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Valore legale della laurea


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Non ci dovrebbe essere una discussione se simile, qualora già fosse presente me ne scuso.

 

Sembra che finalmente si stia iniziando a discutere seriamente dell'abolizione del valore legale della laurea(e altri titoli di studio), mi domando quanti di voi sono favorevoli ad una simile misura, e qualora non lo foste come mai?

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https://www.gay-forum.it/topic/19138-valore-legale-della-laurea/
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Assolutamente contrario.

 

Prima di tutto mi chiedo quali parametri verranno usati per valutare i singoli atenei e quanto questi saranno oggettivi.

Temo che le università private saranno incredibilmente premiate nonostante molte di queste siamo molto meno serie

e più larghe di voti di alcune pubbliche.

 

Inoltre, si è parlato di mantenere il valore di alcune lauree a carattere tecnico-professionale come ingegneria. La trovo una follia.

Un ingegnere non avrà mai le competenze per un concorso dell'area giuridico-economica. Però lui potrà partecipare a questi concorsi,

mentre io non potrò partecipare (giustamente) ai suoi.

 

La mia facoltà è ai primi posti in Italia nel suo genere, io dovrei essere fra i "fortunati", eppure questa presunta riforma non mi

convince affatto.

Praticamente sarebbe il valore che la laurea ha rispetto ad altri titoli di studio come il diploma

o l'attestato di estetista.

 

Per alcuni posti di lavoro la laurea rappresenta un limite, se ce l'hai puoi partecipare, altrimenti no.

 

Eliminando il valore legale della laurea anche un'estetista non laureata può fare un concorso per

diventare dirigente della pubblica amministrazione, quando quel concorso prima era permesso solo

a chi aveva una laurea (in questo caso settore giuridico-economico quindi Giurisprudenza, Scienze

Politiche, Economia e lauree equipollenti).

Sono sfavorevole a questa proposta perchè in questo modo si abolisce il merito di avere compiuto un determinato percorso, frutto di tante fatiche, e perchè alla fine gli atenei "più qualificati" saranno solo quelli delle università private, sebbene molti statali abbiano pari o maggiore valenza.......il tutto rientra nel progetto di dare scredito alla scuola pubblica che la classe politica italiana compie ormai da anni, capeggiata ovviamente da colui-che-non-deve-essere-nominato de noantri :muro:

La questione è complessa perchè l'ordinamento giuridico

è contraddittorio.

 

Intanto bisogna distinguere il valore legale intrascolastico o

accademico, da quello extrascolastico ( accesso al mondo del

lavoro )

 

Il primo garantisce una certa uniformità dell'ordinamento

dell'istruzione ( un titolo serve per iscriversi ad una scuola

di grado superiore, una scuola privata deve garantire certi

requisiti e così un titolo di studi straniero etc. ) la questione

è complessa ma di per sè una marcata autonomia scolastica

non è pregiudicata dal mero titolo ( sono ben altre le norme

che ingessano curricula etc. etc. )

 

Il secondo regola l'accesso al mondo del lavoro.

 

Per quanto riguarda le professioni in realtà l'abilitazione

all'esercizio di una professione è conseguita attraverso il

superamento di un esame di stato a cui è possibile accedere

solo se in possesso di un titolo accademico. E' un valore legale

ma indiretto, direi un requisito legale per partecipare ad un esame.

 

Sull'esame di stato abbiamo una norma costituzionale l'art. 33 Cost.

e poi una miriade di leggi settoriali professionali, ma in sè la norma base

del 1933 parla di titoli con valore di qualifica accademica.

 

La normativa sul pubblico impiego invece è sempre stata molto formalistica

in origine valeva la corrispondenza: laurea-carriera direttiva ; diploma-impiegato

di concetto ; titolo di primo grado-carriera esecutiva.

 

C'era quindi una gerarchia di titoli che corrispondeva ad un ordinamento

gerarchico del pubblico impiego. Tutto ciò è stato però smantellato con la

privatizzazione del pubblico impiego e la contrattualizzazione delle carriere.

Rimane ovviamente il requisito concorsuale del titolo di studio laddove previsto.

 

Ne consegue che di per sè le norme selettive sono quelle che prevedono

gli esami ed i concorsi e il valore legale del titolo accademico in sè è solo

un requisito in più. Direi che l'enfasi sul valore legale del titolo di studi, corrisponde

storicamente ad un diffuso scetticismo sulla capacità della pubblica amministrazione

e degli ordini professionali di assicurare una selezione sufficientemente imparziale.

