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Immigrazione


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La domanda è giusta D., anche se trovo che a quel punto dipenda dagli individui capire se si è disposti a mediare tra la propria cultura e quelle presenti nello stato di entrata.

Se si decide di farlo si deve essere anche pronti a rispettare la legge vigente e assumersi le dovute responsabilità, però in linea teorica dovrebbe partire dalla persona interessata e non dal governo del tale stato un prevenire bloccando l'accesso perché potrebbero creare problemi.

 

Per rispondere a Cosol: donne in gravidanza, bambini, anziani e persone con problemi di salute non devono digiunare. Non ricordo fino a quale età vale per i bambini, però di norma funziona così.

Alla fine sta sempre al buonsenso dei genitori: battezzare un figlio e costringerlo ad andare a messa significa imporre e rischiare che non formi un proprio pensiero, forse irrilevante quando si è bambini ma prezioso già da adolescenti.

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Non si può parlare di «cultura» per qualunque elemento caratterizzante la vita di un popolo.

Si crea un equivoco costante, assumendo questo concetto, di deriva antropologica.

La mafia è «cultura» dell'Italia? No, va espulsa dal concetto di cultura, se si vuole creare una...cultura.

 

L'integrazione degli immigrati si fa innanzitutto attraverso la Scuola. Deve per questo essere una Scuola forte,

consapevole dei valori che propugna, come avviene in Francia, che è uno degli Stati più accoglienti d'Europa,

ma dove c'è al contempo un valore identitario molto forte la cui radice prima è nella lingua, nel valore

accordato alla lingua - e non solo.

 

In Italia siamo in una situazione estremamente confusiva sia perché da molto tempo non sappiamo più cosa

siamo, sia perché c'è una ideologizzazione marcata del tema immigrazione e perché la chiesa cattolica, sostenuta

dalla sinistra, propugna l'accoglienza di qualunque barca di disperati che approda alle nostre coste -

tutte cose che non costano niente, pura retorica del tipo «immigrato è bello» «multietnico è bello».

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Personalmente il mio disprezzo non è affatto per chi immigra e porta con sé il proprio bagaglio culturale, ma il fatto che molte volte lo impongono ad altre persone, nella maggior parte dei casi figli. Pensate a Mohammed, nato da genitori musulmani, ateo convinto. Perché lui dovrebbe digiunare un mese all'anno?

 

E' un esempio ragionevolissimo, ma non è che lo fanno solo gli immigrati (a parte il fatto che lo farebbero anche "a casa loro").

Tanto per non tirare in ballo i cattolici, quanti figli di Testimoni di Geova si sono visti voltare le spalle dalla famiglia e dalla comunità per non voler più farne parte? E quanti allora, sapendo cosa sarebbe successo, si "adattano" a restarci? E' sempre un'imposizione.

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Non si può parlare di «cultura» per qualunque elemento caratterizzante la vita di un popolo.

Si crea un equivoco costante, assumendo questo concetto, di deriva antropologica.

La mafia è «cultura» dell'Italia? No, va espulsa dal concetto di cultura, se si vuole creare una...cultura.

Intendi dire che cultura è solo quello che non danneggia l'individuo? Be', allora non avrei problemi ad accettarla, ma sei sicuro che il dizionario sia d'accordo con te?

 

@Lum, infatti io, come ho detto, sono il primo a criticare le imposizioni della cultura (inteso l'insieme di tutti gli elementi caratterizzanti la vita di popolo) italiana, ma la coerenza mi porta a criticare le imposizioni delle altre.

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E se Mohammed non è né incinto né anziano né bambino?

Naturalmente il mio discorso è sempre valso per la cultura occidentale, anzi, vivendoci, la critico anche piú delle altre.

 

Di nuovo: sta tutto al buonsenso della famiglia. Se non vuole si oppone e si becca i rischi (o vantaggi) dell'emanciparsi, altrimenti se non se la sente evita a proprio discapito.

