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L'universo autogenerato di Hawking


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... sembrerebbe che, nel linguaggio usato, e potrebbe quindi essere solo una questione

di modo espositivo e di approccio al pubblico, ami presentare le sue posizioni come

una risposta da parte della scienza a quesiti propri della filosofia...

 

è proprio questo il punto: capisco che nel dire quello che sto dicendo rappresento forse solo me stesso

ma a me pare che la scienza non possa e non debba in alcun modo "rispondere" a dei quesiti filosofici

questo se vuole conservare integro e coerente il suo peculiare approccio alla conoscenza

altrimenti il rischio è quello di dover discutere contrapponendo un'equazione a Cacciari

ma ci rendiamo conto? è una cosa terribile   :lol:

e anche inestetica  :lol:

e forse un poco anestetica  :look:

 

tornando alla tua osservazione sull'olismo, io lo apprezzo come approccio "all'uomo"

credo anch'io che vada applicato nella sede sua propria che a mio avviso è la medicina e la psicologia

 

sarò anche qui un cane solitario ma vedo in tutta la cosmologia

(e in gran parte della religione ma questo meglio dirlo sottovoce) una pura proiezione di contenuti inconsci

insomma il solito inganno in cui uno pensa di dire come è fatto l'universo (bella pretesa)

o come ragiona il padreterno (altra bella pretesa)

e nella realtà non fa altro che descrivere inconsapevolmente i "buchi" del suo approccio conoscitivo

ma mi chiedo: come potrebbe essere diversamente?

Ma la storia, dai Presocratici in poi, è andata diversamente, Conrad, e l'interazione tra

filosofia e scienza percorre tutta la storia dell'umanità, della filosofia

singolarmente considerata, della scienza singolarmente considerata. Non ti fai

un'idea troppo ristretta di ciò che debba essere la scienza? Questo non significa confondere o

contaminare bizzarramente i due piani, e su questo ti do pienamente ragione. E sul fatto

che la scienza, in sé, è una cosa, con principi e vie sue proprie, e la filosofia un'altra: anzi

Aristotele per primo ha enunciato l'assoluto divieto della metabasis eis allo ghenos. Ma

il dialogo tra le due discipline c'è sempre stato.

 

Sulla proiezione dei contenuti inconsci in un campo del pensiero, bisogna aver pazienza.

Ammettiamo che ciò si dia. Ma poi il mulino della storia, del pensiero, della scienza, della

critica, penserà a separare e discriminare ciò che qualche spirito insigne e creativo,

malgrado l'eventuale carica di inconsceità, aveva addensato in un uno. Basta aspettare.

premetto che in quello che dirò non voglio esprimere un giudizio di merito (nè positivo nè negativo) verso la religione o verso la filosofia

e neanche assegnare un primato alla scienza

 

certamente ci sono molteplici intrecci tra filosofia e scienza

il vero dialogo è nato quando la scienza ha cominciato ad assumere alcuni connotati ben precisi, trovando il suo metodo di lavoro nella dialettica tra verifica sperimentale e teoria (falsificabile): quindi parliamo del XVII° secolo (ancora nel XVI° secolo la scienza è "alchimia", quindi inconscia, ed infatti Jung ne ha attinto a piene mani per farne "scienza psicologica")

il dialogo scienza-filosofia ha preso maggiore interesse e consistenza a partire da Locke e dagli empiristi (Hume e Berkeley)

per poi arrivare nel XX° secolo a risultati eccezionali con Popper, Russell, Frege e Wittgenstein (e citerei anche Godel, che più che un filosofo era un logico)

tali intrecci hanno prevalentemente riguardato il campo cognitivo ed epistemologico, dove l'interazione è stata effettivamente molto fruttuosa

ma certamente non ha mai riguardato la metafisica, verso la quale la scienza dovrebbe sospendere il giudizio, e verso la quale i filosofi che citavo hanno tutti, chi più chi meno, espresso posizioni perlomeno problematiche

Wittgenstein era strettamente anti-metafisico, ed è una posizione che condivido senza riserve

trovo che metafisica, per dirlo come lo direbbe Woody Allen, è non sapere di cosa si sta parlando

 

ma questo approccio della scienza "anti-metafisico" o per meglio dire "a-metafisico"

è venuto meno da alcuni decenni: la scienza ha assunto una connotazione quasi religiosa, "salvifica", con una chiara deriva metafisica

questo è percepibile non solo nei libri come quello che è all'origine di questo thread

ma a mio avviso anche nel cuore stesso di pertinenza della scienza, ovvero il processo "sperimentale"

 

un esempio può essere la sperimentazione nella sua accezione da "Cern-di-Ginevra", per intenderci

in cui si ipotizzano modelli della materia, particelle e campi di cui di fatto non si può per definizione sperimentare alcunchè, se non gli effetti degli effetti degli effetti...

è ancora sperimentazione? in che termini vale in questo ambito il concetto chiave dell'epistemologia scientifica, ovvero quello di falsificabilità di una teoria?

il complesso di fenomeni che vengono via via messi in luce quante possibili "teorie" è in grado di ammettere? una catena sperimentale causa-effetto lunga e ramificata non viene forse intrinsecamente "indebolita"?

