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L'autostima


Divine

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Secondo me il concetto di autostima è un nonsense. Chi si autostima è perchè avverte una mancanza nella considerazione di se stesso, soprattutto da parte degli altri. E' un concetto psicologico che mi sa tanto di americanata, della serie pensare positivo perché la vita ti sorrida eccetera.

Hai voglia di farti iniezioni di autostima, se sei un coglione resti un coglione. Che però ha grande stima di sé, sia chiaro :roll:

Scusate la rozzezza di questa ultima formulazione, ma era tanto per rendere chiaro ciò che penso.

Poi non credo che la vita sia dinamismo, movimento, raggiungere obiettivi, avere successo. mi sembra una sovrastruttura culturale per nascondere l'ideologia produttivistica della nostra società. Sono molto scettico. probabilmente la vita non ha un significato particolare, per cui tutto questo sbattersi, in un senso o nell'altro mi sembra ridicolo. Sono molto fatalista: alla fine ti ritrovi ad essere quello che sei sempre stato. E se ti trovi diverso, è semplicemente perché non sapevi ancora quello che eri.

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Akinori, avevo anche io una certa diffidenza verso il concetto. Devo dire che sono rimasta un po' spiazzata leggendo che diversi studi confermano gli effetti benefici reali dell'autostima. Cioè, semplificando, non è che ti credi figo ma in realtà sei un coglione: se ti credi figo, hai più probabilità di essere davvero figo. Pare che in alcuni ambiti, "crederci" migliori sul serio le prestazioni. In più, un'alta autostima permette di reggere meglio agli eventi avversi, proteggendo dalla depressione.

Anche a me sembra un po' un autoinganno - eppure funziona.

 

Naturalmente anche avere una corretta conoscenza dei propri limiti è assolutamente indispensabile, e aiuta ad evitare fallimenti, concentrarsi sui propri punti di forza eccetera.

Credo che allora il punto sia non "raccontarsi un mare di frottole su di sé per sentirsi meglio", ma trovare un giusto equilibrio tra un'accurata conoscenza di se stessi e quel po' di "autoesaltazione" che ci aiuta a proteggerci.

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Secondo me il concetto di autostima è un nonsense. Chi si autostima è perchè avverte una mancanza nella considerazione di se stesso, soprattutto da parte degli altri.

 

 

scusami tanto ma sulla base di cosa affermi questo concetto?

quindi secondo te, per riflesso, uno che ha un'idea bassa di sè sarebbe uno che si stima?

 

 

 

Akinori, avevo anche io una certa diffidenza verso il concetto. Devo dire che sono rimasta un po' spiazzata leggendo che diversi studi confermano gli effetti benefici reali dell'autostima. Cioè, semplificando, non è che ti credi figo ma in realtà sei un coglione: se ti credi figo, hai più probabilità di essere davvero figo. Pare che in alcuni ambiti, "crederci" migliori sul serio le prestazioni. In più, un'alta autostima permette di reggere meglio agli eventi avversi, proteggendo dalla depressione.

Anche a me sembra un po' un autoinganno - eppure funziona.

 

funziona sì, però funziona se ci credi davvero. cioè se tu credi che sei un coglione e continui a ripeterti che sei figo, avrai dei risultati solo quando te lo sarai ripetuto così tante volte che ci crederai davvero.

Però qui andiamo ot.

 

comunque guardate che stimarsi non vuol dire raccontarsi un mucchio di balle ma sapere quanto si vale e proteggere il proprio valore anche di fronte ai piccoli insuccessi della vita.

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Ma io non credo nell'efficacia perenne di questo "ci devi credere"...forse può aiutare in momenti particolarmente down, ma poi sei quello che sei, è difficile cambiare il carattere, o sei ottimista o sei pessimista. Ci sono persone che non hanno stima dell'essere umano in sé e l'autostima è per esse un concetto estremamente ridicolo. Credo che questo concetto di autostima sia nato dai manuali d'istruzione dei venditori, quelle raccolte di consigli per vendere meglio, e che il suo fine sia vendere meglio se stessi. Perciò è un concetto di cui diffido un po.

