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Nuovo studio sull'omofobia


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In realtà è molto semplice. Per la legge dei grandi numeri, se un campione è sufficientemente grande ed è assolutamente casuale se ne possono trarre conclusioni che hanno validità per tutta la popolazione. In realtà un campione è sufficientemente grande se è sopra i trenta individui.

I motivi di ciò sono matematici, dunque spiegarli è difficile. Io stesso non ne conosco tutti i dettagli. Però è così; se no perché la gente continuerebbe a fare studi usando campioni di queste misure?

Poi è ovvio che un campione più è grande più dà certezze, ma sopra i trenta son già dati validi.

La legge dei grandi numeri dice semplicemente che la media che calcoliamo a partire da un numero sufficiente di campioni è sufficientemente vicina alla media vera.

 

Il numero trenta non c’entra niente, Freaky. Inoltre i campioni usati nell’esperimento gay repressi=omofobia erano una sessantina.

 

Vorrei che chi ha davvero qualche nozione di matematica superiore, se c’è, mi spieghi poi in base a quale criterio si stabilisce, in generale, un numero di campioni sufficiente. E quale sarebbe in questo caso il numero di campioni sufficienti per un esperimento che riguarda tutti gli individui omofobi.

 

Non sono un matematico, e forse mi sbaglio, ma credo che come punto di partenza occorrerebbe innanzitutto un censimento mondiale dell’omofobia (sapere quanti sono effettivamente gli omofobi) che non mi risulta sia mai stato fatto. In fatti non tutti gli eterosessuali sono omofobi. E poi come considerare l’endo-omofobia?E l’omofobia di genere femminile? Bisogna postulare che sia diversa da quella maschile?

 

E in base a quali criteri si stabilisce l’omosessualità repressa in rapporto all’omofobia? Basta che un individuo insulti per strada due gay che si baciano o si scambiano una fellatio pubblicamente, e che guardando un film porno gay subisca una variazione nell’afflusso di sangue al suo pene?

 

A me, sinceramente, ogni volta che sento parlare di studi statistici per ammantare di scientificità

 

un’ideologia prestabilita in partenza, mi viene l’orticaria.

 

Inoltre, i presupposti della validità scientifica della statistica vengono sempre artatamente taciuti.

 

Si tende a dimenticare che pur essendo una scienza, la statistica è imperfetta, trattando di probabilità.

 

Si tende ad identificare il quasi certamente, che fa parte del suo statuto, con il certamente tout court.

 

Si tende a dimenticare che le statistiche sono un’arma formidabile per i demagoghi

 

che le usano come argomentazione che non può essere contestata, perché scientifica.

 

Ora non voglio fare il processo alla statistica, ma solo al suo uso.

 

E credo che uno studio scientifico divulgativo ( e se lo mettono sui giornali deve

essere necessariamente divulgativo, perché si rivolga al pubblico e non agli esperti)

 

se voglia essere credibile e oggettivo, e non pura demagogia,

 

debba essere correlato da una serie di dati che appaiono scontati forse agli scienziati,

 

ma non all'uomo della strada.

 

Il numero 30 c'entra eccome, in quanto secondo il teorema del limite centrale la distribuzione campionaria della media può essere considerata normale a partire da un campione di almeno 30 "dati". Al di sotto di questo valore invece si deve ricorrere alla distribuzione campionaria t di Student. Lo scopo di queste distribuzioni, detto in termini MOLTO semplici, è confrontare i risultati matematicamente standardizzati delle ricerche con con i valori sempre standard di queste distribuzioni, che rappresentano come si distribuirebbe il fenomeno su una popolazione enorme, ovvero a campana, con la punta più alta della curva corrispondente al valore medio, indicato genericamente con la lettera dell'alfabeto greco Mi. Non so se sono riuscito a farmi capire, questa roba è complessa ed io tra corso e studio a casa ci ho messo mesi per capirla e studiarla (soprattutto capirla :wacko:)

 

Comunque si tratta di strumenti matematici estremamente affidabili, ma quando si fa ricerca bisogna ricordare che più è piccolo il campione meno è precisa la media, di conseguenza, per quanto la ricerca debba garantire una validità statistica altissima (o almeno così era per gli esercizi che svolgevamo a lezione) è sempre bene fare un confronto con i risultati di altre ricerche, ovvero altri campioni. In questo caso più che al numero di campioni conta il grado di accordo ottenuto dai risultati che deve essere sempre molto alto. Se non c'è grado di accordo bisogna poi analizzare possibili errori nel campionamento nelle ricerche prese in esame oltre alle differenze nella metodologia ed eventualmente svolgere ulteriori ricerche.

