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Essere gay rende più tolleranti alla diversità?


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L'esempio di Emu però

(ragazzi gay che ti guardano dall'alto in basso)

potrebbe avallare la possibilità che lo scoprirsi gay

incida su un aumento dell'intolleranza di stampo classista.

 

Il ragazzino di provincia che arriva nella grande città

e comincia a vestirsi solo Dolce & Gabbana

potrebbe manifestare disprezzo per chi non vesta firmato.

 

In molti hanno l'impressione (nonostante quanto dice Passionboy80)

che vi sia una maggiore intolleranza da parte delle "checche" verso i "rozzi",

rispetto al contrario. Ma è una trama relazionale complessa da illustrare.

 

Mh, sì in un certo senso è quello che volevo dire...

Tipo ci sono dei gay che nello scoprirsi tale iniziano a porre molta attenzione al loro aspetto e iniziano ad essere intolleranti contro magari chi non ha le loro stesse possibilità, oppure i gay sono molto intolleranti verso chi è più brutto, più grasso... più <inserisci caratteristica a random>

Quindi per me, per i gay che ho conosciuto io, diciamo che la sessualità non influisce sulla tolleranza.

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L'esempio di Emu però

(ragazzi gay che ti guardano dall'alto in basso)

potrebbe avallare la possibilità che lo scoprirsi gay

incida su un aumento dell'intolleranza di stampo classista.

 

Il ragazzino di provincia che arriva nella grande città

e comincia a vestirsi solo Dolce & Gabbana

potrebbe manifestare disprezzo per chi non vesta firmato.

 

In molti hanno l'impressione (nonostante quanto dice Passionboy80)

che vi sia una maggiore intolleranza da parte delle "checche" verso i "rozzi",

rispetto al contrario. Ma è una trama relazionale complessa da illustrare.

 

Ma questo succede perché si aderisce un po' al personaggio che si crede d'esser diventati.

La "checca" trova naturale e consono al suo "ruolo sociale"

snobbare chi non veste in un certo modo, chi non guida certe auto o non frequenta certi locali.

 

Son dinamiche analoghe a quanto accade tra etero,

quando il figlio di papà considera "zecche" i fricchettoni,

o quando la ragazza di città

si rivolge in modo diverso alla ragazza campagnola-provinciale.

La differenza, se c'è, potrebbe essere che tanto più sarà accentuata

l'assenza di una cultura e di una identità gay, quanto ognuno tenderà

ad aderire ad una piccola identità.

 

E' una dinamica di divisione interna, in cui le differenze contano molto

di più di ciò che potrebbe unire e pesano in modo più accentuato che

in ambito etero

 

Sotto questo profilo è noto il mio dissenso "storico" con almadel il

quale ritiene che solo la dimensione politica in senso stretto può

unire i gay fra di loro. Mentre io ritengo da sempre che prima della

politica dovrebbe venire l'empatia, la coscienza collettiva, la cultura

gay in senso ampio.

Influisce in maniera negativa invece, secondo l'esempio che hai riportato.

 

Appunto! Quindi torniamo alla domanda "Essere gay rende più tolleranti?" e alla mia risposta "Assolutamente no"

 

Non capisco cos'è che non capite ^^

secondo me si è tolleranti se si è sensibili.

Ora il fatto che gli omosessuali siano in genere più tolleranti dipende dal fatto che nella maggior parte dei casi, almeno in Italia, scoprirsi omosessuali comporta un percorso di sofferenza e, poi, di accettazione.

 

Dopo tale fase si sviluppa una particolare sensibilità, proprio perchè ci si è passati, che rende il soggetto più comprensivo e rispettoso. E più aperto.

 

La tolleranza non è dovuta specificatamente all'essere gay, ma alla sofferenza vissuta per essere gay.

Ok però detto così sembra che tutti i gay debbano per forza soffrire :) così dai credito alle opinioni che vogliono fare passare l'omosessualità sbagliata perché induce una sofferenza.