 

Uno scetticismo che sarebbe un errore sottovalutare, perchè un suo fondamento ce l'ha

 

Altro discorso sarebbe il dire, poichè il titolo di studio non ha in realtà un valore

legale diretto ma è un requisito, perchè non farlo valutare alla commissione di concorso

o alla commissione d'esame, in modo da consentire una differenziazione dell'offerta formativa?

 

In effetti si è assistito ad un ping pong di norme che da un lato favorivano la autonomia

scolastica ed universitaria, e di regolamentazioni secondarie che la svuotavano o riducevano

prevedendo tabelle di corrispondenza fra corsi titoli e carriere etc. etc. un vero marasma.

 

Anche in questo caso però vale quanto detto prima. Una commissione concorsuale o d'esame

che ha più potere discrezionale è una commissione che può premiare il merito di una frequenza

presso una università prestigiosa, ma potrebbe anche al contrario usare questo potere per erigere

barriere o fare delle parzialità.

 

Tutto ciò riguarda ben poco il mercato del lavoro privato che potrebbe già ora premiare

le università migliori o riconoscere il valore formativo di un titolo magari non specifico, ma conseguito

presso una facoltà seria e di qualità, che appunto "forma" al di là del corso di studi, ma non lo fa.

Non avevo sentito dell'abolizione della laurea.... Solo della presunta scomparsa della discussione della tesi di primo livello o addirittura della sua prossima scomparsa.... In poche parole si avrà di nuovo la mera laurea "completa", a ciclo unico.... me ne ha parlato anche il mio relatore.. Dipende dalle decisioni che si faranno a breve sul sistema universitario...

 

Comunque era già ovvio che valesse poco un titolo simile in Italia, mi è bastato sapere che molti titolari di negozi d'abbigliamento cercano ragazze LAUREATE x fare le commesse....

 

Poi ovviamente sta a noi sfruttare le occasioni in italia (poche, a meno che non ci sia una zampata nel sedere) o meglio all'estero...

questo è.. Poi esiste una graduatoria delle migliori università in italia.... Si presume che si premieranno le più rinomate a dispetto di quelle che sono più in fondo alla lista.... tristezza

Non credo che vi sia una correlazione fra valore legale del titolo

e laurea breve.

 

La laurea breve è del tutto equivalente ad un diploma di scuola

media superiore del passato, è una finta laurea che non serve

nè agli esami di stato per l'accesso alle professioni, nè ai pubblici

concorsi, quindi il valore legale del titolo conta poco.

 

In teoria si dovrebbe supporre che mediamente lo studente dovrebbe

acquisire una cultura maggiore, visto che lo stato spende di più, si studiano

degli anni in più, etc. Di fatto però il livello qualitativo della scuola media

secondaria si è abbassato per cui non sarei sicuro sia vero, in ogni caso

questa è una mia opinione.

 

La realtà è che la differenza di reddito fra laureato e diplomato è insignificante

e lo è perchè di fatto il laureato trova lavoro più facilmente essendosi adattato

oramai ad accettare qualunque lavoro e le immatricolazioni calano:

 

http://www.ilsole24o...l?uuid=Aa2LknhE

 

PS ovviamente l'articolo continua ad equivocare su una serie di aspetti

perchè confindustria ha supportato fortemente la riforma del 3+2, tuttavia

devono registrare il calo delle immatricolazioni e quantomeno porsi dei dubbi

 

Faccio incidentalmente notare che le imprese italiane non fanno distinzione

neanche fra laurea breve e laurea magistrale....il chè pone seri dubbi sulla

possibilità di gratificare chi abbia studiato in facoltà di qualità

sono favorevole all'abolizione del valore legale del titolo di studio

lo sono perché in Italia è stato introdotto soprattutto per fare del protezionismo corporativo

prendo il caso degli psicoanalisti: oggi per diventare psicoanalista occorre avere un dato titolo di studio (psicologia o medicina)

più una specializzazione più un lungo tirocinio

è un iter costruito appositamente per fare di questa professione una corporazione

né Freud né Jung intesero mai la professione di psicoanalista come qualcosa necessariamente riservato ai medici, ma piuttosto come una possibilità aperta ad alcune persone dotate di una particolare capacità analitica ed insieme intuitiva

non è tanto importante in questo caso la laurea, quanto il percorso umano e professionale successivo

alcuni tra i più grandi psicoanalisti del passato non erano né medici né psicologi (Musatti ad esempio era un matematico)

con l'ordinamento odierno Musatti non sarebbe mai diventato uno psicoanalista

prendo il caso degli psicoanalisti: oggi per diventare psicoanalista occorre avere un

dato titolo di studio (psicologia o medicina) più una specializzazione più un lungo