Quando io a 13 anni dissi di non voler più avere a che fare il catechismo e anni dopo dissi di essere lesbica, lo feci sì in un ambiente non limitativo, però accettai anche l'evenienza di sentirmi dire: "è meglio che tu faccia catechismo/non ti dichiari". Andò poi tutto bene, però intanto il mio essere omosessuale o non praticante non differiva dal non sentire una fede essendo musulmani; esistono imposizioni che vogliono il considerare certi lavori più o meno dignitosi, certe scelte più adeguate, quindi non è solo questione di cultura e religione. Tante cose possono diventare costrizioni e diventare motivo di scontri più o meno accesi, tutto dipende dall'apertura dei genitori e l'ambiente.

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Personalmente il mio disprezzo non è affatto per chi immigra e porta con sé il proprio bagaglio culturale, ma il fatto che molte volte lo impongono ad altre persone, nella maggior parte dei casi figli. Pensate a Mohammed, nato da genitori musulmani, ateo convinto. Perché lui dovrebbe digiunare un mese all'anno?

 

(Uso l'esempio islamico perché è quello piú evidente, anche io ho subíto qualcosa del genere nella mia famiglia cinese, ma è molto piú complicato da spiegare).

 

Qui si tratta di uno scontro tra culture e persone. E quando c'è, io sto dalla parte dello seconde.

Sono d'accordo con te. Diciamo che in genere molti genitori credono di sapere cosa è meglio per i figli e che in genere i religiosi (ma anche molti atei che ormai stanno diventando bigotti e tirannici come i peggiori fondamentalisti, e lo dico da ateo) credono di sapere cosa è meglio per il prossimo. Unisci le due cose ed è ovvio che un genitore cerchi di "imporre" la sua cultura e la sua religione al figlio. Il problema secondo me ci sarà solo quando il genitore di fronte al rifiuto del figlio di seguire i dettami di una religione o una determinata cultura reagisce in modo brusco.

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Da che mondo è mondo in genitori "impongono" il proprio set di idee e di valori ai figli, ma continuo a non vedere cosa c'entri con il discorso immigrazione.

Le ragazze uccise dal padre perché frequentavano un ragazzo non musulmano o simili sarebbero state uccise anche se fossero rimaste nei loro paesi d'origine, al massimo mi potete obbiettare che sarebbe stato più difficile per loro conoscere uomini non approvati dalla famiglia. Solo che la cosa non avrebbe fatto notizia.

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Da che mondo è mondo in genitori "impongono" il proprio set di idee e di valori ai figli, ma continuo a non vedere cosa c'entri con il discorso immigrazione.

 

Non c'entra niente, ma è un ottimo trucco per fare propaganda e giustificare la propria intolleranza

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Da che mondo è mondo in genitori "impongono" il proprio set di idee e di valori ai figli, ma continuo a non vedere cosa c'entri con il discorso immigrazione.

Le ragazze uccise dal padre perché frequentavano un ragazzo non musulmano o simili sarebbero state uccise anche se fossero rimaste nei loro paesi d'origine, al massimo mi potete obbiettare che sarebbe stato più difficile per loro conoscere uomini non approvati dalla famiglia. Solo che la cosa non avrebbe fatto notizia.

E' vero, infatti non ha niente a che vedere quello che ho scritto con l'immigrazione. Il discorso di Cosol mi ha fatto venire in mente questa cosa.

Per ritornare in topic parlando con il mio amico mi sono reso conto che se non ci fosse stata l'immigrazione ovviamente non l'avrei conosciuto. Se io ho qualche curiosità sulla Cina, sulla cultura del paese o su qualsiasi altra cosa che riguarda Cina e cinesi mi basta andare a trovarlo e chiedere a lui. Insomma ho un pezzo di Cina ad un quarto d'ora di cammino da casa mia. Perché chi se la prende tanto con gli immigrati non pensa a questo?

