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One Photo


Mattia88

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Seconda storia... questa però è molto triste, io vi ho avvertito!

Buona lettura!

Qualsiasi commento è ben accetto! =)

 

 

Non so dove mi trovo.

Ormai non posso più sentire nulla.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sento finalmente libero. Quasi felice…

Tra poco rivedrò il mio amore e potremo stare nuovamente insieme. Niente potrà più dividerci.

Due anime unite per l’eternità.

 

Posso ancora vederli e sentire quello che dicono.

Ormai non possono più fare niente.

Sono arrivati troppo tardi e tutti i metodi per rianimarmi sono inutili.

Prima di varcare quella luce, che comincio a vedere, devo però raccontare il motivo per cui sono finito qui, in questo limbo, aspettando il permesso per entrare in quello che forse è il paradiso.

Ma io non ho mai creduto nel paradiso.

Entrerò nella luce e sarò in pace.

 

Tutto è cominciato quando Colin decise di provare la sua nuova macchina, un Mercedes SLK.

Glielo avevo detto che era meglio aspettare la notte, ma lui come sempre non aveva voluto ascoltarmi. Quell’adorabile zuccone…

Salimmo in macchina, uscimmo dalla villa e cominciammo a scorrazzare per le strade di Miami. Probabilmente lui era appostato lì fuori, vicino a casa nostra. Ci seguì da subito.

I flash arrivarono nel giro di pochi minuti, inaspettati.

Nessuno dei due l’aveva visto, mentre si avvicinava e accostava la moto alla macchina.

Colin era preso dalla guida e io lo guardavo sorridendo felice, felice della sua felicità.

Era stupendo con i suoi capelli biondi al vento, che sorrideva felice.

Dopo le prime foto Colin cercò di evitare il paparazzo. Aumentò la velocità, lo superò ed entrò dentro un tunnel. Ma il fotografo non mollava, ci restava dietro.

Io cominciai ad avere paura. Non mi ero mai abituato a quegli inseguimenti spericolati, solo per una nostra foto.

Quello tornò ad avvicinarsi e a scattare. Colin aumento ancora la velocità e imbocco una strada che portava fuori città. Era piena di curve e il mio terrore aumentò. Colin vide la mia paura, il mio terrore e mi prese una mano. Disse che sarebbe andato tutto bene, di non aver paura, quella strada la conosceva a memoria, la faceva sempre.

Il mio terrore però non diminuì.

Il paparazzo ci raggiunse di nuovo, approfittando del fatto che Colin aveva diminuito la velocità, ci superò. Era vicinissimo alla macchina. Si voltò e scattò.

L’ultima cosa che ricordo è il flash abbagliante.

 

Mi risvegliai in una camera d’ospedale, da solo.

Non c’era nessuno vicino a me, ero solo in tutta la stanza.

L’unica persona che cercavo era il mio ragazzo Colin, ma non c’era nessuno.

Entrò un’infermiera, mi sorrise dolcemente, ma in quel sorriso notai altro. Tristezza, pena, dolore.

Mi disse che i miei genitori erano stati informati dell’incidente, ma che avevano detto di non aver nessun figlio. Me lo aspettavano, non mi hanno mai accettato. Non hanno mai accettato la mia omosessualità e il mio amore totale, incondizionato per Colin.

Io e Colin ci eravamo conosciuti all’università, era stato amore a prima vista. Avevo cercato di fare il difficile, ma dopo poco avevo ceduto. Da quel momento non ci separammo mai.

Lui diventò famoso come cantante pop. Era un bellissimo ragazzo, simpatico, intelligente e quando saliva sul palco e cominciava a cantare, la sua voce ti incantava e non volevi più smettere di ascoltarlo.

Era stato successo immediato. Tutti lo cercavano, tutti lo volevano. Le ragazze erano impazzite per lui, mandavano lettere e lettere d’amore.

