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Gay, suicida su tomba del compagno


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(ANSA) PADOVA, 20 OTT - Non ha retto al dolore della perdita del compagno e ha deciso di farla finita scegliendo di morire proprio sulla sua tomba nel giorno del suo compleanno. L'uomo, 54 anni, e' stato trovato stamane nel cimitero di Piazzola sul Brenta (Padova), riverso sul tumulo di terra dove e' sepolto il suo ex convivente, anche lui morto suicida il 15 agosto scorso. In testa un sacchetto di nylon fissato al collo con del nastro da pacchi girato stretto; in tasca i documenti ma nessun messaggio.

 

 

Qualcuno di voi Padovani sa raccontarci qualcosa di più?

 

Che storia triste (a prescindere dalla sessualità), sopravvivere alla morte della persona amata è sempre un trauma.

Speriamo che ora, se esiste qualcosa dopo, siano ancora assieme.

Link to comment
https://www.gay-forum.it/topic/18389-gay-suicida-su-tomba-del-compagno/
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Quello che non capisco.. vale davvero la pena suicidarsi per un compagno codardo che si suicida? Vabbé che c'è già una discussione sul suicidio.. però comprendo che a volte i problemi sembrano così giganteschi da non trovare "apparentemente" una via d'uscita.

Comunque.. una morte orribile.. mi sembra strano uccidersi da soli in quel modo.. o ci vuole una determinazione oppure è un omicidio. Di solito i suicidi preferiscono una morte più rapida o i sonniferi.

 

Non posso editare il messaggio.. ma ho trovato articoli un po' più eloquenti.

 

http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=167083&sez=NORDEST

 

http://www.leggo.it/articolo.php?id=144309

 

Si capisce un po' meglio la situazione.. i due non erano più conviventi come capivo io dal messaggio dell'Ansa (ex-conviventi nel senso che uno dei due si è suicidato il 15 agosto).

Beh, se si tratta di suicidio veramente, bisogna avere un coraggio terribile. Poi, penso che in situazioni del genere, la testa da un po' di matto, nel senso che dubito fosse stato lucido al 100%. Più che altro mi stupisce l'abbia fatto a distanza di un anno, a meno che non avesse progettato tutto per uccidersi proprio quel giorno...

 

mah...ora ho addosso una grande tristezza...

Ma perchè il compagno era un codardo?

 

A quel che leggo era finita una storia ventennale e c'erano

state delle difficoltà finanziarie, insomma le cose giravano male

e questo ha pure portato alla fine di una relazione importante.

 

Il fatto che il compagno abbia scelto di suicidarsi nel giorno del

compleanno dell'ex e sulla sua tomba ci conferma l'importanza

del loro legame ( non credo possa essere il frutto di confusione

mentale, ma una scelta lucida )

 

Non mi pare si possa dedurre altro da ciò che leggo

Ho già detto la mia nell'apposita discussione sul suicidio :)

E quello che penso. Sarà anche stato un legame importante, ma non vedo i motivi per suicidarsi.. beh c'è da dire che la disperazione può essere oscura, non ci vedo lucidità.

AndrejMolov89

OT: Notizie dell'ultima ora: chi si suicida, non è, nella stragrande maggioranza delle volte, lucido. Razionalmente non ci sono mai i motivi per suicidarsi, anzi, razionalmente tutte le giustificazioni non sono mai sufficienti. Il suicidio è un fatto emotivo, non si può prescindere da questo. Tu razionalmente puoi chiamarlo codardo, ma dubito che tu abbia il coraggio di ucciderti anche se ci fossero motivi sensati. La paura della morte è sempre più grande della paura potenziale per il futuro, anzi il suicida la maggior parte delle volte non vede nulla di buono, non ha neanche paura del futuro, semplicemente SA che andrà male :)

Sono d'accordo con quanto detto da Greed.

