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Elezioni presidenziali in USA del 2024


Gastida

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10 hours ago, Gastida said:

di non vincolare gli Stati Uniti ad alcuna riduzione delle emissioni di gas serra

ce ne andrebbero anche in europa di persone così. Altro che questo bisness delle pompe di calore del razzo.

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Donald Trump ha iniziato a lavorare alle nomine della sua amministrazione insieme al suo team di transizione, cioè il gruppo di collaboratori che si sta occupando della fase precedente all’insediamento del presidente eletto. Trump e i suoi devono selezionare più di 4.000 collaboratori che diventeranno i segretari (cioè i ministri) del suo nuovo governo, i capi delle agenzie federali, i funzionari, i diplomatici e così via.

A giudicare dalle prime mosse e da varie indiscrezioni uscite sui media, sembra che la tendenza di Trump al momento sia quella di nominare soprattutto collaboratori di lungo corso, persone a lui fedeli e ideologicamente allineate. È il contrario di quanto avvenuto durante il primo mandato, quando Trump, appena arrivato alla Casa Bianca, nominò molti politici e funzionari rispettati ma esterni alla sua cerchia, per poi licenziarli quasi tutti negli anni successivi.

Trump ha già fatto le prime nomine nei giorni scorsi, a partire da Susie Wiles, la responsabile della sua campagna elettorale che è stata scelta come capa di gabinetto della Casa Bianca.

Trump ha poi ha scelto Thomas Homan come responsabile delle politiche di frontiera o, come ha annunciato lui stesso, responsabile «dell’Espulsione degli Immigrati Illegali indietro nel proprio Paese d’Origine». Homan aveva lavorato alle politiche migratorie della prima amministrazione Trump e anche lui è rimasto un consigliere molto vicino al nuovo presidente. In più di un’occasione Homan ha detto che la nuova amministrazione farà vaste operazioni di polizia nei luoghi di lavoro per catturare i migranti irregolari ed espellerli, una misura che il governo di Joe Biden aveva interrotto.

La tendenza a nominare collaboratori fedeli la si vede anche nelle persone che Trump ha già deciso di escludere: ha detto che né Mike Pompeo, il suo ex segretario di Stato, né Nikki Haley, ex ambasciatrice presso le Nazioni Unite, torneranno a fare parte dell’amministrazione. Pompeo e Haley non fanno parte della cerchia più stretta di Trump, e anzi Haley quest’anno l’ha sfidato alle primarie del Partito Repubblicano, perdendole.

La persona che si sta occupando di vagliare e di selezionare i possibili candidati è Howard Lutnick, un miliardario finanziere capo della banca d’affari Cantor e di numerose altre attività di investimento e trading. Lutnick, che è uno dei co-responsabili del team di transizione, lavora già da mesi alla selezione dei candidati, e secondo il Wall Street Journal sta mettendo assieme delle presentazioni da sottoporre a Trump per ciascun candidato, che comprendano tra le altre cose una fotografia e una selezione delle interviste televisive fatte in precedenza, per capire quanto il candidato sia a suo agio nei telegiornali e nei talk show.

L’aspetto e la capacità di apparire in televisione sono sempre stati due elementi importanti con cui Trump ha selezionato le persone di cui si circonda.

Attorno a Howard Lutnick, peraltro, ci sono grossi sospetti di conflitto d’interessi, perché si troverà a selezionare anche i funzionari che si occuperanno del controllo delle società finanziarie e di Wall Street.

Il processo di selezione della nuova amministrazione sta inoltre avendo effetti anche al Senato, dove i Repubblicani hanno appena ottenuto la maggioranza. Per legge il Senato deve approvare tutte le nomine più importanti del governo, ma questo può richiedere mesi, o in alcuni casi addirittura degli anni, perché l’opposizione può fare ostruzionismo. Nell’attuale amministrazione Biden, per esempio, ci sono ancora due segretari (quello al Lavoro e quello alla Casa) che formalmente sono “facenti funzione” perché non hanno mai ricevuto l’approvazione ufficiale del Senato.