Poi non so, ci sono cose che hai voglia di crderci ma ci vorrebbe solo la lampada di aladino: :roll: tipo se sei un roito, hai voglia di credere di essere appetibile, resti un roito. O se hai un determinato QI, hai voglia di credere di essere intelligente, o se sei gay hai voglia di illuderti di essere etero...

insomma, ci sono dei limiti della natura per i quali l'autostima non serve a nulla, ma serve solo la consapevolezza e la serena accettazione.

Quindi insomma distinguerei un po tra amor proprio, autosuggestione psicologica e consapevolezza, almeno...

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forse Akinori confondi l'autostima con il montarsi la testa

l'ideologia produttivistica della nostra società che c'entra? qualsiasi cosa facciamo ha un riscontro nella società, a meno che si vive con "i figli dell'amore eterno" mangiando i prodotti della natura, o paradossalmente vivere come nel film "the beach"

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no,come ho scritto montarsi la testa non c'entra niente, c'entra piuttosto l'autosuggestione , è qui che credo ci sia una confusione (non mia)

L'ideologia produttivistica c'entra, perché una cosa sono i rapporti economici, un'altra i rapporti sociali, un'altra ancora gli esseri umani in sé e i piani andrebbero tenuti separati. Non puoi considerare una persona come una merce che vende se stessa agli altri, lo trovo alienante.

Ma forse sono concetti troppo sottili per quest'epoca, mi rendo conto che ormai siamo nell'orribile universo della mercificazione totale e quindi è difficile guardare le cose con lucidità.

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l'autostima è un sentimento personale che viene provato personalmente, ed è molto soggettivo, non c'entra nulla neanche l'autosuggestione

ripetersi "sono forte, sono figo, sono meglio io, posso fare tutto" non è autostimarsi

tu fai un discorso, che ho capito benissimo, quello della sopravvalutazione di se stessi per darci una spinta psicologica ad ottenere determinati risultati, mentre l'autostima è il contrario, cioè provare un sentimento di se in funzione di quello che facciamo.

credo che il punto dove non ci capiamo è quello del significato del termine, per il resto concordo

mentre per l'ideologia no, io ho degli ideali miei, che fanno parte di me, non me li ha imposti la società, non devo vendere me stesso agli altri voglio solo raggiungere un mio obbiettivo, e questo se permetti è un mio diritto, non lo faccio perché me l'ha imposto qualcuno.

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ok, ho capito che cosa intendi e vedo che concordi dul punto dell'autostima come sopravvalutazione di sé.

Secondo James, che è stato uno degli elaboratori del concetto di autostima, il concetto di autostima deriverebbe dal rapporto tra successo e aspettative.

Io dico: se tu non hai aspettative per il futuro, per una determinata concezione tua dell'esistenza, per esempio, non hai bisogno di avere successo. Dunque non hai bisogno di autostima! Dell'autostima ha bisogno chi vuole avere successo nella vita. Ora che significa avere successo nella vita? Nella società globalizzata attuale significa essere ricchi & famosi. E il cerchio si chiude. Ed emerge tutta l'americanità del concetto!

 

Se invece tu persegui ideali tuoi per raggiungere obiettivi che non sono quelli imposti, allora è un altro discorso. Però a questo punto non parlerei più di autostima, ma di coscienza di sé, senso di responsabilità rispetto a un progetto, serena accettazione del fatto che potrai realizzarti in una dimensione che non implica l'essere ricco e famoso, ma magari l'essere povero e sconosciuto. Perché se poi sei povero e sconosciuto una volta realizzato il tuo progetto, e cominci a sentirti insoddisfatto, non è che l'autostima possa servirti a qualcosa, ormai. Al massimo può essere una patetica forma di consolazione.

 

 

La cosa che fa più rabbia è che esistono emeriti coglioni con una grande autostima di sé. Ed hanno effettivamente successo, perché ad altri coglioni trasmettono sicurezza, positività eccetera. Ma restano dei coglioni. Certo, ma con una grande autostima :roll:

 

Ero contro questa autostima che io mi scagliavo. E' un discorso che mi sembra anche molto attuale

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scusa akinori ma invece di riportare il concetto di james perchè piuttosto non rispondi alla domanda che ti ho fatto prima?

non mi hai ancora risposto.

 

ti ho chiesto: secondo te, per riflesso, uno che ha un'idea bassa di sè sarebbe uno che si stima?

