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Eterosessualità auto-indotta: esiste?


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AndrejMolov89

Innanzitutto bisogna chiarirsi sul concetto di Identità. E' dinamico o stabile? E' un cristallo di quarzo, o una massa d'acqua? O tutte due? Bisogna chiarirsi un attimo. Il fatto che l'acqua non prenda una forma propria non implica necessariamente la sua non esistenza. Secondo me l'identità è sia cristallina che liquida e a seconda del grado di consapevolezza diventa sempre più statica.

Il problema sostanziale qui non è che si vuole che si nasca omosessuali per non porci domande, ma è perché se devo scegliere, ho scelto proprio questo? E soprattutto l'ho realmente scelto? Cioè, se l'attrazione sessuale verso un uomo o una donna fosse qualcosa che passa per il nostro arbitrio potrei vagamente considerare l'idea, ma se è una cosa che di fatto si sente esclude di fatto quest'idea di scelta. Non si tratta neppure di omofobia interiorizzata, perché di fatto è lecito chiedersi perché ho deciso di seguire l'amore per un altro maschio e non quello di una donna. Inoltre, tu parli di scelta, ma non ESISTE SCELTA senza oggetto, quindi non si può scegliere di essere omosessuali in senso astratto, nè di essere etero in senso astratto. L'orientamento sessuale non è un qualcosa che si decide a tavolino. Al massimo ti posso concedere che magari l'idea di essere così per sempre può indurre ad un certo grado di ottusità, ma di fatto quello che si sente in un dato istante è necessariamente conseguenza di una tua pulsione. ^^ Spero di essere stato chiaro, dovrei pensarci meglio.

ciau

Ascolta, Mina: non puoi rispondere alle argomentazioni di un altro forumista con un monoriga.

Che cerca di essere sarcastico, ma resta inelutabbilmente volgare.

E' contro la policy di questo forum, se non sbaglio.

Mi rendo conto però che evidentemente non hai gli strumenti culturali per seguire discorsi di una certa portata.

Ti invito pertanto a cercare con google la voce "queer theory" e di leggerla attentamente. Magari su wikipedia,

dove tutto è spiegato in maniera abbastanza semplice. Altrimenti ti invito a ignorarmi.

Accetto le provocazioni, ma non l'insulto gratuito. Per di più fatto da una persona ignorante, ovvero da una persona

che ignora i presupposti sui quali sono fondate le mie argomentazioni.

Siamo tutti ignoranti, Socrate diceva che la filosofia comincia dall'ignoranza, ovvero dalla consapevolezza di "sapere di non sapere".

Ma c'è l'ignorante passivo, che accetta la sua ignoranza e giudica in base al suo pregiudizio.

C'è poi l'ignorante attivo che invece si sforza di informarsi sui termini fondamentali di una questione, prima di esprimere una sua valutazione, positiva o negativa.

Spero tanto (per te) che tu appartenga alla seconda categoria, anche se, al momento, dai l'impressione di appartenere alla prima!

Scrivere post è per me un impegno quotidiano che richiede abnegazione, sacrificio e che mi sottrae tempo libero.

Non posso accettare il tentativo di delegittimare le mie argomentazioni con sterili offese.

Sole, in realtà ho strumenti culturali a sufficienza per parlare con una persona che ascolta e che è in grado di, non dico cambiare idea, ma quanto meno avvicinarsi ad un concetto diverso dal suo.

In tutto quello che scrivi, si evince che te non sei quella persona, quindi l'unica cosa che mi viene da scrivere, è che dici una marea di sciocchezze e, lo ammetto, invidio chi riesce a risponderti con serietà.

@Greed, l’identità è quello che tu vuoi che sia. Puoi averne un concetto statico, ed è la posizione più comune e più rassicurante. Quindi anche più facile da gestire. Puoi averne un concetto dinamico. Posizione più complessa. Dialettica. Io, a differenza tua, credo che l’aumentare della consapevolezza sia in rapporto alla dinamicità, non alla staticità. Ma ragiono in termini queer. Una persona che segua un’altra corrente filosofica, magari di tipo buddhista, può trovarsi d’accordo con te, però può spingere la staticità fino all’annullamento stesso del desiderio, omo o etero che sia...

 

Certo che per fare una scelta occorre un oggetto. Il problema del fallocentrismo è che si tratta di un oggetto parziale…

 

Ovviamente non è che scegliendo di essere omosessuale, lo diventi nell’attimo stesso in cui lo decidi. Si accetta mentalmente una pulsione verso l’oggetto. Poi la si sperimenta nella realtà, tante e tante volte, fin quando diventa un’abitudine che si dà per scontata: questa è l’identità. Alla fine è quasi una reazione pavloviana: basta vedere un pene per eccitarsi, diventa una reazione “naturalizzata”.

 

 

@Mina, si è capito che non hai gli strumenti culturali. Ma non si parla con le persone per far cambiare loro idea. Si parla per scambiarsi informazioni ed esperienza. Se tu non sei in grado di afferrare certi concetti, e non hai voglia di sforzarti di comprenderli, astieniti! Io non faccio discussioni per convincere gli altri a pensarla come me. Affermare che l’altro scriva sciocchezze solo perché scrive cose che sono al di là della tua comprensione è un atteggiamento molto infantile. Nel tuo caso recidivo e ridicolmente provocatorio. Ma mi scivola addosso. Ti rendi conto che sono giorni che scrivi lo stesso monoriga senza riuscire a costruire una, dico UNA, argomentazione?