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Intendi dire che cultura è solo quello che non danneggia l'individuo?

Be', allora non avrei problemi ad accettarla, ma sei sicuro che il dizionario sia d'accordo con te?

 

 

Bisogna vedere a quale "libro" vai a chiedere aiuto...

Certo non troverai bell'e fatto il «significato» della cultura in un dizionario della lingua.

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C'entra perché si parla di immigrati a cui - in nome della cultura - viene permesso violare i diritti degli altri. Cacciarli non è una soluzione, ma il problema c'è.

 

@ηρεμία: Molte volte la scelta dell'emancipazione non è possibile.

 

@Isher: Be', sul tema non sono affatto in disaccordo con te. Per la questione semantica, se vuoi apri un'altra discussione, sarei molto interessato.

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C'entra perché si parla di immigrati a cui - in nome della cultura - viene permesso violare i diritti degli altri. Cacciarli non è una soluzione, ma il problema c'è.

 

@ηρεμία: Molte volte la scelta dell'emancipazione non è possibile.

 

@Isher: Be', sul tema non sono affatto in disaccordo con te. Per la questione semantica, se vuoi apri un'altra discussione, sarei molto interessato.

Fai degli esempi un po' più concreti. Che da mondo a mondo i genitori impongano ai figli la propria religione è vero, ma mica nel momento in cui il figlio decide di non seguire la religione o la cultura del genitore finisce per forza in tragedia. Di cosa parli in concreto quando dici "immigrati a cui - in nome della cultura - viene permesso violare i diritti degli altri"?

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Sarà.

Ma io sono sicuro che una famiglia mussulmana in Italia

abbia molte più probabilità di accettare che la figlia sposi un Italiano

rispetto a quanto una famiglia cattolica italiana

possa accettare che la figlia sposi un mussulmano.

Ovviamente è solo una sensazione

(come è una sensazione se penso che la situazione

tra Italiano e Cinese sarebbe invertita)

 

E' abbastanza chiaro che l'integrazione

passi principalmente dai rapporti sentimentali;

ma quando la Destra parla di "integrazione"

pensa invece alla "conversione"

e non certo a una società mista.

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Se si decide di farlo si deve essere anche pronti a rispettare la legge vigente e assumersi le dovute responsabilità' date=' però in linea teorica dovrebbe partire dalla persona interessata e non dal governo del tale stato un prevenire bloccando l'accesso perché potrebbero creare problemi.[/quote']

 

Io sono abituato a matematizzare, logicizzare, ragionare per formule. I nostri metodi di scrematura seguono necessariamente due direttrici: intervento preventivo oppure consuntivo. Il secondo è certo più preciso, obiettivo, certo; eppure mina il principio di cautela cui dovremmo sottoporre noi stessi. Lavorare per negazione significa assorbire solamente chi non delinque: dunque dovremmo ammettere manifestazioni criminali praticamente certe e solo in seguito provvedere. Il primo metodo è più selettivo ed impreciso, è vero, ammette però, su base di funzione probabilistica, un flusso in entrata innocuo, riducendo la criminalità potenziale di molto rispetto all'intervento non precauzionale. Necessitiamo anche noi di misure cautelative, così come molta parte di popolazioni estere merita libero ingresso. Servono solo delle regole.

 

L'integrazione degli immigrati si fa innanzitutto attraverso la Scuola. Deve per questo essere una Scuola forte,

consapevole dei valori che propugna, come avviene in Francia, che è uno degli Stati più accoglienti d'Europa,

ma dove c'è al contempo un valore identitario molto forte la cui radice prima è nella lingua, nel valore

accordato alla lingua - e non solo.