 

 

e poi ho aggiunto cosa per me è l'autostima, a prescindere da ciò che ci propina'industria cuturale: ho detto che per me stimarsi non vuol dire raccontarsi un mucchio di balle ma sapere quanto si vale e proteggere il proprio valore anche di fronte ai piccoli insuccessi della vita.

 

specifico che per me l'ìnsuccesso può essere qualsiasi cosa, anche non riuscire a lavare il proprio cane.

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scusa akinori ma invece di riportare il concetto di james perchè piuttosto non rispondi alla domanda che ti ho fatto prima?

non mi hai ancora risposto.

 

ti ho chiesto: secondo te, per riflesso, uno che ha un'idea bassa di sè sarebbe uno che si stima?

 

 

 

 

Ma guarda, dipende dall'opinione che hai degli altri! Se non hai un'alta opinione degli altri, il fatto che uno possa stimarsi poco si relativizza e non significa più niente. Della serie, non sarò un gigante, ma in questo mondo di nani :roll: ....

 

naturalmente è solo un esempio. Ho riportato il concetto di James proprio per avvalorare la mia tesi su quanto di ideologico si nasconda nel concetto di autostima.

 

Altro esempio: la famosa pubblicità in cui la donna dice: "perché io valgo" o qualcosa del genere. Secondo me se pensi di valere perché hai acquistato un bene di consumo, sei ancora una vittima dell'ideologia che si nasconde nel concetto di autostima.

 

Di esempi se ne potrebbero fare tanti, ma penso che tutti abbiate capito cosa intendo. E se per voi l'autostima non è questo, dalla definizione psicologica (quindi scientifica) dell'autostima non si sfugge; rapporto tra aspettative e successo. Come concettualizzato da James. Un filosofo e psicologoamericano. E ho scoperto solo ora che c'era un'americano all'origine di questa concettualizzazione. Che conferma la mia ipotesi che fosse un'americanata. Poi se vogliamo andare più nel profondo, James parla anche di differenza fra sé percepito e sé reale, in rapporto alla bassa autostima. Questa nascerebbe quando c'è una differenza importante appunto, fra il sé percepito e il sé ideale. In parole povere fra quello che si è e quello che si vorrebbe essere.

Ecco, io volevo mettervi in guardia da questo sé ideale. Perchè nella società dei consumi spesso il sè ideale è costruito dalla pubblicità per vendere un prodotto. E se uno per volersi bene, ha bisogno di un sè ideale mercificato, allora secondo me, per quanto possa autostimarsi e convincere gli altri che sia degno di stima, è un cog...vabbene avete capito :roll:

 

 

Quindi io, personalmente, farei a meno del concetto di autostima, che mi sembra quanto meno ambiguo, e decisamente ideologico, e parlerei di "amor proprio", per esprimere il concetto cui ti riferisci tu, Divine. Ma si sa, il termine autostima è più chic, fa tanto "psicologo in erba", E da piu "aura culturale", non so se mi spiego. Quindi per molti sarà difficile abbandonarlo. Non potete però impedirmi di decostruirlo! Ovviamente non ce l'ho con te, Divine, che hai adoperato il termine di "autostima" in buona fede e non in senso ideologico, ne sono sicuro.

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Hai costruito un concetto di autostima a tuo uso e consumo, utile a confermare la tua tesi di "americanata", e preferisci definire l'autosima vera e propria come "amor proprio". Naturalmente ognuno è libero di giocare con le parole come meglio crede, ma poi parlerà solo con se stesso.

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akinori io ho capito cosa vuoi dire ma ti posso assicurare che abbiamo due idee completamente diverse.

 

sapere di valere non ha nulla a che fare con la pubblicità nè col raccontarsi balle nè con il prevaricare gli altri.

 

io so di valere perchè mi conosco.

 

1) L'amor proprio è un'altra cosa: io provo amore per me stessa quindi per me scelgo il meglio, scelgo ciò che mi rende felice.

 

2) io ho stima di me stessa quindi anche se mi dici che sono stupida penserò che comunque io sono intelligente.

anche se una volta ho sbagliato a fare uno scontrino penso che "è stata una distrazione, la prossima volta starò più attenta. Non vuol dire che sono un'incapace".

