Bea Posted November 25, 2010 Share Posted November 25, 2010 Un cifra di impicci e scartoffie annoiate mi trastulla il cervello strizzando ansimanti pensieri. -Kelevra- mi direbbe Chmouel, io gli risponderei -Fanculo, stronzo!E’ per colpa tua se sono su un treno merdoso e zeppo di gente! Mi rode scrivere sta sorta di diario, ma la dotta m’ha detto di farlo. -Incanala i pensieri, come fossero vagoni, tracceremo insieme il percorso delle rotaie e ne seguiremo le anse...vedremo alla fine il treno introdursi sereno in stazione. Io mica sono pazzo, penso solo al suicidio. Infatti, cara dotta, se proprio fossi qui ti direi ciò che ho tralasciato in seduta. Non è che esiste un’unica stazione in cui arrivare, per non parlare del percorso di sto cazzo di treno dove tutti sembrano volersi accaparrare i posti vicino allo schizzato che scrive sul taccuino. Diamogli qualcosa di cui parlare stasera, quando si riscalderanno la cena che stamattina o ieri hanno preparato tra una pisciata e un cambio di mutande. Metodicamente il professor Testi salì i tre scalini che lo separavano dal vagone 8, posto 27. Un paio di strattoni gli permisero di farsi avanti tra la calca di uomini e valigie che gli sbarrava la strada. Nella cabina lo attendevano 4 passeggeri: un uomo distinto, una vecchia dallo sguardo dolce, un bambino sui 7 anni e un secondo uomo dall’aria trasandata impegnato a scrivere. Prese posto vicino al finestrino e sistemò trench e valigia, chiudendosi tra le pagine di una rivista. Il treno si mosse, lasciò la stazione e si inoltrò veloce in una campagna ricca di verde; il paesaggio si aprì su colline che racchiudevano dolcemente due seni d’erba alta. Testi osservava avidamente, rapito dal magico sottofondo di ricordi che gli apriva quel panorama, quando un rumore secco bloccò gli attori sul palcoscenico della sua memoria, dissolvendone la scenografia e l’emozione crescente che gli inumidiva le pupille. Era il tonfo della penna cascata dalle mani dello strambo tipo piegato sul taccuino. La scena finì con l’attirare gli sguardi dell’intera cabina, dando il via a quella che sicuramente sarebbe stata una tipica chiacchierata sul nulla. C’era la vecchia che parlava delle sue rinunce a causa del diabete all’uomo distinto che annuiva con aria da martire, poi lo sguardo da guda dell’uomo che tentava di inserire Testi nell’arricchente discorso, poi la vecchia rivelatasi nonna del pargolo che tentava di placare la carenza di zuccheri del nipote frugando convulsamente nella borsa in cerca di una caramella alla cola, infine il nipote che con abilità da ladruncolo prendeva la rivista dalle gambe del professore per suonarla sulle ginocchia dell’anziana perché le caramelle alla cola erano misteriosamente sparite. Fu allora che due uomini si alzarono, abbandonando l’uomo distinto tra le grinfie del bambino che chiedeva con insistenza alla nonna di fargli sentire l’alito. -Che scena bislacca, non trova? -Naaaaa! Questi so tutti bruciati, te lo dico io che fino a due ore fa stavo in giro strafatto di Speed, che quel cesso di Chmouel m’aveva cacciato di casa l’altro giorno dopo l’ultima lavanda gastrica. - Intossicazione alimentare? Ricordo che al matrimonio di mia nipote Claudia servirono delle ostriche che costrinsero metà degli invitati all’ospedale per due giorni, compreso me! -Ostriché? Io volevo solo crepare. C’avevo Michela mia cugina che si tagliava ogni tanto sulle braccia, così un paio di mesi fa ho provato pure io. Mica mi sono sentito meglio, sai? Che gusto c’è ad essere autolesionisti se poi non si è capaci di darsi il colpo di grazia? Io l’ho deciso bene, ho pensato a tutti i modi. Pistole, lanci dal balcone, coltelli, volevo quasi appendermi al lampadario! Mica è facile fare un nodo di quelli, sai? Così mi sono detto che se erano state anche le pasticche a portarmi alla decisione, allora meritavano il premio finale! Il professore si allontanò con la scusa di dover usare il bagno, quelle parole gli avevano procurato un senso di disagio tale da non riuscire a sostenere oltre la conversazione. Pensò a sua moglie che l’attendeva con il piatto in caldo, desiderò ardentemente di trovarsi tra le sue braccia, fare l’amore con lei come non faceva da quando le nozze d’argento gli avevano saziato ogni voglia. Mentre pisciava, notò dal finestrino il cartello che indicava la sua fermata. Scese con foga le scale del sottopassaggio, sorridente. Dall’altro lato di quella città che lui si affrettava ad attraversare, tra le mura di casa, c’era una moglie distesa sul divano, piangeva. Accanto a lei due valigie e una lettera racchiusa come una perla tra i due piatti destinati alla cena. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