 

Indubbiamente vero. In problema immigrazione si pone maggiormente verso chi approda già in età adulta. Chiunque consegua una buona formazione nel Paese d'accoglienza, non può ritenersi meno italiano dei suoi coetanei. Voglio dire, inserita in una società estesa, il peso della famiglia nella formazione del bambino tende a diminuire considerevolmente. L'incidenza dell'ambiente esterno alle mura domestiche è enorme e forse la vera determinante di qualunque orientamento culturale assunto. Ciò tuttavia non è valevole in seno a comunità fortemente chiuse, esempio pregnante è quella cinese, inespugnabile a qualsivoglia tentativo di integrazione. Qui anche i piccoli vengono educati all'unica tradizione loro mostrata.

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D., ragionando per sommi capi il principio di prevenzione farebbe acqua da tutte le parti anche solo in virtù dell'articolo 27, comma 2, della Costituzione:

 

"L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva".

 

Un italiano non viene considerato potenzialmente pericoloso, quindi perché dovrebbe essere considerato un eventuale problema l'immigrato? Perché ha meno mezzi di tanti italiani (ma sta allo stesso livello di alcuni barboni?) Perché crede in una religione differente o ne viene da una cultura differente? (In Italia non siamo tutti cattolici e di famiglie agiate)

Secondo quale criterio logico andrebbe adottata una politica di prevenzione? Non si può stabilire preventivamente se un Mohammed, un John o uno Tsun commetteranno reati: lo si potrà sospettare ma non di certo considerare colpevoli queste persone in assenza di prove. Se così fosse, allora ci si dovrebbe cominciare a chiedere ad esempio dove trovano i soldi tanti nullatenenti italiani per comprare case, barche e macchine di lusso.

 

@ηρεμία: Molte volte la scelta dell'emancipazione non è possibile.

 

A quel punto dipende dalle persone che devono subire.

Si può rendere un figlio infelice imponendogli un digiuno tanto quanto vietandogli di uscire perché omosessuale o perché deve seguire le orme di famiglia, in qualsiasi caso si vedrà un certo tipo di costrizione e starà al figlio/a decidere se sopportare, attendere un momento migliore o fuggire dalla situazione.

Esistono costrizioni di qualsiasi tipo e non tutte necessariamente si ricollegano al Mohammed ateo o al Carlo gay, quindi legare il problema all'immigrazione mi sembra un tantinello generico.

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Ma io non credo giovi ad un discorso sull'integrazione la logica criminale

( sia essa intesa come prevenzione del crimine, piuttosto che come

repressione )

 

Non potremmo, per essere concreti, discriminare gli zingari in entrata

per citare popolazioni nomadiche fra loro diverse e che certamente sono

odiati, ma non costituiscono culturalmente una minaccia ( rispetto allo

spauracchio dell'islamizzazione dell'Europa o a problemi identitari) Oltre

al fatto di costituire delle minoranze nei rispettivi paesi di provenienza

( Kossovo, Bulgaria, romania etc. come distinguere ? Idem per i nomadi

di paesi islamici completamente diversi dai balcanici ). Nè il problema rispetto

agli zingari è la repressione criminale, poichè è ovvio siano puniti, la legge

è uguale per tutti e non conosce eccezioni etniche. Il problema semmai

è il fatto che lo zingaro si fa il suo carcere e poi continua la sua vita. Tant'è

che in effetti, la loro integrazione è fortemente assimilazionista ( gli zingari

italiani di fatto sono stati completamente assimilati e annichiliti )

 

L'esperienza italiana ci dice che la popolazione nomadica in società non agricole

o è così, o non è più. E gli zingari italiani già non esistono più.

 

Attualmente gli zingari che stanno in Italia sono arrivati dalla Yugoslavia e

a seguito delle guerre balcaniche negli anni '90. Più di recente arrivano

Bulgari e Rumeni...

 

Stabilire se sia potenzialmente più pericoloso in senso criminale il Filippino

del Colombiano o il Pakistano rispetto al Cinese mi pare difficile, se non

impossibile.

 

Qui si usa il crimine per rappresentare spesso un problema diverso:

la minaccia dell'islamizzazione d'Europa.