Trump ha scritto su Twitter che il nuovo speaker del Senato dovrà concedergli di fare nomine anche senza approvazione, tramite quelli che vengono definiti “recess appointments”. In pratica Trump vuole che il nuovo speaker mandi in vacanza tutta l’aula per una decina di giorni, perché la legge consente al presidente di fare nomine emergenziali quando il Senato è in vacanza o non può riunirsi. Questo espediente è stato usato ampiamente anche dalle amministrazioni precedenti, ma mai per nominare tutto il governo.

https://www.ilpost.it/2024/11/11/trump-amministrazione-nomine/?homepagePosition=1

4 hours ago, busdriver said:

ce ne andrebbero anche in europa di persone così. Altro che questo bisness delle pompe di calore del razzo.

Non vedi il paradosso in quello che dici? Odi le città perché sono inquinate e poi vuoi che la gente continui ad inquinare liberamente.

Edited by Gastida
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On 11/9/2024 at 11:45 PM, Almadel said:

Non bisogna capire cosa abbia sbagliato la Harris,

ma capire perché per la sinistra

"perdere" significhi automaticamente "sbagliare".

Normalmente perdere implica uno o più sbagli del perdente.  O almeno più sbagli rispetto al vincitore. Eccettuati due casi:

1) Il caso in cui uno perda perché un angioletto è sceso dal cielo (o un diavoletto è salito dall'inferno...) a scompigliare le carte degli sbagli e delle cose ben fatte.

2) Il caso in cui uno perda perché ha voluto perdere.  In questo caso però la sconfitta l'ha scelta spontaneamente (per qualche suo motivo) e quindi (avendo ottenuto quello che voleva) ha vinto...

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Intervista del Corriere della Sera a Steve Bannon, ex stratega di Trump nel 2016.

A marzo lei ci disse che se Giorgia Meloni volesse essere riaccolta dopo la vittoria di Trump dovrebbe dimostrare di aver cambiato posizione sull’Ucraina. 
«Parlavo del movimento Maga, non di Trump. Lui non fa queste richieste agli altri Paesi. Ma credo che molti, nel movimento qui, pensano che Meloni si è quasi trasformata in una Nikki Haley. È stata tra i più grandi sostenitori della continuazione della guerra in Ucraina. Però l’Italia non ha fatto abbastanza per tenere il canale di Suez aperto per il commercio: tra i gruppi tattici di portaerei là, credo che ci sia solo una corvetta italiana. Comunque penso che il suo atteggiamento cambierà con l’arrivo del presidente Trump, che la convincerà. E che i Paesi della Nato saliranno a bordo abbastanza rapidamente. Altrimenti, se crede davvero a quello che ha detto negli ultimi anni, dovrebbe essere pronta con gli altri in Europa a metterci i soldi, a staccare assegni grandi quanto i discorsi. Noi del movimento Maga siamo irremovibili, vogliamo tagliare al 100% i fondi per l’Ucraina alla Camera».

Quindi c’è una differenza tra quello che il movimento «Maga» e l’amministrazione Trump potrebbero chiedere alla premier Meloni? 
«Al 100%. Ma Trump dirà che vuole la pace in Ucraina. Non parlo per lui, ma è evidente che vuole porre fine a questa semi-ossessione di spingere la Nato quasi in territorio russo. Lui non l’appoggerà, ma lei l’ha fatto, è stata al gioco. È piuttosto ovvio che aveva scommesso che Trump non sarebbe più tornato, si vede dalle sue politiche. La scommessa era sbagliata, non ha pagato. Ora che Trump è tornato, il movimento Maga è più forte che mai e ci prenderemo l’apparato della sicurezza nazionale e della politica estera». 

