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Ha senso parlare di orgoglio gay?


Altair

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La mia non voleva essere una interpretazione autentica

( per quel che vale a me pare un po' una tirata incongrua

"alla Soledamore" scritta male )

 

Non so se abbia senso chiedersi quale sia il senso degli

interventi di akinori...al più se ne può trarre una vaga

ispirazione per dire qualcosa.

 

Ed allora, a meno di non ritenere l'effeminatezza il prodotto

di omofobia interiorizzata ( cosa che però ho letto scritta solo

da Mario1944, il quale certamente non fa testo come militante

o cmq. non esemplifica lo spirito del gay pride ) è chiaro che

non c'è contrasto fra orgoglio gay e effeminatezza ( non parliamo

poi di passività )

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Sinceramente non capisco che intendi per tirata "alla Soledamore". Non so chi sia e non credo sia un utente di questo forum, da quando sono qui non è mai intervenuto. Non credo d'altra parte che questo sia un corso di scrittura e non mi sembra educato voler diminuirmi facendo il confronto tra il mio modo di scrivere e quello di un altro sconosciuto. Se il senso dei miei interventi ti è oscuro, non chiederti niente. Credo che basti tu ad illuminare tutto il forum e tutti i gay, quelli che la pensano come te e quelli che no. Penso che sarebbe un colpo mortale alla tua autostima negarti la funzione di Faro della gaia conoscenza :roll:

Per quanto riguarda il punto di vista di Mario 1944 che invece conosco e di cui spesso apprezzo gli interventi, forse proprio perchè non sono soggetti all'ipocrisia di esemplificare "lo spirito del gay pride" (ma si vende questo "spirito"? cos'è un prodotto a denominazione di origine controllata, per cui solo alcuni possono agitarlo in appositi flaconcini e altri no? :roll: ) lo condivido in questo caso parzialmente.

 

Infatti ritengo che l'effeminatezza sia il prodotto dell'omofobia interiorizzata. Ma solo in tarda età :salut:

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Finiremo per dover dividere in settori il pride: aprono il corteo i passivi, in mezzo i versatili, e in fondo gli attivi xD

 

Stupidaggini a parte, la faccenda dell'orgoglio io ce l'ho in mente così. Ogni persona che si senta un gradino più in basso sulla scala dei diritti civili rispetto ad altri ha diritto di lottare per l'uguaglianza nel modo che più ritiene giusto. Più persone potrebbero ritrovarsi nelle stesse condizioni svantaggiate, e quindi fare causa comune come "categoria".

Gli atteggiamenti di questi gruppi, le proteste, gli slogan e tutto il resto in quest'ottica non vanno interpretati come un "vogliamo porci al di sopra degli altri" ma semplicemente un "vogliamo essere trattati alla stessa maniera di tutti gli altri, perchè non esiste motivo valido per fare un discrimine".

 

Quindi quando io dico "sono orgoglioso di essere gay", la intendo così:

"Sappi che io ritengo che l'orientamento sessuale di un individuo abbia influenza pari a zero sul valore della persona, sulla sua dignità e sul suo diritto ad avere certi diritti. La pensi come me? Ottimo! Nel caso tu la pensassi diversamente e volessi fare delle differenze basate su questo criterio credo che sbaglieresti ed è probabile che cercherò di farti cambiare idea."

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Che cavolo, quanta carne a cuocere!!! O_o

 

Per rispondere al quesito della discussione (''ha senso parlare di orgoglio gay''?) dico che secondo me il punto non è se sentirsi fieri abbia un senso a prescindere da tutto. Se leggessimo la cosa a priori è ovvio che sembrerebbe ridicolo sentirsi orgogliosi di ciò che si è.

La questione della proudness è politico-sociale, ha a che fare con un'identità che nel corso della nostra storia e non solo, è stata bistrattata, violentata, addirittura attentata, visto che in passato c'è stato chi ha provato a cancellare l'omosessualità. A bannarla dall'umano ventaglio delle possibilità. Ancora oggi c'è chi lo farebbe o chi cerca di ridimensionarla, di relegarla in un angolo marginale dell'esistenza. Come? Innanzitutto privandoci di alcuni elementari diritti che come cittadini dovremmo avere di conseguenza. Stiamo parlando di diritti specifici, che non ledono tanto l'individuo gay in sè (non ci possono mandare in prigione o condannare a morte per nostra fortuna), ma lo danneggiano nella sua espressione relazionale e sociale. Non possiamo metter su famiglia, avere discendenze, equipararci agli eterosessuali. E non dimentichiamoci che la nostra società, almeno virtualmente, si fonda sulla famiglia, che è una sua cellula primaria e basilare. Parlare di un orgoglio gay, quindi, non è qualcosa da prendere alla lettera, diamine! è un atteggiamento di affermazione in un mondo che ci ostacola nella piena espressione di noi stessi. Contro una cultura di discriminazione e vergogna che ci vorrebbe nascosti nell'ombra, sposati malgrado tutto, rifugiati, che ne so, in seminario o perchè no, suicidi. Non ricordo chi ha fatto l'esempio dei ragazzetti che si stavano baciando sotto i portici di piazza Vittorio e sono stati derisi, ma è calzantissimo.

 

Uscire allo scoperto, in mezzo alla gente e vivere la propria affettività in pubblico - pare na cazzata - è un gesto di fierezza, di coraggio. Ci auguriamo tutti che un giorno non debba più esserlo, ma adesso al di là delle pippe mentali e delle giustificazioni filosofiche che alcuni adducono per affermare il contrario, è un dato di realtà. Quindi, Altair, non arrovellarti il cervello a pensare se l'orgoglio gay, così com'è concepito, abbia diritto di essere. Non tutto ciò che è l'espressione di sentimenti umani è passabile di un giudizio di giusto o sbagliato. Bisogna prima di tutto prendere atto che questa cosa deriva da una storia, che ci riguarda comunque tutti. Poi ognuno decide di raffrontarcisi come sente e crede.

 

Sempre parlando con te, Altair, posso capire bene la tua posizione personale? Posso cioè chiederti come vivi il fatto di essere gay, se hai mai dovuto subire discriminazioni o insulti, cosa ne pensa la tua famiglia? Perchè le tue argomentazioni molto critiche, mi hanno incuriosito e vedo che questi botta e risposta acidi sono veramente difficili da leggere e non conducono a uno scambio sereno. Perchè invece di aggredirci con supponenza non ci conosciamo meglio? O, parlando di climi repressivi e culture distruttive, temiamo tutti l'apertura e la condivisione?

 

Ah, scusate, ma si è parlato anche del Gay Pride e vorrei dire un paio di cose.

Tempo fa ero dubbioso sulle sue modalità di svolgimento. Mi chiedevo, forse perchè molto più giovane e meno consapevole di me e di ciò che mi accadeva intorno, che bisogno ci fosse di farne una ''mascherata''. Poi sono cresciuto e venendo a contatto con tanti ambiti del variegato mondo gay, vivendoli, ho ascoltato le ragioni di tante persone, diverse e talvolta simili alle mie. Tra le varie cose ho capito che la necessità di sfilare col culo di fuori, con la minognna, con le parrucche e i tacchi, il trucco, i boa and so on, è per molti un modo di esprimere quello che sentono di essere. Però voglio precisare che, secondo me:

 

- per alcuni è un modo di sfogare, come diremmo qui a Napoli.