Innanzitutto bisogna chiarirsi sul concetto di Identità. E' dinamico o stabile? E' un cristallo di quarzo, o una massa d'acqua? O tutte due? Bisogna chiarirsi un attimo.

 

pensa a tutti quei "bisessuali" che affrontano in gran parte lo stesso percorso: prima vanno con donne e poi con uomini, e il contrario è veramente raro. è un esempio di come la "fluidità" in realtà non esiste o è rara, altrimenti ci sarebbero tante possibilità di "scorrimento" che però non si vedono.

AndrejMolov89

Beh, è vero anche questo, ma bisogna guardare il tutto sempre in rapporto all'ambiente in cui siamo inseriti. E' più facile che un omosessuale represso si renda conto di esserlo e quindi non torni indietro, che un eterosessuale represso o bisessuale si accorga di essere etero o bisex, ma questa facilità credo che sia in parte dovuta al fatto che non vi è pressione per essere gay. E' più facile reprimersi se ci si vergogna di essere omosessuali, non il contrario. ^^ Mumble

La fluidità queer non ha nulla a che vedere con l'omosessualità repressa o la bisessualità, ma ha qualcosa a che vedere con il recupero dell'eterosessualità.

Un orientamento presente in default in tutte le persone che hanno un'apparato genitale maschile o femminile.

La scelta dell'oggetto è solo un auto o etero condizionamento psicologico, che con l'abitudine si cristallizza in identità.

Questa cristallizzazione è influenzata anche da fattori sociali.

In questo senso la Qr th dice che l'identità è una costruzione sociale.

Il concetto di autoginefilia dimostra che persino ne* trans sembra prevalere l'elemento dell'orientamento sessuale sull'identità di genere.

Molti trans mtf, per esempio, secondo la teoria autoginefila, sarebbero omosessuali che semplicemente vogliono godere come godono le donne, e per questo si dotano di una vagina. Non lo dicono apertamente perché, se nei colloqui psicologici pre transito affermassero una cosa del genere, non otterrebbero mai la riassegnazione sessuale chirurgica.

 

http://www.crisalide...oginefilia.html

L'identità come "scelta inconsapevole"... Ma le scelte non sono mai inconsapevoli, altrimenti non sono scelte. Nessuno sceglie, in nessun senso, il proprio orientamento sessuale, esso è semplicemente dato nell'istante in cui è vissuto.

Tanto meno si può parlare di "condizionamento culturale", in termini universalizzanti. Il problema delle teorie queer, come della psicanalisi, come del marxismo, è lo stesso che ci affligge da tutto l'ottocento e di cui ancora non ci liberiamo: il dannato storicismo. L'affermazione identitaria, "io sono omosessuale", viene letta come un risultato e basta, è a posteriori della scoperta, del dato di fatto storico-personale, questa divinità innanzi alla quale tutti ci genuflettiamo per praticare sesso orale. La propria identità è vista come un adattamento, si è detto addirittura nevrotico, a questo o quel fattore condizionante, qualcosa che arriva al termine di una catena di cause che devono esser considerate tutte come assolutamente date, assolutamente determinate, assolutamente interpretabili. E l'identità che da quell'affermazione risulta, cos'è? Un'incidente, semplicemente, si è detto addirittura, il ripetersi di un determinato gesto che diviene abitudine (peggio, dunque, che un gusto alimentare; per quanto mi sia sforzato di farmi piacere la pasta alla carbonara, in anni di tentativi l'abitudine è riuscita solo a farmela odiare di più. E' ovviamente la gente trova incredibile che a me la pasta alla carobanara faccia schifo, quando piace a tutti). L'io, prodotto dall'ambiente, si immerge nel fiume del tempo che sempre scorre e muta con esso. Ma se siamo nel fiume, da quale punto di riferimento fisso abbiamo diritto di analizzarlo, anche solo di parlarne? La stessa scelta di negare la propria identità sessuale dicendosi "queer" non è un'affermazione del non possedere una tale identità, ma è di suo un'affermazione identitaria; la fluidità viene eternizzata (sono queer, tutti in realtà sono queer, tutti sono sempre stati queer), la storia viene resa assoluta e consacrata. Ma l'unica cosa degna di consacrazione è l'eterno, consacrare ciò che non lo è vuol dire trovarsi presto senza nulla di sacro...

In realtà il dato certo e inconfutabile è che gay, trans, queer e altra roba, siam tutti qui a parlare su un forum gay, ovvero siamo distinti in alcuni meriti (sta a voi decidere quanto significativi) dall'informe magma umano, in virtù della nostra particolare identità sessuale. L'identità sessuale esiste, poche chiacchiere. Si può parlare della sua natura, da dove viene e dove va, della sua staticità o meno. Ma se discutere della sua natura è sensato, credo che un discorso particolare sulla sua mutevolezza sia erroneo, e diventerebbe per me molto difficile da portare avanti in un ambiente così permeato di cultura marxista e/o psicanalitica, ovvero con uno spiccato feticismo per il tempo. Per me non è corretto dire che l'identità è immutabile, così come non lo è affermare che invece essa sia fluida. Tali opinioni presuppongono che il discorso sull'identità sia calato nella propria stessa storia (io parlo del mio io che parla del suo io etc.). Invece per me il discorso sull'identità E' esso stesso la propria storia, e non può essere calato in sé stesso. L'atto fondativo del discorso sul sé è spostato in dimensione metatemporale, esso è possibile solo ora, hic et nunc, e non ha un estensione temporale di svolgimento. L'affermazione "io sono omosessuale/queer/trans" viene detta ora, essa è eterna, genera e deriva al tempo stesso, o per meglio dire si identifica con, la narrazione che faccio di me. Ergo affermare che essa cambi o non possa cambiare è egualmente nonsense: entrambe le cose presuppongono uno svolgimento temporale...

