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Erika, dieci anni dopo "Ora voglio un figlio"


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Dopo dieci anni dai terribili omicidi commessi in compagnia di Omar per "ottenere un pò di libertà in più" (così aveva giustificato l'uccisione della madre e del fratello), Erika rilascia detto in un'intervista di volere un figlio quando l'anno prossimo uscirà di prigione:

[...] Chi l'ha incontrata, in questi giorni, si è sentito ripetere: "Voglio una vita normale, devo ricostruire, devo recuperare il tempo. E quando sarò fuori, voglio una famiglia e dei figli". Due anni fa si è laureata in filosofia, 110 e lode, discutendo una tesi dal titolo "Socrate e la ricerca della verità negli scritti platonici". La ricerca della verità, un argomento interessante. Il padre, l'ingegner Francesco De Nardo, c'era come sempre, come dal primo giorno dopo la mattanza. Aveva un mazzo di rose per lei. E c'era la zia, c'era la nonna Giuliana, la mamma di Susy: "Erika è cambiata, è più tranquilla. È migliore. Una bellissima ragazza, e mio genero è un uomo eccezionale". [...] (da Repubblica, 15 Febbraio 2011)

 

Può Erika aspirare ad una vita normale, dopo che ha negato lo stesso diritto alla madre e al fratello?

Non toccare Caino sembra un diktat ma chi si ricorda di Abele? Forse Erika è cambiata, ma la vita “normale” a cui aspira non l’avrà mai ci saranno sempre due fantasmi a ricordarle ciò che fece.

http://www.repubblica.it/cronaca/2011/02/15/news/erika_dieci_anni_dopo-12474872/

Che schifo, alle persone come lei non dovrebbero concedere la gravidanza. Mi spiace essere così categorica, ma come potrebbe crescere un bambino con una madre che ha ucciso la propria e il fratellino solo perché "voleva più libertà"? Il fatto che si sia laureata con 110 e lode rende la cosa ancora più grave, perché significa che il suo assassinio era fatto con freddezza mentale, e non per un momento di rabbia e pazzia.

Il fatto che si sia laureata con 110 e lode rende la cosa ancora più grave, perché significa che il suo assassinio era fatto con freddezza mentale, e non per un momento di rabbia e pazzia.

 

Non che c'entri molto con l'argomento in questione, ma:

 

1) La laurea l'ha presa durante la reclusione;

2) Non è che se uno ha una cultura non può avere momenti di rabbia e pazzia, che c'entra?

Questo secondo me potrebbe essere un caso esemplare

di pessimo giornalismo. Si prende una caso clamoroso che

suscita tanti interrogativi e ci si costruisce sopra un pezzo

di "colore". Il giornalista mette insieme suggestioni ( le mani

esili, gli amori dal carcere ) pezzi di dichiarazioni di terze persone

o di "chi ci ha parlato" ( quindi lui non ha parlato nè con lei, nè

col padre ) informazioni ininfluenti ( la laurea e le dichiarazioni dei

parenti nel giorno della laurea) non approfondisce gli atti giudiziari,

non indaga per stabilire se le cure siano state idonee, non ci dice

niente per poter farci una opinione.

Lo scopo del carcere non è "punitivo" ma piuttosto quello di "rieducare" una persona alla socialità. L'idea di punizione, che è molto cristiana, non porta da nessuna parte se non nella direzione di una società più violenta e rancorosa. Ragionamenti di pancia come "non le si dovrebbe concedere la gravidanza" sono infatti molto pericolosi perché significa che si è rinunciato a ragionare e ci si è fatti prendere da un caso, abilmente riportato da qualche giornale con l'intento di muovere la parte emotiva del lettore (sì è laureata con 110 e lode dopo aver fatto quello che ha fatto, che ingiustizia! Il padre le porta i fiori, ma come si fa? Tutti le stanno vicino, che punizione è il carcere? Qui ci vuole la pena di morte!). E quando si smette di adoperare il pensiero critico si è plasmabili da chi ci vuole mettere nel sacco attraverso le nostre paure e la nostra rabbia. Non abbiamo bisogno di autoritarismo, tutt'altro.

Personalmente ritengo che sia giusto che chi ha sbagliato, dopo aver svolto un percorso di rieducazione alla cittadinanza, possa reintegrarsi nella società e vivere normalmente. Anche perché nessuno riporterà in vita nessuno, nè buttando via la chiave, nè con la pena di morte, nè tantomeno con la sterilizzazione forzata :pausa:...

@Thelma: Io penso e ritengo che la premeditazione e le 97 coltellate che la "dolce e tenera" Erika e annesso fidanzato hanno inferto alle vittime (madre e fratello di Erika), siano ottime ragioni per negare loro il "diritto" ad avere una nuova possibilità di rifarsi una vita. E credimi loro ci guadagnano ancora! :)

si così alla prima crisi di depressione post partum prende e ammazza il figlio...

 

Ma perchè mai?

Sti cazzi,son passati DIECI anni.

Considerato che non è stata dichiarata malata mentale,si presuppone che le persone possano imparare dai propri errori.

Non che c'entri molto con l'argomento in questione, ma:

 

1) La laurea l'ha presa durante la reclusione;

2) Non è che se uno ha una cultura non può avere momenti di rabbia e pazzia, che c'entra?

 

 

Spesso valutano l'infermità mentale o la freddezza del gesto omicida dal quoziente intellettivo dell'assassino, quindi il fatto che lei si è laureata con 110 e lode dimostra ancora una volta che la sua capacità di pensiero e riflessivo è elevata, per cui difficilmente può aver agito con "disconnessione mentale".

Spesso valutano l'infermità mentale o la freddezza del gesto omicida dal quoziente intellettivo dell'assassino, quindi il fatto che lei si è laureata con 110 e lode dimostra ancora una volta che la sua capacità di pensiero e riflessivo è elevata, per cui difficilmente può aver agito con "disconnessione mentale".

Eh? Quindi un individuo più intelligente riflette di più e ciò gli impedisce di passare dal momento di rabbia al gesto efferato? Che deduzione è? :)

Questo non ha nulla a vedere con l'infermità mentale.

Tra l'altro, a volersi ostinare a definire una relazione tra QI e instabilità mentale, cosa che sarebbe comunque errata, notevoli esempi li darebbero in proporzionalità diretta.

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