Nel senso che rappresenta quell'occasione propriamente carnevalesca, nel senso antropologico del termine, in cui tutto è permesso, anche l'esternazione più eccessiva di personalità. Quello che nella vita ordinaria non sarebbe ammesso, o quanto meno non sarebbe ammissibile per quelle stesse persone, vittime (ma chi in fondo non lo è, per piacere...) delle convenzioni.

 

- per altri invece, è proprio un lifestyle. Almeno parlo della terra da cui vengo, la Campania, e posso assicurarvi che molte di quelle travestite che sfilano al Pride, sono così anche nella vita quotidiana e magari scendono a fare la spesa col foulard avvolto in vita, la molletta nei capelli e tre litri di fondotinta...insomma ci siamo capiti. Perchè mai non dovrebbero poter essere presenti al Pride? Fortunatamente non si tratta ancora di una manifestazione elitaria e dal momento che se vogliamo un'accettazione piena e sincera dobbiamo mostrarci per quel che siamo, accettabile o meno che sia socialmente parlando, ben vengano anche gli orsi in perizoma, quelli vestiti di pelle, le drag queen, le trans a petto nudo ecc.

 

Politicamente tutto ciò sarebbe inaccettabile al fine di raggiungere un obiettivo, ma io non voglio fare politica e credo che il movimento gay, almeno nei momenti come il Pride, abbia consevrato integro quel senso di provenienza dal basso che molti altri movimenti hanno perso a vantaggio dell'omologazione, del compromesso col potere. Penso che Akinori stesse dicendo anche questo negli ultimi post, se ho ben interpretato.

 

Però ragazzi, non dovremmo soffermarci troppo su questi aspetti. Ci sono questioni molto più cospicue da affrontare, come ad esempio la partecipazione attiva alla lotta per i diritti che da parte dell'intera popolazione gay è ancora insoddisfacente.

C'è poi una certa frammentarietà interna negli stessi movimenti culturali e politici omosessuali, che di sicuro non aiuta, pur essendo da un punto di vista democratico giusta e comprensibile.

Io penso che non basti presenziare alla parata regionale o nazionale, per dirsi militanti. E non può nemmeno bastare il, seppur apprezzabile, atteggiamento di fierezza personale che ognuno di noi può più o meno esercitare nella vita privata. Per ottenere qualcosa si deve far fronte comune, ci si deve appassionare, se non accanire nella battaglia, con la stessa motivazione con cui tanti vanno a ballare ogni sacrosanto sabato in discoteca (lo dice uno che ci va spesso, eh...absit iniuria verbis). Non possiamo però saziarci col contentino che ci viene concesso per tenerci buoni, questa sì che sarebbe logica di ghetto. Anzi, questa sarebbe la piena aderenza al familismo amorale di cui parlava Almadel.

Bisogna rompere la consuetutine per poterne uscire fuori, bisogna spezzare la tradizione e andare anche contro il valore dominante, il luogo comune per potersi veramente affrancare, ma sfido chiunque a dire che sia una cosa semplice, proprio perchè per molti in prima istanza significherebbe andare contro le proprie famiglie. A mio avviso se lo status quo riguardo i nostri diritti e le nostre libertà è quello che è, molta responsabilità è proprio di noi gay.

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Si Tancredi, mi riferivo all'omologazione dall'alto del movimento, per la quale ho usato l'espressione centralismo democratico. Il linguaggio extraparlamentare di almadel inoltre, fatto di krumiri eccetera, mi ha fatto venire in mente i famigerati katanga e altre cose squallide (della serie o partecipi al pride o democraticamente ti bastoniamo :roll: Del resto proprio in Campania credo ci sia stato l'unico tentativo di liberarsi da questa omologazione all'ultimo pride e le cose sono andate un po strane, forse tupotresti spiegare meglio visto che sei campano.

 

Per quanto riguarda il familismo amorale è altra cosa, sociologicamente, da ciò che intende almadel con familismo qui. Si tratta semplicemente di dipendenza economica, ma come ho sottolineato io è anche condivisione sociale e culturale (che non significa dipendenza sociale e culturale).

In buona sostanza, la dipendenza economica cosa comporta? l'impossibilità di scopare dalla mattina alla sera da destra a manca perché la casa non è solo tua? Perché questo c'è dietro, altro che orgoglio gay...

 

E perché uno dovrebbe essere indipendente economicamente? per avere un tenore di vita più basso? posto che riesca ad essere indipendente senza diventare schiavo in nero di qualche padrone o padroncino per un numero indefinito di anni o forse per sempre? Si tratterebbe di barattare la dignità dell'orgoglio gay con la dignità dell'essere umano, perchè è bello dire "si sono indipendente" e alla domanda "che fai nella vita"? rispondere: faccio il cameriere o il ragazzo del bar in nero o lavoro in un call center con una paga infamante. Tra l'altro poi quasi tutti questa indipendenza economica la usano per pagarsi il superfluo, ma per le spese importanti sempre devono ricorrere alla famiglia, quindi smitizziamo un po anche certa pretesa indipendenza economica. Un giovane non sarà mai in grado di pagarsi il mutuo della casa, nemmeno se vive con il suo compagno in una coppia stabile (parliamo di persone NORMALI, non di ricchi). E se sei in affitto, altro che spese superflue, buona parte dello stipendio se ne va per quello.

 

Poi certo è bello fare i progressisti, parlare di familismo e tante belle parole quando si è benestanti o magari la famiglia ti ha regalato l'appartamentino dove vai a vivere da solo, e puoi permetterti di vivere con poco. Qui siamo in Italia, in un periodo di recessione e credo che non ci sia nessuno, dico nessuno, che appena è diventato maggiorenne, come in altri paesi, lascia la famiglia e si fa la sua vita. Perché è materialmente impossibile senza l'aiuto di qualcuno. Dovresti solo trovarti un compagno benestante che ti accolga nella casa di proprietà. Ovvero uno più grande di te, forse molto più grande di te. E dato che siamo cittadini di serie b non sei nemmeno tutelato nel caso il grande amore finisca.

Quindi per favore, facciamo meno le anime belle e parliamo di cose concrete.

Mi sembra che così l'espressione "orgoglio gay" possa essere un un po decostruita.

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Due cose non avverranno mai di sicuro, nonostante la fantasia di Akinori.

Almadel non andrà a fare i rastrellamenti di gay per farli sfilare ai Pride

né Divine (o chi per essa) farà mai il "servizio d'ordine"

per farli manifestare in giacca e cravatta.

 

Il motivo per cui un gay si dichiara in famiglia

sfidando il timore del "taglio dei viveri"

dovrebbe avercelo insegnato "Romeo e Giulietta".

Un amore non può essere clandestino per sempre.

 

Il mio compagno ed io viviamo in affitto

con meno di mille euro al mese in due.

Manifestiamo per avere delle tutele, ovvio.

Lui ha cinque anni meno di me e vive da solo

prima della fine delle Superiori.

La situazione di due eterosessuali, spesso è peggiore:

in fondo noi dobbiamo rispondere di tre gatti e non di un bambino.