@FreakyFred,

 

L’identità non è necessariamente una scelta inconsapevole, può anche essere una scelta consapevole.

 

Nel momento in cui consideri l’orientamento sessuale “dato nel momento stesso in cui è vissuto”, ammetti, implicitamente, che ci sono tanti orientamenti sessuali quanti sono i vissuti in ogni singolo momento.

 

E quindi fai un ragionamento queer, anziché no. Non credo che la Qrth abbia a che fare con lo storicismo.

 

Non è che se accanto all’Essere, includi il Tempo, fai un ragionamento storicista.

 

Fai semplicemente un ragionamento anti-sostanzialista. Anti-aristotelico quindi.

 

Non mi risulta che la Qr th “eternizzi la fluidità”.

 

Ancora una volta va ripetuto che la Qr th non nega l’identità, questa è una semplificazione.

 

La Qr th decostruisce l’identità, per poi negarne le fissazioni indotte dai meccanismi sociali

 

(e, aggiungo io, da quelli psicologici).

 

La Qr th riconosce un’identità biologica di partenza, e parte da questa per negare l’identità sessuale cristallizzata, fluidificandola.

 

Credo che tu confonda l’orientamento sessuale con l’identità ingenerale. Se io dico: sono omosessuale, questa affermazione è sempre in rapporto col Tempo, un vissuto è sempre legato al Tempo – persino inteso come durata. Ma questo non significa che questa affermazione sia eterna! Quando Heidegger introduce accanto all’Essere la nozione di Tempo, lo fa proprio per superare la metafisica tradizionale, fondata su un concetto di substantia aeterna.

 

Se c’è una cosa che la Qr th insegna a tutti, etero compresi, è proprio l’errore che consiste nell’identificare la propria persona con il suo orientamento sessuale, qualunque esso sia.

 

Quando io dico: sono omosessuale - non eternizzo niente. L’eternità è una dimensione soprannaturale, o metafisica se vuoi. Semplicemente, identifico me stesso con un accidente qual è un comportamento sessuale. Ma io non sono un comportamento sessuale. Io sono una persona che ha un comportamento sessuale. Questo comportamento potrà riguardare una fase della mia vita, oppure certe occasioni della mia esistenza, o può durare tutto il resto della mia vita, magari dopo un fase eterosessuale. Si nasce maschi e femmine (rarissimamente ermafroditi). Omosessuali si diventa.

Dai, non è mica una novità di Heidegger, l'introduzione del tempo. La storia era entrata di prepotenza nella filosofia già con Hegel, e purtroppo non se n'è più andata, anzi, ha messo radici. Tutti quanti pensiamo "storicamente", sottoponiamo tutte le nostre affermazioni al giudizio del tempo. E come potremmo fare altrimenti? Se l'atto fondativo del pensiero è considerato come sottoposto al tempo, lo stesso pensiero sul tempo cade nel paradosso dell'autoreferenzialità. Anche lo storicismo si storicizza... un problema che già aveva dato grattacapi a Gadamer, che proponeva una risoluzione abbastanza penosa a mio avviso.

Dopo i millenni di ragionamenti sull'Essere, sull'Uno, su ciò che eterno e sulla sostanza di tutte le cose, adesso abbiamo concluso che una sostanza non c'è proprio, che tutto è transitorio e ogni giudizio può essere sottoposto a un ulteriore giudizio, all'infinito. Già. All'infinito. Tanta fatica per liberarsi dell'infinito, e ti rientra dalla porta di servizio. Ed è rientrato con una violenza incredibile, addirittura aristotelica! Infatti adesso il sesso biologico è la sostanza, l'orientamento sessuale è l'accidente. La sostanza è ciò che "si nasce", l'accidente è ciò che "si diventa". L'opposizione fra divenire ed essere, vecchia come il cucco, è tutta qui, ancora piena e vitale, Aristotele cammina fra noi, travestito, nella frase "Si nasce maschi e femmine (rarissimamente ermafroditi). Omosessuali si diventa".

Come se l'essere maschio o femmina non fosse anche esso una somma di attributi, come se il modo stesso in cui io sono definito non dipendesse da questi e altri cosiddetti accidenti, come se potessi essere ancora io se fossi un eterosessuale cambogiano alto 1.90 che ama giocare a calcio. Dopotutto, ciò che muta e diviene contiene in sé l'imperfezione (ancora nozioni aristoteliche), e Dio che è perfetto infatti non diviene, ma guida il mondo con la sua fissità. Omosessuali si "diventa", dunque usare un dato così per definirsi è sbagliato, non ti puoi definire sulla base di un accidente.