Io non lo conosco.. ho solo avuto la "sfortuna" di aver conosciuto gente che si è suicidata. Chi per amore chi per motivi di lavoro.. Non c'è lucidità (cioè capacità di trovare delle spiegazioni, soluzioni, spiragli di felicità) ma solo volontà e determinazione a farla finita.. non mi sembra una giustificazione.

Come si fa a parlare di coraggio e ammirazione nel suicidio.

Sono atti estremi dove il coraggio non c'entra niente e l'ammirazione la trovo triste.

 

Il gesto che l'uomo ha compiuto non può essere visto come gesto d'amore, ma si evince come i due erano fortemente legati

Possiamo parlare in astratto di coraggio o codardia, solo nel caso

in cui il suicidio sia motivato da ragioni astratte.

 

Ad esempio: il codice samurai mi impone il suicidio perchè sono

stato sconfitto oppure mi suicido come forma estrema di protesta

politica ( Alfredo Ormando , Jan Palach etc. )

 

In questi casi, in cui apparentemente non ci sono ragioni astratte,

bisognerebbe conoscere le persone e la vicenda; possiamo ipotizzare

che su questa vicenda gravi un senso di sconfitta rispetto alla vita.

Ma anche se queste due persone fossero state travolte e sconfitte

dalla vita, questo non ci deve impedire di rispettarne la dignità.

 

Forse nel caso del suicidio-omicidio del padre e della madre

o dei suicidio con abbandono dei figli piccoli ( vi uccido insieme

a me VS mi uccido e vi abbandono ) può parlarsi di codardia o

di fuga dalla responsabilità, perchè la scelta di essere genitori

dovrebbe limitare anche la disponibilità della propria vita.

Il suicidio non è un emozione. È un mix di sensazioni che si articola in piu fasi.. Queste sensazioni, nella fase iniziale, rimangono solo sensazioni, se non si è forti e molto razionali determinano il suicidio. Da piccolo, volevo buttarmi in un pozzo, non ho mai avuto la forza perchè sono sempre stato molto razionale. La paura/fascino del suicidio mi ha accompagnato spesso nella vita a causa di problemi relazionali con i miei genitori e i miei fratelli, nonchè con un intera realtà di ignoranti pronti solo a puntare il dito perchè diverso. In quelle circostanze ti senti lucidamente sicuro di cio che fai. Arrivare a scegliere il suicidio è un cammino lungo e pieno di tanti perchè, certo è che per farlo, devi essere Solo nella vita. Per solo intendo "privo di legami" e affetti. Io da quella realtà scappai fuggendo di casa, l'alternativa era proprio il suicidio. Molte volte mi rinchiudevo in bagno, dopo le botte e le umiliazioni, con un paio di forbici, ma non ho mai avuto la forza perchè pensavo di potermi riscattare prima o poi e cosi è stato. Chi sceglie il suicidio, è perchè in maniera silente, non è mai riuscito a trovare la vera gioia di vivere.

Come si fa a parlare di coraggio e ammirazione nel suicidio.

Sono atti estremi dove il coraggio non c'entra niente e l'ammirazione la trovo triste.

 

come ho già espresso nella sezione spunti e riflessioni dove vi è un topic apposito sul suicidio, i suicidi non sono tutti uguali.

resta il fatto però che il suicidio spesso è una presa di posizione, estrema ma lo è. Non sempre, però se una persona si uccide per sfuggire da qualcosa lì non è più una presa di posizione, ma un modo disperato per farla finita.

Ora però ubuntuboy ha detto una cosa molto giusta:

 

Arrivare a scegliere il suicidio è un cammino lungo e pieno di tanti perchè, certo è che per farlo, devi essere Solo nella vita. Per solo intendo "privo di legami" e affetti

 

ecco. certo chi ha i figli secondo me prima di suicidarsi dovrebbe mettersi la coscienza a posto e per lo meno pensare a come vivranno i figli ma per il resto mi trovo d'accordo con hinzelmann. ad ogni modo io penso che è troppo facile dire che chi si uccide è un codardo o un vigliacco.

