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Essere gay rende più tolleranti alla diversità?


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Per quanto mi riguarda, penso che abbia influito molto di più il mio orientamento politico rispetto al mio orientamento sessuale nel formarmi come una persona a favore dell'emancipazione delle minoranze

 

Essere gay non impedisce certo di essere intolleranti, ma in maniera indiretta può portare ad allontanarsi da ambienti in cui trovano terreno fertile diversi tipi di intolleranza (La maggior parte degli omosessuali non vede di buon occhio la Chiesa Cattolica e i partiti di estrema destra)

 

Mi sembra comunque che la comunità gay, anche se questo aspetto, rispecchi fedelmente la stessa varietà e le sue proporzioni che si possono trovare nell'intera società

I gay spesso diventano soltanto più morbidi accettando anche cose visibilmente sbagliate. E' un senso di inferiorità: si accetta tutto e tutti per il forte senso di svalutazione e per il desiderio di essere accettati per quello che si è.

Lo trovo molto triste. E comunque essere tolleranti non è una cosa buona, tollerare è un verbo buonista e senza profondità.

"Tollerante" in effetti non significa niente.

Ma "diversità" ha un senso bene preciso.

 

Io non tollero le "affermazioni".

A prescindere dalla bocca da cui escono.

Per me chi è contrario alle unioni civili va preso a schiaffi

a prescindere dal fatto se è ateo, ebreo, cattolico o mussulmano.

Ci sono molte altre affermazioni che non tollero, ovviamente:

era giusto per fare un esempio.

 

Io "tollero" le differenze superficiali.

Le virgolette questa volta vanno sulla parola "tolleranza".

Un Nero, un Orientale, una Trans, un Disabile non hanno bisogno della mia "tolleranza".

Perché non è quello che sono, ma quello che dicono che mi dà sui nervi.

 

Io non tollero i Sessisti (omofobi compresi), i Razzisti e i Classisti.

E non mi sforzo neppure di nascondere il mio disprezzo.

E me ne frego se un Gay si sente migliore di un senzatetto,

se un Senzatetto disprezza i romeni e se un Romeno odia i gay:

mi disgustano pure loro, con buona pace del "buonismo".

Ovvio che se odi Gay, Romeni e Senzatetto; ti disprezzerò il triplo:

ma non ho voglia di fare sconti sulla fiducia.

Ma come non sono intervenuto su questo argomento? strano...

 

Sono molto tollerante... non è la natura che è in difetto è il modo di usarla che causa i problemi...

 

L'unica mia vera intolleranza è nei confronti della volontà di ignorare... Verso gli ignoranti, coloro che esercitano l'ignoranza!

 

Il mio percorso di vita mi ha fatto capire come essere diverso sia un pregio... stimo i diversi... appartengo a loro...

E mai nella mia vita vorrei essere considerato normale...

 

Forse tollero poco i tamarri e i maleducati..

 

Infondo sto solo progettando la bomba!!! XD

Isher, puoi farci un esempio concreto

di un comportamento che voi persone realmente tolleranti tollerate

e che io - non realmente tollerante - non tollero?

Oppure un esempio di ciò che tu non tolleri

e che io invece potrei tollerare...

giusto per chiarirmi le idee.

La tolleranza non conosce etnia o orientamento sessuale ma è un fattore dell'animo, tantochè molti che sono vittima di discriminazione non riescono a non discriminare a loro volta. Io, ad esempio, ho assistito alla critica da parte di omosessuali ai vegetariani ed ai neopagani.

Almadel, io non penso affatto che tu sia intollerante; credo anzi tu lo sia.

In ogni caso non personalizziamo, e non spostiamo l'attenzione dal punto

veramente importante: che cosa è la tolleranza.

 

Si può riconoscere l'ignoranza del concetto (politico innanzitutto, e poi

anche etico) di tolleranza dall'uso che ne fanno le persone che impiegano il verbo

«tollerare» per glossarlo: «tollerare» inteso nel senso volgare di «sopportare».

 

Ma questo uso è del tutto sbagliato, e semmai si applica al concetto cristiano

di tolleranza: tollerare (=sopportare) i peccatori, gli infedeli, tollerare le avversità e

le offese, e così via.

 

Tolleranza significa: «consentire l'espressione di ciò che non si condivide».

Questo concetto nasce dalla riflessione in ambito laico che sorge alla fine

del Cinquecento e poi pone capo all'elaborazione del concetto liberale di tolleranza.