D. Posted December 1, 2010 Share Posted December 1, 2010 - Così te ne vai. - Già. - Non posso più restare, capisci? Non posso. Ho aspettato per tutta la vita che ti svegliassi, che capissi; adesso, alla nostra età, il tempo è un privilegio che non posso più concederti. Ti sono stata a fianco da moglie, ogni giorno e a tutti i costi, anche quando mi hai tradita, anche quando mi hai umiliata; perché ti amavo. Ti amavo, capisci? Ho sperato per troppo tempo e sempre più vanamente che potessi smettere, un giorno, di vedere in me l'effimero trofeo della tua gioventù, il premio dovuto all'agile, vincente, prorompente Testi, pagato in carni sinuose di ragazza, ed un faccino delizioso con l'unico vincolo di rimanere tale per la società. - Non sai quello che dici. Non puoi pensarlo davvero. Desiderò ardentemente di trovarsi tra le sue braccia, fare l’amore con lei Come puoi farmi questo? Io che ti raccolta quand'eri ancora una ragazzina ingenua e fragile e ti ho sposata nonost- - Piantala! Nonostante cosa? Eh? Nonostante cosa? Ero molto più che un bel sorriso stampato su tutti i giornali; ero una persona: e tu mi hai asfissiata, intorpidita, mutilata, con tutta la tua bontà cristiana. Chi credi mi abbia costretto alla malattia, alla clinica? Tu e la tua compassione - Angela si è messa in testa di fare l'imprenditrice, lasciamola fare poveretta -, e l'obbligo costante di essere per te un gingillo, una cosa, impersonale e ed innocua. Che ne è stato di tutti i miei sogni di ragaz- - Sono dunque io la causa - assumerò su di me ogni responsabilità, se questo potrà farle bene; chi altri? Su chi altri potrebbe rifarsi della sua vulnerabilità? -. Desiderò ardentemente di trovarsi tra le sue braccia, fare l’amore con lei. Rimani, Angela. Partiamo. Domani. Partiamo per Buenos Aires o Londra o dovunque vorrai. Resta con me, ho bisogno che tu ci sia. Non posso immaginare la vecchiaia senza- - Troppo tardi. Riprenderò gli ultimi scampoli della mia vita - questi anni che restano - lontano dalla tua influenza. Vivrò finalmente da donna libera, capisci? Sarò una persona in carne e ossa, non solo un sorriso di tanti anni fa o una moglie da assecondare, una bambina da comprendere, una malata da compatire. La campana di vetro è andata in frantumi. E' arrivato il momento per me di scegliere. Invento per me il personaggio dell'alienato, dello schizzoide fuori di testa, l'unico che forse mi si addice davvero. L'eterno mancato suicida, il protagonista di un dramma che non vuole consumarsi, al quale mancherà per sempre l'ultimo atto imposto da me stesso; l'incompletezza che fa di me un diverso. Chi sono io? Questa domanda mi martella nel cervello fin quasi a farlo esplodere. - Lo scoprirai, dice la dotta, pontificando dall'alto della sua millenaria esperienza: la verità è che non ha capito un cazzo. E mi accingo a ricostruire la realtà per come vorrei che fosse - Uffa nonna! Ma quando arriviamo? Sono stanco! dove tutto, o almeno io stesso, possa avere una funzione. E guardo i viaggiatori di tutte le stazioni, passeggeri inermi ed inconsapevoli: compatti come minuscoli spilli sotto un cielo troppo grande, una coperta di stelle che quasi sempre riscalda solo a metà. Li osservo vivere, interpretarsi nei soggetti che sono o che più spesso si sono imposti di essere: eppure tutti hanno uno scopo, una funzione. Corrono e si affannano in lavori che li rendono stressati e malvagi; sono quelli in coda al supermercato con la faccia stanca e meschina; sono i sostenitori delle ideologie, poveri illusi riformatori del mondo; sono uomini e donne che procreano senza l'alito di una risposta. Li vedi circondarti ansimanti e perbene, dappertutto alla ricerca di qualcosa che non sanno, eppure inseguono senza requie. E mi chiedo: Perché E la mia? Qual è la mia funzione? - Tra poco