E io invece non sono d'accordo. Io preferisco dire "maschi e femmine si è. Omosessuali si è". Perfino "Queer si è". Queste affermazioni sono costruzioni dell'identità, sono fondamentali e sono fuori dalla storia, sono immediate. Contengono già la storia e nulla vi è da aggiungere.

L'inevitabile effetto della Qrth, invece, è di essere riduttiva nei confronti dell'identità sessuale in tutte le sue componenti. Questo a volte può senz'altro far comodo psicologicamente e socialmente (non crediamo che solo alcuni siano soggetti a nevrosi identitarie, temo che ci caschiamo tutti, a volte in maniera abbastanza palese). Ma pone anche dei problemi non da poco: se non è necessario, anzi è sbagliato ed è una specie di "prigione sociale" identificarsi col proprio comportamento e con la propria storia personale così come è scritta nel momento della sua esposizione, non resta molto materiale con cui identificarsi e costruirsi socialmente; sarebbe infatti una grave scorrettezza metodologica affermare che non bisogna identificarsi col proprio orientamento sessuale e invece è necessario identificarsi col proprio lavoro, coi propri natali, coi propri affetti, col proprio luogo di nascita, perfino con la propria età, in quanto tutti fattori soggetti del tutto o in parte a fluidità e agli effetti di una costruzione sociale. Come faccio a dire "sono uno studente"? E' riduttivo, è un mio comportamento e non dovrei identificarmici. Come faccio a dire "sono calabrese"? Al momento sono toscano di adozione. Come faccio a dire "sono un ragazzo coi capelli neri"? I capelli cambieranno colore e presto non sarò più un ragazzo. Dovremo a quel punto dire, con Pirandello "Io sono vivo e non concludo... Muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori."

E andare tutti a farci chiudere nei manicomi, ovviamente.

No, più semplice considerare l'affermazione dell'identità come gesto metafisico, che non vuol dire affatto sovrannaturale (quanto si incavolerebbe il caro Hegel a sentire una cosa così XD), ma semplicemente a priori del discorso sulla fisica (come in effetti è). E dunque, a priori della fisica.

Forse non hai letto attentamente il mio post: ho scritto che Heidegger introduce la nozione di Tempo nella metafisica, non certo nella storia della filosofia. Per questo lo pone persino nel titolo della sua opera principale intitolata “Essere e tempo”, appunto.

Non credo che Hegel si incavolerebbe sentendo parlare di sovrannaturale. La sua formazione fu fondamentalmente teologica e Gesù è una delle figure fondamentali della sua fenomenologia :)

 

Rifiutare di identificarsi con il proprio orientamento o non orientamento sessuale non obbliga a rifiutare di identificarsi con altri aspetti della propria personalità. Non mi sembra un salto molto logico sussumere sotto il rifiuto di un’identificazione di carattere sessuale ogni altro tipo di identificazione! E non è che resta poco, una volta soppressa l’”identificazione sessuale”: resta la persona reale, la cosa più importante. Mi rendo conto però che per chi è vittima di questa “identificazione sessuale” possa restare ben poco, se non nulla.

 

Anche per questo sconsiglio questo tipo di identificazione.

 

Non si adotta la teoria queer per comodità. Anzi, credo sia molto più comodo identificarsi con il proprio orientamento sessuale, una cosa che impoverisce molto ma semplifica tanti problemi, dopo tutto.

 

Non c’è niente di metafisico nell’affermazione della propria identità sessuale. Questo tipo di affermazione ha un valore meramente politico, nel momento in cui si rivendicano dei diritti. Punto.

 

Se l'atto fondativo del pensiero è considerato come sottoposto al tempo, lo stesso pensiero sul tempo cade nel paradosso dell'autoreferenzialità.

Anche lo storicismo si storicizza... un problema che già aveva dato grattacapi a Gadamer, che proponeva una risoluzione abbastanza penosa a mio avviso.

 

 

E qual è questa soluzione penosa?

 

 

usare un dato così per definirsi è sbagliato, non ti puoi definire sulla base di un accidente.

 

 

E sulla base di che cosa si dovrebbe definirsi se non su ciò che ci capita di essere?

 

Il problema è che esistono parole cui non corrisponde niente, e «definirsi» (o «non-definirsi», ovviamente) è una di queste:

è un falso problema, un problema posto male. Aristotele non si è reincarnato tra noi in un punto fondamentale, la sua analisi

e critica del linguaggio ordinario e del linguaggio tout court.

 

 

 

E io invece non sono d'accordo. Io preferisco dire "maschi e femmine si è. Omosessuali si è". Perfino "Queer si è".

Queste affermazioni sono costruzioni dell'identità, sono fondamentali e sono fuori dalla storia, sono immediate.

Contengono già la storia e nulla vi è da aggiungere.

 

No, più semplice considerare l'affermazione dell'identità come gesto metafisico, che non vuol dire affatto sovrannaturale.

 

Non c'è bisogno di affermare l'essere, per ottenere questo effetto, per compiere questo gesto metafisico, pleonastico.

Basta comprendere che le categorie sono anch'esse «essere». Si ottiene lo stesso risultato, e si guadagna il loro tendere all'essenza

il che le rende infinitamente più aderenti alla condizione umana.