è una riflessione che ha come sfondo fondamentale i problemi suscitati dalle Guerre

di Religione e questo significa anche che i termini di quella definizione vanno intesi

in senso forte: «consentire» va innanzitutto pensato in riferimento alla persona del

Sovrano (sia esso il Re o oggi il Popolo), del magistrato civile, di colui che detiene un potere.

 

L'altro elemento forte è il «ciò che non si condivide». Perché è facile rispettare ciò che

si condivide, molto difficile rispettare e consentire ciò che non si condivide. E infatti

l'intolleranza (concetto che va di pari passo con quello di tolleranza: sono correlativi,

e non possono essere separati) è sia il non rispettare e consentire l'espressione di ciò

che non si condivide, sia anche il rispettare e consentire solo ciò che si condivide; e

in ultima analisi, rispettarlo e consentirlo in quanto lo si condivida, perché lo si condivide.

 

Qui si annida l'ultima inespugnabile forma di intolleranza, che si ritiene magari illuminata,

ma non ha coscienza del suo essere intollerante (verso quel che non si condivide del,

magari, condiviso - solo in parte, o per certi suoi aspetti).

 

Un esempio semplice semplice di quest'ultimo caso? lascio a voi colleghi di Forum

trovarlo, dagli innumerevoli esempi che ne offrono i nostri post. :)

Isher, non credo che la parola tolleranza usata oggi

abbia precisamente il significato che le attribuisci.

 

E' raro che "non si consenta l'espressione di ciò che non si condivide".

E' raro che ciò avvenga in uno Stato Democratico

ed è più facile che ciò avvenga ad opera di minoranze

("I Centri Sociali impediranno il comizio di Borghezio!")

perché qualora ciò avvenga a opera di una maggioranza

saremmo di fronte a una dittatura.

 

Con il termine "intolleranza" oggi si indica

- come presuppone anche il titolo della discussione -

la "tendenza a coltivare pregiudizi negativi"

e con "tolleranza" la "volontà di superare tali pregiudizi".

 

Non so con precisione quando avvenga tale spostamento semantico,

ma è una delle ambiguità su cui ironizzavo con Bry.kyn X.

 

In un ipotetico autobus su cui siano seduti

1) Un bambino che strilla

2) Un Africano con delle cuffie

3) Un vecchio che si lamenta di questi "negri che non stanno a casa loro"

Io sono costretto a ricorrere a vari generi di "tolleranza".

La tolleranza come "sopportazione cristiana" (quella verso il bambino)

La tolleranza come "superamento dei pregiudizi" (nei confronti dell'Africano; quella nell'uso attuale)

La tolleranza volta a "consentire l'espressione di opinioni diverse dalla mia " (quella che mi impedirà di tirare un calcio all'anziano razzista)

Ti riferisci alle nazioni occidentali più evolute? Se sposti il tuo sguardo

ai paesi fondamentalisti, alle dittature, ai paesi dove non vige la separazione tra Stato

e Chiesa, quel che tu dici non è più valido. Ma il significato proprio di toleranza non

potrà mai venir meno nemmeno nelle democrazie, perché avere una forma di

governo democratico/rappresentativa non significa di per sé garantire la tolleranza:

per non dire che esiste anche l'intolleranza delle maggioranze.

Avendo una visione evolutiva dei concetti politici, il «consentire» è poi anche un

«promuovere»: sia nel senso di garantire, comunque; sia perché i gruppi si autopromuovono

da sé e allora il problema del «consentire» si ripropone da solo e si riproporrà in eterno.

E avere una retta comprensione di ciò che è, realmente e in senso forte, tolleranza,

è l'unico modo per tenere a bada l'intolleranza.

Aspettate un secondo, qua si sta trasformando un discorso puramente linguistico in una discorso politico

 

Un conto è la tolleranza come atteggiamento umano, un misto di pazienza, prudenza e perdono. In tal caso essere tolleranti è un pregio

 

Un conto è la tolleranza intesa come prospettive politica, legata al modello liberale. In tal caso essere tolleranti è una posizione politica, e non necessariamente è un bene.

 

Ad esempio, noi omosessuali abbiamo bisogno di una società in cui per noi non venga richiesta "tolleranza", ma si rivendichi qualcosa con una parola ben diversa, sia sul piano dell'intensità che sul piano dell'origine politica: emancipazione

 

(Infatti è grazie alla povertà stessa del concetto di tolleranza liberale se oggi gli omofobi di diversa provenienza possono farsi passare come vittime di noi come comunità LGBT, che non siamo capaci di tollerare le loro convinzioni)

La questione - diciamolo - è sempre la solita.