 

ho stima di me stessa quindi se vado a fare un lavoro che non ho mai fatto non ci vado col panico ma penso "vado e imparo perchè ho le capacità per farlo."

 

ovvio che una buona autostima si basa come dicevo sul conoscersi: devo conoscere i miei limiti: se so che non sono portata per la vendita di certo non andrò a vendere porta a porta.

 

questa è la mia idea.

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2) io ho stima di me stessa quindi anche se mi dici che sono stupida penserò che comunque io sono intelligente.

anche se una volta ho sbagliato a fare uno scontrino penso che "è stata una distrazione, la prossima volta starò più attenta. Non vuol dire che sono un'incapace".

 

ho stima di me stessa quindi se vado a fare un lavoro che non ho mai fatto non ci vado col panico ma penso "vado e imparo perchè ho le capacità per farlo."

 

 

Esattamente, è proprio quello il punto..

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Penna non ho costruito un concetto di autostima a mio uso e consumo, ho semplicemente decostruito il concetto di autostima. Fra l'altro anch'io usavo spesso questo termine senza approfondirne origine e significato, e grazie allo stimolo offertomi da questa discussione ho approfondito da me l'argomento e sono giunto a delle conclusioni che volevo condividere con altri.

 

Per quanto riguarda ciò che dice Divine. l'amor proprio è proprio stima di se stessi, non sono due cose distinte! Per avere amor proprio devo conoscermi. E devo conoscere i miei limiti. Perchè se so che sono incapace in un'attività, evito di cimentarmi in quell'attività per evitare fallimenti e umiliazioni. Proprio perché mi voglio bene. Invece si è affermato il concetto di onnipotenza dell'autostima, nella mentalità comune, (ed è una cosa che noto continuamente nella mia esperienza quotidiana): ovvero chiunque può fare tutto, basta crederci e basta credere in se stessi! io dico che non è così, perché se non hai il cervello di Einstein, per quanto grande possa essere la tua autostima, la teoria della relatività non la scoprirai mai.

Puoi avere tutta l'autostima che vuoi, ma se non c'è un talento naturale di base, oltre all'allenamento, non diventerai mai un grande campione in una disciplina sportiva. E d'altra parte, se sei una persona che ha in mano le sorti di un paese, la tua eccessiva autostima può gettare nel baratro un'intera nazione. Perché ti porta a perdere il contatto con la realtà. E diventa egoismo, arroganza, superbia.

Stimare, oltre se stessi, anche il prossimo che ci circonda. Ed essere consapevoli dei limiti che ci sono, anche nella stima di sé, questo è ciò che intendevo comunicare. Oltre ovviamente decostruire l'americanismo che c'è nel concetto di autostima. Ecco ora mi viene in mente un film: "American beauty" . La donna che fa la vendirice nel film e si convince con tutte le sue forze verbalmente che ce la può fare e si fa iniezioni di autostima, quella è proprio l'esemplificazione dell'autostima intesa come americanata.

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AndrejMolov89

Io non capisco la distorsione del concetto. Auto - stimarsi. Auto-valutarsi. Non è difficile capire che quello su cui stato discutendo è lontano anni luce dal concetto stesso.

Io ho un alta autostima quando so valutarmi bene, non quando mi valuto eccessivamente bene oppure mi valuto eccessivamente negativamente. Da una parte hai il complesso d'inferiorità e dall'altra il narcisismo. Perché avere una buona autostima aiuta? Semplicemente perché sapere dove si sbaglia un esercizio ti permette di rifarlo giusto. E' semplice come concetto, cioè, non capisco perché vi impelagate in una discussione senza capo nè coda.

Io mi auto valuto, e ho una buona autostima quando non mi sbilancio eccessivamente. Poniamo che ci siano tre soggetti A,B,C e ci sia un oggetto X. A dà una valutazione eccessivamente negativa senza motivare. B dà una valutazione eccessivamente positiva senza valutare. C dà una una valutazione, motivando la sua posizione. E' meglio A, B o C? Non credo che ci sia una gran difficoltà nell'affermare che sia C il migliore nella valutazione.