Non vedo la differenza tra "anime belle" e "situazioni concrete"

 

Paradossalmente se le nostre famiglie fossero state più ricche,

ci avessero abituati a un tenore di vita più alto,

avessero potuto regalarci un appartamentino

o trovarci un posto di lavoro nell'azienda di famiglia;

magari ci avremmo pensato due volte prima di dichiararci

e forse l'idea di farci fotografare a un Pride ci avrebbe spaventati

(e probabilmente non avremmo avuto il coraggio di denunciare

quando siamo stati aggrediti dai fascisti...)

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AndrejMolov89

Se leggessimo la cosa a priori è ovvio che sembrerebbe ridicolo sentirsi orgogliosi di ciò che si è.

La questione della proudness è politico-sociale, ha a che fare con un'identità che nel corso della nostra storia e non solo, è stata bistrattata, violentata, addirittura attentata, visto che in passato c'è stato chi ha provato a cancellare l'omosessualità. A bannarla dall'umano ventaglio delle possibilità.

 

Sempre parlando con te, Altair, posso capire bene la tua posizione personale? Posso cioè chiederti come vivi il fatto di essere gay, se hai mai dovuto subire discriminazioni o insulti, cosa ne pensa la tua famiglia? Perchè le tue argomentazioni molto critiche, mi hanno incuriosito e vedo che questi botta e risposta acidi sono veramente difficili da leggere e non conducono a uno scambio sereno. Perchè invece di aggredirci con supponenza non ci conosciamo meglio? O, parlando di climi repressivi e culture distruttive, temiamo tutti l'apertura e la condivisione?

 

Quindi una persona non può essere fiera di sè stessa, senza una domanda esterna? Se una persona si sente fiera di sè stessa, in quanto sè stessa, allora lo fa assurdamente, amenoché non ci sia un problema esterno? Ma se è assurdo provare fierezza se non ci sono problemi, come si può reagire ad un ipotetico problema se non si ha coscienza della propria dignità?

Amenoché non sia assurdo il sentimento, ma quanto la sua manifestazione quando non è necessaria. Se l'essere fieri di essere gay, l'essere fieri di essere sè stessi è una condizione e uno stato mentale mediante il quale non ci si vergogna in quanto essere e soprattutto quando non si nutre il desiderio di essere altro, allora in caso di questioni esterne, si ha subito una risposta interna che ci permette di ribellarci ad una condizione "oggettivamente" ingiusta.

Se non si ha un minimo di orgoglio personale, come si può reagire ai problemi esterni?

 

Akinori traccia una freccia, unisci i puntini e fai un discorso di senso compiuto. :)

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@Greed, cercavo dire ad Altair che capirei il suo scetticismo nei confronti di un orgoglio gay (come concetto che ha prodotto movimenti e culture) qualora l'essere gay fosse considerata cosa normale. Non ho parlato di un generico sentimento di fierezza verso se stessi, ma nei confronti della propria identità sessuale. Penso che un eterosessuale non si ponga il problema della fierezza etero, perchè non ha subito quello che abbiamo subito noi (''domanda esterna''). Quindi, non fraintendermi, non è ridicolo sentirsi orgogliosi del proprio orientamente sessuale, ma è qualcosa che va contestualizzato. Più chiaro ora?

 

@Akinori, quest'anno il Campania Pride è stato oggetto di una serie di ''tarantelle'', che hanno portato le associazioni lgbt campane e anon essere tutte coese e partecipi. è stato persino creato un contro pride, qualcuno ha tentato di boicottare la manifestazione ufficiale, insomma un macello. Sembrava di stare ai tempi dei papa e degli anti-papa. Ma anche a livello nazionale la politica gay ha spesso vissuto questi dissidi intestini quando si dovevano prendere decisioni fondamentali...

La questione del familismo amorale: sì, non riguarda affatto la dipendenza economica, ma quella valoriale e ancor prima emozionale/afettiva. Il discorso di Almadel, se ho capito bene, voleva essere più specifico e incentrato sul fattore economico che è cmq fondamentale. Però a mio avviso le radici del problema vanno ravvisare molto prima, nella cultura di origine che domina in questo paese.

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AndrejMolov89

Sì, ti ho compreso perfettamente. Volevo provare a dividere i piani: il piano dell'espressione del sentimento e quello dell'avercelo, in modo tale da non considerare il sentimento in sè come frutto unicamente di una domanda esterna. Forse dovrei parlare di capacità di provare fierezza, forse avrebbe un po' di senso nel discorso, anche perché ora che ci penso un sentimento può essere percepito solo se viene stimolato.

Secondo te, gli etero, percepiscono un sentimento di fierezza? Cioè, del loro orientamento sessuale? Questo metterebbe un po' in discussione quanto dicevo prima e mi interessa avere un opinione al riguardo.

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Purtroppo non posso seguire il forum come prima, quindi

non riesco a rispondere per bene a tutti.

 

Tirando le somme, praticamente solo io ho lanciato una critica al

concetto di orgoglio gay, quindi ho poco da aggiungere a quanto già detto,

secondo me la proudness non dovrebbe andare oltre il senso protrettico.

Se si basa l'attivismo lgbt su questo principio si sbaglia tutto. E il Gay Pride

ne è una dimostrazione lampante, non si tratta di nacondere la propria identità,

per quanto mi riguarda ci possono essere anche cubisti in mutande, l'importante

è che abbiano un cartello sopra la testa con scritto "Paghiamo le tasse, vogliamo i matrimoni"

e messaggi affini. Se si vuole fare il carnevale liberi di farlo, ma non si abbiano le pretese

di rivendicare i diritti gay e sopratutto di rappresentarci, perché io non mi sento prorpio

rappresentato. Il messaggio, ribadisco, viene offuscato.

 

Il vero attivismo, quello produttivo si fa in altro modo. Perché all'Europridea Roma

(con annesso concerto di Gaga) c'erano migliaia di persone e a protestare davanti

a Montecitorio mentre si votavano le pregiudiziali contro la legge contro l'omofobia

c'erano quattro gatti? (di cui i 1/5 erano etero...).

 

@Ariel, per risponderti sulle minoranze. I neri non hanno basato il loro movimento sulla

proudness ma sul senso di vera equità e parificazione fra bianchi e neri. Anche il femminismo

si è imposto usando l'arma della parificazione (salvo frangie estremiste di entrambi i movimenti).

Usando noi questa filosofia non andremo da nessuna parte perché si pone l'accento su quello che

non è un punto focale, che dovrebbe essere la parificazione. Il discorso che tu hai fatto sul privilege

è molto giusto e sono d'accordo con te che, almeno sul piano giuridico, ci debbano essere riconosciuti

dei "privilegi" che rendano la nostra condizione equa (momentaneamente), così come le quote rosa sono

state istituite per le donne. Ma far leva su quel senso di specialità ci allontana ancora di più dall'obiettivo

della parificazione.

 

Questo discorso che ai più potrebbe apparire speculativo ha in realtà una grossa valenza pratica, il

pride che è l'espressione pratica della proudness gay ha dimostrato di essere scarsamente efficace. I risultati

di cui parla Almadel in altri paesi sono stati raggiunti dagli attivisti politici, non di certo dai pride.