 

Conrad, Freud era un medico, e Jung, oltre che medico, era uno psichiatra e aveva lavorato anni al Burghölzli, ed era fondamentalmente per queste due ragioni che Freud era tanto attratto da lui. Infatti, mentre Freud aveva dichiarato che la psicosi è incurabile, Jung affermò il contrario, e fu il primo a curarla. Perché? Perché aveva una forte formazione psichiatrica, e perché aveva lavorato per anni su soggetti in cui la psiche ancora nemmeno si era formata...Ma al Burghölzli non avrebbe ovviamente potuto accedere senza la sua formazione di medico e di psichiatra.

 

E' davvero il minimo avere una laurea per poter accedere a una Scuola freudiana o junghiana. il corso di una di queste Scuole poi è indispensabile.

 

Sono consapevole che nella Scuola di specializzazione in Psichiatria delle università insegnano spesso persone ignoranti, prive della necessaria cultura, che hanno parametri psichiatrici rozzi: me lo confermava giorni fa un mio amico di 30 anni laureato in medicina, intelligente, colto, sensibile, che tra l'altro, poiché non è un leccaculo, ha rinunciato alla possibilità di entrarvi.

 

Ma ancora più incolti sarebbero quelli che accedessero alla professione senza laurea e senza la scuola (parlo ora di quella freudiana o junghiana). Anche se fossero persone dotate di altri requisiti, sarebbero approssimativi, impressionistici.

 

Musatti in ogn caso era laureato in Filosofia (che è una delle lauree accettate sia dalle Scuole freudiane che junghiane per accedere al corso formativo), e aveva lavorato e poi diretto per anni un Laboratorio universitario di psicologia.

Favorevole all'abolizione: sarebbe un giusto colpo alle caste, e soprattutto un passo che porterebbe a valutare le persone in base alle conoscenze/competenze effettive e reali delle stesse, piuttosto che in base ad un mero titolo, titolo che, come sappiamo, puo' essere facilmente comprato o ottenuto col minimo sforzo in certi atenei.

Conrad, Freud era un medico, e Jung, oltre che medico, era uno psichiatra e aveva lavorato anni al Burghölzli, ed era fondamentalmente per queste due ragioni che Freud era tanto attratto da lui. Infatti, mentre Freud aveva dichiarato che la psicosi è incurabile, Jung affermò il contrario, e fu il primo a curarla. Perché? Perché aveva una forte formazione psichiatrica, e perché aveva lavorato per anni su soggetti in cui la psiche ancora nemmeno si era formata...Ma al Burghölzli non avrebbe ovviamente potuto accedere senza la sua formazione di medico e di psichiatra.

 

E' davvero il minimo avere una laurea per poter accedere a una Scuola freudiana o junghiana. il corso di una di queste Scuole poi è indispensabile.

 

 

...

Ma ancora più incolti sarebbero quelli che accedessero alla professione senza laurea e senza la scuola (parlo ora di quella freudiana o junghiana). Anche se fossero persone dotate di altri requisiti, sarebbero approssimativi, impressionistici.

 

 

ti ringrazio delle puntualizzazioni, sempre utili soprattutto a chi non conosce alcuni aspetti della biografia di Jung e Freud, ma ti assicuro che in molteplici punti della sua opera Jung in particolare si esprime in maniera chiarissima al riguardo, ritenendo la laurea in medicina assolutamente non influente rispetto alle possibilità di diventare un buon terapeuta

anche Freud in più occasioni espresse un'idea simile, asserendo l'assoluta indipendenza e novità della nuova scienza che andava fondando

 

ovviamente non intendevo dire che "chiunque ispirato può divenire un terapeuta": per divenire terapeuta una scuola è assolutamente indispensabile, come è necessaria un'ampia pratica clinica e il sottoporsi a propria volta all'analisi; ma questa scuola può innestarsi su una preparazione universitaria ampiamente diversificata, senza per questo inficiare ed anzi precludere la possibilità di diventare psicoanalista

