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un lupo sporco di neve


lucertola

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UN LUPO SPORCO DI NEVE

Lui fu il primo che vidi.

Con la divisa bianca addosso sembrava un lupo sporco di neve.

Guardava intorno a sè con aria smarrita. Ma cercava di non darlo a vedere.

Era spaventato.

Me ne resi conto,ma non dissi nulla. Rimasi al mio posto e prestai giuramento.

Non volevo che mi importasse di lui.

La città era sul mare,come quella in cui ero cresciuto.

Ma mancavano le palme..

Passeggiando nei pressi del porto,provavo una malinconia struggente. Qualcosa che conoscevo già.

Le città di mare si somigliano tutte.

A lui non pensavo. Aveva stretto amicizia facilmente con gli altri ragazzi,lo sentivo ridere e gridare.

Mi lanciavano occhiate perfide,di derisione. Forse perchè ero più esile.

Uno di loro mi chiamò "frocio" alle docce.

Lo disse sfiorandomi il sedere con un dito. Tutti risero di gusto.

Afferrai l'asciugamano e mi coprii le nudità.

Andando via,lo guardai. Un istante.

Smise di ridere.

Ognuno di noi doveva occuparsi delle pulizie,una volta al mese.

Si facevano i turni.

Avevo le lenzuola fresche di bucato da consegnare alle varie camerate.

Mi fermai davanti alla sua branda.

C'era l'odore dei suoi umori.

Ero solo. Mi chinai e inspirai. Allungai il braccio verso il cuscino. Tastai.

Un quaderno.

Sbottonai la federa e lo tirai fuori.

Era sbagliato,eppure..

C'erano i suoi pensieri..

"L'amore dei figli è disperato"

Ebbi un brivido. Pensai a mia madre.

Un rumore!

Riposi il tutto e mi affrettai.

Lui.

Lenzuola pulite,dissi.

Mi fece un cenno col viso.

Poi,silenzio.

Di notte,pensando alla luna che non si vedeva dalla mia camerata,mi tornavano in mente quelle parole.

Non riuscivo più a dormire.

Ero l'ombra di me stesso.

L'insonnia mi spinse ad uscire dalla stanza.

Quei soffitti alti mi soffocavano.

Mi aggirai per i corridoi. I gemiti furono la prima cosa che udii.

Li seguii.

Lui era lì,per terra,piegato dal dolore.

Che hai?

Digrignava i denti.

Che cazzo..

Sangue!

Mi portai la mano sinistra sulla bocca.

Esitai.

Poi presi il fazzoletto che avevo in tasca e glielo porsi.

Non posso toccarti lì.

Si tamponò il sangue con vergogna.

Tremava.

Gli baciai la fronte,poi lo accolsi tra le mie braccia.

Era sfinito.

Si addormentò così,ascoltando il mio respiro.

Smisero di molestarmi.

Ma non mi importava. Era quella distanza tra noi a infastidirmi.

Non esisteva legame possibile con lui,con nessuno.

Odiavo essere omosessuale.

Ogni piccola illusione crollava subito ai miei piedi,lasciandomi vittima della mia stupidità.

Sul mare l'estate arriva presto.

Puntualmente accarezzata dalla brezza.

In quelle notti dense la solitudine si amplificava. E non rimaneva altro che il profumo

dell'acqua salmastra.

Avevo sentito qualcosa riguardo alcuni giardini frequentati da uomini in cerca di

compagnia.

Ci ero stato,ma non avevo fatto nulla. Forse non ero ancora pronto.

In realtà desideravo che fosse l'amore a muovere le cose,non la strada.

Mi facevano male tutte quelle rinunce.

Mi sembrava che la pelle stesse diventando più sottile.

Come se mi stessi consumando.

Bevevo parecchio.

Soprattutto birra. A me bastava poco per non vedere più la realtà.

Un paio di bottiglie,una panchina sul lungomare..e io non c'ero più.

O forse c'ero davvero,del tutto,per qualche ora.

Pensare che all'estate dovesse seguire l'autunno,con le sue piogge cupe,mi faceva

sprofondare nell'angoscia.

C'era un buio lì dentro,nel petto,in cui era difficile muoversi.

Avevo paura di me stesso. Spesso.

Sentii che stavo per piangere..le lacrime sbronze mi sembravano patetiche,quindi

lasciai la panchina.

Era notte fonda ormai,non sapevo neppure come ritornare.

