Guest Ecate Posted February 20, 2011 Share Posted February 20, 2011 CAPITOLO 1: Pericle si ritrovò solo dopo anni di domande, domande che non gli permettevano risposte, le risposte sarebbero state troppo amare per quella terra in passato coltivata, oggi corrosa dal sole. Pericle contadino, Pericle maniscalco, sempre solo. Il piccolo paese di provincia non lo faceva lavorare, era un tipo strano Pericle, non sposò mai, aveva un cappello di paglia Pericle, cappello donatogli dal suo amico agricoltore; come lui, Antonio. Ogni giorno con il suo asino si spostava dal suo paesino alla città, attraverso strade non asfaltate, strade percorse dal padre in un continuum dal quale si respira l'odore di antico, allora fermandosi Pericle pensa di esser lui con i suoi pensieri e grazie a quella via a sentire questo odore. Il suo cappello di paglia vola, per lui che tiene a quell'oggetto come fosse un cimelio, lo scatto è lungo e deciso, il suo amico, l'unico che senza parole comprese, in un paese dove tutt* domandavano a loro stess* perché quel burbero e scontroso agricoltore fosse così restio ai rapporti umani. Prese il cappello e vide Beturge allontanarsi, la chiamò correndo ancora, ma l'asina non amava far scegliere, si impuntò. Pericle a quel punto scelse di perdersi per il tempo necessario a Beturge per riprendere il cammino, nei suoi pensieri. Due ore a rimuginare il non detto fecero venire il mal di testa a Pericle, ma da lontano sentiva avvicinarsi i passi lenti di un altro asino e questo finalmente lo distolse dal suo accusarsi, era Don Amadio il parroco locale che alla vista di Pericle sobbalzò, "figlio mio cosa ti è accaduto?" disse, Pericle con il suo solito umore ben costruito rispose: "vattene prete! non ti riguarda!". Il parroco abituato alle intemperanze del contadino si fermò accanto a lui dicendo: "vorrà dire che faremo compagnia a te e a Beturge". Pericle si sentì da principio privato del suo silenzio nel quale affondare, poi dopo qualche minuto di silenzio chiese al parroco di come fosse finita la storia della giovane Anna, una ragazza poco più che diciottenne scappata di casa per via di un padre violento, Don Amadio non voleva parlare di questo ma sapeva perfettamente che Pericle avrebbe insistito ad oltranza, era sempre lui a scegliere gli argomenti. Allora fece un sospiro e disse: "Anna non è mai stata una timorata di dio, da sempre le regole le andarono strette, anche quelle della sua famiglia", allora Pericle che mai aveva avuto a che fare con la chiesa, pur conoscendo sin da piccolo il curato locale e tutt* coloro che la chiesa la frequentavano, disse con rabbia: "padre! le tue considerazioni contano poco! c'era solo una ragazza libera che è scappata, non ti ho chiesto un parere personale! ne tantomento un indottrinamento!" questo scatto di rabbia fece riprendere Beturge, proseguirono in quattro il cammino verso casa a questo punto, il raccolto sarebbe stato venduto il giorno successivo. Questo è un pezzo del primo capitolo ci tendo a specificare, devo uscire e quindi continuerò stasera. Link to comment https://www.gay-forum.it/topic/16630-nel-lavoro-la-vita/ Share on other sites More sharing options...