 

confermo che a mio avviso l'attuale ordinamento, che di fatto obbliga ad un percorso lungo che si può impostare solo in giovanissima età, salvo poi "perdersi per strada", è una iattura perché la vocazione psicoanalitica può nascere solo a seguito di una lunga e articolata maturazione personale che di norma non può aversi a 18 - 20 anni quando si sceglie il corso di laurea

 

in quanto a Musatti, non furono certo né gli interessi matematici né quelli filosofici (i primi oggi vietati, i secondi "ammessi" per chi deve prepararsi ad operare in questo particolare campo terapeutico) a permettergli di diventare psicoanalista, ma la "fluidità di accesso" che all'epoca esisteva e che è rimasta tale fino a tempi relativamente recenti (moltissimi eccellenti psicoanalisti tuttora in attività non sono né medici, né psicologi, né filosofi)

Parole moderatamente liberali, sto per commuovermi.

Tralasciando i commenti sarcastici vorrei concentrarmi su due punti toccati da Nazareno. Primo vorrei capire come fai a dire che la qualità di università migliori verrebbe messa in ombra da un sistema sostanzialmente basato sul Rating, come in USA, mentre è semmai l'eguaglianza forzata dei valori delle singole lauree, anche se presa in università qualitativamente assai diverse, che semmai innesca un simile meccanismo.

Secondo vorrei capire dove starebbe secondo te il progetto di discredito della scuola pubblica in un simile atto, e soprattutto se reputi abbia senso distinguere tra pubblico e privato se non in base alla qualità dell'insegnamento.

Anche io sono favorevole all'abolizione: la differenza tra università di provenienza, di fatto, già si fa (altrimenti poi perché stilare classifiche per le università o facoltà specifiche?). Forse togliere il valore legale potrebbe aiutare a ridare dignità alla laurea, che ormai è veramente solo "un pezzo di carta".

Conrad, non ho detto che fu la Laurea in Filosofia che permise a Musatti accesso alla psicoanalisi.

Ho detto che ce l'aveva, avendolo tu ricordato come matematico (mentre in Matematica

Musatti non si laureò mai), e che, sarà un caso, questa sarebbe stata idonea anche oggi per

permettergli l'accesso al training di futuro analista.

 

Ma naturalmente è verissimo quanto dici circa la fluidità di accesso di allora.

 

In effetti è questo il punto. Parlando di analisti che esercitarono da grandi la professione senza

titoli specifici tu parli di un'epoca che è ormai tramontata, nella quale possedere già solo la licenza

liceale classica assicurava una formazione, una quadratura mentale, una cultura generale che oggi

è raro ti dia una laurea magistrale.

 

Ma è vero quello che dicevano Freud e Jung, e, in un certo senso, lo direbbero ancor più oggi,

dato lo stato dell'Università. Suppongo però Jung lo dicesse avendo riguardo a tutta la sua

competenza ed esperienza sul campo di psichiatra, e alla sua enorme cultura filosofica, storica, artistica.

Lui se lo poteva permettere di parlare così - avendo comunque le sue ferree base di psichiatra,

e tu che hai letto, credo, tutto il suo corpus e l'autobiografia, sai bene quanto frequenti siano, quasi

buttate là, certe diagnosi, la sua ermeneutica psichiatrica, l'utilizzazione di un certo sapere.

 

Oggi che ce l'ha questo patrimonio di formazione? Nessuno, credo.

 

Oggi per accedere a una Scuola freudiana o junghiana è necessaria la laurea in Medicina,

Psicologia e anche in Filosofia. Nessuna delle tre, di per sé, è sufficiente. Se tu abolissi questo

ordinamento, che cosa proporresti al suo posto?

@@Frollo

Le agenzie di rating non sono e non saranno libere da condizionamenti (=potranno essere comprate) e privilegeranno le università private piuttosto che quelle pubbliche, che spesso offrono uguale preparazione o quasi........il discredito della scuola pubblica è in atto ormai da molto tempo, come minimo da più di una decina di anni, tutto questo in un sistema marcio fino al midollo e che vorranno far diventare ancora più marcio, potenziando le strutture private invece che quelle pubbliche come dovrebbero fare (anzi a queste hanno già tolto e stanno togliendo anche adesso fondi)

In effetti è questo il punto. Parlando di analisti che esercitarono da grandi la professione senza

titoli specifici tu parli di un'epoca che è ormai tramontata, nella quale possedere già solo la licenza

liceale classica assicurava una formazione, una quadratura mentale, una cultura generale che oggi

è raro ti dia una laurea magistrale.