Io non ho mai pensato al suicidio,

ma se morissero il mio ragazzo e il mio fratellino

non avrei nessun problema a prenderlo in considerazione.

 

Ci sono dei dolori che ti tolgono tutto il gusto della vita

e ti lasciano solo la disperazione. Che c'è di male?

Sarebbe una specie di eutanasia.

Scusa, ma perché bisogna avere per forza "le palle di vivere"?

Se una persona soffre molto, ha tutto il diritto di smettere.

 

Se questo vale per chi è in un "polmone d'acciaio",

non vedo perché non possa valere per un lutto.

 

Poi se riesci ad elaborarlo e a passare oltre

sono felice per te; ma se non ci riesci

non posso mica biasimarti.

Scusa, ma la qualità della vita la puoi calcolare solo sulla tua, di vita.

C'è chi riesce a continuare a vivere senza braccia e gambe perché è in grado di avere comunque una vita che giudica meritevole di essere vissuta, e chi senza una persona non riesce più a vedere alcuna attrattiva nel vivere ancora.

Intendevo una vita che sai che sta per finire (es malattie terminali, tumori) con sofferenze sia fisiche che psichiche/emotive perché appunto sai che stai per morire e non ci puoi fare nulla. Ora c'è chi accetta ciò e vive la fine serenamente (vedi Rosanna Benzi che ha vissuto quasi trent'anni in un polmone d'acciaio) e chi invece non riesce a sopportare di restare inerme senza fare niente (vedi il papà di Eluana Englaro anche se in questo caso prima c'è una persona comunque viva, che parla, mangia, ha dei rapporti sociali e la seconda l'esatto contrario). Non certo uno che decide di morire solo perché è morto il compagno oppure non ha le palle di affrontare una situazione giudiziaria e il conseguente scandalo e quindi giudica la propria vita senza senso, comunque cose reversibili (puoi sempre risollevarti e trovare un senso in futuro). Io credo che siano due cose ben diverse.

Ma questo non significa che allora chi è malato terminale o comunque sta per morire è autorizzato a suicidarsi rispetto ad un altro(questo ho capito dalle tue parole yalen ma magari ho frainteso io). Secondo quale criterio puoi separare il suicidio giustificato da quello ingiustificato? Il suicidio è suicidio e basta; alla fine non ci sono codardi od eroi, la fine di una vita è la fine di una vita, comunque una "tragedia". Poi si può non condividerla ma non capisco perché chi si uccide debba essere un codardo. Alla fine il suicidio può essere visto anche come atto di amore dal suicida che pone fine alla sua esistenza perché stanco di soffrire.

Il suicidio ha una triste prevalenza nelle persone trans e omosessuali.

Foucault si è suicidato due volte, senza riuscirci, prima di diventare il

Foucault che ha segnato la Storia. Dobbiamo fare i conti con il fatto

che adolescenti gay e trans si suicidano in troppo alta percentuale.

 

è naturale che molti cerchino di reagire a questo dato di fatto avversando

il suicidio, anche se questo dovrebbe avvenire rifiutando il suicidio in quanto

tale, e non stigmatizzando la persona che si suicida: fare questa distinzione

sarebbe opportuno.

Scusa, ma perché bisogna avere per forza "le palle di vivere"?

Se una persona soffre molto, ha tutto il diritto di smettere.

 

Se questo vale per chi è in un "polmone d'acciaio",

non vedo perché non possa valere per un lutto.

 

Poi se riesci ad elaborarlo e a passare oltre

sono felice per te; ma se non ci riesci

non posso mica biasimarti.

Scusa, ma la qualità della vita la puoi calcolare solo sulla tua, di vita.

C'è chi riesce a continuare a vivere senza braccia e gambe perché è in grado di avere comunque una vita che giudica meritevole di essere vissuta, e chi senza una persona non riesce più a vedere alcuna attrattiva nel vivere ancora.