Sicuramente i giovincelli di oggi hanno un approccio alla sessualità meno condizionato dalla moralità cattolica e un'informazione più presente della cultura gay, grazie anche al web, e non si fanno troppi problemi per colpa degli altri.

Quello che ho scritto è stranoto lo so, ma vorrei comunque sottolinearlo, non vorrei farmi dare del sofferente dagli etero.

 

Gay più tollerabili? Ahahaha bella questa!

 

In molti casi è vero, ma non dipende dal loro orientamento... la maggior parte dei gay che ho conosciuto hanno tutti la puzza sotto il naso e sono una massa di ignoranti pieni di pregiudizi capaci solo a giudicare.

Quindi direi assolutamente, NO.

 

Ecco, su queste testimonianze potrei anche dire la mia, ho conosciuto gay sposati con figli che non possono vedere gli effeminati, odiano chi veste alla moda, non accettano il matrimonio gay ecc...

Ma un conto è dirlo e un conto è farlo, pur sembrando intolleranti in realtà sono a contatto con gay di ogni tipo e a parte manifestare odio per tali categorie, non sarebbero capaci di far male ad una mosca, il loro criticare è soltanto una manifestazione virile dei propri gusti e nulla più.

Secondo me, se parliamo solo di razzismo: no i gay non sono meno razzisti degli etero.

 

Cioè credo che la sessualità abbia nulla a che fare con l'essere razzisti. Chi è razzista prima di scoprirsi gay, tale rimane dopo. E chi non lo è continua a non esserlo dopo.

Forse prima di tutto dobbiamo definire cosa si intende per (in)tolleranza.

Perché si è finiti a parlare di fighetti e di persone che se la tirano, e faccio fatica a far c'entrare tutto ciò con la mia concezione di (in)tolleranza.

Beh ridurre l'intolleranza al razzismo sarebbe un clamoroso autogol

mi pare evidente farci rientrare il sessismo la transfobia e l'omofobia .

 

Come anche mi pare impossibile per ragioni storiche escludere la tolleranza

religiosa e politica che sono fondanti la democrazia moderna.

 

In senso lato la tolleranza è il rispetto del pluralismo

Ovvio che l'intolleranza non può essere associata al solo razzismo. Fin qui ci siamo tutti.

Il discorso, se tu mi chiedi: I gay sono meno razzisti degli etero? Ti direi di no, non lo sono. Un razzista lo è uguale anche se è gay, e come dice Ascanio Celestini: Il razzismo è come il culo, vedi quello degli altri, ma non puoi vedere il tuo.

 

Il succo é:

- Se odiavi i gay e ti ritrovi ad esserlo o ti ammazzi o ti accetti. O vivi nel mezzo con crisi e momenti felici alterni.

- Se eri razzista e ti scopri gay, molto probabilmente non cambierai per quel motivo. Ma mai dire mai...

- Io non conosco gay più o meno intolleranti degli etero, conosco gay tolleranti tanto quanto gli etero, e etero tolleranti tanto quanto i gay. Ovvio che se fai parte di una minoranza sociale sei più propenso ad accettarla rispetto a chi sta fuori, anche i neri tra di loro si odiano. Per non parlare degli Asiatici.

- I virili discriminano gli effeminati, questi discriminano i virili, è un giocoforza che non finirà mai.

 

In definitiva è come il detto: Se nasci tondo non muori quadrato.

Tutto sommato è piuttosto vera, se sei razzista, ance se diventi gay, molto probabilmente rimarrai razzista. A meno che non accada qualche avvenimento nella tua vita che ti faccia ricredere sul tutto.

Per come è posta la domanda invece

io la interpreterei proprio riguardo al razzismo.

 

Non ha senso infatti chiedersi

"se l'essere gay renda più tolleranti verso i gay".

 

Perché la risposta è evidentemente "sì".