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Seguendo questa logica allora consideri il musulmano che prega tale da essere insultato o, che so, gli edifici di culto e i fedeli un'offesa perché comunicanti valori che tu disprezzi e associ al non rispetto, giusto?
Ma ci mancherebbe che consideri qualcuno tale da essere insultato o che mi consideri insultato da qualcuno. Dai, non andiamo a fare questi giochi. Il disprezzo non è un insulto. Io disprezzo chi viola le libertà di qualcun'altro, che sia bianco giallo verde o blu. Questo è tutto. Non per questo vado a raccontargli che ho visto sua sorella sulla statale, nè mi permetto di dirgli che dovrebbe cambiare. Mi fa ripugnanza, ma ciò nonostante lo rispetto.

Mi pare di essere stato abbastanza chiaro. Mi fanno vomitare certe tradizioni, se non si vuole usare la parola culture, quando queste si impongono attraverso un qualsiasi mezzo su altri individui. Uno di questi mezzi per come leggo io la realtà è l'immigrazione, assieme alle botte dei padri sulle figlie e sui figli, assieme alla paura.

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Ma ci mancherebbe che consideri qualcuno tale da essere insultato o che mi consideri insultato da qualcuno. Dai, non andiamo a fare questi giochi. Il disprezzo non è un insulto. Io disprezzo chi viola le libertà di qualcun'altro, che sia bianco giallo verde o blu. Questo è tutto.

 

I "giochi", come li chiami tu, altro non sono che dubbi legittimi per quanto riguarda il tuo esternare un disprezzo nei confronti delle X culture.

Disprezzare dei connotati negativi è ben differente dall'esprimere il medesimo sentimento nei confronti di religioni vere e proprie, tradizioni o culture, perché all'interno delle stesse possono sussistere anche pensieri discordanti o estremi.

Considerare ad esempio la religione islamica come del tutto negativa solo perché nel Corano è scritta la tale Sura, equivale a considerare le persone incapaci di riflettere su quanto scritto o pensare che un praticante sia tale solo perché segue alla lettera ogni precetto; esistono fedeli o praticanti che non fanno di ogni parola una fede, magari partono dal presupposto che il loro dio accetti tutto purché non danneggi terzi e tendono quindi ad apparire più tolleranti di altri che invece considerano la carta più importante.

Le culture si evolvono anche e possono mostrare pià lati, quindi disprezzarle a prescindere può rischiare di passare per un pregiudizio e nulla più.

 

Non per questo vado a raccontargli che ho visto sua sorella sulla statale, nè mi permetto di dirgli che dovrebbe cambiare. Mi fa ripugnanza, ma ciò nonostante lo rispetto.

Mi pare di essere stato abbastanza chiaro. Mi fanno vomitare certe tradizioni, se non si vuole usare la parola culture, quando queste si impongono attraverso un qualsiasi mezzo su altri individui. Uno di questi mezzi per come leggo io la realtà è l'immigrazione, assieme alle botte dei padri sulle figlie e sui figli, assieme alla paura.

 

Se ciò che disprezzi è l'imposizione, allora dovresti detestare anche coloro che esercitano un controllo sui più deboli e impongono loro qualcosa; dovresti detestare i dittatori che possono essere buddisti, musulmani, cristiani/cattolici, ebrei, atei o animisti; dovresti detestare i genitori che rendono i propri figli infelici imponendo loro una vita piena di bugie o desideri repressi; dovresti detestare gli sfruttatori e i clienti delle prostitute; dovresti detestare i datori di lavoro che non mettono i dipendenti in condizioni tali da lavoro degnamente... Devo continuare?

La paura spesso è un prodotto della nostra civiltà, non delle minoranze: un metodo ricorrente è il far leva sugli istinti bassi delle persone e far credere loro che esistano degli spauracchi da annientare, soggetti o idee che un giorno potrebbero diventare maggioranze o danneggiare in qualche modo i piccoli orticelli di chi fino a quel momento ha avuto un certo vantaggio.