L'avere una bassa o alta autostima lo vedrei come una distorsione da una valutazione obbiettiva e reale, uno si stima con una ragione maggiore della realtà e uno con una ragione minore della realtà. Ora, siamo tutti d'accordo che l'autostima è un concetto personale e soggettivo, anche perché è Auto, quindi non si può pretendere di avere un autostima perfetta, non è per definizione una scienza esatta, ma mi sembra logico sottolineare che la propria autovalutazione migliora e tende ad un livello ragionevolmente sensato se e solo se si accetta il confronto con il mondo. Quando si ha una bassa autostima o alta, si ha la tendenza di assolutizzare la percezione dal mondo ottenendo come risultato una chiusura mentale negativa.

Avere una BUONA AUTOSTIMA aiuta in tutti i campi, perché ti permette di essere aperto al mondo e quindi di avere una risposta buona a tutte le situazione. Cioè, io ho interpretato così e credo di aver letto un bel po' sull'argomento, non dico di saperne più di uno psicologo, però, essendo ipocondriaco mentalmente mi informo :)

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Nessuna distorsione del concetto. Ma solo un approfondimento dell'ideologia sottesa al concetto stesso. Ho fatto vari esempi, mi da noia ripeterli. Ho semplicemente decostruito il concetto di autostima.

Non esiste una "risposta buona a tutte le situazioni". Di fronte ad un elemento ineluttabile come la morte, per esempio, puoi avere tutta l'autostima che vuoi tu, ma non ci sarà mai risposta buona, solo rassegnazione, al limite. Scopri che qui sei stato solo di passaggio e che ritornerai al NULLA. A meno che tu non sia religioso. Ma la prima cosa che ti insegna la religione e che tu di fronte a Dio sei NULLA! Secondo la bibbia, polvere sei e polvere ritornerai, per chi ci crede. E quindi ritorniamo sempre allo stesso punto.

L'autostima è un concetto psico-economico, nel senso che ho cercato di delineare sopra. Dal punto di vista filosofico è solo una forma di vanità :roll:

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AndrejMolov89

Tu hai "decustruito" l'alta percezione di sè. Non hai decustruito il concetto di Autostima, concetto che ogni psicologo, anche quelli che hanno segatura nel cervello, può confermarti.

Non c'è nessuna ideologia dietro ad un concetto Utile, c'è solo una distorsione, che, guarda caso, hai cercato di decostruire arrivando semplicemente che quella distorsione di autostima è un americanata. Parti dalla premessa che sia il concetto di autostima giusto, essendo una premessa sbagliata non posso discutere la tua conclusione, perché è logicamente giusta.

Avere un autostima buona, non significa sovrastimarsi. Significa stimarsi per quel che si è e quel che si è dato. Ora, se vuoi decostruire qualcosa, prova a decustruire il concetto corretto di autostima e dimostrare che c'è un ideologia ultra liberale e competitiva dietro a quello che è realmente.

Per quanto riguarda la morte, che c'entra come un ammonite in un sedimento del pleistocene, si può parlare di accettazione. L'accettazione non è rassegnazione, ma è la coscienza che non si può far nulla e che è una necessità della vita, come il fatto che tu sia gay o altro. E' una presa di consapevolezza attiva, non è una illusione, nè un evitamento. La rassegnazione invece è la perdita di speranza nella vita in quantoc'è necessariamente la morte. Avere una buona autostima al massimo ti permette di riflettere sulla inevitabilità della morte senza perderti d'animo, ma non è la soluzione dinnanzi alla paura della morte. L'avere una buona autostima ti permette di metterti in gioco, perché ti rende aperto al mondo.

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Greed, parli di autostima, peraltro senza citare fonti e parlando di psicologi che hanno segatura nel cervello...scusa, ma mi sembra che tu esemplifichi un caso di eccessiva autostima, davvero. Mi sembra difficile laurearsi in psicologia avendo segatura nel cervello, e poi tu come ti permetti di giudicare un professionista, in genere, chi sei Sigmund Freud? :roll:

 

Le tue opinioni sono una serie di luoghi comuni sull'autostima. Io ho dato il mio contributo offrendo un punto di vista originale. Se non lo accetti il problema è tuo :roll:

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AndrejMolov89

Ho detto che anche gli psicologi con un minimo di segatura di cervello possono essere più o meno d'accordo con il concetto che ho dato. La maggior parte delle elaborazioni dell'autostima le ho trovate nei manuali di metodo di studio che forniscono le università. In cui vengono distinti autostima, autoefficacia. E' in parte un elaborazione personale,se vuoi ti cito tutti i siti che vado a guardare quando sono in paranoia per discutere le fonti.