Rifiutare di identificarsi con il proprio orientamento o non orientamento sessuale non obbliga a rifiutare di identificarsi con altri aspetti della propria personalità. Non mi sembra un salto molto logico sussumere sotto il rifiuto di un’identificazione di carattere sessuale ogni altro tipo di identificazione! E non è che resta poco, una volta soppressa l’”identificazione sessuale”: resta la persona reale, la cosa più importante. Mi rendo conto però che per chi è vittima di questa “identificazione sessuale” possa restare ben poco, se non nulla.
Dunque ci dovrebbe essere qualche differenza fondamentale fra l'identificarmi come "omosessuale" e l'identificarmi come "neurobiologo" (sì, è la mia specializzazione, non leggo articoletti su internet ^^). Prego, esplicala.
Non credo che Hegel si incavolerebbe sentendo parlare di sovrannaturale. La sua formazione fu fondamentalmente teologica e Gesù è una delle figure fondamentali della sua fenomenologia
Questo è un altro paio di maniche. La metafisica di hegel non ha nulla di "sovrannaturalistico".
E qual è questa soluzione penosa?
Quella di incorporare il pregiudizio nel giudizio, salvando capra e cavoli... O almeno quello è il tentativo. In realtà la decostruzione di qualcosa è sempre stato uno strumento con cui un sistema di pensiero dimostra la propria superiorità sull'altro, "incorporandolo"; decostruire il pensiero di un uomo del passato significa automaticamente o ritirarsi dall'esprimere giudizi su di esso, e dunque non arrivare da nessuna parte, oppure porsi nella posizione di giudicare. Ma se giudichi, con lo stesso metro sarai giudicato, dovresti giudicare te stesso...

Dunque la mia idea è esattamente opposta: per capire le cose, bisogna decontestualizzarle il più possibile.

Il problema è che esistono parole cui non corrisponde niente, e «definirsi» (o «non-definirsi», ovviamente) è una di queste:

è un falso problema, un problema posto male.

E' un falso problema o un problema posto male? Avere una rappresentazione di sé, per uso proprio e per interagire nel sociale, per me non è un falso problema. Se è posto male puoi suggerirmi come porlo meglio.
E sulla base di che cosa si dovrebbe definirsi se non su ciò che ci capita di essere?
Basta comprendere che le categorie sono anch'esse «essere».
Il che è esattamente quello che dico. Non c'è alcuna differenza fra la sostanza e particolari attributi. Siamo una somma di attributi accidentali, mutevoli, ma che nel loro mutare generano una storia. Nell'atto di dire "io sono..." stiamo raccontando quella storia.

Dunque ci dovrebbe essere qualche differenza fondamentale fra l'identificarmi come "omosessuale" e l'identificarmi come "neurobiologo" (sì, è la mia specializzazione, non leggo articoletti su internet ^^). Prego, esplicala.

 

Questo è un altro paio di maniche. La metafisica di hegel non ha nulla di "sovrannaturalistico".

 

Quella di incorporare il pregiudizio nel giudizio, salvando capra e cavoli... O almeno quello è il tentativo. In realtà la decostruzione di qualcosa è sempre stato uno strumento con cui un sistema di pensiero dimostra la propria superiorità sull'altro, "incorporandolo"; decostruire il pensiero di un uomo del passato significa automaticamente o ritirarsi dall'esprimere giudizi su di esso, e dunque non arrivare da nessuna parte, oppure porsi nella posizione di giudicare. Ma se giudichi, con lo stesso metro sarai giudicato, dovresti giudicare te stesso...

.

 

 

Il riferimento agli articoletti su internet era per chi ha ipotizzato la futura scoperta della "pillola dell'amore".

Tuttavia non credo che professarsi neurobiologo in questo contesto possa dare un contributo utile alla discussione.

Potrà servire solo alle menti più pigre a scopo consolatorio: "Ah, se l'ha detto lui che dice di essere un neurobiologo deve essere senz'altro vero..

meglio non approfondire oltre la questione".

 

Identificarsi con il proprio orientamento sessuale è un atto politico. Identificarsi con il proprio lavoro è un atto sociale. Questa è la differenza fondamentale

fra le due identificazioni. Ovviamente, se la definizione della mia personalità avviene solo attraverso una serie di identificazioni (il mio lavoro,

i miei gusti sessuali, la mia fede politica etc.) è difficile dare l'impressione che dietro queste sovrastrutture ci sia una persona reale.

Se dico invece: "io amo", pongo subito una delle peculiarità che costituiscono la mia umanità, più di quanto non possano mai fare il mio lavoro

o il mio orientamento sessuale.

 

 

La metafisica di Hegel non ha nulla di soprannaturale nel senso filosofico del termine, ma il movimento triadico della dialettica e dello Spirito

deriva dal dogma cattolico della Trinità. Inoltre Hegel non ha mai negato il cristianesimo, semplicemente ha costruito un sistema, basato sulla teologia cattolica, che poteva reggersi in piedi anche senza la teologia cattolica. Quindi non mi sembra il caso di ipotizzare una sua idiosincrasia nei confronti del soprannaturale.

Hegel sostituisce Dio con lo Spirito Assoluto, ma non nega mai l'esistenza di Dio.

 

Gadamer è il fondatore dell'ontologia ermeneutica. La decostruzione ha un'altra storia filosofica: nasce come critica dell'ontologia in Heidegger e poi si sviluppa come critica del logocentrismo in Derrida. In fine diventa un metodo critico nella cultura statunitense. In quest'ultimo senso si parla di decostruzione per quanto riguarda la Qr th.