L'emigrazione di per sé poi è un fenomeno naturale e differente dalla conquista o assimilazione di un popolo, tanto è vero che gli immigrati italiani stessi spesso sono emigrati e hanno ottenuto come risultati il mischiarsi (nel bene o nel male) preservando una propria identità. Certo, gli italiani stessi spesso non vengono visti bene all'estero per via di luoghi comuni più o meno veritieri, però non è che si otterrà qualcosa di differente facendo lo stesso con chi arriva in Italia.

In ultimo, le violenze: non so te, però a me nel corso degli anni è capitato di sentire alcune mie amiche (o anche ex e ragazze che mi interessavano) parlare di botte da parte di padri, fratelli e, ahimè, anche madri; mediamente la pietra dello scandalo risiedeva nell'omosessualità, però in alcuni casi era proprio questione di un voler menare le mani per dare una lezione.

Allo stesso modo, non è una novità che alcune violenze vere e proprie avvengano all'interno di italianissimi centri rurali o chiusi (indistintamente del Sud, Nord o Centro), quindi mi viene più che spontaneo chiederti: cosa c'entra l'immigrazione con la violenza? La mancata integrazione è un fattore scatenante in più, non di certo il motivo per eccellenza.

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1: Non voglio ripetere le stesse cose, ho già parlato di cosa penso della cultura occidentale in post precedenti.

2: Sì, sì, non esiste solo l'islam cattivo, c'è anche del buono, come nel cristianesimo eccetera... il risultato di tutte queste religioni è però sempre lo stesso: omosessuali impiccati, streghe bruciate sul rogo, famiglie che per volere divino ti dicono chi devi sposare eccetera. Ho già spiegato perché ritengo la religione islamica pericolosa e il cristianesimo molto meno in post precedenti. (Lo so, dovrei stare più attento a come utilizzo le parole cultura e religione, alternandole a volte come fossero sinonimi, ma è perché nella realtà dei fatti la cultura dei popoli si basa in gran parte sulle convinzioni religiose degli stessi).

3: Io non ho mai collegato l'immigrazione con la violenza, ho collegato la cultura degli islamici con la violenza sulle donne e sui membri più deboli dei nuclei famigliari(come anche quella cristiana). Tu conosci persone di fede musulmana? Hai mai parlato con ragazzi musulmani magari anche apparentemente occidentalizzati? Io parlo sull'esperienza, spero che tu non stia parlando su basi puramente teoriche.

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1) Allora non posso che rimanere della mia opinione se il sunto degli stessi è quanto ho poi commentato.

2) Il problema è proprio questo: si parla di cultura ma nello specifico si finisce col trattare due religioni monoteiste nell'ambito dell'immigrazione. Per me "tradizione becera" è anche il picchiare un omosessuale in nome di qualcosa che potrebbe benissimo rimanere slegato dall'ambito religioso, come il non rispettare una donna perché si è stati abituati così e a prescindere da qualsiasi credo.

Si può essere incivili ed inumani anche non credendo, quindi stare a parlare di altro a mio avviso non fa altro che creare inutili pregiudizi su situazioni che sussistono anche in ambiti dove la religione c'entra fino ad un certo punto.

3) Quanto è saltato fuori dai tuoi post è più meno questo: Immigrazione = Islam = Violenza.

Tu continui a voler vedere le violenze in termini di musulmani/cristiani/ebrei, io continuo a far presente che se si parla di cultura allora dovremmo sentirci nauseati per tante altre situazioni e spostarci anche al di fuori per poter parlare come si deve di "imposizioni".

La fede, se vissuta come viene spesso insegnata o imposta per mezzo della religione, può diventare fondamentalismo e chiusura nei confronti di tutto ciò che può mettere a repentaglio le proprie certezze; non è un caso se ho detto che la paura non è tanto un problema delle minoranze (quindi gli immigrati nel caso specifico) quanto di chi deve mostrare tolleranza o accettazione del diverso.