Il censimento mondiale non è necessario, non mi risulta siano mai stati fatti in realtà:boh: Eventuali postulazioni diverse da quelle affrontate nella ricerca devono essere verificate con ulteriori ricerche specifiche, ricordo che il risultato di questa ricerca fornisce solo un dato empirico molto circoscritto.

La statistica non ammanta di scientificità:no:, la statistica serve a confermare o meno un'ipotesi ed i suoi dati non sono così facili da leggere come si crede. Tutte quelle percentuali però sembrano così chiare e rassicuranti da diventare facile arma dei demagoghi. Questo problema è decisamente amplificato dall'uso dei sondaggi politici.<_<

Infine gli studi scientifici non sono mai divulgativi nel modo in cui li descrivi tu. Lo studioso infatti fa il suo lavoro e pubblica i risultati delle ricerche, con annesse informazioni su metodologia, campionamento in modo molto dettagliato, a volte sono incluse perfino trascrizioni di dibattiti sulla ricerca avvenuti in qualche conferenza, su riviste specializzate del settore. Se poi questa ricerca viene ripresa da giornalisti che in 10 righe ti riassumono un centinaio di pagine di ricerca questo non lo rende uno studio rivolto al pubblico.

 

Ora che questo post è finito io pretendo che vi sentiate in colpa, per avermi fatto ripescare nozioni di quell'orribile esame di psicometria :sisi:

io ci ho pianto di disperazione per quell'esame...:cry: (sono un disastro in matematica)

bbhhh, ti sei spiegato bene ed hai perfettamente ragione, ma purtroppo è del tutto inutile. è una banale questione di metodo e competenza, è come discutere con uno stregone della papuasia che pretende di poter fare il cardiochirurgo per qualche strana congettura pseudofilosofica sul potere della guarigione :D

Con il termine "omofobia" si indica sia quella che Boswell

chiamava "omosessuofobia" la componente di avversione

riferita alla dimensione personale affettiva, che si

manifesta nell'odio per gli omosessuali, sia la componente

culturale-cognitiva, che non prende di mira l'omosessuale

come singolo ma l'omosessualità come fenomeno psicologico

e sociale ( che alcuni chiamano omonegatività )

 

Non è un caso che spesso sentiamo dei politici precisare

di avere degli "amici gay" per poi dire peste e corna della

omosessualità...come a dire "non sono omofobo", quando è ovvio

che poi lo sono.

 

In entrambi i casi il monopolio della normalità è assegnato

all'eterosessualità e all'eterosessismo ( che sta all'omofobia

come il sessismo alla misoginia )e l'intolleranza e l'inferiorizzazione

che produce si alimenta ( come nel razzismo, come in tutte le forme

di intolleranza ) di emozioni ( credenze, pregiudizi )comportamenti

e dispositivi ideologici (teorie, dottrine, principi, miti, leggi )

 

Pensiamo che l'omosessualità è stata contemporaneamente combattuta

in quanto Peccato, Vizio, Crimine e Malattia, per un paio di secoli.

Quindi parliamo di una violenza generalizzata.

 

A tutto ciò si aggiunge il fatto che tutta questa ostilità colpisce

degli individui singoli ed isolati ( non si può contare sui vincoli

parentali di solidarietà, perchè i genitori dei gay sono eterosessuali )

e che l'omofobia latamente intesa produce l'unica forma di discriminazione

ancora iscritta formalmente nell'ordine giuridico.

BBHHH (con 3 h) :) ti ringrazio per le tue precisazioni e non ascoltare i soliti mestatori

che si crogiolano nella prosopopea del loro sterile pregiudizio, che dicono siano state inutili.

Un giorno anche loro saranno illuminati dalla luce della verità - se no, peggio per loro.

 

Le tue precisazioni però mi stimolano nuove domande, e opino che dovremmo aprire un thread apposito

sulla statistica come scienza (e al limite il suo eventuale sfruttamento per una propaganda pro o anti-omosessuale).

 

Non credo sia possibile farlo, né ho la sfrontatezza di chiedertelo,

perché sì, mi sento in colpa, se ti è costata tutta questa fatica

ricordare l'esame di psicometria :afraid:

 

Tuttavia vedo che sul punto dell'uso demagogico delle statistiche siamo d'accordo, anche se tu forse non ti sei reso conto che affermare che i gay repressi sono omofobi può essere strumentalizzato politicamente..