Guest Ecate Posted February 20, 2011 Share Posted February 20, 2011 Pericle mise nel suo lavoro tutta la vita, avrebbe potuto non farlo, ma scelse questa via a causa del fatto che le voci, il vociare, il rimanere attaccato alle parole e il fatto di dovervisi difendere il lavoro rappresentava la sua difesa, le battaglie di suo padre e di sua madre nel tempo divennero le sue battaglie, anche quelle contro le idee clericali, erano oggi le sue battaglie. Infatti tornando a casa in compagnia di Don Amadio riprese il discorso dicendo: "prete! secondo te si possono accettare regole che prevedono le botte in casa?" Il parroco rimase molto urtato, e non proferì parola se non qualche mugugno tipico di chi non vuole affrontare un discorso, quando questo non è a suo favore. Finalmente a casa, Beturge con il suo fieno e Pericle distendendo le gambe davanti ad un piatto di verdura e pomodori. Altro spazio per la sua mente, che torna alla gioventù, al giorno nel quale venne trovato da sua madre nella stalla con Antonio, non era accaduto nulla ma lo sguardo di Pericle non lasciava margini di dubbio, i suoi genitori da allora allontanarono i due giovani, e lui andò via, scappò, e il pensiero ora correva alla giovane Anna, stanco, stanca lei probabilmente, stanchi entrambi delle cose da celare, dei sentimenti da non esprimere e delle naturali pulsioni, della ribellione, sessuale e non solo delle quali sentirsi in colpa secondo il prete, secondo sua madre, che pur essendo comunista non capiva, non riusciva a capire suo figlio, stanco Pericle di gente che non si domanda emettendo sentenze senza appello. Pensa Pericle, esercita la sua autostima così, sfida la sua mente, ricorda il giorno del suo ritorno, quando ormai stanchi e vecchi i suoi genitori ancora schifati dal loro unico figlio videro ormai un uomo, un uomo con le sue esperienze maturate altrove, lontano da loro e da quella vita che però tornò a sfidare a suo modo. Pericle era un uomo incompreso, anche nei suoi ambienti, in quelli che avrebbero potuto accoglierlo, per loro restava il contadino, a casa era il "diverso" ma scelse casa, tornando disse alla madre che avrebbe preso la terra, l'avrebbe rimessa a frutto, nessun* volle più mettere mano su quelle terre, ed i genitori non vendettero, l'anzianità rese incolto tutto, anche i sentimenti, ancor più incolti di prima... di quei giorni concitati nei quali il loro figlio scelse la città. Si occupò fine alla fine Pericle dei suoi genitori ma intimò loro di avere rispetto per lui, per il lavoro che aveva scelto tornando alla campagna. Fine primo capitolo. Link to comment https://www.gay-forum.it/topic/16630-nel-lavoro-la-vita/#findComment-466217 Share on other sites More sharing options...
Guest Ecate Posted February 21, 2011 Share Posted February 21, 2011 SECONDO CAPITOLO: Pericle quella sera era più crucciato del solito,. Il fatto di non arrivare in città lo aveva irritato, ma non se la prendeva con Beturge pensava piuttosto che anche lei avesse i suoi bisogni di libertà, le sue scelte e se le sue scelte non collimavano con le sue non se la prendeva, capiva la libertà Pericle. Era in pena per Antonio ormai lontano ma sempre disponibile a scrivergli, la sua ultima lettera ora era tra le sue mani datata 13 Aprile 1952, poi guardò la sua gatta, Rosa, la chiamò così in onore alla Luxemburg… tipo strano Pericle, uomo, omosessuale e femminista, per la sua epoca era davvero strano Pericle, visse da bimbo il fascismo, visse il lavoro duro dei genitori sui campi, campi utili agli orti di guerra, orti non liberati, orti non utili al cambiamento di una società, orti della fame pensava…, non subirono prigionie i genitori ma di nascosto fornivano cibo ai ribelli, a “quell* che andavano in montagna” come li chiamava lo stesso Pericle da bambino. Ora ricorda una di loro, una staffetta, una donna bellissima dai lunghi capelli neri arrotolati in una treccia mezzi nascosti sotto un foulard, anche lei veniva dalla terra, dalle loro terre, dagli orti di guerra che non sopportava, non sopportava la mancanza di libertà, morirono su quelle montagne lei e il suo compagno morirono insieme, lo stesso giorno che lei scelse di smettere il lavoro di staffetta per andare in montagna, lo stesso giorno che il suo abbraccio strinse il corpicino magro di Pericle e che una lacrima rigò le sue gote rosse, e lui bambino si promise che avrebbe sempre difeso la sua e la libertà altrui, quel giorno Pericle diventò adulto, c’era una guerra di Liberazione, una guerra giusta, l’unica giusta che lui potesse concepire visto che quelle rivolte a lui ma mascherate da “sole” critiche non erano giuste! Ancora ricorda quella sua promessa, mai pronunciata dalle sue labbra ma sempre seguita, da comunista qual’era. Era anche un comunista strano Pericle, considerava il PCI un partito burocratico e fumoso, probabilmente dipendeva dalla sua anima sempre inquieta, sempre alternativa, anche in quei luoghi che per antonomasia avrebbero dovuto accoglierlo, la libertà, la sua più grande aspirazione, amava dirsi che non si faceva interdire, o ingabbiare da chi non sapeva nulla di lui, del suo immenso mondo, delle sue sfaccettature, da chi accettava supinamente tutto quello che questo mondo (oggi del dopoguerra) gli propinava come unico modello. Link to comment https://www.gay-forum.it/topic/16630-nel-lavoro-la-vita/#findComment-466684 Share on other sites More sharing options...
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