Ti faccio un esempio al volo: tempo fa in Svezia un partito di destra propose uno spot pre-elettorale dove una donna anziana svedese veniva quasi falciata da tantissime donne velate all'atto del ritiro della pensione. Se poco poco si è contro la presenza di immigrati nella propria nazione, uno spot del genere non fa altro che suscitare "paura" là dove razionalmente l'elettore potrebbe dire: "sta al governo far sì che i diritti vengano garantiti per tutti". Pur di mantenere la continuità del "o questo o quest'altro", si spinge la maggioranza a pensare che un giorno i propri diritti verranno passati ad altri perché la minoranza diventerà una moltitudine, quando poi uno stato civile dovrebbe garantire le medesime possibilità a tutti e non catalogare i propri cittadini in base all'identità geografica o alla cultura.

 

Per rispondere alla tua domanda finale: sì, conosco persone di fede musulmana, ho avuto spesso modo di approfondire con loro certi argomenti ed altro ancora.

Tra l'altro, faccio presente che neanche sarei tenuta più di tanto a spiegare qual è il mio grado di informazione o esperienza a riguardo, perché quanto vado scrivendo interessa un ambito più esteso della cultura islamica e non mi sembra che l'invitare a considerare le imposizioni culturali in generale sia materia della stessa.

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Da bambino, io ed un mio amico avevamo deciso di iscriverci a calcio. A casa abbiamo chiesto ai nostri genitori, a lui non hanno fatto problemi, a me sí, papà diceva Il calcio è da italiani.

Probabilmente se avessero accettato non avrei neanche mai sfiorato l'obesità. Ora, cara ηρεμία, non voglio dire che per questo motivo i miei genitori dovevano essere messi in carcere e io affidato ai servizi sociali, ma tu saresti dell'idea che per rispetto di una mia presunta cultura non dovevano farmi giocare? E che quindi un italiano ha diritto a giocare a calcio e un muso giallo no?

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Quindi abbiamo deciso di chiamare "cultura"

il razzismo delle persone non italiane?

 

Se un mussulmano non vuole che la figlia

esca con un Italiano, è "cultura islamica";

se un Cinese non vuole che il figlio

giochi a calcio è "cultura cinese".

 

Ok, basta mettersi d'accordo :roll:

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Ora, cara ηρεμία, non voglio dire che per questo motivo i miei genitori dovevano essere messi in carcere e io affidato ai servizi sociali, ma tu saresti dell'idea che per rispetto di una mia presunta cultura non dovevano farmi giocare? E che quindi un italiano ha diritto a giocare a calcio e un muso giallo no?

 

Mi fa sorridere il fatto che tu lo stia chiedendo a me e non a chi in questo topic ha espresso idee tali da mettere in dubbio anche solo la legittimità degli immigrati di poter venire qui in Italia.

Ho fatto un discorso ben preciso sulle imposizioni e sul come le stesse siano negative in qualsiasi caso, quindi non solo in quanto Thelema ha citato a livello di religione.

 

Ogni individuo/gruppo di persone dovrebbe avere il diritto di andare in un'altra nazione e poter preservare la propria identità, solo che prima di partire ci si dovrebbe chiedere quanto si è disposti ad aprire la propria famiglia alle abitudini dello stato di arrivo.

Se la risposta è tendente al negativo, si rischia di perdere uno scambio che farebbe solo che bene (tanto più che il calcio viene molto giocato in Italia ma ha le sue origini in Oriente) e diventa più che altro simile a quanto Hanif Kureishi raccontò nel suo "My Son The Fanatic".

Più che razzismo è forse paura di perdere le proprie tradiioni e diffidenza verso qualcosa che non si conosce, un po' ciò che porta dei genitori italiani a diffidare dei compagni di scuola stranieri dei loro figli e gli stessi a rischiare di assimilare questa diffidenza.