http://www.lilianamatteucci.it/lautostima_e_il_concetto_di_se.html

http://psicologoinfamiglia.myblog.it/archive/2009/05/27/autostima-e-benessere-mentale-quando-la-fiducia-in-noi-stess.html

http://www.gentileschi.it/metodo/home%20page.htm

Poi dovrei cercare gli altri siti e pubblicazioni, il secondo è stato quello più ispirante. Sono sempre disponibile a decostruire le mie fonti e a dare un serio contributo alla discussione :)

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Per fonti intendevo chi storicamente ha elaborato il concetto di autostima (tipo il James che ho citato io) no i riassuntini fatti dagli psicologi sui siti internet! Il terzo link poi riguarda il metodo di studio, non l'autostima.

La "drcostruzione" è una tecnica filosofica e non bisognerebbe usare la parola a sproposito.

Tuttavia dai, apprezzo i tuoi sfrozi. non vorrei che troppe opinione negative urtassero la tua autostima :roll:

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AndrejMolov89

Ok, allora perché non li discuti?

Se tu hai citato fonti storiche affidabili, digitando su wikipedia, nulla in contrario, ora però, perché non li discuti? Sei in grado di farlo? Evidentemente no. Se qualcuno mi desse un sito da cui ha tirato fuori una stronzata geologica, sarei in grado di discuterlo senza problemi evidenziando gli errori, non partendo a priori che essendo un riassuntino da internet è sbagliato, è troppo comodo, sai?

In ogni caso il concetto di autostima è un elaborazione che ho costruito facendo mie determinate riflessioni di psicoterapeuti e trovando materiale da siti universitari o altro, forse facendolo troppo in buona fede.

 

Non vale la pena di discutere se tu neppure ci provi. Anzi, ritengo che tu non voglia provarci e abbia altri fini

quando scrivi qualcosa in questo forum.

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Non cominciamo con la dietrologia gratuita :pausa:

Non capisco perché si debba scadere sempre in attacchi personali quando si fa una discussione e non si è d'accordo. Tu metti in dubbio quello che dico non contestando le mie affermazioni, ma uscendo fuori dalla discussione e facendo illazioni su fantomatici fini altri che non si capisce quali possano essere.

Forse non te ne sei accorto, ma io sto discutendo proprio il concetto di autostima. E' un'operazione intellettuale più complessa che mettere tre link (di cui uno inadeguato) per chiarire cosa sia l'autostima, sul cui concetto abbimo tutti le idee chiare. E ho contestato la fonte, ovvero il filosofo e psicologo americano James. Sostenendo: attenzione, dietro il concetto di autostima si nasconde anche dell'ideologia. Della falsa ideologia, in termini marxiani. L'"io valgo" è anche una tecnica di persuasione che serve a venderti una merce. O che può essere adoperata per mercificarti, allo scopo di lasciarti vendere meglio.

Queste sono opinioni che ho elaborato io, autonomamente, discutendo, appunto, le fonti. Non le trovi googlando.

Di conseguenza ritengo di aver apportato un contributo nuovo e originale alla discussione. Un contributo che può essere accettato o meno. Ma non tollero che venga adoperato per i soliti attacchi pregiudiziali e personali nei miei confronti :salut:

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Madò e che casino. Perdonate la lagna, ma per seguire una discussione bisogna sorbirsi sempre una serie acida e pungente di botta e risposta? :azz:

Anyway, Greed mi ha chiesto di esprimere il mio punto di vista sulla faccenda, che trovo interessante e quindi eccomi qua. Il post sarà un po' lungo, ma sono state dette talmente tante cose, alcune anche senza cognizione di causa a dire il vero, che non ho potuto sintetizzare di più.

 

 

E se per voi l'autostima non è questo, dalla definizione psicologica (quindi scientifica) dell'autostima non si sfugge; rapporto tra aspettative e successo. Come concettualizzato da James. Un filosofo e psicologoamericano. E ho scoperto solo ora che c'era un'americano all'origine di questa concettualizzazione. Che conferma la mia ipotesi che fosse un'americanata. Poi se vogliamo andare più nel profondo, James parla anche di differenza fra sé percepito e sé reale, in rapporto alla bassa autostima. Questa nascerebbe quando c'è una differenza importante appunto, fra il sé percepito e il sé ideale. In parole povere fra quello che si è e quello che si vorrebbe essere.