 

Ma è vero quello che dicevano Freud e Jung, e, in un certo senso, lo direbbero ancor più oggi,

dato lo stato dell'Università. Suppongo però Jung lo dicesse avendo riguardo a tutta la sua

competenza ed esperienza sul campo di psichiatra, e alla sua enorme cultura filosofica, storica, artistica.

Lui se lo poteva permettere di parlare così - avendo comunque le sue ferree base di psichiatra,

e tu che hai letto, credo, tutto il suo corpus e l'autobiografia, sai bene quanto frequenti siano, quasi

buttate là, certe diagnosi, la sua ermeneutica psichiatrica, l'utilizzazione di un certo sapere.

 

Oggi che ce l'ha questo patrimonio di formazione? Nessuno, credo.

 

Oggi per accedere a una Scuola freudiana o junghiana è necessaria la laurea in Medicina,

Psicologia e anche in Filosofia. Nessuna delle tre, di per sé, è sufficiente. Se tu abolissi questo

ordinamento, che cosa proporresti al suo posto?

 

non ho da proporre un ordinamento alternativo, proprio perché sono contrario a qualsivoglia ordinamento in materia

non sarà certo "quel" pezzo di carta a fare di una persona uno psicoanalista, così come, per citare esempi alti, forse troppo alti, la vastissima cultura di Jung (che in alcuni suoi aspetti Freud disprezzò chiamandola "marea nera dell'occulto") non era figlia della sua formazione e pratica psichiatrica, che pure c'era ed è un dato fondamentale della sua storia personale

rtengo l'unica scuola possibile, in materie come la psicoanalisi, una scuola basata su uno stretto connubio tra teoria, tecnica e pratica analitica e terapeutica, di durata non eccessiva (a mio avviso 5 anni sono sufficienti), a cui si può accedere comunque con una laurea (in qualsivoglia materia)

tali scuole dovrebbero prevedere una importante parte iniziale di "scoraggiamento" dell'allievo (un pò come farebbe un Maestro Zen :frusta: o il Meastro dei Novizi in un Monastero) per mettere alla prova le sue reali motivazioni, le sue capacità e le sue effettive possibilità di sviluppo

parliamo infatti di qualcosa di molto delicato, che è più vicino alla vocazione che alla professione

 

tornando al topic, secondo me il valore legale del titolo di studio è doppiamente negativo: dal punto di vista sociale perché genera corporazioni senza garantire preparazione, dal punto di vista del singolo perché irriggidisce i percorsi di carriera possibili, e così facendo disperde capacità e intelligenza

è una forma moderna di "servitù della gleba", in cui un individuo si ritrova ad essere succube tutta la vita di scelte di studio fatte in età giovanile

queste non necessariamente rispecchiano la personalità nella sua evoluzione durante la vita, che spesso porta ad acquisire nuove competenze ed interessi spendibili in ambito professionale

Scusami ma come fai a sostenere in generale che una laurea in

giurisprudenza non garantisce una preparazione specifica per la

professione di Avvocato, o la laurea in ingegneria quella di ingegnere

o medicina per i medici etc. etc.?

 

E' chiaro che non è possibile se non attraverso una riflessione sulle

varie professionalità richieste. Nè un esame di abilitazione costituisce

in sè una corporazione, perchè si possa parlare di corporazione occorre

un numero chiuso, uno spirito di corpo che prevale su ogni altra appartenenza

etc.

 

E se il numero chiuso viene introdotto a monte per l'iscrizione all'università

in ragione di una programmazione degli accessi, non si creano lauree di serie

A e lauree di serie B e soprattutto non si pone un contraddittorio sbarramento

preventivo? ( vedi tutto il settore sanitario medico-paramedico-infermieristico )

 

La realtà è che rispetto al numero chiuso il valore legale del titolo è ben misera

cosa, e l'ondata di domande di iscrizioni alle facoltà con numero chiuso lo dimostra.

Con creazione di microprofessionalità un tempo insospettabili....