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A chi ha messo in dubbio la legittimità di far venire gli immigrati qui in Italia, non ho fatto la domanda, perché sa di essere razzista.

La domanda l'ho rivolta a te perché sembravi credere che rispettare le culture tradizioni degli immigrati equivalga a rispettare gli immigrati stessi, quando spesso è l'esatto contrario. È una convinzione di chi sfocia nel razzismo, senza volerlo.

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E puoi star certo che continuo a pensarlo.

Se i tuoi genitori avessero trovato un compromesso tra il loro pensiero e le abitudini/tradizioni italiane, tu avresti percepito il rispettare la vostra tradizione in generale come una forma di non rispetto? Soprattutto, secondo te quale dovrebbe essere a quel punto l'alternativa?

 

Puoi darmi tranquillamente della razzista se pensi che abbia un fondamento, però a quel punto ti inviterò a riflettere nuovamente sulle domande che ti ho appena posto.  

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Se i tuoi genitori avessero trovato un compromesso tra il loro pensiero e le abitudini/tradizioni italiane, tu avresti percepito il rispettare la vostra tradizione in generale come una forma di non rispetto? Soprattutto, secondo te quale dovrebbe essere a quel punto l'alternativa?

Non credo di aver capito la prima domanda, io propongo di rispettare me, che sono una persona, invece della tradizione. Anche perché quella non è una mia tradizione.

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Certo, però se hai delle tradizioni di qualsiasi natura ti aspetti che vengano rispettate anch'esse, no?

Come ho già ampiamente detto e ribadito, la persona che decide di spostarsi deve anche valutare l'ipotesi che prima o poi entrerà in contatto con altre abitudini o idee, se poi non lo farà lei magari saranno i suoi figli o cari; proprio per questi motivi non reputo giusto negare delle attività o fare distinzioni di sorta per conto di chi non può decidere autonomamente, l'ho scritto anche diversi post fa, però allo stesso modo non trovo corretto a prescindere svilire o tollerare a stento le tradizioni non lesive di chi esterna una cultura differente dalla propria.

La tua situazione indica che per ragioni di apparente tradizione (anche se alla fine non differisce da chi dice ad esempio "questo è uno sport da maschi e quello è femmine") sei stato penalizzato, però non per questo è sempre così o non esistono compromessi di sorta.

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Bene. Allora siamo tutti aperti alla multiculturalità. Cosol, non ti lamentare se non hai potuto giocare a calcio, è perché è bello che tu abbia la tua cultura diversa della nostra, così il mondo è bello e colorato, come tanti coriandoli a carnevale. E di certo non è sintomo di apertura mentale andare a dire ad un musulmano che sua figlia non può essere costretta a sposare qualcuno, perché è intolleranza culturale. Chi ci autorizza a pensare che il nostro sistema di valori sia migliore rispetto al loro? E' bello che il mondo sia vario e se non pensi così è perché sei razzista.

 

Infatti, io che penso che tutte le culture del mondo non siano altro che spazzatura, lo penso perché sono intollerante nei confronti di qualsiasi forma di coercizione sull'individuo. La mia chiusura mentale consiste nel non comprendere che l'individuo che intendo io è una costruzione mentale che non è migliore rispetto alla sovrastruttura individuale imposta dalle diverse culture/tradizioni.

 

Il problema è che il linguaggio è circolare, dice tutto e il contrario di tutto. Possiamo stare qui a discutere quanto vogliamo. ηρεμία può dire quanto vuole che io sono razzista, io posso dire quanto voglio che lei è indottrinata da una cultura buonista di sinistra (che a sua volta considero razzista), ma questo non cambia nulla. C'è solo una differenza. Io metto davanti la mia libertà e la libertà di tutte le creature. ηρεμία mette davanti la libertà delle idee e delle tradizioni. Probabilmente nessuno dei due ha veramente ragione, sempre che il concetto di ragione esista o, perlomeno, conti qualcosa

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