Quando poi parlo di articoli, che sintetizzando il lavoro di vari scienziati, lo espongono al pubblico e vogliono essere divulgativi, non intendo dure che devono banalizzare le questioni, ma che dovrebbero approfondirle meglio, offrendo più dati da verificare

 

Un abbraccio.

 

 

E una domanda: visto che sei anche tu consapevole della non piena attendibilità dello studio in questione, come mai l'hai rispolverato?

Molto semplicemente questo studio è limitato

alla omosessuofobia, ma l'omofobia - come ho

spiegato - non coincide solo con l'omosessuofobia

bensì è un fenomeno ben più ampio.

 

Quindi

 

1) l'omosessuofobia c'è, esiste, e la si può indagare

ed è importante trovare tracce sperimentali della sua

esistenza ( negarla è sbagliato )

 

2) è inesatto ritenere che l'omofobia si riduca solo a

questo perchè in realtà a questo si aggiunge l'omonegatività

o meglio l'omosessuofobia è un fenomeno più ristretto prodotto dalla

repressione dell'omosessualità, che è più pervasiva e generalizzata.

Le tue precisazioni però mi stimolano nuove domande, e opino che dovremmo aprire un thread apposito

sulla statistica come scienza (e al limite il suo eventuale sfruttamento per una propaganda pro o anti-omosessuale).

Ci penserò su, in fondo i dubbi sulla statistica sono comprensibili, visto che, pur avendo dimostrato la sua attendibilità, rimane una scienza basata su una fallacia logica. Io rimango uno studente di psicologia che ha dato un'esame di psicometria, quindi fino ad un certo punto posso arrivare.

 

Tuttavia vedo che sul punto dell'uso demagogico delle statistiche siamo d'accordo, anche se tu forse non ti sei reso conto che affermare che i gay repressi sono omofobi può essere strumentalizzato politicamente..

Forse è meglio precisare che io vedo la "questione omosessualità" su 2 "livelli di dibattito" diversi: uno politico ed uno scientifico. Il livello scientifico è quello basato sui dati concreti (risultati di ricerca) ottenuti partendo da costrutti mentali (teorie). Il livello politico funziona al contrario, dai dati concreti (esigenza specifica) al costrutto mentale (cosa io penso sia giusto).

La strumentalizzazione demagogica è quindi secondo me inaccettabile (oltre che infruttuosa) da un punto di vista scientifico, ma è inevitabile dal punto di vista politico e tanto vale rassegnarsi perché non si può fare altrimenti. (in questo caso non è gay represso=omofobo ma omofobo=gay represso, nella demagogia non sono 2 equazioni equivalenti)

 

Quando poi parlo di articoli, che sintetizzando il lavoro di vari scienziati, lo espongono al pubblico e vogliono essere divulgativi, non intendo dure che devono banalizzare le questioni, ma che dovrebbero approfondirle meglio, offrendo più dati da verificare

Questa è responsabilità del giornalista però, e purtroppo siamo già al livello politico della questione.

 

E una domanda: visto che sei anche tu consapevole della non piena attendibilità dello studio in questione, come mai l'hai rispolverato?

Non ho dubbi sull'attendibilità dello studio così come non ho dubbi sulla non generalizzabilità del risultato (le due cose non si escludono a vicenda). Se l'ho rispolverato è perché la prima volta ho letto la notizia molto distrattamente ed ho pensato avessero davvero replicato lo studio del '96, così ho aperto il thread. Poi ho letto meglio e mi sono detto che valeva la pena discuterne comunque, visto che i risultati di questo studio erano diventati una specie di leggenda metropolitana.

 

Riguardo la distinzione tra omosessuofobia ed omofobia, non avevo mai letto niente in questione, mi informerò. Devo dire però che trovo irritante l'uso imperterrito della desinenza -fobia. Inizialmente infatti l'omofobia indicava proprio la paura di trovarsi con uomini omosessuali all'interno di uno spazio chiuso (non sorprendetevi, ce ne sono di ben più strane)

Il significato del termine poi si è ampliato ma avrebbero dovuto cambiare il termine stesso, almeno nelle pubblicazioni scientifiche.

Che poi debbano nascere nuovi termini che "proseguono la tradizione" è davvero sbagliato.

Io invece trovo irritante l'uso del termine "omofobia" ogni qual volta si espongano delle idee

contrarie al pensiero gaysta dominante. In questo modo il termine si è svuotato di significato

e serve anche per deligittimare persone glbtq che ragionano con la propria testa

ma rischia di diventare inutile per designare i veri omofobi, anzi li aiuta

nell'occultare e confondere la pericolosità dei loro sentimenti discriminatori

nei confronti di coloro che sono oggetti del loro odio.

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