metalheart Posted October 4, 2024 Posted October 4, 2024 La stanza dâospedale era un inferno bianco. Lâodore era la prima cosa che lo colpiva: denso, penetrante, un misto di carne putrefatta e disinfettante troppo forte. Marcello era giĂ pentito di aver dato un'ultima possibilitĂ all'anziano padre. Respirava a piccoli sorsi, cercando di non farsi sopraffare dalla puzza. Era accanto al vecchio, gli occhi ridotti a due fessure ruvide e scure. Da quanto tempo era lĂŹ? Ore, forse. âI dottori dicono che non câè piĂš niente da fare,â sussurrò il vecchio, la voce crepata come carta vetrata. Le parole si persero nellâaria pesante, rimanendo sospese tra loro, unâeco che nessuno voleva riprendere. âCerto,â replicò Marcello, con un sorrisetto amaro. âCome se ci fosse mai stato qualcosa da fare, vero? Ă la storia della tua vita, dopotutto: guardare, restare immobile, e lasciarti sopraffare dalla merda.â Sollevò il braccio, agitando le dita inanellate con un gesto che voleva sembrare sprezzante. I suoi occhi, accentuati dal trucco nero e dallâeyeliner che sbavava, erano fissi su quellâuomo, incapace di distogliere lo sguardo. âNon parlare cosĂŹ,â disse il padre con un filo di voce. Si portò una mano al volto e la lasciò ricadere subito, stremato da quel semplice movimento. "Ci sono sempre stato...â. Marcello rise, un suono secco e sgraziato. âAh, davvero? Sempre? E dovâeri quando tutti mi davano del frocio? Quando arrivavo a casa con il trucco sbavato e le guance gonfie di lividi? Oh, certo, ricordo. Eri lĂŹ, a sorseggiare il tuo whisky, a guardare il telegiornale e a chiederti cosa avessi sbagliato per ritrovarti un figlio cosĂŹ.â Il volto si contrasse in una smorfia di rabbia, ma subito scomparve, sostituito da unâespressione di falsa calma. Il padre rimase in silenzio, un silenzio pesante, che sembrava voler dire molto di piĂš di qualsiasi parola. Si passò una mano tremante tra i pochi capelli grigi, un gesto stanco e carico di rassegnazione. Gli occhi si posarono su quella pelle costellata di macchie violacee e giallastre che si espandevano come muffa su un muro umido. Non disse nulla. Nessun commento, nessuna domanda. Solo uno sguardo, freddo e distante, che sembrava evitare di soffermarsi troppo su quei dettagli. âLo vedi, no?â disse Marcello, piegando la testa di lato con una lentezza esasperante. âLa carne che si sfalda, che emana un odore che fa vomitare? Lo vedi quanto fai schifo, vero? PerchĂŠ è questo che sei. PerchĂŠ questo è il tuo duro lavoro, papĂ . Questo è il risultato del tuo splendido senso del dovere.â âNon parlarmi cosĂŹ,â mormorò lâuomo, il tono stanco, svuotato. âIo ho cercato di esserci, di capirtiâŚâ âAh, certo, certo!â esplose Marcello, con un sorrisetto isterico che gli contorceva le labbra. âEri lĂŹ, a darmi lezioni su come accettarmi. Eri lĂŹ a sostenere i miei diritti, a fare lo splendido ai pranzi di famiglia con le tue frasette fatte sui diritti civili. Ma scommetto che adesso non sai cosa fare, vero? Che giustizia poetica, brutta carogna che marcisce sotto il sole.â Il padre rimase sbigottito, come se quelle parole lo avessero colpito davvero, come se avessero un peso fisico. Si guardò le mani, le dita contorte dallâartrosi. Sembrava cercare una risposta, ma trovava solo il vuoto. âE ora ti fai vedere, con quella faccia contrita, come se fossi qui per me,â continuò Marcello, la voce ridotta a un sibilo velenoso. âSei un codardo, papĂ . Ti sei presentato solo perchĂŠ sai che è finita. PerchĂŠ vuoi pulirti la coscienza, sperare in un ultimo perdono. Ma non câè perdono per te, hai capito?â La luce fioca della stanza gettava ombre profonde sulle guance scavate del vecchio, eppure gli occhi sembravano brillare di qualcosa che poteva essere rabbia, o forse solo disperazione. Si avvicinò di nuovo, lentamente, e allungò una mano verso il letto, un gesto esitante, quasi meccanico. Marcello si girò, mostrando i denti in una smorfia di repulsione. âNon osare toccarmi. Non osare nemmeno pensarci. Mi hai giĂ fatto abbastanza danno, non credi?â Il silenzio che seguĂŹ fu assoluto. Nessun altro suono oltre al respiro pesante di Marcello e a quel tanfo che sembrava saturare ogni molecola dâaria. Poi, improvvisamente, il padre lasciò cadere la mano lungo il fianco. Lâespressione cambiò, si fece rassegnata. AnnuĂŹ leggermente, come se avesse appena accettato qualcosa di inevitabile. âVa bene,â disse con un tono cosĂŹ piatto da sembrare un sussurro. âVa bene, Marcello.â Indietreggiò ancora un passo, gli occhi che lo scrutavano con un misto di dolore e pietĂ . Marcello si aspettava che il padre dicesse qualcosâaltro, che si sforzasse ancora un poâ di trovare una giustificazione, una scusa qualsiasi. Invece, lo vide voltarsi lentamente verso la porta. âPapĂ , dove vai?â chiese Marcello, con un filo di voce che tradiva unâimprovvisa incertezza. Il vecchio non si fermò, non si girò nemmeno. Fece solo scivolare la mano sulla maniglia e aprĂŹ la porta. Per un attimo, rimase sulla soglia, poi uscĂŹ senza voltarsi, chiudendola dietro di sĂŠ con un lieve clic. Marcello rimase immobile, il fiato che gli si spezzava in gola. Si sentiva stordito, perso. Guardò il soffitto, cercando di orientarsi. Si chinò leggermente, sforzandosi di sollevare la testa, e notò una macchia giallastra che si espandeva lentamente. Vide le lenzuola che si arricciavano intorno al suo corpo, impregnate di un liquido scuro che colava dalle piaghe aperte sulle gambe. Lâodore nauseante lo colpĂŹ come un pugno. La sua pelle, grigia e rigonfia, sembrava quasi esplodere per il liquido che si accumulava sotto la superficie. I brandelli di carne si staccavano dalle braccia, lasciando gocce di pus che imbrattavano il cuscino. Respirò forte, cercando di urlare, ma dalla sua bocca non uscĂŹ altro che un suono soffocato. Quote
Pugsley Posted October 6, 2024 Posted October 6, 2024 Adesso con l'IA si possono anche creare racconti, lo sapete? đ Quote
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