 

E' un falso problema o un problema posto male? Avere una rappresentazione di sé, per uso proprio e per interagire nel sociale, per me non è un falso problema.

Se è posto male puoi suggerirmi come porlo meglio.

 

 

Se devo rispondere ai precisi termini della tua domanda, direi che nell'uso comune, che mi sembra alquanto forte e drammatizzato, dell'espressione,

è un falso problema, oppure un problema posto male che genera un falso problema.

Se invece devo rispondere alla definizione che tu dai del «definirsi», con la quale posso concordare, direi però che «avere una rappresentazione di sè»

è l'opposto o comunque qualcosa di molto diverso da ciò che io intendo, e credo comunemente s'intenda, con definizione di sé.

Ma lo vedete che si finisce sempre a parlare di storia? XD

Non discuterò di storia della filosofia, sia perché obbiettivamente non è che sia così ferrato sulla questione, sia perché tutto il mio discorso si pone proprio in una prospettiva opposta. Invece di vedere la catena delle cause, io guardo il senso finale che si compie, e da lì poi creo una catena di cause convincente.

Ciò detto, non volevo certo mettermi in una discussione sulla religione secondo Hegel (tanto meno in uno sulle RADICI del pensiero di Hegel!), ma non penso ci siano dubbi sul fatto che non avrebbe mai e poi mai confuso la metafisica col sovrannaturale.

Ovviamente, se la definizione della mia personalità avviene solo attraverso una serie di identificazioni (il mio lavoro,

i miei gusti sessuali, la mia fede politica etc.) è difficile dare l'impressione che dietro queste sovrastrutture ci sia una persona reale.

Se dico invece: "io amo", pongo subito una delle peculiarità che costituiscono la mia umanità, più di quanto non possano mai fare il mio lavoro

o il mio orientamento sessuale.

Allora su cosa ti basi? Chi è soledamore? è solo un nome vuoto che si può riempire di definizioni? Uno spettro incarnato? Come lo definisci, se non in virtù dei suoi attributi particolari?

E anche nell'atto dell'amare il tuo io non raggiunge certo un'indifferenza dal non-io, ma continua a restare strettamente individuato, seppur "dialettico" con l'altro. E questa non è costruzione sociale o culturale, ma una funzione fondamentale della mente umana cosciente. Non sorprende che i greci facessero incarnare in divinità le passioni dell'animo umano, visto che proprio le passioni, forse la più intensa delle quali è proprio l'amore, gettano nello scompiglio io, e più che rivelarne l'unità; mettono alla prova la solidità di quella costruzione provvisoria, di quel racconto coerente che era fino a quel momento stata la personalità. Un tale sconvolgimento non può venire dall'interno, deve essere uno spirito alieno, un dio...

Curioso è pensare come oggi alcuni omosessuali ancora non accettatisi tendano a vedere nella proprio omosessualità un qualcosa di alieno, disturbante, invasivo. Qualcosa che non appartiene all'io. E la loro sfida è proprio assimilarlo nella propria storia di sé in modo organico, recuperare una continuità e dunque un'identità solida.

Guarda che io ho mosso le mie critiche severe all'identificazione con il proprio orientamento sessuale, non alle altre identificazioni.

Anche se sono sempre restìo a identificarmi completamente con una cosa sola, per la mia formazione filosofica e culturale.

Non ho necessità di definirmi, a meno che non debba presentare un curriculum vitae o servano delle informazioni per ottenere documenti.

Non ho necessità di dire: sono di sesso maschile, queer, cattolico dissidente, attualmente la mia vita sentimentale è così, il mio lavoro è questo, le mie passioni sono queste etc.,

per avere una percezione di me stesso.

E in ogni caso, quando sono costretto da motivi pratici alla catena delle individuazioni, cerco sempre di non identificarmi con una di esse,

ma, al limite, con il loro complesso, che non è mai una somma o una moltiplicazione.

Non è che tu abbia molto risposto alla mia domanda. Hai solo ritirato in ballo il problema della complessità... Ma anche se volessimo considerare l'io come fenomeno emergente dalle pulsioni

1) Esso resta riconducibile ad esse, anche se attraverso una via tortuosa

2) Non dovresti avere comunque problemi a trovare per esso un predicato essenziale, che prescinda le manifestazioni particolari.

La mia domanda è: chi è soledamore? Se tu non te la poni, sappi che comunque se la porranno e te la porranno altri.

Tutti ci poniamo domande su cosa siamo. C'è chi lo fa più spesso.

Tutti vorremmo sapere chi sia il nostro interlocutore reale. Soprattutto se già ci conosce.

io sono anche questo: un post

non mi ci identifico però . .. come spero in fondo anche Freaky, sarebbe un peccato

 

soledamore non lo meti sul frigorifero come un post -it

perché il post (o) è già occupato.

 

Mi scuso per l 'OT, ma ritornando IT

Sì, l'eterosessualità indotta esiste, la sto speerimentando in questo momento :)

persona

E io sono anche questo: un omosessuale. Perché non dovrei dirlo? :P

 

Hai il dovere di dirlo, nel momento in cui sposti il discorso sul piano politico!

E il fatto che tu lo dica, non dovrebbe automaticamente e completamente identificarti con un ruolo sessuale.

Dire: io sono queer; oppure: io sono gay non equivale a dire: io sono nero

Sono affermazioni che coinvolgono punti d'intensità diversi.