Forse invece di accanirci potremmo soffermarci a ragionare meglio su questi elementi che riporti, Akinori, così da non trattarli in modo approssimmativo. Non voglio certo fare una lezione, tantomeno una lezione spicciola, ma visto che ci tieni ad andare alle origini e hai preso ad esempio questa definizione, scandagliamola...

 

Innanzitutto questa concezione dell'autostima, molta semplificata nell'affermazione ''rapporto tra aspettative e successo'', non è un assioma.

Prima di tutto perchè in psicologia molte scuole di pensiero hanno studiato la mente e la sua fenomenologia da diversi punti di vista, per cui non esiste un'unica visione, in secondo luogo perchè stiamo parlando di un'ipotesi molto, molto datata. Non ne sono sicuro ma questa teorizzazione dovrebbe essere contenuta in una delle opere psicologiche più celebri di William James ossia ''Principles of Psychology'', pubblicato nel 1890 (da allora la ricerca è andata avanti e la letteratura scientifica avrà sicuramente visto ulteriori contributi in tal senso).

In ogni caso, il nono e il decimo capitolo del Principles trattano del costrutto del Self e di alcuni fenomeni legati alla nozione di personalità per cui suppongo che la nostra questione possa esser stata affrontata lì. James infatti, elaborò una teoria della ''coscienza del sé'' nella quale - vado molto genericamente - descriveva un sé empirico, fenomenicamente constatato da ognuno nella propria percezione interna, un sé materiale, cioè tutto ciò che è percepito come proprio e un sé sociale, costruito su come veniamo rappresentati dagli altri. Ipotizzò dunque l'esistenza di più sé sociali, intesi come rappresentazioni personali dell'immagine che gli altri hanno di noi in diversi contesti relazionali. Esistendo, secondo James, anche più sé empirici, talvolta vissuti come alternativi e in conflitto tra loro a tal punto da produrre effetti inconsci di automatismo psicologico, si può comprendere meglio la questione dell'autostima intesa come rapporto tra le aspettative e il successo personale. Ossia come contrasto tra l'immagine o le immagini di sé e la percezione di aver raggiunto obiettivi tali da soddisfare idealisticamente queste fantasie. Ma già stiamo confondendo le acque. Quello che è importante capire è che questi studi venivano condotti in un periodo in cui la personalità normale veniva fatta derivare dall'esame di quella patologica e molte idee erano fortemente condizionate dai temi del conflitto tra i differenti Sé della psicopatologia francese. Le cose sono cambiate, il modo di vedere la mente umana è cambiato.

 

In seguito anche la psicoanalisi ha iniziato a formulare ipotesi sull'argomento, come è facile immaginare, infatti molti studiosi hanno indagato lo sviluppo dell'autostima inell'infanzia. Se ne sono occupati ad esempio l'austriaco Kohut che ha incentrato molte delle sue teorie sul Narcisismo e il tedesco Erickson, che analizzando proprio le fasi della vita ha constatato come il livello di autostima non sia mai stabile nel corso dell'esistenza, ma oscilli.

 

Volevo soffermarmi però su uno studio longitudinale di Stanley Coopersmith del 1967, condotto su soggetti dai 10 anni all'età adulta, Antecedents of self esteem. Criticato in alcuni punti per la metodologia, ma secondo molti interessante per gli aspetti che ha messo in luce sulla costruzione dell'autostima. Per l'autore la self esteem è una dimensione del sè e quest'ultimo un'astrazione che l'individuo sviluppa circa i propri attributi, capacità, obbiettivi e attività. L'autostima è quindi una valutazione che una persona fa e mantiene in modo più o meno costante di se stessa e implica giudizi di approvazione e disapprovazione; indica quanto un individuo si ritenga capace, abile e significativo. Ovviamente non stiamo parlando di considerazioni senzienti o logiche che uno fa di sé; siamo su un livello meno conscio, interiorizzato, anzi introiettato durante lo sviluppo e rinvigorito dalle esperienze di vita successive. E non si tratta nemmeno di un concetto di mera autovalutazione o come scriveva qualcuno prima, di autoesaltazione, ma la percezione profonda di essere ''in grado di... ''. Una sorta di narrazione di sé, che poi si rispecchia nelle relazioni con gli altri.

