disse "Togliti quel cappellino ("di cuoio col frontino" NdA) altrimenti penso sempre di parlare con un gay!" Al che io gli risposi: "Fai qualcosa tu per il tuo colorito, altrimenti mi sembra sempre di parlare con un negro ("il mio amico è brasiliano" NdA).

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NorwegianWood

Mica male come ironia... spero che il tuo amico l'abbia colta. :love:

 

Tornando al topic. Non so cosa ne pensino gli altri, ho l'abitudine (se posso) di parlare per me :cry:

 

Non credo di avere una qualche forma di omofobia interiorizzata. Se così fosse, ragioniamo per assurdo, la cosa avrebbe per lo meno 3 effetti:

1) avrei serie difficoltà a fare un coming out perché dire "Ragazzi, sono gay" equivarrebbe a dire "Ragazzi, faccio parte della categoria che va sotto il nome di «gay»";

2) avrei serie difficoltà ad accettare me stesso e i miei gusti sessuali;

3) mi darebbe fastidio anche solo sentire la parola gay.

 

Ora, siccome non riscontro alcuno di questi 3 effetti nella mia persona, posso dire che, per quanto riguarda me, non ho un'omofobia interiorizzata. :love:

 

 

Veniamo ora al secondo punto. Io cerco sempre di non giudicare una persona in base ad una categoria, qualunque essa sia e qualunque criterio vi sia all'origine: colore della pelle, squadra del cuore, gusti sessuali, modo di vestire, religione. Non sempre ci riesco ma questo è un altro discorso e, soprattutto, quando mi capita è un limite mio non di tutta la "categoria".

 

 

Terzo e ultimo punto (perdonate la prolissità :(). Io credo fermamente, come ho detto in varie altre occasioni, che le categorie siano meri sistemi conoscitivi e speculativi umani. Un modo, cioè, per avvicinarsi in modo più semplice o organizzato alla realtà per mezzo di etichette.

 

Tuttavia, tralasciando il fatto che le etichette immancabilemtne si evolvono e dunque sono di per se stesse imperfette, resta il fatto che, secondo me, le categorie in realtà non esistono. Non esistono "i gay", "le donne", "i bambini", "i vegetariani", "i milanesi" e così via...

 

La realtà è troppo complessa per essere inscatolata tanto facilmente. E non per una questione di inadeguatezza delle etichette usate... qualunque etichetta, a mio avviso, è posticcia! :love:

 

 

Ricapitolando.

 

Io sono gay. La cosa non mi dà problemi. Sono felice di me stesso. Lo dico tranquillamente a chiunque. Non ho un'omofobia interiorizzata.

Non appartengo ad alcuna categoria (ma se a qualcuno fa piacere mettermi una quarantina di etichette per "capirmi" meglio, si accòmodi). Non voglio essere giudicato né giudicare in base a una categoria. Lo trovo dannatamente riduttivo :love:

La mia identità sessuale, in soldoni, riguarda solo me e la persona che amo. Poi, certo, ci sono i diritti dei gay, ma quello è un altro discorso: non di categoria ma di classe. :cry:

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Caro Norwegian,

ovviamente sono d'accordo.

 

Io penso che le identità siano come gli adesivi dei viaggi che si mettono sulle valigie e non come le sbarre di una prigione che ci imprigiona in una definizione.

 

La prigione non è l'identità ma lo stereotipo. Una persona molto fantasiosa può pensare che io mi comporti in un certo modo perchè sono gay (fosse vero...); però sarebbe ridicolo che pensassse che io mi DOVREI comportare in un certo modo perchè lo sono.

 

Gli stereotipi vanno bene giusto per le gag tra amici. Ho tantissimi amici stranieri e molti ex non italiani: le battute incrociate politicamente scorrette ci fanno molto ridere (perchè evidentemente sono solo battute).

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  • 2 weeks later...
  • 5 months later...

forse il titolo è un pò banale..me ne rendo conto..comunque..la domanda mia è semplice: secondo voi..la differenza tra queste 3 "categorie" può essere ridotta esclusivamente ad una diverso oggetto dell'attrazione o eccitazione sessuale od occorre anche il lato affettivo..l'amore..per trasformare il fare sesso in fare l'amore?e più specificatamente..un individuo che "fa sesso" con una persona dello stesso sesso..pur professandosi eterosessuale che si innamora delle donne..e affremando di non essere per niente attratto fisicamente dall'altro uomo con cui fa sesso..e di non provare amore nei suoi confronti..solo quasi una grande amicizia..fratellanza..un enorme affetto che gli fa fare di tutto per lui..sesso compreso..cosa deve essere considerato?chiedo scusa per la sintassi..è che meglio di così non riesco a metterlo giù!cmq..questo topic si ispira ad una mia esperienza...un esperienza che sto vivendo...la prima esperienza...potete immaginare la mia confusione...soprattutto quando mi è stato detto che si è sacrificato per me perchè non ho nessuna colpa se mi sono innamorato di lui.diciamo che già odiavo le categorie...perchè come ho già più volte detto...tutti noi siamo unici e nella vita non si può mai sapere...però almeno erano qualcosa di certo...sicuro...così come ero sicuro che se due uomini o donne fanno sesso...non possono mica essere considerate etero...ma ora?forse sarò ingenuo...mi rendo conto...sto scoprendo che le cose sono complesse...forse troppo...anche se può darsi che dipenda dal fatto che siamo effettivamente unici e come tale la sfera sessuale di ognuno è diversa...CHE BELLO DISTRUGGERSI LA TESTA A PENSARE! :D