Per quanto i gay possano essere misogini o transofobi,

lo saranno percentualmente sempre meno degli etero.

 

Riguardo la tolleranza politica, che si può dire?

Essendo i gay meno violenti degli etero,

sarà più difficile assistere a dei pestaggi

o a delle azioni di terrorismo di matrice politica

da parte di omosessuali maschi.

 

E anche la tolleranza religiosa mi dice poco.

Né gli etero né i gay sono ostili alle religioni orientali;

nessuno si preoccupa della diffusione del Confucianesimo

o del Buddismo in Europa, come ci si preoccupa dell'Islam

o delle ingerenze della Chiesa Cattolica.

Forse essere tolleranti con chi ci non ci tollera

più che rispetto del pluralismo, è banale masochismo.

 

Io sono meno islamofobo e più anticlericale della media dei gay,

perché sono intollerante solo nella misura in cui subisco delle ingerenze reali.

Cerco di non proiettare le mie paure su un'Europa della sharija

né le mie speranze verso Cristianesimo progressista.

 

Mentre l'intolleranza etnica è una perfetta cartina tornasole

per misurare la nostra (vera o presunta) maggiore apertura al pluralismo.

Visto che ci si interroga sulla natura della domanda che avevo posto,

chiarisco: mi riferivo a un'apertura mentale concreta verso le persone con cui si ha a che fare,

più che a idee generali in campo politico o religioso (anche se ovviamente hanno una ripercussione sulle relazioni).

 

Il tipo di situazione che immagino è più o meno: sono a una festa, ho attorno tanti etero,

vedo una persona con un visibile "stigma" (colore della pelle, fisico...);

è più probabile che sia io ad avvicinarlo, con più tranquillità rispetto agli etero,

o avrò la loro stessa diffidenza?

 

Ed è più probabile per un gay avere una relazione con una persona stigmatizzata?

Allora mettici dentro anche la religione e la politica, no?

 

Sono a una festa, ho attorno tanti etero,

vedo una persona potenzialmente idiota

(Comunione e Liberazione, Forza Nuova, Ku Klux Klan, fondamentalista islamico);

è più probabile che sia io ad avvicinarlo, con più tranquillità rispetto agli etero,

o avrò la loro stessa diffidenza?

 

Rende meglio?

Francamente spero che il gay abbia più diffidenza,

ma fose non ho capito cosa intendi.

@Hinzelmann: naturalmente ognuno è libero di allargare la riflessione in qualsiasi direzione; visto che ero stata io a formulare la domanda iniziale ho ritenuto utile precisare cosa intendevo chiedere, perché in effetti la parola "tolleranza" abbraccia una vastità di situazioni, e a discutere di tutto in una volta si rischia di fare confusione. Ma è interessante anche ampliare il discorso, eh.

 

@Almadel: interessante provocazione, che mi dà la possibilità di circoscrivere ancora meglio la domanda. E' vero che anche le posizioni politiche o religiose possono essere motivo di "discriminazione", in senso stretto, ma la motivazione che ne è alla base - una sostanziale incompatibilità di vedute - è abbastanza diversa da quella che può spingere ad escludere un nero in quanto nero o un tappo in quanto tappo.

 

Poi per carità, se vogliamo spaccare il capello in quattro possiamo trovare una zona grigia in cui questi diversi casi possono sembrare simili (ad es., escludo il nero perché sono profondamente convinto che i neri siano ladri, così come sono convinto che i leghisti siano razzisti), ma in questa sede mi limiterei a considerare quegli "esclusi" sui quali non pesa tanto una razionale diversità di opinioni, ma un'istintiva, superficiale diffidenza, o disgusto, o imbarazzo...