 

Purtroppo, in genere, nel momento in cui si fa una rivendicazione forte, qual è quella politica,

il rischio di sussumere tutti gli altri aspetti identitari della persona

sotto quello unico dell'orientamento omosessuale, non è facilmente eludibile.

Il passaggio infatti è spontaneo, quanto più la tua singolarità

è stata territorializzata dalla politica

Ma per me è molto più intenso ed esplicativo di me dire "io sono gay" che dire "io sono nero". Potrei cambiare colore della pelle in qualsiasi momento, ma sarei ancora io. Per me la coerenza della narrazione dipende pochissimo da fatti come l'aspetto fisico, e quasi interamente dalla personalità. Alterare tratti importanti della personalità intacca l'io nella misura in cui coinvolge la coerenza della propria immagine di sé.

Ovviamente la caratteristica di questa narrazione è di essere prioritariamente, ma non esclusivamente, un prodotto personale; la coerenza fra le varie parti dell'io è avvertita o non avvertita primariamente dallo "scrittore". Principalmente sono io a decidere chi sono, ma, ricordiamolo, questo non preclude un approccio eterofenomenologico alla questione (si definisce ex-gay, ma la sua è una classica storia di bisessualità/repressione; si dice bisessuale, ma la sua è una storia che grida "omosessuale"...).

Guarda che essere nero non significa semplicemente avere un colore della pelle diverso, sul piano politico. Sul piano politico significa appartenere ad una minoranza (che può essere quella afro-americana negli USA, per esempio) che un tempo non aveva nemmeno i diritti civil elementari: gente che non poteva entrare nei locali frequentati dai bianchi, o nelle scuole dove c'erano bianchi. Ex schiavi che erano stati emancipati, ma che di fatto hanno vissuto per molti anni ancora in condizioni di semischiavitù e ancora oggi rappresentano spesso la parte economicamente e culturalmente svantaggiata di quella nazione. Persone che in origine non avevano nemmeno il diritto di possedere la propria persona, perché appartenevano ad un padrone che poteva disporne come fossero cose - cose che potevano essere sfruttate in piena legalità.

La minorità civile dei gay non è stata mai su questi livelli così bassi, suvvia!

Essere nero quindi non ha a che fare solo con l'aspetto fisico. In più, non si sceglie di essere neri.

Mentre l'ipotesi della libera scelta dell'omosessualità e molto plausibile.

Ovviamente i riduzionisti non ammetteranno mai il libero arbitrio.

Il libero arbitrio mette in discussione elementi come l'intenzione, la volontà, la responsabilità.

Tutte cose che turbano la sterile razionalità con la quale vorrebbero interpretare l'universo per dominarlo.

E' più comodo credere che omosessuali si nasce, così come si nasce neri o asiatici.

E che un giorno la scienza troverà la pillola per etrosessualizzare i gay.

Un intento che si erano posti già i nazisti, se non erro.

Per questo internavano anche i gay nei campi di concentramento. Per il bene della scienza (la scienza razzista e omofoba loro).

Per due motivi fondamentali non accetterò mai approcci scientifici alla questione dell'omosessualità:

 

1) perché non ce né bisogno, essendo l'omosessualità un fatto culturale, non biologico

2) perché rischiamo di essere cavie di nuovi esperimenti

Ma lo vedi che proietti sugli altri le tue stesse opinioni? :P

Io dico che sono omosessuale. Oltre che bianco. Oltre che neurobiologo. Oltre che calabrese. Nessuno di questi elementi identitari assume un ruolo talmente pervasivo da poter racchiudere la totalità di ciò che sono. Il discorso che fai sull'esser nero è esclusivamente politico, ciò che suggerisci è che sia possibile identificarsi maggiormente con l'esser neri che con l'essere omosessuali, in virtù della maggiore rilevanza politica dell'essere nero (oltre che del fatto, tu sostieni, gai non si nasce e neri sì). Ma così facendo stai facendo sì che l'identità politica invada tutto il resto e metta tutto sotto di sé. Ma se io fossi nero, non sarebbe certo logico dire che dovrei necessariamente essere una persona diversa sotto ogni altro aspetto. Tuttavia ciascuno di essi aspetti, anche preso singolarmente, se messo in discussione metterebbe in discussione la mia identità, la coerenza dell'immagine che ho e do di me, il mio Io.

L'ipotesi della libera scelta è un'ipotesi che non esiste. Tu potrai avere avvertito una simile possibilità, ma io, per dirne una, non l'ho mai avuta. Ho avuto certo la possibilità di fingere (anche se a livelli molto superficiali), non certo la possibilità di scegliere da chi essere attratto. Una simile ipotesi non può neanche essere avanzata senza violare il mio diritto di autodeterminazione. Se vuoi indagare sulla mia natura e sulla mia psiche, devi innanzitutto considerare autoritativa la mia testimonianza su quella realtà, che non hai modo di conoscere se non attraverso la sua fenomenologia.

Io non so, ovviamente, se nel tuo caso sia stato possibile scegliere a tavolino l'orientamento sessuale; autoritativa in questo senso è la tua particolare testimonianza; ma nel mio caso non lo è stato sicuramente, e tu sei chiamato a rispettare questa testimonianza.

E' più comodo credere che omosessuali si nasce, così come si nasce neri o asiatici.