 

Riguardo alla situazione italiana, il discorso del familismo fatto da Almadel è senz'altro interessante, ma riduttivo.

Le cause della scarsa partecipazione sono molte e vanno dalla frammentazione presente nelle organizzazioni

di attivismo fino alla cultura politica qualunquista e particolarmente scettica presente nella nostra società odierna.

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AndrejMolov89

Se si basa l'attivismo lgbt su questo principio si sbaglia tutto.

 

1) Perché?

2)Su cosa dovrebbe basarsi?

 

Se si vuole fare il carnevale liberi di farlo, ma non si abbiano le pretese

di rivendicare i diritti gay e sopratutto di rappresentarci, perché io non mi sento prorpio

rappresentato. Il messaggio, ribadisco, viene offuscato.

 

1)Perchè?

2) Secondo te fa più rumore un albero che cade in una foresta oppure uno che cade in piazza? Anzi, secondo te, può essere conosciuta qualcosa che non si vede nè fa rumore?

 

Il vero attivismo si fa in altro modo

 

1)Come?

 

2) Ci sono degli esempi? Per esempio, ci sono esempi di stati in cui l'attivismo , a parità di visibilità dei pride, ha portato dei risultati concreti? ( del tipo che intendi te) Se sì, si può dimostrare che il pride e la visibilità sia solo una conseguenza dell'attivismo "utile" fatto?

 

I neri non hanno basato il loro movimento sulla

proudness ma sul senso di vera equità e parificazione fra bianchi e neri.

 

1) Se non hanno basato il movimento sulla produness, come mai volevano equità e parificazione? ( Concetto da cui parto per la domanda: Che per chiedere e per lottare per qualche diritto bisogna riconoscerselo a priori e non a posteriori).

 

2) (sempre nel paragro di risposta Ariel) Secondo te, ciò che viene fatto per darci una situazione equa, ci differenzia, perché? A me viene in mente un analogia, cioè quella dei disabili, secondo te i privilege dei disalibi li allontanano dall'eguaglianza sul piano giuridico e sociale? Cosa intendi per parificazione? Qualcosa di unicamente giuridico o rispetto ad un ipotetica norma? E' ambiguo quello che intendi dire e sembra che lo utilizzi in due modi diversi :)

 

Per quanto riguarda il discorso di Almadel, ho fatto già la domanda che mi interessava prima, quindi :) Se mi illustri queste cose potrei avere materiale per riflettere :)

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Allora, no. Adesso m'interessa solo correggere questo, non ho interesse a continuare il discorso per ora, preferisco osservare come si svolge...ma debbo sottolineare che il privilege è tutto il contrario, non stravolgiamolo. Non è composto dalle leggi di tutela alle minoranze, che quindi sarebbero "privilegi", è l'essere privilegiati perché si è esattamente come il mondo vuole che noi siamo tutti, cioè:

maschi

cisgender

bianchi

benestanti

eterosessuali

laureati

senza disabilità mentali o fisiche,

eccetera eccetera...

 

Davvero, leggete anche solo su wikipedia la definizione per avere un'idea chiara. E' il privilegio di non essere mai fermati dalla polizia perché si sta guidando una macchina, perché si è bianchi e quindi non si pensa che l'abbiate rubata...è il privilegio di non doversi sentire a disagio quando un parente ci chiede, presumendo "e la ragazza, ce l'hai la ragazza?", eccetera eccetera...

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Ma infatti mi riferivo proprio a quello che dici, intendevo che il privilege può

essere appianato dalle leggi per la tutela delle minoranze... nonché da un profondo

rinnovamento dell'etica sociale.

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Secondo te, gli etero, percepiscono un sentimento di fierezza? Cioè, del loro orientamento sessuale? Questo metterebbe un po' in discussione quanto dicevo prima e mi interessa avere un opinione al riguardo.

 

@GREED, qui bisognerebbe fare un'indagine per poterne parlare con criterio. Da quello che posso vedere, non mi pare che esistano movimenti socio-politici o culturali che rivendicano un orgoglio di appartenenza all'eterosessualità. Non penso che esista una proudness, come la intendiamo noi, presso gli etero e questo appunto è il motivo per cui ti rispondevo in quei termini prima :)

Poi io penso che un sentimento non nasca necessariamente da uno stimolo. Nella misura in cui non vogliamo ridurre la gamma dei comportamenti umani a un pattern di stimolo-risposta (cosa che molte scuole psicologiche fanno invece), ma vogliamo pensarlo come qualcosa di più complesso in termini relazionali, potremmo anche supporre che le emozioni nascono all'interno di un conteso culturale condiviso, affondano quindi le loro radici in significati stratificati nel tempo. Ecco perchè a volte una cosa ci sembra essere scontata nell'essere umano, quasi innata...ma ora non voglio creare un altro OT :uhsi:

 

@ALTAIR, ma tu hai mai partecipato a qualche Gay Pride? Perchè una cosa fondamentale che mi sono scordato di scrivere è che l'idea che la parata sia fatta soltanto da persone mascherate ed eccentriche è una distorsione puramente mediatica. Vai a dare uno sguardo ai video dei cortei in tutta Italia su youtube e dimmi se vedi in maggioranza persone conciate a festa o gente normale che sfila pacificamente. Si tratta sicuramente di una manifestazione colorata e vivace (vivadio!) ma la stragrande maggioranza dei partecipanti è costituita da ragazzi e ragazze vestiti in maniera ordinaria, al massimo con qualche t-shirt che richiama uno slogan, una frase, una provocazione. Ci sono tanti etero solidali, tante famiglie lgbt e non, ci sono persone anziane. Se poi al tg passa quasi esclusivamente la clip di quelli che girano nudi o dei travestiti ecc, e la gente assume questo come verità assoluta senza giudizio critico, non ci possiamo far niente. Voglio dire, che possiamo mai aspettarci da un'opinione pubblica che segue appassionatamente Barbara e Maria? Saranno mica loro il vero problema e non le travestite del Pride? e su... :)

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Io mi sono interrogato puntualmente sulla questione gay pride da quando frequento il forum. Purtroppo sono arrivato alla conclusione da cui sono partito: i pride hanno dato visibilità, ma si allontanano troppo dai diritti BASILARI che dovrebbero rivendicare. Il diritto a poter amare una persona dello stesso sesso senza che risulti troppo strano alla maggior parte della società e che la stessa ci tuteli da qualsiasi forma di discriminazione. Non vedo cosa c'entri l'ostentazione della libertà sessuale o di altre cose.

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Il vero attivismo, quello produttivo si fa in altro modo. Perché all'Europridea Roma

(con annesso concerto di Gaga) c'erano migliaia di persone e a protestare davanti

a Montecitorio mentre si votavano le pregiudiziali contro la legge contro l'omofobia

c'erano quattro gatti? (di cui i 1/5 erano etero...).

 

Generalmente è un problema di logistica.

Il Pride è un appuntamento nazionale per il quale

le persone si prendono le ferie mesi prima:

non si può improvvisare un sit-in a Roma

partendo dalla Pianura Padana in due giorni.