 

Possiamo essere anche d'accordo nel ritenere l'ordine dei giornalisti un

residuato storico e addirittura pensare di liberalizzare totalmente questa

professione eliminando semplicemente l'esame di stato ( perchè ripeto

senza esame di stato il valore legale del titolo scompare di per sè )

 

Sarebbe ingenuo ritenere che questo possa risolvere l'annoso problema

dell'accesso al giornalismo e la cronica mancanza di professionalità dei

giornalisti italiani, completamente asserviti ai propri "padrini" politici, perchè

il problema per un neogiornalista non è certo l'esame in sè. Si tratta di prendere

atto del fatto che l'ordine dei giornalisti è inutile e deregolamentare il settore.

NamelessDreamer

Assolutamente favorevole a patto che gli atenei non vengano valutati col solito metodo "all'italiana"... ma si sa, le cose fatte seriamente non vanno bene per il nostro Paese, quindi si rischierebbe di produrre ulteriori effetti negativi su quei giovani che, nonostante le loro capacità, vengono sistematicamente scavalcati dal Trota di turno :)

Dunque io vorrei che l'università fosse un luogo di ricerca del sapere e formazione dell'uomo e non un immenso edificio burocratico atto a distribuire punti e patente.

D'altronde Leopardi era il miglior grecista del suo tempo pur non essendo laureato. Io credo dunque che tutti debbano poter partecipare a concorsi pubblici e privati e che saranno le conoscenze reali palesate al momento a garantire le conoscenze.

io sono contrario. come per qualsiasi altra cosa, nel nostro stato credo che verrebbero premiate in modo esoso le università private e questo secondo me è terribilmente ingiusto. bisognerebbe invece reistituire una scuola basata sul merito e non sulle conoscenze...

ma se io so il greco mediocremente ma ho ottenuto a regio calabria o a milano un certificato che dice che lo conosco al meglio, mentre uno che lo conosce molto benen per averlo studiato da autodidatta o con insegnanti privati; perché io devo poter avere accesso a un concorso che esiste per stabilire le mie conoscenze mentre lui no? già il concorso verifica a che serve un ulteriore discrimine?

Scusami ma come fai a sostenere in generale che una laurea in

giurisprudenza non garantisce una preparazione specifica per la

professione di Avvocato, o la laurea in ingegneria quella di ingegnere

o medicina per i medici etc. etc.?

 

la laurea in ingegneria (ti parlo di ciò che conosco) ormai non esiste più: ci sono centinaia di specializzazioni e ognuna garantisce una specifica e settoriale preparazione

ti faccio un esempio

un ingegnere informatico o elettronico o gestionale non ha la più pallida idea di cosa sia meccanica razionale e scienza delle costruzioni

e però....

 

(perchè ripeto

senza esame di stato il valore legale del titolo scompare di per sè )

 

 

... e però se un informatico si iscriveva (oggi non ho idea) all'ordine degli ingegneri poteva firmare i progetti del cemento armato di un qualsiasi edificio

tu ti fideresti? eppure legalmente lo può fare...

 

concludo: l'esame di stato di ingegneria è una presa in giro, l'ordine professionale degli ingegneri idem

l'esame di Stato è una farsa, non garantisce alcuna preparazione specifica, ti da diritto a un timbro che puoi liberamente apporre su un progetto redatto da un geometra e prenderti la tua tangente (perché di questo si tratta, una tangente: tu non fai nulla, non sai niente, ma guadagni dalla tua firma che ha valore legale perché appartieni all'ordine)

 

come funziona negli altri ordini? non lo so, ma credo nella stessa identica maniera

serve a qualcosa questa recita a soggetto?

si, a creare una corporazione, una casta di fannulloni incompetenti che lucrano su una rendita di posizione

Da ciò che scrivi si deduce che, causa una iperspecializzazione della

professionalità richiesta ad un ingegnere occorrerebbe dare ancora più

valore al titolo di studio accademico, rispetto all'esame di stato.

 

Il problema sarebbe quindi l'inidoneità dell'esame e non il valore del titolo.

O ritieni che anche un non laureato in ingegneria potrebbe firmare un progetto?

 

La tua conclusione a me pare molto, troppo disinvolta, come d'altronde

quella sulla psicanalisi, in cui dici che non proponi nessun ordinamento

alternativo, per poter essere credibile ( non dico credibile a livello personale

dico nei fatti )

 

Eviti di rispondere sul numero chiuso universitario...perchè l'ordine professionale

appare così intollerabile ed il fatto invece di programmare gli accessi all'università

che nei fatti costituisce preventivamente una vera corporazione, senza bisogno di

esami di abilitazione, invece no?