Meloni può essere un ponte tra America e Europa? 
«Se resta fedele alle sue convinzioni fondamentali, sì». 

Può essere d’aiuto? 
«Non abbiamo bisogno di aiuto da nessuno in Europa. I populisti hanno preso questo Paese, Trump è un grande leader e sono certo che sarà magnanimo, ma il movimento Maga, che è più a destra di Trump, dirà che l’Europa non ha fatto nulla per gli Stati Uniti. Vi abbiamo salvati nella Prima e Seconda guerra mondiale, nella Guerra fredda e in Ucraina. Basta. Perché ci servirebbe un ponte? Abbiamo un modello, America First: riportare la sicurezza economica e lavorativa nel Paese. Se volete un partner, ok, sennò ok uguale. Al movimento Maga non serve un ponte, perché Le Pen, Farage e Orbán sono con noi. Raccomanderei a Meloni: sii ciò che eri quando Fratelli d’Italia era al 3%». 

È stato in contatto con Salvini? 
«No, sono stato schierato al 100% nell’assistere Trump a tornare alla Casa Bianca: 20 ore al giorno per 4 anni, senza un giorno libero tranne quand’ero in prigione». 

In Europa molti sono preoccupati per i dazi. 
«Dovrebbero esserlo. Non pagheremo per la vostra difesa mentre lasciamo che ci colpiate con accordi commerciali sbilanciati. Sì, i dazi stanno arrivando, dovrete pagare per avere accesso al mercato Usa. Non è più gratis, il libero mercato è finito, perché l’Europa ha abusato di noi, come hanno fatto gli altri alleati». 

Tornerà alla Casa Bianca? 
«No, ho molto più potere qui. Servono media alternativi: podcast, streaming, Twitter hanno battuto i media tradizionali in questa elezione. Perché dovrei rinunciarci?». 

Lei ha parlato di purghe al Pentagono. Cosa succederà ai funzionari pubblici? 
«Dipende dal presidente e dalla sua cerchia ma è possibile eliminare interi dipartimenti. Sarà un’operazione aggressiva. E Stephen Miller, nuovo vicecapo dello staff per le politiche della Casa Bianca, sarà centrale». 

Chi sono le figure di peso nel team di transizione? 
«Robert F. Kennedy, Tulsi Gabbard, Elon Musk, Tucker Carlson, Don jr, 5 o 6 persone». 

E lei non va a Mar-a-Lago? 
«Non c’è bisogno, serve che io stia qua. E sono in contatto con loro 24 ore su 24». 

Pompeo e Haley non torneranno al governo. 
«La loro carriera politica è finita. Quel tweet del presidente Trump l’ha uccisa». 

Il Wall Street Journal scrive che è per evitare competizione per J.D. Vance quando correrà per la Casa Bianca. 
«No, sono neocon. J.D. farà quel che deve, se avrà l’appoggio di Trump lo vedremo. Ma una decisione simile non è per proteggere J.D. Vance». 

https://www.corriere.it/esteri/24_novembre_12/steve-bannon-intervista-2d23940b-fcc7-4a21-b4f8-baf68b67bxlk.shtml

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trump sta per controllare tutti i poteri negli usa:

- potere esecutivo quale presidente usa

- potere giudiziario perché controlla la corte suprema

- potere legislativo perché controlla senato e sembra che controllerà anche la camera dei rappresentanti. controlla dunque i due parlamenti usa

quel che non gli è riuscito con l'assalto al campidoglio gli è riuscito nelle votazioni convincendo gli americani a votarlo e a votare il suo partito, il partito di trump.

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gli ultimi presidenti usa erano tutti un'anatra zoppa: non potevano fare la politica che volevano perché non detenevano il parlamento e questo bloccava i loro progetti politici.

 

trump ora detiene tutto e vedremo se in 4 anni riuscirà a far crescere l'america come lui promette o se la porterá nella fogna come sta facendo il nuovo presidente argentino milei.