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Akinori traccia una freccia, unisci i puntini e fai un discorso di senso compiuto. :)

 

 

piccolo OT

Mi sembra quanto meno strana questa tua difficoltà di comprensione, almadel ha capito perfettamente quanto ho scritto e mi ha risposto in merito esponendo le sue ragioni, che non condivido. Ma poi da che pulpito viene la predica....sto aspettando ancora in pvt il tuo schemino sulle corrispondenze simboliche, (a, A, B eccetera) ma non sono così carogna da metterlo qui per far ridere gli altri :salut: fine ot

 

 

@Tancredi ti ringrazio per la tua risposta, perché di quel gay pride non avevo capito niente se non che c'era qualcosa di molto profondo che non andava.

 

Per il resto, mi sembra di condividere pienamente l'opinione di Altair, persona alla quale riconosco un'intelligenza e una cultura superiori e si, anche secondo me l'orgoglio gay dovrebbe avere solo un senso "protrettico".

 

La dipendenza economica dalla famiglia è un fenomeno complesso, tipico della società italiana, ma mi sembra molto strumentale legarlo a un frainteso concetto di orgoglio gay. Non è che si ti proclami gay orgoglioso diventi libero e benestante :roll:

 

Poi almadel dice: vivo col mio ragazzo con meno di mille euro al mese in due. La domanda è: ma COME vivi? e per quanto tempo potrai continuare a vivere così? nei mille euro presumo sia compreso l'affitto, il condominio, il pagamento di acqua, elettricità, gas, telefono, connessione internet, canone telvisivo le spese per la macchina o il motoveicolo (che oltre alla benzina comprende assicurazione, revisioni, tassa di circolazione). Mettiamoci le spese per il cibo. Ed evitiamo tutti i beni superflui (sigarette, locali, cinema, abbonamenti televisivi che non riguardano il canone, spese per il vestiario eccessive).

Ho sicuramente dimenticato qualcosa. Soprattutto il futuro, visto che si sono mangiati anche quello e chi ha uno straccio di lavoro regolare (quindi non 1000 euro in due al mese) avrà anche una pensione da fame.

 

Ma mi spieghi, già nel presente, come si può vivere in due con meno di mille euro al mese in una casa in affitto, anche un monolocale? No dimmelo, così me ne vado a vivere con il mio comopagno e mi separo subito dalla famiglia dumostrando libertà orgoglio e indipendenza. Tanto poi per la pensione ci sarà tempo, l'importante è sopravvivere e non ammalarsi mai. Si certo di fame non si muore più, un tozzo di pane non te lo nega nessuno se vai a mendicare, e per il vestiario posso rovistare fra la rumenta, come fanno gli zingari (è questo il modello di società multiculturale che avete in mente?) :roll:

Ovviamente sono disposto a vivere come un monaco senza concedermi nessun lusso. Niente locali disco beni superflui.Magari la cosa cementifica pure la coppia monogamica, perché non essendoci tentazioni, dato che non potremo frequentare locali e disco

E magari, se uno dei due si ammala, con un po di autostima guarisce da se. Basta un po di autostima: devi credere di stare bene e starai bene. Voglio proprio vedere dove va a finire il tuo orgoglio gay quando hai un mal di denti e non hai nemmeno i soldi per pagarti il dentista...vorrei tanto vedere se hai il coraggio di esporre dotti sermoni sul familismo, la dipendenza economica eccetera, scusa eh :roll:

 

Inioltre, anche se fosse possibile,vivere in due con una cifra così esigua, meno di mille euro in due implica che entrambi o almeno uno non abbia un contratto di lavoro regolare e sia sfruttato economicamente, perché il minimo sindacale è sui 1100 euro se non sbaglio.

 

Ragazzi non raccontiamoci le favole, è bello ragionare con grandi ideali e utopie, ma poi la realtà questa è, quindi inutile stare a pontificare sul familismo e la dipendenz aeconomica, i tempi delle comuni sono finiti, purtroppo.

Credo che Altair intenda anche questo quando ci invita astare con i piedi per terra, e a basare le rivendicazioni sul concetto: pago le tasse, e voglio gli stessi diritti degli etero che pagano le tasse. E che il primo diritto dovrebbe essere il diritto a un lavoro (non mortificante, non in nero) come prevede la costituzione. E qui che stiamo ancora a menarcela con le piume di struzzo.

E per favore, non vi azzardate ancora a dire che scrivo cose senza senso, che non capite e amenità varie perché altrimenti devo pensare che veramente la vostra dimensione è esclusivamente virtuale e totalmene alienata dal piano della realtà. :sisi:

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Come viviamo? Senza auto: abbiamo un motorino e due bici.

Lui ha un contratto part-time 75% e io faccio qualche ripetizione.

Con cento euro alla settimana non è difficile fare la spesa per due,

se non fumassimo ci sarebbero anche i soldi per le vacanze.

Sopra casa nostra c'è una coppia etero di coetanei nella stessa situazione.

Sono stato abbastanza concreto?

 

Ti ricordo che gli etero hanno diritti anche se sono disoccupati,

quindi è inutile dire "pago le tasse e voglio gli stessi diritti".

E mi pare che qui nessuno "se la stia menando con le piume di struzzo":

puoi manifestare come cavolo vuoi, basta che non te ne stai a casa

nella speranza che le cose cambino senza di te.

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Benissimo: sei anche fortunato. Svolgi un lavoro in casa. Ma sai, la maggior parte delle persone per lavorare ha bisogno di spostarsi dal luogo dove abita. E molto spesso bicicletta e motorino sono inadeguati. Proporzionalmente alla distanza da percorrere e alle condizioni metereologiche.

In parole povere veramente sei moooolto fortunato oggi se non hai bisogno della macchina per andare a lavoro. Anche perché il nostro sistema di rapporti pubblici in molte zone è poco efficiente, per usare un eufemismo.

Non voglio farti i conti in tasca, ma sento l'esigenza di approfondire nel concreto questa situazione, senza retorica e ideologia.

Dunque, 400 se ne vanno per la spesa. Restano meno di 600 Con i quali bisogna pagare: affitto, condominio, elettricità, acqua, gas, canone della televisione (se ce l'hai). Aggiungiamo le sigarette: solo se fumaste un pacchetto al giorno ciascuno, per le sigarette se ne vanno altri 300 euro.

Consideriamo che fumiate marche economiche e vi facciate bastare un pacchetto al giorno diviso in due, sono sempre altre 100 150.

Ma non credo che sia così poco quello che spendi per le sigarette, perché dici che se non fumaste avreste i soldi per viaggiare, quindi presumo che la cifra sia più vicino ai 300 che ai 150.

Ora mi spieghi con 300 o 400 euro come fai a pagare l'affitto del monolocale o della stanza in cui vivete (perchè deve essere sicuramente un monolocale, visto che costa così poco e non deve essere nemmeno centrale) il condominio, il gas, l'elettricità, l'acqua, il canone eccetera?

Mi spieghi se hai bisogno di una visita medica importante, o se hai bisogno anche di andare dal dentista, come fai?