 

Non ho ovviamente la pretesa di farti cambiare idea, perchè ti vedo molto convinto

tuttavia la realtà è che con questo discorso delle corporazioni stanno prendendo in

giro gli Italiani.

 

Una corporazione può essere quella dei notai, perchè di fatto decidono quanti nuovi

notai ci saranno mettendo a concorso dei posti ( formalmente lo decide in realtà il ministero

di Giustizia ogni 7 anni ) nè costingerli ad aggiungerne 500 cambia radicalmente la situazione.

Oppure le farmacie che necessitano di licenze ( + 3000 a livello nazionale ) etc.

 

Per liberalizzare si sarebbe potuto dare la possibilità a qualunque persona idonea

di aprire uno studio notarile o una farmacia, in realtà non si è liberalizzato niente

ma si sono solo ampliati gli accessi.

 

Ma una valutazione sulla idoneità a fare il notaio o a fare il farmacista c'è in ogni

parte del mondo ed è necessaria, ed è un discorso diverso.

Fammi operare da un chirurgo non laureato solo perché ha acquisito per conto suo delle competenze (ha tolto l'appendicite a sua sorella, sua nonna e al suo amico) non mi garba tanto.

Ma non mi garba lo stesso se quel chirurgo ha comprato la laurea e come medico fa pena.

Ci sono alcune cose da sapere, un percorso da fare e un modo di essere consapevoli del proprio essere medico (o altro) sia prima, durante che dopo la laurea.

Una laurea avrà un valore molto alto per chi si sente quel tipo di professionista ancora prima di iscriversi, perché ragiona, si occupa, e si interessa pienamente di quella disciplina in prima persona e non solo perché quello che studia è scritto nel programma.

Mentre per un tizio che se la compra è diverso.

Quindi come facciamo a dare un valore oggettivo a qualcosa che è di fatto un iter burocratico che però per alcuni rappresenta tutto e il proprio percorso formativo, per altri una cosa comprata o ottenuta per Honoris causa come il dottor Rossi Valentino?

Da ciò che scrivi si deduce che, causa una iperspecializzazione della

professionalità richiesta ad un ingegnere occorrerebbe dare ancora più

valore al titolo di studio accademico, rispetto all'esame di stato.

 

Il problema sarebbe quindi l'inidoneità dell'esame e non il valore del titolo.

O ritieni che anche un non laureato in ingegneria potrebbe firmare un progetto?

 

guarda che oggi nel 90 (99?) % dei caso il calcolo del cemento armato delle costruzioni lo fanno i geometri

gli ingegneri firmano e basta perché iscritti all'Albo

qualcuno forse "da un'occhiata", ma niente più

questa è la realtà, occorre prenderne atto

sugli altri ordini poco so, ma sono abbastanza sicuro che le cose non vanno diversamente, ovviamente nello specifico contesto in cui ogni professione si muove

 

 

La tua conclusione a me pare molto, troppo disinvolta, come d'altronde

quella sulla psicanalisi, in cui dici che non proponi nessun ordinamento

alternativo, per poter essere credibile ( non dico credibile a livello personale

dico nei fatti )

 

mi sembra di aver espresso chiaramente il mio punto di vista al riguardo, limitati a criticare quello invece di fare una disinvolta polemica gratuita

 

Eviti di rispondere sul numero chiuso universitario...perchè l'ordine professionale

appare così intollerabile ed il fatto invece di programmare gli accessi all'università

che nei fatti costituisce preventivamente una vera corporazione, senza bisogno di

esami di abilitazione, invece no?

 

su questo aspetto sono poco informato, e, al contrario di altri, non ho l'abitudine di parlare di ciò che non conosco

Va bene ma la professionalità dell'ingegnere si restringe solo al calcolo del

cemento armato? Perchè se è una professionalità inutile allora chiudiamo

la facoltà di ingegneria e facciamo fare tutto ai geometri...

 

Cioè il risultato di non proporre alcun ordinamento a cosa ci conduce?

 

Non è che io faccio polemica gratuita, sei tu che fai delle semplificazioni

incredibili, perchè hai un approccio al tema politicamente polemico.

 

Ho già detto che ti ritengo credibile, quindi non fare il permaloso....resta

il fatto che non proponendo niente ciò che prospetti non è credibile possa

mai realizzarsi.

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