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non saprei proprio....tuttavia di una cosa sono certo: non si fa sesso solo x fare un piacere ad un amico se si è eterosessuali...insomma è assurdo secondo me!ovviamente posso sbagliarmi ma davvero è assurdo...credo più che possa trattarsi di una non accettazione.non posso giudicare o esprimere opinioni fondate xkè non conosco i dettagli nè il soggetto. cmq la penso così.

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in poche parole la pensi come me..sì..è vero..in effetti ho detto poco sui dettagli quà..avevo scritto quasi tutto in amore e relazioni "ma il mio amico è etero?"..l'unica cosa da aggiungere è che..bè..abbiamo avuto un rapporto sessuale..

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forse il titolo è un pò banale..me ne rendo conto..comunque..la domanda mia è semplice: secondo voi..la differenza tra queste 3 "categorie" può essere ridotta esclusivamente ad una diverso oggetto dell'attrazione o eccitazione sessuale od occorre anche il lato affettivo..l'amore..
Essere gay significa semplicemente essere attratti sessualmente da persone dello stesso sesso, così recita un qualsiasi vocabolario. Un bisex è attratto sessualmente da entrambi i sessi, e un eterosessuale solo da persone del sesso opposto. L'amore in queste definizioni non c'entra.
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La distinzione tra le tre categorie è generalmente risaputa.Ma a me sinceramente non piace più di tanto. Nella sessualità, così come ho giàdetto in altri post, ci sono così tante sfumature che mi sembra riduttivo categorizzare così a priori. I gusti sessuali sono tanti e tali che qualsiasi generalizzazione è valida giusto se fatta per grandi linee, ma sinceramente non mi sto a scervellare se uno che si professa etero viene a letto con me ma continua a definirsi etero. L'importante è che ci venga... ahahah

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Quoto Rei.Se vieni a letto con me e di professi etero, buon per te.Con le definizioni non si condisce la pastasciutta.Come ti definirò io è un altro paio di maniche.Tu puoi anche soprannominare te stesso "o' guerriero"; ma se tutti gli amici ti chiamano "Cinzia" fattene una ragione.Al contrario non è certo un'esperienza sessuale che fa di te un bisex.Se l'anno scorso da ubriaco sono andato a letto con una ragazza, devo cominciare a definirmi "bisex"? Ma siamo matti?Phoenix, in genere si comincia così.Queste situazioni ambigue aumentano la tua confusione, me ne rendo conto.Io ho dovuto aspettare di avere 19 anni prima di avere un'esperienza con un ragazzo che si definisse gay. E prima? Prima solo casini con amici che in modo più o meno amichevole erano stati con me ("uomo di bassa moralità, ma di alta persuasione"). Il consiglio? Non si impara a giocare a scacchi giocando con i dilettanti: trovati un ragazzo gay; almeno se qualcosa va storto, capisci perchè e non rimani in un limbo di dubbio.

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Io pero' sono a volte un po' scettico con chi sostiene troppo l'inutilita' delle categorie.Per spiegarmi meglio, ci sono alcuni che non vogliono definirsi gay solo perche' questa definizione li farebbe apparire meno accettabili agli altri e/o a se stessi, perche' la parola "gay" fa ancora paura....Condivido il fatto che esistono mille sfumature nella sessualita', come in molte altre categorizzazioni, io ad esempio sono "bianco" eppure sono molto piu' scuro di un inglese o uno svedese...... ....definirsi bianchi, neri, gay, lesbiche, bisex, alti, bassi, belli, brutti, grassi, magri..... sono tutti aggettivi, tutte definizioni di come ci vediamo o ci vedono.... Non bisognerebbe mai avere paura delle parole, sono solo strumenti che usiamo per esprimerci, la differenze, le mille sfumature, si possono sempre spiegare, con altre parole, altre categorizzazioni....... Purtroppo poi ci sara' sempre qualcuno che usa le categorie per discriminare, per disconoscere il valore e la virtu' delle differenze, per non accettare l'ugualianza delle differenze......

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