 

se trump fallisce non ci saranno scuse: la colpa sarà solo sua e non dell'opposizione che non può bloccare in parlamento quel che i repubblicani (comandati da trump) fanno.

 

io non credo verrà fuoi nulla di buono dal suo governo. basta guardare le facce di coloro che lui sta mettendo come ministri per capirlo. alla fine erano meglio sua figlia ivanka trump e e suo marito jared kushner che erano incompetenti ma almeno avevano una faccia pulita.

 

i nuovi ministri di trump sembrano topi di fogna appena usciti dalla prigione.

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12 hours ago, marco7 said:

sconfitta dei democratici

meno male visto che tutte le guerre che hanno interessato l'america le hanno fatte i democratici

 

3 hours ago, marco7 said:

sembrano topi di fogna

stesso discorso su quelli precedenti il presidente che sembrava uscito da una rsa.

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“Un tizio, che è il più ricco del mondo e in questo momento la persona forse più potente del mondo, si permette di dire che noi in Italia dobbiamo mandare a casa i giudici. E non c’è uno del governo che gli dica: ‘Ma come ti permetti?‘. Questi si stanno inchinando a Musk, sperando di cavarne qualcosa. Ma, perbacco, lui dovrebbe essere in galera, visto che ha un figlio avuto con la maternità surrogata, e questi hanno fatto la legge che stabilisce che è reato universale“. Così a Dimartedì (La7) Pier Luigi Bersani commenta il tweet di Elon Musk contro la magistratura italiana, aggiungendo: “Caro Elon Musk, ti sfugge un particolare: a differenza degli altri paesi sconfitti, l’Italia se l’è data lei la Costituzione, non gliel’hanno data né l’Inghilterra né gli Stati Uniti, come è successo per la Germania e il Giappone. Ce la siamo fatta noi. E la nostra Costituzione indica nella magistratura un potere costituzionale. Non permetterti, Elon Musk. Noi i giudici non li mandiamo a casa“.
E conclude: “C’è per favore un esponente di questo governo nazionalista, italiano, eccetera, che dica qualcosa a questo tizio qui? La destra dà ragione a Musk? Siamo avanti coi lavori”.

3 hours ago, busdriver said:

meno male visto che tutte le guerre che hanno interessato l'america le hanno fatte i democratici

Quali? Sapresti elencarmi tutte le guerre iniziate dagli Stati Uniti sotto una presidenza democratica negli ultimi 40 anni? Te lo dico io: non lo sai, perché invece tutte le principali guerre (e non semplici interventi come dei bombardamenti mirati o aiuti bellici) dagli anni '80 a oggi sono state volute da presidenti REPUBBLICANI.

Ronald Reagan (1981-1989, Repubblicano), dopo aver chiuso la Guerra Fredda, fu protagonista di due azioni militari: l'invasione di Grenada nel 1983, decisa perché un regime filo marxista non si affiancasse a quello di cubano in quell'area; il bombardamento di Tripoli nel 1986 con l'obiettivo di colpire Gheddafi.

George H. W. Bush (1989-1993, Repubblicano) combatté e vinse la prima guerra del Golfo, dopo l'invasione da parte di Saddam Hussein del Kuwait. Diede anche l'ordine di invadere Panama: nel dicembre del 1989, 24.000 soldati americani sbarcarono nel piccolo, ma importantissimo stato del Centroamerica per abbattere il dittatore Manuel Noriega.

George W. Bush (2001-2009, Repubblicano) è il presidente delle due ultime guerre americane (a questo punto, "penultime") in grande stile: Afghanistan e Iraq come risposta all'attacco delle Torri Gemelle. Se la prima ebbe l'appoggio di quasi tutti gli americani, la seconda invece venne largamente contestata dall'opinione pubblica statunitense e mondiale.