Io sono contento che voi siate riusciti ad abbracciare tanti tipi di ''modelli'' umani, ma io, di certo, no.Forse è anche brutto dirlo però non mi sento più solidale nei confronti dei ''diversi''(anche se ancora devo capire da chi questi ultimi dovrebbero essere diversi, forse dal vicino di casa affianco?).Forse qualcuno doveva usare parola compatire( dal latino soffrire insieme , ecco cosa intendo per compatire non fraintendetemi) consistente proprio nell' immedesimarsi nella posizione di quello per , in qualche modo,aiutarlo.Io non mi sento più incline a tranquillizzarmi alle diversità solo perche ho un modo di vedere le cose relativamente ''diverso''.Questo è un fatto che concerne il modo di tirare su i ragazzi dalle famiglie.Qualcuno ce l'ha fatta e qualcuno no.

A mio avviso non sta emergendo una reale posizione di tolleranza.

 

Datemi del provocatore, se volete...ma a parte alcuni interventi

iniziali di persone che hanno parlato in senso autobiografico, quando

si è trattato di passare al secondo livello, cioè di definire la tolleranza

si è iniziato a distinguere fra ciò che ci dovrebbe piacere e ciò che non

ci dovrebbe piacere.

 

Almadel ha fatto un chiaro elenco di casi in cui si deve essere intolleranti

pena il masochismo...insomma si deve essere tolleranti solo se conviene

e con chi ci dovrebbe piacere.

 

L'omosessualità viene neutralizzata ( ed invece il problema esiste eccome

pure tra gay )

 

Resta il razzismo, boh...non mi pare una dimostrazione di grande tolleranza

 

Anche Bin Laden e Stalin avrebbero detto che il colore della pelle

non ha valore discriminante

Quale sarebbe la virtù nel dimostrarsi tolleranti

nei confronti di chi è portatore di intolleranza?

 

Non ho mica invitato all'eliminazione fisica degli intolleranti,

ho solo detto che non mi avvicinerei loro ad una festa.

Non è questione di dire: siamo tolleranti solo se ci conviene.

Se per esempio uno appartiene al ku kux klan penso che abbia tutto il diritto di vivere, di sposarsi, di metter su famiglia, di trovare un lavoro, e di crescere i suoi figli come meglio crede, di avere l'assistenza sanitaria, di abortire, di andare a scuola e via dicendo.

Quello che non tollero minimamente sono le sue idee che io condannerò sempre e non accetterò mai.

 

Credo che le idee che vanno a ledere in maniera evidente una categoria di persone che in quanto tale non fanno male a nessuno non vadano affatto tollerate. Questo si. Ma possiamo chiamare questa intolleranza? Secondo me no. Poi magari pareri di altri saranno diversi.

Allora diciamolo in modo più preciso...

 

Potrebbero esistere due approcci ( magari concorrenti e non alternativi )

alla tolleranza

 

1) lo chiamerei Passivo-Scettico in cui il termine tolleranza viene quasi a coincidere con

"sopportazione" ( la differenza starebbe nel fatto che tolleranza si riferisce a gruppi,

mentre sopportazione viene riferito ad individui ) Questo approccio è conservatore

di identità e di stabilità : io tollero-sopporto i diversi da me

2) lo chiamerei Attivo-Solidale la tolleranza in questo caso muove alla empatia e alla

comprensione quindi alla possibilità anche di apprendere dal diverso. Questo approccio

è innovatore, quindi implica un mettersi in gioco, magari parziale e delimitato, e lungi dal

l'essere un buonismo è qualcosa di implicitamente rischioso e ottimistico.

 

In entrambi i casi e in entrambi gli approcci la tolleranza non sarebbe illimitata, un mero

relativismo non può che nascere da una forma scadente di tolleranza, come già detto da

Popper da una forma intellettualmente valida di tolleranza dovrebbe nascere un pluralismo

critico ( ed ovviamente alla base di questo potrebbe starci l'intolleranza per l'intolleranza )

 

Quindi sì Madoka...tu rispetti i diritti umani dell'appartenente al KKK ma sei intollerante

anzi la tua intolleranza potrebbe essere pure il presupposto per tenere sotto controllo la

violenza e rispettare i diritti umani di tutti. Possiamo parlare di intolleranza giusta ma sempre

intolleranza resta.