 

Sono d'accordo coi vostri punti di vista. Secondo me, vediamo una differenza tra il caso di chi soffre fisicamente e chi emotivamente perché la sofferenza fisica ci spaventa molto di più, sembra - e a volte è - del tutto insopportabile e irrimediabile; inoltre per molti di noi è in gran parte sconosciuta, perciò fa paura.

Invece, il dolore della perdita è un'esperienza che, in gradi diversi, abbiamo fatto tutti, e abbiamo una certa cognizione del fatto che si può superare - cosa che ci fa dare del vigliacco a chi invece non riesce a superarla; dimenticando così che la percezione del dolore e la capacità di resilienza sono comunque soggettive.

 

Detto questo, non biasimo chi tenta il suicidio - trovo che abbia già abbastanza problemi da non doversi occupare anche del mio biasimo, come dire...

E sono d'accordo sul fatto che ciascuno è libero di disporre della propria vita, valutando se continuare a sopportare le difficoltà o abbandonare la partita.

Certo, mi vien da dire che il dolore di una perdita (a differenza di quello fisico) è qualcosa che comunque può essere affrontato e col tempo ridotto, magari col giusto aiuto; per cui mi dispiace quando qualcuno rinuncia a questo tentativo.

Ho sempre trovato sciocco e sbagliato biasimare le persone che si suicidano.

Biasimare il suicidio, pure è di troppo. Ma considerarlo una scelta a cui resistere,

questo certamente sì. Non sono d'accordo con il relativismo assoluto di Ariel,

circa la misura della vita, e non mi ritrovo nelle parole di Almadel: possibile che

se sono morte le persone amate e più care uno non trovi altre ragioni - tante ragioni -

per vivere? Non ci credo, e non credo che sia il caso tuo, Almadel.

 

Certo, bisogna fare una sorta di eccezione per le persone eccezionali (perché ce

ne sono): persone talmente imbevute di sete di assoluto, o talmente complesse

psicologicamente, o a tal punto sensibili e ipersensibili, o dotate di una struttura psichica

molto particolare, da consegnarsi al suicidio, forse davvero con piena coscienza.

Come ho già detto nell'altro topic, è sbagliatissimo condannare chi si suicida, o peggio, accusare queste persone di non avere le palle, o di non averlo fatto in piena coscienza, o di non aver trovato qualcos'altro per cui vivere.Bisogna condannare ciò che ha indotto quella persona alla morte, e non la persona suddetta.In questo caso probabilmente non è colpa di nessuno, nemmeno del compagno già morto.Semplicemente questo poveretto non ce la faceva più, e ha fatto questa scelta, e l'unico in grado di giudicare pienamente sulla sua situazione era egli stesso.Se ha scelto così significa che era la cosa migliore per lui.

No. Non è affatto un assioma che solo la persona che fa una certa scelta (una qualunque) è in grado

o addirittura la sola in grado di giudicare rettamente di tale scelta: perché esiste l'errore. E se la scelta

di suicidarsi fosse automaticamente la cosa migliore per chi la compie, non esisterebbero suicidi che

si risvegliano dal coma, da cui sono stati strappati per un pelo, ringraziando gli eventi che li hanno

portati ad essere soccorsi in tempo: ci sono molti esempi, anche celebri. Dalida organizzò il suo

primo suicidio con cura meticolosa: solo per puro caso fu trovata morente da una cameriera,

che non avrebbe dovuto essere là a quel momento, e fu salvata: ha campato altri stupendi 20 anni.

Al contrario, sono stati anni fondamentali per la sua carriera musicale:

solo in questi ultimi raggiunse la sua pienezza d'espressione artistica

e la sua maturità d'interprete, rafforzando anche la sua attività internazionale.

Dopo vent'anni, ritentò, questa volta con pieno successo, e in modo

altrettanto studiato e accorto. Solo che questa volta non ci fu nessun caso

a salvarla, e d'altro canto aveva lasciato scritto: «La vita mi è insopportabile.

Perdonatemi».

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