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Negli Stati Uniti il partito Repubblicano ha ottenuto la maggioranza dei seggi anche alla Camera, dopo averla ottenuta già al Senato. Alle elezioni del 5 novembre si votava anche per rinnovare tutti i 435 seggi della Camera, come succede ogni due anni, e 34 dei 100 seggi del Senato. La vittoria dei Repubblicani al Senato era considerata sicura ed è stata confermata piuttosto rapidamente, mentre alla Camera la situazione è rimasta in bilico per oltre una settimana a causa del conteggio a rilento in 16 distretti, di cui nove in California.

Alla fine, secondo i risultati preliminari, i Repubblicani avranno sicuramente almeno 218 seggi (la maggioranza), ma ci sono ancora nove seggi da assegnare e quindi il loro vantaggio potrebbe aumentare.

Alle ultime elezioni del 2022 per la Camera e il Senato i Repubblicani avevano ottenuto la maggioranza alla Camera, con 222 seggi contro i 213 dei Democratici, mentre i Democratici avevano vinto al Senato, con 51 parlamentari contro 49.

Avere la maggioranza alla Camera e al Senato ha grosse ripercussioni sui margini di azione del presidente: negli Stati Uniti tutte le leggi devono essere approvate sia dalla Camera che dal Senato, e quest’ultimo deve anche approvare le nomine di giudici e segretari. Non avere la maggioranza, oppure averne una molto risicata, e lavorare con un Congresso diviso e le due camere controllate da partiti diversi può mettere in difficoltà il presidente e complicare il processo legislativo. Al contrario, con un Congresso saldamente a maggioranza Repubblicana, Trump potrà governare in modo molto più agile.

I leader Repubblicani hanno già detto che intendono sfruttare la maggioranza al Congresso per iniziare ad approvare rapidamente alcune leggi, tra cui un grosso taglio delle tasse per gli americani più ricchi e misure molto più rigide per impedire l’immigrazione irregolare dal confine meridionali. Non sarà comunque scontato, visto che alla Camera c’è una buona parte di deputati Repubblicani che hanno un orientamento più moderato di Trump. I problemi tra questi ultimi e i deputati più vicini a Trump si erano già visti negli scorsi due anni.

Il partito era stato spesso molto diviso, e i contrasti si erano manifestati in particolare nell’ottobre del 2023, quando era stato rimosso dall’incarico di speaker (presidente della Camera) Kevin McCarthy, accusato dai Repubblicani di aver collaborato con i Democratici per evitare la chiusura delle attività federali (il cosiddetto shutdown). Per quasi un mese, pur avendo la maggioranza, il partito non era riuscito a eleggere un nuovo speaker: tre candidati si erano ritirati dopo aver constatato di non avere il necessario sostegno, e solo il quarto, il deputato Mike Johnson (che fa parte dell’ala di estrema destra del partito) era riuscito a mettere d’accordo i Repubblicani.

Avere la maggioranza in Senato renderà più semplice (seppure non scontato) per Trump approvare le nomine non solo dei segretari, ossia i ministri, ma anche degli eventuali nuovi giudici della Corte Suprema. È un tema di cui negli ultimi due anni si è discusso a lungo: l’incarico dei giudici dura per tutta la vita, e durante il suo primo mandato Trump riuscì a nominarne tre su un totale di nove. Altri tre giudici erano stati nominati dai presidenti Repubblicani George H. W. Bush e George W. Bush.

Negli ultimi anni la Corte Suprema statunitense ha preso un orientamento decisamente conservatore, e questo si è rispecchiato in alcune importanti decisioni, come la sentenza con cui nel 2022 eliminò il diritto all’aborto a livello federale: in quel caso la Corte ribaltò una storica decisione che dal 1973 garantiva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza su tutto il territorio nazionale statunitense, conosciuta come sentenza “Roe v. Wade”.

https://www.ilpost.it/2024/11/14/repubblicania-camera-maggioranza/?homepagePosition=8

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