E che un giorno la scienza troverà la pillola per etrosessualizzare i gay.

La comodità è una cosa del tutto soggettiva. Io troverei molto più comodo poter applicare il cosiddetto libero arbitrio anche all'orientamento sessuale, il che mi farebbe sentire fra l'altro molto potente. Ma non rispecchierebbe la mia realtà. Come leggevo pochi giorni addietro in "Il Crepuscolo degli Idoli": "Dovunque vengono cercate responsabilità, chi le cerca è di solito l'istinto del voler punire e giudicare. Si è spogliato il divenire della sua innocenza se si riconduce un qualsiasi essere fatto così e così alla volontà, alle intenzioni, ai protocolli della responsabilità: la dottrina del volere è inventata essenzialmente allo scopo della pena, cioè del voler trovare la consapevolezza. [...] Gli uomini vennero ritenuti liberi per poter essere giudicati e puniti - per poter essere colpevoli".

Quanto è attuale! Non è un caso che l'eterno dibattito sulle cause dell'omosessualità al giorno d'oggi sia considerato di una qualche importanza praticamente solo dagli omofobi, che vogliono usarlo come clava da sbatterci in testa rendendocene responsabili, e dunque, perseguibili...

ovviamente se esistesse la possibilità scelta molti di noi sarebbero eterosessuali, veri, non di quelli che fingono :D

l'omosessualità è semplicemente un fatto biologico, capisco l'interesse emotivo che viene riassunto nella frase di montanelli "persona alle cui spalle avviene sempre qualcosa" inteso come percorso di vita, anche se in realtà la spiegazione reale è quella ehm ehm...

le varie costruzioni mentali che si fanno per illudersi di essere frutto di chissà quale percorso sono deboli e fantasiose: nessuna correlazione con la realtà. chi si vuole illudere poi faccia pure, io ho avvisato. :cheesy:

poi c'è il discorso sull'identità che è ininfluente, è come per il mancinismo, non sarà il definirmi di "manualità fluida o queer" a farmi imparare a scrivere con la mano sinistra. ehehe

ovviamente se esistesse la possibilità scelta molti di noi sarebbero eterosessuali, veri, non di quelli che fingono :D

l'omosessualità è semplicemente un fatto biologico, capisco l'interesse emotivo che viene riassunto nella frase di montanelli "persona alle cui spalle avviene sempre qualcosa" inteso come percorso di vita, anche se in realtà la spiegazione reale è quella ehm ehm...

le varie costruzioni mentali che si fanno per illudersi di essere frutto di chissà quale percorso sono deboli e fantasiose: nessuna correlazione con la realtà. chi si vuole illudere poi faccia pure, io ho avvisato. :cheesy:

poi c'è il discorso sull'identità che è ininfluente, è come per il mancinismo, non sarà il definirmi di "manualità fluida o queer" a farmi imparare a scrivere con la mano sinistra. ehehe

 

 

Ecco un tipico discorso frutto di omofobia interiorizzata: se esistesse la scelta, sceglierei di essere etero.

Non è vero! Posso benissimo scegliere di essere etero o omo o entrambi! O scegliere di essere queer!

Anche se civilmente e socialmente per me non è una scelta conveniente, è il mio desiderio a scegliere!

Ovviamente la conditio sine qua non è essere una singolarità pensante, piuttosto che la solita merce riscaldata e omologata.

La solita macchina desiderante scassata dal capitale e dalle sue territorializzazioni.

 

Quello che pensava dell'omosessualità un (ex?) fascista come Montanelli, non ha alcuna rilevanza per me.

Soprattutto se si riduce l'omosessualità al "Vizietto", ovvero al maschio che lo prende sempre e comunque nel sedere.

Sprofondiamo sempre più negli abissi dell'omofobia, vi rendete conto? Meglio essere etero, meglio che dietro le nostre spalle non succeda niente,

il godimento anale è una fregatura, un'invenzione degli etero per sfruttarci sessualmente e politicamente...

 

@Freaky, andiamo oltre Foucault, che sulle intuizioni nietzscheane che citi, ha costruito la sua teoria del "Sorvegliare e punire".

Gli omofobi possono sorvegliarci e punirci solo fino al momento in cui non affermiamo la nostra libertà. Non oltre.

E la libertà è libero arbitrio. E' lo schiavo che si ribella al padrone e modifica il corso della storia.

Spetta all'affermatività (e quindi al libero arbitrio) della comunità glbtq modificare la storia della sessualità.

Che ancora oggi è una storia eteropatriarcale.

Siamo noi che dobbiamo darci una legge. Fin quando aspetteremo che sia la società eteropatriarcale a darcela, saremo sempre schiavi.

Libertà è innanzitutto libertà di essere. Il primo diritto fondamentale dell'essere umano, simbolo della sua dignità, e quindi anche il primo che viene attaccato da chi vuole togliertela, è il diritto a darti un nome. Non ho alcuna intenzione di passar sopra a questa fase. Schopenhauer diceva che l'uomo può fare quello che vuole, ma non può volere quello che no vuole. Non esageriamo la nostra libertà in una specie di onnipotenza, siamo legati anche noi umani a meccanismi di funzionamento singolari. Dobbiamo assolutamente esercitare il libero arbitrio nel "fare ciò che vogliamo", ma è fantascientifico volere ciò che non vogliamo :)

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