Mi spieghi da quanto tempo indossi le stesse scarpe e gli stessi vestiti? I capelli ve li tagliate da soli? I libri li andate a leggere solo nelle biblioteche pubbliche, visto che non avete soldi a sufficienza per comprarli? E potrei fare tanti altri esempi, ben peggiori, perchè ognuno ha il suo concetto di lusso e superfluo. E cose che per voi sono superflue (spese estetiche, culturali, viaggi eccetera) per altri gay potrebbero essere essenziali

Mi spieghi che tipo di vita sociale gay hai, al di fuori dell'arcigay? Non mi dire che riesci anche ad andare una volta a settimana al cinema o in un pub? No perchè se no la tua coppia può essere presa a modello da tutte le coppie italiane per dimostrare che con meno di 1000 euro al mese ce la si può fare e siamo noi cittadini che ci lamentiamo sempre, i gay in particolare sono troppo attaccati alla famiglia perché possono andare avivere (benissimo) da soli e sono pienamente tutelati dallo stato, da una sanità invidiabile e da una legislazione sul lavoro avanzatissima.

 

Almadel, con meno di 1000 euro al mese non ce la fai, persino se sei etero. Il modello che tu proponi forse andava bene decenni fa nell'Emilia Rossa, quando c'erano tutele sociali, un sistema funzionante (sanità, trasporti, lavoro, vivibilità), e la voglia condivisa di cambiare il mondo. Insomma, i tempi delle comuni. Non raccontiamoci frottole.

 

 

Ce la puoi fare solo se, quando ne hai bisogno, ritorni da papà e mammà nei momenti critici. A questo punto l'orgoglio va a farsi benedire. Perché magari papà e mammà non accettano che tua moglie è un maschietto, anziché una femminuccia. E potrebbero risponderti: sti ca..i! Hai voluto la bicicletta...e pedala! :roll:

 

Oppure: ti aiuto certo. Ma devi trovarti una ragazza e finire di fare il gay. "Ma io sono orgoglioso di essere gay". Noi invece ce ne vergogniamo. "Ma io ho bisogno del vostro aiuto". Noi no :roll:

 

Ovviamente non è che tutti i genitori siano così bastardi dentro, Però insomma, nel momento in cui dopo la tua "indipendenza" sei costretto a cospargerti la testa di cenere e chiedere il loro aiuto, anche se lo riesci ad ottenere senza compromessi umilianti o senza rinunciare ad essere gay, cosa te ne fai del tuo orgoglio? Perciò io starei molto attento a parlare di familismo. E a mostrarsi sprezzanti nei confronti di quei gay che dipendono dalla famiglia, anche in età avanzata. Qui non siamo in Scandinavia. E per quanto attraverso una vita grama e di stenti e sacrifici, riesca a ritagliarti una tua indipendenza, non potrà durare molto. Prima o poi ti renderai conto che quando non lavorerai più, persino sottopagato o sfruttato, o quando per un qualsiasi motivo dovrai affrontare una spesa importante, ti si prospetta un destino infausto. E ritornerai con la coda fra le gambe da dove sei partito. Esattamente come fanno tanti etero. Nonostante abbiano più tutele dei gay e non siano cittadini di serie B.

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Mi spieghi da quanto tempo indossi le stesse scarpe e gli stessi vestiti? I capelli ve li tagliate da soli?

 

I miei genitori usano ancora vestiti degli anni '70. Un buco nei calzini non ha mai ucciso nessuno. Dal parrucchiere non vado da cinque anni (e vivo con la mia ragazza solo da uno)...

Non sono mica solo i giovani che sono in difficoltà, c'è chi come me non viene proprio da famiglie benestanti, quindi dimmi te a chi dovrei chiedere aiuto.

Lo Stato non fa poi COSI' schifo, sotto certe soglie di reddito (testimone il modulo ISEE) si ottengono tantissime facilitazioni per quanto riguarda sanità, o ad esempio libri per studiare.

Inoltre in genere fino ai 26 tantissimi luoghi di socialità e cultura sono gratuiti o scontati.

 

Non mettiamoci a fare la gara dei poveri, e a misurare chi vive con meno, perché tanto quelli che non hanno neanche una connessione internet o un computer per ribattere chiaramente ci battono tutti!

Il discorso è semplicemente che se non hai alternative, i soldi te li fai bastare.

Per alcuni la dipendenza da qualcun altro che può non approvare come sei è un'alternativa, per altri - per me, per esempio - no.

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Intanto attendo la rispista di almadel, a meno che non gli abbiano interrotto la connessione perchè non aveva i soldi per pagarla :roll:

 

Poi certo, prima dei 26 molte cose sono gratis (non tutte però, un locale gay per esempio non è gratis, un affitto non è gratis, il cibo non è gratis se non alla Caritas, le bollette non sono gratis, tutte le cose più importanti non sono affatto gratis). E dopo i 26?

 

Ma basta una semplice domanda: Ariel, tu lavori? E quanto guadagni? devi pagare un affitto? Con molta sincerità, voglio solo approfondire concretamente la questione, perché su questa cosa della dipendenza economica dai genitori ci hanno giocato sporco molti, persino i politici, parlando di "bamboccioni" e invitando a farci una vita all'estero (per me uno Stato che parla in questo modo fa schifo, ideologicamente, che sia assistenziale o meno). E francamente, accusare di familismo e mancanza di orgoglio un gay perché è costretto a dipendere dai genitori per fare una vita un minimo dignitosa, mi fa un po inca***re :uhsi:

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Non ho mai detto che non sia legittimo lamentarsi :)

 

Inoltre quello che "la famiglia ti tagli i viveri"

è più che altro solo un timore di chi non si dichiara:

i genitori hanno troppa paura di rimanere da soli

per abbandonare il figlio gay a sé stesso.

 

Ti basta leggere una qualsiasi storia di coming-out sul forum:

le persone cacciate di casa o lasciate senza soldi

sono assolutamente una minoranza.

 

Non è che io mi sia dichiarato dopo essere uscito di casa (anzi...).

Il mio discorso sul tenore di vita voleva intendere questo:

"Non abbiate paura delle conseguenze

perché di conseguenze non ce ne sono quasi mai

e anche qualora ci fossero si vive meglio nella povertà che nella vergogna".

 

Detto questo: il mio tenore di vita non c'entra nulla con il mio essere gay.

:)

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Ci mancherebbe che non potessimo lamentarci! Io volevo semplicemente che non propinassi la frottola della coppia gay mulino bianco che vive felice. orgogliosa, indipendente con meno di 1000 euro al mese :roll:

 

Dunque almadel, ammetti che contare sull'aiuto dei genitori è importante. Ma non avevi condannato il familismo? Quindi ti contraddici. :roll:

Però sulla domanda su come vivi in coppia con meno di 1000 euro non hai risposto. Hai il coraggio di dire la verità e di affermare che è impossibile? :roll:

 

il tenore di vita non c'entra nulla con il tuo essere gay, certo. Forse c'entra con l'orgoglio di essere gay però. Evidentemente per alcuni è più facile essere orgogliosi e per altri no. Però questi "alcuni", come te, ci devono spiegare come fanno, altrimenti stiamo solo a raccontarci favolette! :uhsi:

Ah certo, si vive meglio nella povertà che nella vergogna (ma quale sarebbe la vergogna poi? tacere sul mio orientamento sesuale fin quando vivo con i familiari? e perchè sarebbe una vergogna? saranno pure ca**i miei nel senso letterale del termine, no?)