 

 

per quanto riguarda l'altro punto che tu citi, Isher, ovvero il tempo che è in grado di discriminare tra "realtà" e mere proiezioni inconsce

sono assolutamente d'accordo

anzi trovo da questo punto di vista affascinante lo storicismo del cristianesimo, nella sua accezione cattolica,

perché nell'evoluzione del dogma è possibile leggere come in uno specchio l'evoluzione dell'autoconsapevolezza dell'uomo che quel dogma ha "riconosciuto"

noi tendiamo a pensare che i nostri avi di qualche migliaio di anni fa fossero come noi, ma non è esattamente così: e se non altro le evoluzioni religiose ci fanno toccare con mano di quanto si sia ampliata la consapevolezza umana nel corso dei secoli

da questo punto di vista, come suggerimento di lettura, vorrei citare un'opera di Jung che si intitola "Risposta a Giobbe"

e dove viene interpretata in pura chiave psicologica l'evoluzione religiosa cristiana come tendenza dell'uomo dell'epoca verso una nuova idea del divino

che a sua volta era lo specchio di una aumentata presa di coscienza e consapevolezza il cui punto di svolta Jung individua nella famosa vicenda biblica di Giobbe

l'aumentata consapevolezza è segno in una certa misura del "restringersi" dell'inconscio a favore del complesso dell'io

 

ma, una volta accertato che solo nel tempo sarà possibile distinguere quello che oggi è per me "verità ultima"

e che domani potrebbe essere giudicato come evidente proiezione insconscia,

devo assumere che, nel momento stesso in cui "faccio" metafisica, corro un rischio

ovvero quello di proiettare la mia ignoranza sullo schermo cinematografico dell'universo

ecco, a me pare che tutti questi filosofi come Cacciari siano invece "tronfi" e totalmente inconsapevoli di questo rischio

e questo è imperdonabile

Conrad65, ti prego di essere sintetico

e di permettermi di fissare bene i termini della questione.

 

La questione di Hawking è semplice:

la Materia si genera dal Caos e dal Nulla,

pertanto un Ente Creatore non è necessario.

 

Il mito di Esiodo era esplicito in proposito.

Gaia - la Materia - sorge dal Kaos

già gravida dello Spazio - Urano -

e il Tempo - Crono - è il loro primogenito

che nasce con la sua sposa Rhea - il Flusso, l'Energia, la Gravità -

 

Esiodo già traduce, già fa "divulgazione",

di quello che la Scienza arriverà più tardi a dire.

Io la vedo come una conversione all'Antico,

un uso della mitologia non come "dogma di fede"

ma come semplice metafora di ipotesi scientifiche.

L'Universo può e continuerà a crearsi da sé. La creazione spontanea è la ragione per cui qualcosa esiste

piuttosto che il nulla. Il fondamento di questa autogenerazione spontanea, il cui punto di partenza è

il caos, è nella legge di gravità.

 

Diciamo che Hawking ultimamente è stato oggetto di fluttuazioni di pensiero (visto che si parlava di fluttuazioni di densità di materia  :look: ) su alcuni aspetti teorici (su tutti, la possibilità di includere le leggi micro e macro cosmiche nella teoria delle superstringhe, prima negata poi presa in considerazione, ma anche altre valutazioni sulla fisica dei buchi neri) che ne hanno un po' destabilizzato l'autorevolezza..quindi il ritorno sui suoi passi, relativamente all'argomento che più di tutti l'aveva "esposto", era sinceramente prevedibile

 

Resta il fatto, comunque, che Hawking anche ora continua a prendere in considerazione la possibilità, avanzata da lui stesso già nei primi anni '90, di un "universo derivato da delle leggi fisiche cogenti al punto tale da autodeterminarsi esse stesse" che, sempre nell'ottica di Hawking, potrebbero essere interpretate come "Dio", la chiave della Creazione, ma ora vengono semplicemente ricondotte alla costante di gravitazione universale (per farla molto breve)

 

forse è questione di termini, e l'idea che mi son fatto leggendo un po' di questo nuovo "trattato" (se così si può chiamare) è di una virata parziale e non particolarmente ricca di nuovi punti di vista, ma venduta bene mediaticamente

 

La questione di Hawking è semplice:

la Materia si genera dal Caos e dal Nulla,

pertanto un Ente Creatore non è necessario.

 

 

sarò sintetico: chiedi ad esempio a Hawking, che è un fisico, una definizione scientifica di "nulla", o anche di "materia"

e vedi cosa ti risponde

Ma sta teoria si sviluppa da quella delle singolarità o non ha niente a vedere con questa?

 

Il concetto base di singolarità spazio temporale nel momento 0+ del Big Bang (quindi la parte classica di Hawking-Penrose) resta immutata, anche perché altrimenti nascerebbe il problema di dover giustificare ciò che era all'istante 0- ; non mi pare però che approfondisca l'aspetto delle singolarità verso infinito

chiedi ad esempio a Hawking, che è un fisico, una definizione scientifica di "nulla", o anche di "materia"

e vedi cosa ti risponde

 

 

Secondo te che risponderebbe, Conrad?

 

PS: poi mi riservo di rispondere al tuo post, sempre che non sia superato dalla discussione in corso

sarò sintetico: chiedi ad esempio a Hawking, che è un fisico, una definizione scientifica di "nulla", o anche di "materia"

e vedi cosa ti risponde

 

 

non a caso hai usato due termini che, dal punto di vista scientifico, sono troppo vaghi  :look:

Secondo te che risponderebbe, Conrad?

 

 

e che vuoi che ti risponda? farebbe scena muta

i fisici parlano di massa, non di materia, e ne parlano perché la possono definire fisicamente, ovvero misurare

per quanto riguarda il nulla, in fisica non è trattabile in alcun modo (posso ipotizzare densità molto piccole, ma non il "nulla")

 

non esiste la metafisica fondata sulla fisica

ovviamente anche i fisici sono liberi di fare della metafisica, ci mancherebbe

ma il loro essere fisici non rende la loro metafisica più autorevole di quella di chiunque altro

che sia la signora Maria o Heidegger o Cacciari

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