arriviamo, amore; tieni, mangia un altro boccone così arriviamo prima. Adesso la passeggera rossa dalle orecchie a sventola si era sistemata in cabina, rigorosamente non al posto previsto nell'altra carrozza, trovato sordidamente occupato da una abbondante ragazza africana dalle unghie lunghe e pittoresche, alle prese col Beethoven a tutto volume del suo pc. Smilza e pavida com'era, aveva preferito cercarsi un'altra sistemazione per il viaggio, piuttosto che polemizzare con la negra a colpi di 'Fanculo!' - Beethoven! - pensò con energico sdegno; e così si era ritrovata tra la vecchia e l'uomo distinto. Una volta assuefattasi alla vivacità del piccolo - che in lei scatenava una prodigiosa irritabilità - riprese a mortificarsi le mani, mordendo sulle dita gli ultimi avanzi di unghie: era in attesa dell'sms definitivo: il giorno avanti le sembrava ancora lontanissimo, la sua esibizione sulla Ciaccona un sogno dal quale ridestarsi: ed invece era tutto vero. E di più, tra il pubblico ci sarebbe stato, forse, il ragazzo misterioso, l'amore conosciuto in chat e tuttora senza volto. Eccitata dal pensiero della giornata successiva, si lasciò assorbire dal ripasso metodico delle note; non una andava dimenticata, un solo errore, e l'universo la avrebbe espulsa: sarebbe stata una reietta: una fallita. Presa dall'incessante computazione, concentrata come non mai, fece appena in tempo a sentire il brandello di un dialogo. - Davvero lo trova interessante? - Certamente, giovanotto! Lei ha un talento notevole. - Grazie, grazie mille professor Testi! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Metamorphoseon90 Posted December 24, 2010 Share Posted December 24, 2010 Salve, biglietti prego! No! Il biglietto, stramaledetto deficiente! Me ne son scordato. E adesso quella bastarda mi farà la multa… Ottimo, mi rovina la giornata. Tanto vale che vada subito io incontro al macello Biglietti! Il ragazzo si avvicinò alla capotreno, certo che l’avrebbe schernito e multato come già aveva fatto in passato, lo chiamò… e non servì parlare. La capotreno alzò lo sguardo Senza biglietto, immagino! Ma nel suo sguardo non c’era astio o trionfo… Che pensava la capotreno? Perché non l’aveva schernito come al solito? Gli chiese perché non avesse comprato il biglietto “Mi scusi, ma non ho fatto a tempo, questa mattina devo essere in redazione, sono già in ritardo per presentare il mio libro al responsabile…” Lei lo interruppe subito, curiosissima: “Un libro? Ha scritto un libro? E che libro è? Me ne parli un po’, su, si sieda.” Rimase interdetto, com’è che quella pazza burocrate non lo multava? Ma era umana allora? Riusciva a provare pietà, si? Forse si era sbagliato nel giudicarla una stronza! "In sostanza l’argomento del libro è tratto in gran parte dalle mie esperienze di vita, ma non è un’autobiografia; diciamo che ho preso spunto da fatti che mi sono capitati, da incontri particolari e li ho fatti rivivere ai miei personaggi. Ho inserito nella trama un professore, sua moglie che lo lascia, un ragazzo particolarmente strano, dei passeggeri in treno. Tra questi ho inserito anche una mia vecchia datrice di lavoro cui ho dato il ruolo della nonna diabetica. Diciamo che mi sono vendicato un pochino per quello che mi ha fatto, anche se non l’ho descritto nel libro…" La capotreno lo interruppe, le interessava sapere di più questo, che la continuazione del racconto, e glielo chiese. Il ragazzo, dapprima esitante, iniziò a raccontarle il periodo passato in casa Serbelli, era entrato in servizio come cameriere, in pratica tuttofare, e sin dall’inizio aveva iniziato a tiranneggiarlo, a schernirlo in fronte agli ospiti… “Ma lei lo sa qual è stato l’episodio peggiore, quello che mi ha fatto decidere di licenziarmi?” “No, racconti pure!” “Mi aveva chiesto di procurarle un libro qualsiasi da leggere per la domenica pomeriggio, e le portai un volume della sua biblioteca. Lei lo guardò, lo prese, e me lo lanciò addosso urlandomi di attaccarmelo alle palle. E poi se ne uscì ridendo.” Con questa scenata lui se n’era andato e aveva iniziato a lavorare in una libreria, rispolverando la sua vecchia intenzione di scrivere qualcosa… e ne era uscito questo. Tirò fuori dalla borsa la copia da consegnare al redattore. E come mai è pieno