 

Se sono Liberale, tollererò necessariamente le idee illiberali:

altrimenti la mia tolleranza non avrebbe alcun senso.

 

Ne consegue che io - non tollerando le idee illiberali -

divento necessariamente non-liberale.

E se impedisco a Borghezio di parlare

verrò accusato di essere "fascista"

E se censuro posizioni omofobe su un forum,

verrò accusato di essere "eterofobo".

 

E' il Paradosso del Cretese.

("Tutti i Cretesi sono bugiardi, io sono Cretese).

In politica, lo chiamo "il guaio olandese".

 

Il Buonismo è "tollerare tutte le posizioni".

Sia i gay che darebbero fuoco a tutti i Mussulmani

sia i Mussulmani che darebbero fuoco a tutti i gay.

 

La mia posizione di "tolleranza condizionata"

mi dispone a voler "dar fuoco" solo

a questi specifici gay e a questi specifici Mussulmani

(e a quegli specifici Cristiani che darebbero fuoco a entrambi)

 

Per questo distinguo "ciò che si è" dalle "opinioni che si hanno".

credo dipenda da persona a persona. quindi per rispondere alla tua domanda: no, essere gay non rende più tolleranti alla diversità, parlo anche per esperienza personale. ho sentito certi abomini da bocche di gay e lesbiche...

  • 2 months later...
whitewidow88

A mio parere,è vero che l'aver dovuto affrontare l'emarginazione o la "diversità" porta in qualche modo ad essere più empatici verso gli altri e quindi più tolleranti.Ma questo non vale solo per l'omosessualità. Ad esempio io sono diventata molto più tollerante da quando sono vegana, perchè vi assicuro che anche in quel caso ogni giorno c'è chi ti fa sentire inadeguato, strano, che mette in ridicolo le tue idee e ti prende per i fondelli! Quindi penso valga più che altro per tutte quelle persone che hanno subito in qualche modo l'emarginazione dell'essere diversi. Mi piacerebbe sapere se è vero nell'altro senso, ovvero, se un emarginato di qualsiasi tipo (una persona di un'altra razza che ha subito discriminazione per esempio) è più propenso a tollerare l'omosessualità ( ovviamente deve essere nata e cresciuta in italia così che ci sia parità di contesto culturale...).

Quando sento la frase "l'essere gay mi fa pensare di essere una persona speciale" mi dà sempre un pò fastidio...

 

E anche in questo caso, non credo che l'essere gay renda più sensibili verso la diversità.

Può essere un'opportunità, ma non tutti riescono a coglierla. Del resto, come può aiutare in questo senso l'avere un parente disabile , abitare in un quartiere ricco di immigrati , essere obesi , etc... Insomma, ognuno se ci pensiamo bene ha la sua particolarità . Il problema secondo me non è essere gay o meno, ma la bontà e la sensibilità della persona .

 

E' tutto l'approccio che deve essere cambiato secondo me... Diamo sempre troppa importanza all'orientamento sessuale di una persona, ricollegandolo a tutta una serie di altre caratteristiche, spesso dovute a stereotipi. Così è facile associare l'omosessualità, per restare in tema, alla sensibilità, alla tolleranza verso il diverso etc. In realtà, almeno la mia esperienza mi fa accorgere che esistono persone sensibili verso la diversità, sia che siano etero, sia che siano omosessuali. Allo stesso modo, esistono persone intolleranti in tutti e due gli "schieramenti", chiamiamoli così :nyam: . La differenza non la fa l'orientamento, ma tutta una serie di fattori che rendono secondo me una persona unica, a prescindere dall'orientamento.

beh secondo me si. almeno se io so di essere discriminato per quello che sono, non mi permetterei mai di andare a prendere in giro qualcuno per le sue scelt,o per l'aspetto fisico. certo, io non pesto i piedi a nessuno, però se la gente mi manca di rispetto vado anche sul pesante...

Un conto è la tolleranza come atteggiamento umano, un misto di pazienza, prudenza e perdono. In tal caso essere tolleranti è un pregio

 

 

arrivo tardi ma sono d'accordo sull'equivoco in merito al termine tolleranza.

In biologia, in psicologia e nell'ambito volgare la tolleranza è la sopportazione di qualcosa che in realtà mette alla prova.