 

Il problema ovviamente non sta in questo, ci potrà essere un problema di corretta

identificazione del problema ( il KKK o il gruppo neonazista forse mettono d'accordo

tutti...quindi NON sono un problema reale, ma se parliamo di Chador la questione si

complica dannatamente ) ma la tolleranza non può essere illimitata e acritica.

 

Il punto problematico è se in relazione alla appartenenza al gruppo gay

si inizia a delimitare il campo della tolleranza escludendo tutta una serie

di cose che non ci piacciono, senza un criterio chiaro e consapevole.

 

Una possibilità un po' alla Marcuse potrebbe essere quella di solidarizzare

con tutti gli anticonformisti, rispetto ad un sistema di tolleranza istituzionale

che in realtà sarebbe repressivo e conformistico. E' una posizione un po'

vecchia ma farebbe intendere che la tolleranza solidale dei gay si indirizza solo

verso gli altri "svantaggiati". Residuerebbe l'atteggiamento contrario di chi

invece essendo gay, sceglie l'opzione inversa di rafforzarsi-conformarsi

ad un certo ambiente sociale, rigettando ogni residuo di debolezza nella

altrui identità ( anche di altri gay diversi con suddivisione per categorie )

 

E' una vecchia chiave di lettura rispetto al tema posto, ma ha il pregio

di chiarire forse un possibile criterio di scelta consapevole.

 

 

  • 4 weeks later...

A mio avviso, molti gay sono tolleranti proprio perché pretendono loro stessi la tolleranza, inerentemente al loro orientamento sessuale.

Per evitare di risultare ipocriti, quindi, si prodigano nell'essere tolleranti verso le più disparate cose. Ma molti altri, per fortuna, sono tolleranti a prescindere.

 

Come ho letto in qualche post qui sopra, la tolleranza nasce dal proprio carattere, dalla cultura e dall'informazione. Se si conosce e si capisce, si tollera. Se non si conosce, si critica e si discrimina.

Io sono sempre stato tollerante, a prescindere dal fatto che io sia gay. Sono molto aperto, perché m'informo. Dalla conoscenza, poi, si ottiene il diritto di giudicare.

Non so, io ho un'idea: la tolleranza o l'intolleranza è il risultato di due aspetti fondanti: la cultura dalla quale proveniamo e con la quale siamo cresciuti e le personali esperienze.

Essere gay, vivere sulla propria pelle l'altrui discriminazione, aiuta secondo me a capire l'altro, ad andare oltre le differenze e accettare magari aspetti che prima, per ignoranza o per partito preso, venivano considerate differenti, malefiche o addirittura da eliminare. Questo è già un passo in avanti, ma attenzione: vivere la diversità sulla propria pelle e quindi comprendere cosa si prova a voler essere considerati delle persone "normali" così come si è non è sufficiente a renderci esenti dalla discriminazione verso quello che non ci piace. Il fatto sta, secondo me, che dal profilo sociale siamo sempre abituati a concepire il mondo in termini di "Noi e gli altri" (o "Noi e Loro"), e questo inevitabilmente porta sempre a uno scontro o al non accettare le altrui posizioni. A vedere comunque qualcosa di differente lontano da noi. Dalla lontananza al giudizio, e lo sappiamo tutti quanti credo, il passo è sin troppo breve.