di segni rossi a penna? Come segni rossi a penna? Si, non vede? No! Aveva preso la bozza corretta a mano, invece della copia definitiva!!! Ma poteva essere così idiota? Perché, perché? Dov’era la copia definitiva? Solo la bozza aveva trovato! Decise di chiamare il Sig. Testi per domandargli se gli poteva andar comunque bene la bozza, avrebbe provveduto in tempi brevissimi a portare anche la copia definitiva, senza ulteriori ritardi! “Non serve, ragazzo, - disse il professor Testi- lo credo che stamattina non trovava la copia, l’ho presa senza volere io l’altro giorno che ci siamo visti. Non si faccia problemi.” Intanto il treno fermava alla sua stazione; salutò garbatamente la capotreno, e scese. Prima di chiudere le porte lei gli chiese: “Abita sempre allo stesso indirizzo?” “Certo, perché?” “Per la multa; lei era senza biglietto.” Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Silverselfer Posted January 6, 2011 Share Posted January 6, 2011 [cammina, cammina, uzz uzz, fame fame] Eccomi qua, Astolfo Gianmaria Menegozzi, promoter finanziario di successo che viaggia in classe proletaria su un treno di terrun. Pure questo mi doveva succedere, non bastava la missione del menga nelle succursali in terronia, mi si doveva scassare anche la macchina aziendale a metà strada. Ora ci vuole solo che mi prenda qualche virus per finire in un mattatoio di clinica del sud e sto apposto. [arrampica, arrampica, uzz uzz, gnam gnam] Meglio che non ci penso, leggo “Milano Finanza” almeno mi sembrerà di stare ancora in Veneto, invece che in Africa. Ma dico! Io non sono razzista però, qui dentro sembra che ci viaggino delle bestie. I poggiatesta dei sedili sono coperti di grasso; cribbio! Qui lo shampoo mi sa che non lo hanno ancora scoperto. E poi parlano di progresso, aiuti al sud, eccome no! E noi Veneti ghe pagà li sghei. [o issa, o issa, uzz uzz, prot] Guarda come dorme questo qui davanti! Capelli unti, barba di almeno due giorni, si cambierà i vestiti al massimo una volta a settimana e poi Borghezzio sarebbe razzista perché come me si schifa a sedersi sullo stesso sedile dove c’è stato un terrun. [fatica fatica, uzz uzz, pisc pisc] Sempre a lamentarsi, solo questo siete capaci di fare. LA VO RA RE, a la vo ra re, altro che. Si credono forse che a noi veneti c’ha aiutato lo stato? E’ comodo laurearsi con l’aiutino e poi pretendere che ti portino il lavoro a casa, no? Il sottoscritto si è fatto il mazzo per essere quello che è, non sono rimasto a casa a pettinar le bambole come sti PA RA SSI TI, pago le tasse io, non aspetto lo stato, comodo vero? [puzza fame, uzz uzz, sgrot] Pure la mondezza ora ci vogliono accollare, e saremo razzisti perché non la vogliamo? Dico, ma come mai da noi le cose funzionano? [uzz uzz, uzz uzz, uzz uzz] COMUNISTI ecco cosa siete, come quel Vendola lì. Volete i diritti vero? PA GA RE, questo non vi piace fare. Noi a lavorare e voi allo sbrago, ma la festa E’ FI NI TA. Federalismo e ve l’andate a ciapar inter cul insieme al Vendola, altro che. [uzz, uzz, uzz, uzz, uzz] Quel Saviano lì che fa i soldi a dire che gli italiani sono mafiosi, che dica che i terroni come lui sono DELINQUENTI, noi padani ci alziamo la mattina alle cinque per andar a lavurar, e poi si offendono se vogliamo la secessione. La scorta cari magistrati Ve LA PA GA TE DA SO LI; siamo stanchi di farvi fare le star di Hollywood a spese del contribuente. IO SONO PADANO e quando vado in vacanza non mi devono chiamare italiano perché con i pizza e spaghetti che sono andati a esportare la mafia, non ho nulla a che spartire, io. [arrivat, zac zac, se magn’, zac zac, gnam gnam, sgrot, zac zac, slurp slurp, uzz uzz] Ahia, ma che … TG della sera: Un nuovo caso di piattole sui treni italiani. La piattola arrestata ha dichiarato di non aver mai morso un coglione più grosso in vita sua. Il parassita anarcoinsurrezionalista era già stato segnalato alle autorità per aver tentato d’infiltrarsi in sedi istituzionali per mordere l’onorevole “Santadeche?”. Alla domanda di chi gli faceva notare che l’onorevole è donna, egli rispose “ve sbajate perché nun me sbajo mai quanno se tratta dela puzza de cojoni”. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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