 

Ma per quanto tempo puoi vivere nella povertà? E come? Esiste una dignità dell'essere umano. E difficilmente la povertà che tu proponi si concilia con la dignità. Ed è anzi vergognosa per molti. Viviamo in un mondo globalizzato, non in un convento, e certo populismo da comune maoista fuori tempo massimo non proporlo a me, ma agli ingenui.

 

E per me è più vergognoso fare l'indipendente e poi tornare dai genitori nel momento del bisogno, che invece continuare a vivere con i genitori e staccarsene quando si può avere una vita degna. Perché la mia omosessualità la posso vivere benissimo senza sbattergliela in faccia, specialmente se sono omofobi.

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Sono contento che tu condivida la mia analisi :)

Chi è contrario al concetto di "orgoglio gay" non è dichiarato in casa

e chi non si dichiara in casa, teme ti perdere il proprio tenore di vita.

Delle politiche più attente all'occupazione giovanile

- soprattutto riguardo alla piaga del precariato -

potrebbero fare miracoli per i diritti civili dei gay in Italia

(oltre ad aumentare il tasso di natalità...)

 

Il miglioramento delle condizioni economiche

tra la generazione precedente e quella successiva

è un fenomeno che sembra definitivamente concluso.

I figli vogliono mantenere il tenore di vita della famiglia di origine

che "compensa" questo divario e lo fa pagare ai gay

con la "discrezione" riguardo la loro omosessualità.

 

Tutta la mitologia della "ribellione giovanile"

che aveva contraddistinto i decenni precedenti

è stata divorata dall'ideologia consumista.

 

Per questo è nato il concetto di decrescita felice.

Ed è necessario per ribaltare il rapporto di forza tra le generazioni,

rifiutando non il necessario quando è necessario (che va invece preteso);

ma il superfluo qualora il suo costo sia un regolamento

sui propri bisogni emotivi (sentimentali e sessuali).

 

Reagire alla vergogna con l'orgoglio significa

far sapere ai tuoi genitori che hai diritto agli alimenti fino ai 25 anni

e che se rifiutano di pagarti l'Università, farai loro causa

e farai finire la tua storia sui giornali.

In questo modo ci si accorge che la "vergogna" è la loro

e che non sei tu che devi vergognarti di te, ma loro di loro stessi.

Così si vince e si vince tutto.

 

Se l'Orgoglio Gay è una questione di scontro generazionale

(perché c'è una dipendenza economica da genitori omofobi)

bisogna gestirlo come si gestisce una battaglia.

 

Perché oggi sono i genitori omofobi,

ma domani sarà un datore di lavoro omofobo.

E se ci si piega da ragazzini, ci si piegherà da adulti.

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Chi è contrario al concetto di "orgoglio gay" non è dichiarato in casa

e chi non si dichiara in casa, teme ti perdere il proprio tenore di vita.

Delle politiche più attente all'occupazione giovanile

- soprattutto riguardo alla piaga del precariato -

potrebbero fare miracoli per i diritti civili dei gay in Italia

(oltre ad aumentare il tasso di natalità...)

 

 

Non sono d'accordo nel ridurre tutto al timore di perdere il proprio tenore di vita. Sono sicuro che sia un fattore primario, ma la questione è anche più profonda.

Esiste un legame, spesso malsano - passatemi il termine - in certe famiglie italiane, che condiziona i figli in modo impressionante.

Insomma, non siamo certo in quei paesi europei dove è il nucleo familiare d'origine a spingerti fuori casa... Soprattutto al Sud (ma non ho tutta questa conoscenza di famiglie del Nord, quindi potrei sbagliarmi) esistono genitori che tendono a infantilizzare i propri figli, a impedirne un distacco emozionale completo, a influire costantemente sulle loro decisioni future fin da quando sono piccoli.

In questo io vedo molta logica familista * , che va poi a ledere non solo il processo di differenziazione e di indipendenza affettiva, ma anche tutto ciò che ne consegue, incluso un eventuale sviluppo dell'orgolio gay, o meglio, della consapevolezza sociale, politica e civica di cosa vuol dire essere gay in Italia.

 

Questo è un discorso che potremmo applicare a molta gioventù italiana, non solo omosessuale. Si spiegherebbe così il crescente disinteresse per una politica attiva, per la partecipazione alla vita sociale, ma anche tanta crisi di lavoro. Parliamoci chiaro: ancor prima delle politiche giovanili, che andrebbero assolutamente migliorate, c'è un sistema che fallisce alla base. Ad esempio il sistema formativo. Non volgio partire dalle scuole primarie, ma già se consideriamo le superiori e poi l'università, possiamo davvero dire che assolvono al loro compito in modo soddisfacente? Sfornare diplomi e lauree senza preoccuparsi se la qualità dell'insegnamento sia all'altezza di rispondere ai bisogni del mercato di domanda e offerta, non serve a un caspito.

I programmoni teorici privi di applicazione pratica, propinati senza valutare alcun feedback agli studenti, trattandoli appunto come se fossero perennemente in un'eterna famiglia dalla quale non devono imparare a staccarsi, non li rendono certo forti, sociologicamente parlando, quando dovranno negoziare un contratto, un lavoro, un misero riconoscimento sul mercato del lavoro.

E mi dispiace dirlo, ma se non c'è occupazione è anche per questa totale mancanza di inventiva. Certo, ci sono anche quelli che hanno le idee, ma purtroppo viviamo in uno Stato così marcio che con le idee ci si pulisce il culo. Viviamo in paesi dove regna la criminalità organizzata, dove la burocrazia e le tasse ti crocifiggono e quindi l'impresa è fortemente ostacolata. Ma ripeto, alla base di tutto c'è un clima culturale di familismo che intacca i sistemi basilari sui quali dovrebbe reggersi la nostra società. E se sono intaccati quelli, saranno intaccate anche le persone.

 

In tutto ciò i gay vivono una doppia, tripla difficoltà come cittadini di serie B. Per molti giovani omosessuali distaccarsi dalle proprie famiglie d'origine non è solo sinonimo di paura di non poter campare, ma è prima di tutto sofferenza e lacerazione, perchè qui non siamo tutti paladini di guerra. Le battaglie fanno male, c'è chi non vorrebbe mai doverle sostenere, perchè non è fatto per combattere, figuriamoci se si trova costretto a farlo contro i suoi genitori, i suoi parenti, i suoi fratelli ecc.

Sono d'accordo sul fatto che se mutasse l'atteggiamento politico italiano e se venisse fatto qualcosa per l'economia, cambiarebbero tante cose anche in materia di diritti civili. Ma questo perchè di riflesso, verrebberro modificati anche i rapporti familiari, le libertà all'interno delle relazioni primarie col nucleo d'origine. Non dimentichiamoci che gli esseri umani sono creature relazionali, non si può ridurre i loro comportamenti a meri schematismi economici...