Nella sua prima intervista disse chiaramente e candidamente che era gay e fidanzato.

Da quel momento, tutti volevano una nostra foto.

Noi fuggivamo da quella notorietà. Colin voleva solo cantare e io volevo solo che lui facesse quello che voleva e che fosse felice.

Dissi all’infermiera che dei miei genitori non mi importava, volevo sapere di Colin.

Il suo sorriso si spense del tutto.

Sentii una fitta al cuore, le urlai di dirmi dove era Colin.

Un dottore entrò nella stanza, si avvicinò e mi disse che era morto.

Cominciò a raccontare l’incidente.

Dopo il flash Colin aveva perso il controllo della macchina, che era uscita di strada, finendo nel pezzo di strada sottostante.

I soccorsi erano arrivati immediatamente, avevano cercato di rianimarlo, ma non c’era stato niente da fare. Era morto sul colpo.

Io me l’ero cavata meglio avevo solo una gamba rotta e la testa fasciata per via della botta contro il vetro.

Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.

Non volevo ascoltare quella menzogna. Colin non era morto, il dottore si stava sbagliando.

Nella stanza entrò il nostro migliore amico, nonché agente di Colin, Jacob.

Aveva gli occhi rossi, di chi ha pianto a lungo. Mi si avvicinò e mi strinse con forza, finché non smisi di urlare e cominciai a piangere.

Restammo in quella posizione per molto tempo, l’abbraccio come unico supporto.

 

Per il mese seguente rimasi in ospedale dove guarii completamente.

Non uscivo mai dalla mia camera se non per fare degli esami e la riabilitazione.

Di giorno piangevo. Di notte lo sognavo, mi svegliavo e piangevo.

La mia vita senza di lui non aveva senso.

Era il mio mondo, era tutto per me. Mi aveva amato incondizionatamente da subito e la stessa cosa avevo fatto io. Non avevo mai provato niente di così intenso.

E poi me lo avevano strappato via, solo per una stupida foto.

Quando uscii dall’ospedale Jacob mi era di fianco, fece allontanare tutti i fotografi, mi mise in macchina e mi portò al funerale di Colin.

 

Dopo il funerale, venni informato che il paparazzo era stato denunciato. A breve ci sarebbe stato il processo, se volevo potevo testimoniare.

Il giorno del processo, entrai in aula e testimoniai.

Raccontai tutto quello che era successo, dell’inseguimento folle, della mia paura, di Colin che mi rassicurava un attimo prima di uscire di strada. Non ressi al ricordo del mio ragazzo e cominciai a piangere, senza fermarmi. Jacob mi portò a casa, in quella casa dove avevamo vissuto insieme.

Entrai da solo e lo mandai via. Volevo perdermi nei ricordi.

Guardare le nostre foto, sentire il suo profumo che alleggiava in giro per casa.

Ricominciai a piangere e mi addormentai sul nostro letto, circondato dalle nostre foto, dalle sue cose.

Mi svegliai di soprassalto con il telefono che suonava, era Jacob.

Il paparazzo era stato condannato a tre mesi di prigione. Sentendo quelle parole, una furia cieca mi percorse. Quello stronzo aveva fatto morire il mio ragazzo, l’uomo che amavo al di sopra della mia vita per una stupidissima foto e si beccava solo tre mesi di prigione? Era troppo poco, avrebbe dovuto marcire in carcere! Non uscirne mai più.

Jacob era d’accordo con me, ma a quanto pareva aveva delle attenuanti.

Gli dissi che ero troppo arrabbiato per ascoltare ancora, mi scusai e misi giù.

Girai per casa posseduto dall’ira.

Strappai tutti i giornali che trovavo, tutti gli oggetti di vetro cadevano a terra in frantumi.

In mezzo a quel caos giurai vendetta a quell’uomo. Quando sarebbe uscito di prigione, avrebbe pagato per quello che aveva fatto.

Quel pensiero mi portò un’ondata di tranquillità.