Coopersmith elencava alcuni fattori che si intrecciano e contribuiscono alla costruzione di un buon livello di autostima nel bambino: - sentirsi accettati dagli adulti significativi - ricevere attenzioni di qualità - sperimentare esperienze di rispetto - avere regole di comportamento - l'autostima nei modelli adulti di riferimento.

Questi contribuirebbero a creare quella capacità di autoregolazione interiore che nel corso della vita una persona porta con sé e mette in atto di fronte agli eventi contingenti.

 

Anche dagli studi contemporanei è emersa questa significativa correlazione tra infanzia e sviluppo dell'autostima. Esistono studi (ne ho letti veramente pochi onestamente) che mettono in relazione, ad esempio, il grado di autostima materno durante il periodo di accudimento, con quello del figlio in età adulta. Sicuramente è un terrono molto scivoloso e non intendo avventurarmici in questo post che ha ormai deragliato fuori tema, ma il primo anno di università ho avuto il ''piacere'' di studiare con una psicologa dell'infanzia e dell'età dello sviluppo molto nota in Italia, la Oliverio Ferraris, la quale sosteneva calorosamente che nella percezione di sè e nella formazione dell'autostima nei bambini e nei preadolescenti avesse grande incidenza il modo in cui vengono trattati dagli adulti significativi. In questa prospettiva si tratterebbe di un concetto multidimensionale, che si forma cioè nel corso dello sviluppo, a partire già dagli anni prescolari e contribuirebbe a prevenire una serie di rischi psicologici, in quanto rafforza la resilienza, ossia la resistenza personale.

 

Ciò non toglie che io, nel singolo momento x che vivo, mi trovo ad avere l'autostima che di fatto ho,

quella che mi trovo ad avere: buona, insufficiente, molto scarsa. In questo caso, l'autostima si

presenta a me come un dato di fatto. E se è un dato di fatto negativo, blocca. Non potrebbe

essere diversamente.

Cosa fare? Riuscire a renderla comunque un fatto dinamico. Come? Sostituendo alla parola

«autostima» quello che è il suo vero e reale significato: «tirare fuori di me ciò che ho dentro di me».

Farlo venire alla luce, vederlo bene in faccia. Allora si rinstaura la dimensione dinamica,

l'unica che consente di vivere serenamente, e bene.

Condivido in particolare l'importanza di renderlo un fatto dinamico.

Il dato di fatto, la convinzione che ''è così'', ''è oggettivo'', di sicuro non aiuta a percepire ciò che accade come quello che, in termini clinici, si potrebbe definire un vissuto emozionale, cioè qualcosa che sta accadendo prima di tutto dentro di te e poi fuori. Preso atto dell'interiorità della sensazione e del momento, si entra in una prospettiva di soggettività in cui le cose non sono solo date, ma possono essere cambiate.

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Si Tancredi, la tua ricognizione è valida, ma cosa aggiunge alla decostruzione dell'autostima?

Non dimentichiamo il monito del grande Chomski:

"Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e utilizzano le éltes dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il "sistema" ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell'essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l'individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sè stessa".

 

Di conseguenza il concetto di autostima è sottoposto ad una costante manipolazione da parte dell'industria, attraverso ben mirate strategie pubblicitarie, che hanno un impatto psicologico decisivo sul consumatore.

Avevo trovato un brano di un manuale di tecniche pubblicitarie in cui veniva descritto molto bene come orientare l'autostima delle donne per venderle un brand. Una tecnica complementare a quella della nota pubblicità dell"Io valgo", che fa riferimento a un altro noto brand. Purtroppo a causa di alcuni script malevoli forse non riesco a inserire il link...mi scuso se è troppo lungo ma non conosco altri modi per mostrare questa fonte:

 

no è inutile è troppo lungo e tracima dalla board

 

 

vediamo se funziona allegando il file....zoomando a 200 dovreste riuscire a leggere, mi dispiace ma non sono portato per tutte queste cose tecniche e questo è il massimo che riesco a fare :blush:

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