Percorsi delle strade a caso e mi ritrovai immerso nel traffico,con le luci del porto a

fare da sfondo.

C'erano tanti ragazzi sul ciglio della strada,col fuoco negli occhi.

Ma cosa..

Una macchina si fermò. Uno di quei ragazzi si avvicinò,disse qualcosa e poi salì a

bordo,lasciandosi la notte alle spalle.

Mi sentii nauseato,forse per via della birra.

Un'altra auto suonò il clacson e accostò. Un ragazzo sbucò dall'oscurità,ma, prima di

parlare, alzò lo sguardo.

Mi vide.

Lo vidi.

Il tempo si fermò.

La birra scivolò giù dalla bottiglia,bagnandomi le scarpe.

Se ne andò con la sua carne venduta per poche lire.

Io feci pochi metri.

Poi mi afferrai ad un palo della luce e vomitai.

Lasciai una frase sul suo quaderno.

"Era bello da bambini tuffarsi dagli scogli senza farsi male"

Mi proposero un acido,ma rifiutai.

Era una di quelle feste sporche,in cui nessuno conosceva il padrone di casa.

Un appartamento in centro,terrazzo sulla costa.

Alcuni figli di papà nati con la coca nelle narici e noi senza terra.

Bevevo come una spugna,ma quella sera non presi niente.

Avevo la gola chiusa,oltre che lo stomaco.

Lui mi guardava,non si nascondeva più.

Ogni cosa mi disgustava. La puzza del sudore mi era entrata nella pancia.

Uscii in terrazzo per prendere aria.

Lui arrivò alle mie spalle.

Non mi voltai,sapevo che era lì.

Stava per toccarmi,ma lo fermarono le mie parole.

Non lo fare. Non voglio nulla da te.

Poggiai un piede sul muretto.

Allontanati. L'amore è disperato,vero? Sentirsi vuoti è peggio. La vita esplode,ma non

riesco a trattenerla. Io voglio vivere,mi sento soffocato da questa voglia. Non ne posso

più.

L'altro piede.

Oh! Ma che vuoi fare?

Lasciami! Voglio provare una scossa. Non lascio nessuno. Voglio saltare fino alla

strada,godere e schiantarmi.

Strinsi i pugni.

Mi avevano violentato quella notte. Lo sappiamo solo noi.

Noi.

Non dovevo cedere.

Le illusioni erano sepolte.

Respirai profondamente,come se non esistesse più nulla.

Guardai il cielo. Le stelle erano come spine,tanto erano belle.

Ero al centro del mondo,finalmente.

Ero come un dio.

Andiamo in spiaggia?

Mi crollarono le braccia.

Perchè me lo chiedi adesso? Perchè lo stai facendo?

Ho voglia di mare. E' nero a quest'ora. Potremmo tuffarci dagli scogli..

Ti prego,no. Lasciami andare.. Lasciami..

Singhiozzai.

Lui mi prese per il braccio e mi tirò giù.

Poi mi baciò,impazientemente,divorandomi.

Di là la festa continuava a bruciare.

Nella mano ritrovai il mio fazzoletto ancora macchiato di sangue.

Quella notte facemmo il bagno nudi.

E facemmo l'amore.

Eravamo vivi.

Ci tuffammo dagli scogli senza farci male.

_________________

 

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Silverselfer

Premetto che non credo di aver afferrato la storia nel suo insieme, però è bella bella. Ci sono degli affacci davvero suggestivi. Soggettive in cui mi sono ritrovato parecchio, il che, per il vero, non rende la mia critica obiettiva.

 

Destrutturare va bene, tuttavia bisognerebbe avere in testa uno schema narrativo da seguire. Questo è un eccellente schema.

 

Ci vedo tre sequenze narrative: le docce, il parco, la festa. Tanti flash di vita che s'incastonano in un flusso di pensiero, da cui è al solito facile essere disarcionato.

 

In ogni modo, mi piace. Mi piace decriptare la metafora della bottiglia di birra capovolta o ciò che avviene in quel parco in modo così convulso. Lo capisco senza capire come faccio a intenderlo al volo, o forse lo so per questo lo capisco?

 

Insomma, m'impiccia il cervello e quindi mi piace, molto.

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grazie per la critica,silver!le impressioni a caldo,magari soggettive,sono quelle che preferisco.scrivo d'istinto,senza ragionarci troppo e rileggo una sola volta,niente ricamo..del resto,non voglio fare lo scrittore ..quindi i pareri di pancia mi fanno molto piacere. :sorriso:

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