 

Finiti i tre mesi di carcere, sapevo già tutto sul fotografo. Tale Mike Gassler.

Sapevo dove abitava, sapevo che era divorziato da poco e che non aveva figli.

Aspettati un po’, intanto lo seguivo, imparavo i suoi spostamenti, le sue abitudini.

Una sera di metà Giugno entrai in casa sua. Non era molto difficile dato che aveva lasciato una finestra aperta a piano terra.

Una fredda calma si impossesso di me, ero sveglio, lucido, pieno di ira.

Salii le scale, entrai in camera da letto e lo svegliai.

Lui appena mi vide ebbe paura, mi disse che gli dispiaceva, non era sua intenzione farci uscire di strada, voleva solo una foto. Una maledetta foto.

Dalla borsa che avevo portato, tirai fuori un mazzo di nostre foto e gliele buttai in faccia.

Se era quelle che voleva bastava chiederle. Dopodiché tirai fuori la pistola.

La sua faccia si contrasse in una smorfia di puro terrore.

Mi prego di non farlo, di non ucciderlo. Ripeté che era veramente dispiaciuto per la morte di Colin, lui era fan del ragazzo, aveva comprato i suoi cd, aveva sempre sostenuto che si vedeva che il nostro era vero amore.

Quello fu il suo errore.

Se non avesse nominato il nostro amore forse non avrei sparato. O forse lo avrei fatto lo stesso.

In ogni caso sparai.

Il suo corpo si contrasse e cadde sul letto in mezzo alle nostre foto.

Presi dal letto la prima foto che avevamo fatto io e Colin. Era estate, faceva caldo e noi eravamo andati al mare. Ci eravamo messi in un angolino riparato dalla vista per poterci abbracciare e baciare indisturbati. A un certo punto Colin aveva tirato fuori la macchina fotografica e aveva cominciato a fare foto a caso, poi aveva deciso di farne una insieme. Era venuta perfetta. Lui mi abbracciava da dietro e mi baciava una guancia, io che sorridevo assolutamente, totalmente, completamente felice.

La presi e scesi le scale.

Uscii in giardino e mi avvicinai a un albero.

Guardai la foto un’ultima volta.

Alzai la pistola alla tempia e sparai.

Una vicina di casa di Mike chiamò la polizia e l’ambulanza.

Ma era tutto inutile, quando arrivarono non potevamo più essere salvati.

 

La notizia della mia morte e di quella del fotografo che aveva ucciso Colin fece il giro del mondo.

Tutti i fan di Colin furono addolorati di ricevere questa notizia. Jacob fu sconvolto e straziato dalla notizia della mia morte, pensò al mio funerale e mi fece seppellire vicino a Colin.

 

Da quando sono morto anzi, da quando mi sono sparato, la mia anima è sospesa tra terra e Luce. Posso dire di essere morto quando mi hanno detto che Colin era rimasto ucciso nell’incidente.

Da quel momento ero un morto che camminava, niente aveva senso senza di lui.

Senza di lui ero cieco, sordo, muto. Privo di tutto ciò che amavo, privo della mia essenza, potevo essere considerato vivo?

Ora dopo anni e anni di oblio sento che la Luce si sta aprendo.

Posso vederla che si avvicina per prendermi.

Non ho paura.

So che finalmente rivedrò Colin, potrò riabbracciarlo e finalmente tornerò felice.

Lui è la mia felicità, il mio paradiso, la mia salvezza, la mia assoluzione.

Lo vedo che impaziente come suo solito, si affaccia dalla Luce.

E’ lo stesso che mi ricordavo, non è cambiato in nulla.

Anche il modo in cui mi dice di sbrigarmi a venire da lui è lo stesso.

Allora una lacrima mi scivola dagli occhi.

Una lacrima senza sostanza, evanescente.

L’asciugo e corro verso il mio amore.

Ora sarò nuovamente felice.

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