La tolleranza per esistere ed avere significato deve contenere una parte di dissenso verso il soggetto tollerato.

 

Se c'è pieno accordo o condivisione non esiste la tolleranza poichè non vi è nulla di fastidioso da dover accettare.

Il principio greco dell'amore agape è il promotore di quello che poi verrà adottato dal cristianesimo come tolleranza e amore per i nemici.

  • 1 month later...

l'essere gay mi ha portato a non sopportare la gente che fa pettegolezzo, e che giudica gli altri... quindi da questo punto di vista penso che siamo molto tolleranti nei confronti delle diversità di comportamento e modo di vivere della gente :) io perlomeno (da persona che rientrerebbe appieno nei canoni del "normale") non giudico e non guardo con disprezzo chi si comporta in modo " non consono" al normale comportamento sociale, anzi provo simpatia verso di loro :)

Bhe io sono stata da sempre una tipa tollerante,sensibile a ciascun discriminazione o altro,sarà forse che incosciamente già sapevo la mia "Diversità" ciò mi portava ad essere più propensa a difendere chi era discriminato.

UFC_Palermo

Me lo son chiesto spesso anch'io... e non so rispondere... diciamo che io, di mio, come animo, credo che sarei stato tollerante anche se fossi stato etero, ma certo non posso metterci la mano sul fuoco... forse dipende anche dalle esperienze che si fanno nella vita...

posso dire una cosa?

 

non è così come credete voi, io pure credevo che i gay fossero aperti e "tolleranti" (come qualcuno ha già fatto notare, tollerare significa sopportare, non rispettare) ma mi sono ricreduta molto.

 

così come i neri, nonostante abbiano subito la colonizzazione e la schiavitù, possono essere razzisti, i gay possono essere intolleranti (in questo forum possiamo trovare numerosi topic di gay contro i bisex).

 

non illudetevi, gli ignoranti e i chiusi sono dappertutto.

non basta essere gay o stigmatizzati per essere rispettosi o, come dite voi, "tolleranti".

 

bisogna semplicemente essere intelligenti al punto tale da capire che tutte le diversità vanno rispettate.

 

e sapete cosa vi dico? essere bisessuale mi ha insegnato proprio questo: che l'ignoranza e la discriminazione esistono anche dove meno te l'aspetti. Anche nel gruppo LGBT.

Io credo che Divine abbia ragione (o meglio, stavo per scriverlo).

Probabilmente l'essere gay ha l'unica funzione di renderti più solidale con la comunità, ma con la tua. Ci sono gay che non sopportano i bisex, come dice Divine, gay che non sopportano i transessuali e così via...

(e, in teoria, la comunità è proprio la stessa in questo caso)

Poi ci sono omosessuali razzisti, antisemiti...

 

L'essere omosessuali non porta automaticamente ad essere tolleranti, perché conosco omosessuali e bisessuali che non tollerano i neri, o gli ebrei; al contempo essere omosessuali non porta neanche automaticamente a quello stato in cui non c'è bisogno di tollerare perchè si accettano le diversità.

 

Quello dipende, davvero, da come si è interiormente, indipendentemente da sesso e sessualità.

Non è che la pretesa che i gay siano meno razzisti

è una forma di pregiudizio in positivo?

 

In una puntata di "The Big Bang Theory" uno dei protagonisti

si innamorava di una ragazza sordomuta che stava con lui per i soldi

e Penny commentò la cosa dicendo: "Non può essere cattiva, è disabile!"

 

Ammettere che un gay non è per forza migliore di un etero

è un enorme passo avanti nella comprensione delle differenze.

Cassiopea81

Consideratò ciò che ho letto in questo forum sui bisessuali, direi decisamento di NO.

Del resto ho frequentato pochissimo locali gay, ma anche li c'era: il gay mascolino che disprezzava apertamente il gay effemminato, la lesbica che non sopportava il maschio gay, il maschio gay che non tollerava le donne in generale...etc etc etc...

E' un microcosmo che riproduce la società in toto.

Per risponedere al Almadell, condivido sul fatto che un gay non è nient'altro che una persona tra tante, ma è anche vero che in teoria la questione non sarebbe esser o non esser gay, ma appartenere ad una minoranza discriminata e quindi sapere per lo meno cosa significa (e quindi trarre insegnamento dall'esperienza). Si chiemerebbe quantomeno sensibilità...

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