Secondo me il nostro livello di tolleranza dipende dal clima culturale in cui si è cresciuti e dalla nostra forza di volontà:

se si nasce in una società in cui il "diverso" è considerato fonte di arricchimento personale allora sarà più semplice essere tolleranti (se per esempio fossi nato in un regime totalitario penso che sarei stato molto meno tollerante di quello che sono ora);

la forza di volontà invece ci aiuta a ragionare con il nostro cervello e non pensare come la massa solo per sentirsi accettati;

quindi essere gay non vuol dire per forza essere più tolleranti, io la considero più come un'occasione da sfruttare per capire meglio come si sente chi viene denigrato dagli altri. Poi, se si ha abbastanza cervello e siamo cresciuti in un luogo dove non siamo stati influenzati da pregiudizi, potremo dire di essere tolleranti (tengo a ripetere che non è una massima, ma solo un mio pensiero)

Beh, io credo che far parte di una minoranza, per ignoranza spesso razziata e mal accolta, considerata malata e allontanata perchè ritenuta a volte contagiosa o plagiante, possa aiutare ad essere più aperti verso altre forme di diversità; proprio perchè si ha un elemento in più: l'esperienza dell'emarginazione morale e fisica rispetto a coloro che invece nascono liberi e felici di rappresentare l'ideale comune sociale. Sono proprio convinto che sia la chiave della tolleranza l'empatia e l'esperienza provata di una ghettizazione.

Dovrebbe essere così, ma spesso essere omosessuali, e di conseguenza essere considerati diversi dalla maggior parte della società, non significa essere mentalmente più aperti ad accettare "le diversità" altrui. Ho spiacevolmente scoperto col tempo che c'è più intolleranza e omofobia tra i gay che fuori, partendo dai gay repressi o da quelli che non si dichiarano perché hanno paura di farlo, finendo per quelli che discriminano i ragazzi effemminati o i così detti bears, arrivando fino alla transfobia frenetica. Sarà che certe intolleranze mi danno meno fastidio tra gli eterosessuali, spesso li giustifico dicendo che non avendo mai avuto un'esperienza del genere in famiglia non sono mai stati toccati da vicino nel problema dell'accettazione, ma sentire un omosessuale che dice: "oh quello è un transessuale, va a battere la sera sulla strada" parlando di UNA TRANSESSUALE beh, mi fa rigirare le budella.

Fabio Castorino

Adesso tu stai sollevando il tema dell'omofobia interiorizzata, che è tutta un'altra questione che meriterebbe di essere trattata in uno spazio apposito.

Gli atteggiamenti intolleranti di questi gay verso altri gay derivano non dalla loro omosessualità, ma dalla loro omofobia interiorizzata, che è a sua volta un prodotto dell'eterosessismo e dell'omofobia. In pratica questi gay hanno recepito durante la loro crescita ed educazione i dogmi della cultura eterosessista e non sono riusciti a liberarsene; anzi continuano scioccamente a ribabdirli, non capendo che stanno facendo un danno soprattutto a se stessi.

Io non vedo alcuna connessione tra l'appartenere ad una minoranza ed essere tolleranti nei confronti di altre persone con le quali si hanno idee diverse se non opposte. Tutto sta nell'essere e nell'agire della persona in mezzo alla società. Può darsi che appartenere ad un gruppo che viene discriminato, inclini la mentalità di qualcuno ad essere più aperta e riflettere in maniera più profonda e civile di fronte a uomini e donne con un modello mentale del tutto differente dal nostro. Ma alla fine questo dipende solamente dalle esperienze fatte, dall'educazione ricevuta e (cosa che secondo me non è da sottovalutare) dal carattere intrinseco della persona.

BruisePristine

onestamente io ho conosciuto un sacco di gay non tolleranti che non parlerebbero con altre persone se non sono come loro.

mi è pure capitato tra l'altro uno che m'ha detto di essere un borghesotto e non vuole avere a che fare con gente di altri ceti sociali e che non sono come lui.

 

.. oppure anche i gay che appunto vengono dai paesini sperduti, che arrivati per esempio qui, capiscono quel che sono e si costruiscono un personaggio.

 

quindi, no i gay non sono tolleranti, lo sono come gli etero.

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