 

* visto che stiamo tirando continuamente in ballo il concetto e io stesso l'ho citato diverse volte, specifico che quando parlo di familismo amorale mi riferisco a quell'atteggiamento per cui interesse familiare privato e interesse pubblico vengono fatti necessariamente coincidere. Atteggiamento per cui l'interesse della comunità/società verrà sempre scavalcato e ostacolato dall'interesse familista, dove con famiglia si intende un gruppo stretto di consanguinei o di affiliati (pensiamo anche alle famiglie mafiose, alle sette religiose ecc.)

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Chi è contrario al concetto di "orgoglio gay" non è dichiarato in casa

 

Amen! Ma perché tiri fuori sempre questi assiomi universali?! :)

 

Scherzi a parte Almadel, non puoi ridurre tutto al familismo. Io

in casa non sono dichiarato, è vero, ma il mio ragazzo lo è

felicemente da anni, ed anche lui è contrario al concetto di

"orgoglio gay". Quindi come la mettiamo?

 

Tra l'altro si può fare attivismo anche da non dichiarati, non

è che fuori dall'Arcigay ci sono paparazzi pronti a fotografarti

e sbattere il tuo bel visino sui giornali! (idem per i pride).

 

Orgoglio non è inversamente proporzionale alla vergogna,

io non mi vergogno né sono orgoglioso di essere gay perché

non è altro che una neutra caratteristica del mio essere, come

il colore dei capelli e la grandezza del naso. Può piacermi o non

piacermi, ma non ho nulla di cui vergognarmi come non ho nulla

di cui essere orgoglioso.

 

Generalmente è un problema di logistica.

Il Pride è un appuntamento nazionale per il quale

le persone si prendono le ferie mesi prima:

non si può improvvisare un sit-in a Roma

partendo dalla Pianura Padana in due giorni.

 

Era più di un mese che si sapeva che avrebbero fatto quella

votazione. Il problema è che è più divertente fare festa in mezzo

alla strada e assistere al concerto gratuito di Lady Gaga piuttosto

che protestare davanti al parlamento e dare un minimo di conforto,

anche visivo, alla Concia uscita in lacrime da Montecitorio. Tu poi

potrai essere giustificato dalla distanza, ma dubito che a Roma e

dintorni ci siano così pochi gay e lesbiche come i 4 gatti fuori

al parlamento.

 

Inoltre quello che "la famiglia ti tagli i viveri"

è più che altro solo un timore di chi non si dichiara:

i genitori hanno troppa paura di rimanere da soli

per abbandonare il figlio gay a sé stesso.

 

Nulla di più vero.

 

@ALTAIR, ma tu hai mai partecipato a qualche Gay Pride? Perchè una cosa fondamentale che mi sono scordato di scrivere è che l'idea che la parata sia fatta soltanto da persone mascherate ed eccentriche è una distorsione puramente mediatica. Vai a dare uno sguardo ai video dei cortei in tutta Italia su youtube e dimmi se vedi in maggioranza persone conciate a festa o gente normale che sfila pacificamente. Si tratta sicuramente di una manifestazione colorata e vivace (vivadio!) ma la stragrande maggioranza dei partecipanti è costituita da ragazzi e ragazze vestiti in maniera ordinaria, al massimo con qualche t-shirt che richiama uno slogan, una frase, una provocazione. Ci sono tanti etero solidali, tante famiglie lgbt e non, ci sono persone anziane. Se poi al tg passa quasi esclusivamente la clip di quelli che girano nudi o dei travestiti ecc, e la gente assume questo come verità assoluta senza giudizio critico, non ci possiamo far niente. Voglio dire, che possiamo mai aspettarci da un'opinione pubblica che segue appassionatamente Barbara e Maria? Saranno mica loro il vero problema e non le travestite del Pride? e su... :)

 

Si, sono stato ad un pride e quello che ho visto non mi è piaciuto,

fatta esclusione per pochi carri fra cui quello delle Famiglie Arcobaleno,

quello dell'AGEDO e i pochi ragazzi che manifestavano con cognizione

di causa. Quello che passa ai tg, Tancredi, è quello che salta più all'occhio.

 

Per il resto, mi sembra di condividere pienamente l'opinione di Altair, persona alla quale riconosco un'intelligenza e una cultura superiori

 

Eeeeeh addirittura! :blush:

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Ci sono - è vero - anche altri motivi

per il quale si è contrari all'orgoglio gay.

Il motivo principale - come ti hanno già detto -

è l'aver dato a questa parola un significato che non ha

(né intende avere, né ha mai avuto, se non nella propaganda omofoba).

 

E' evidente che ti vergogni, altrimenti saresti dichiarato in casa, no?

Se fosse una "neutra caratteristica del tuo essere"

ti sarebbe sfuggito detto per caso, ma non è così.

Tra l'altro sai benissimo che non è affatto neutra

e mi sembra assurdo che tu pensi di convincermene.

 

Non capisco che razza di critica sia quella su Lady Gaga.

Io ero a Roma per la manifestazione sui PACS

e per quella contro l'omofobia: eravamo poche centinaia.

A tutto ho dato la colpa, tranne che a Lady Gaga.

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Non sono contrario al concetto di proudness per

l'intrinseco riferimento alla "superiorità" dato dalla

propaganda omofoba ma per il suo essere, di fondo,

una concezione sbagliata e controproducente.

L'avrò detto credo 5 o 6 volte ormai.

 

Se non ci si dichiara non è perché ci si vergogna ma

forse perché si ha paura della reazione altrui, il fatto

che noi non ci troviamo nulla di cui vergognarci non

significa che sia lo stesso per le persone che ci circondano.

 

Se all'Europride non ci fosse stata Gaga ci sarebbe stata la stessa

affluenza? Io credo di no. E comunque non mi riferivo a te come Almadel

ma al frequentatore del pride tipico che vede l'occasione del pride utile solo

per far festa.

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AndrejMolov89

Ma cosa hanno le mie domande di tanto sbagliato? :°°°° nessuno mi risponde.-.

 

Akinori: puoi mettere pure quel giochetto dinnanzi agli occhi di tutti, non me ne vergogno, sono miei esperimenti per schematizzare quello che voglio dire in modo semplice, ma sono contorto di natura.Lo faccio di continuo davanti a tutti, le mie contorsioni sono parte di me e se qualcuno ha voglia di ridere di me, beh lo faccia.Inoltre non mi pare che almadell ti abbia capito perfettamente, visto che continua a dire che non sembra esserci nulla di chiaro nei tuoi post.

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Ma che me ne importa se viene solo per far festa?

Non è che i Pride di Berlino o Madrid siano diversi

e mi pare che per loro non sia un problema.

 

Ok, non ti dichiari per "vergogna" ma per "paura".

Allora sostituiamo l'Orgoglio Gay con il Coraggio Gay, va meglio?

Vuoi vedere che traduce meglio il senso di Proudness?

 

Io penso che se tu fossi etero, amassi una Africana

e i tuoi genitori fossero razzisti; non la nasconderesti.

Penso che il tuo amore vincerebbe la tua paura delle loro reazioni.

(Idem se loro fossero classisti e tu amassi una cameriera.)

Per questo suppongo che tu abbia interiorizzato

parte della vergogna che loro provano nei tuoi confronti.

E per questo preferisco il termine Orgoglio (= contrario di Vergogna)

rispetto a quello di Coraggio (=contrario di Paura)

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