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Ipotesi per una lingua artificiale


Almadel

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Sareste i benvenuti a farlo (conlanging is fun!). Ma più importante ancora, vi stavo sfidando ad essere per davvero non colonialisti ed eurocentrici nel proporre una lingua universale. :)):

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Vediamo de possiamo partire dai difetti:

- niente coniugazioni verbali, né di modo né di tempo. Solo sillabe avverbiali per esprimere passato, presente, futuro....

Quali "modi" dovranno essere espressi? L'imperativo? Il condizionale? Il congiuntivo o roba simile?

- Niente articoli; né plurali, né generi. Solo il sostantivo e alcuni determinativi.

 

Rimaniamo sull'agglutinante: quindi solo aggettivi al grado positivo ed eventuali prefissi.

("bello", "nonbello" "pocobello" "moltobello""piùbello" menobello")

 

Pochi fonemi di facile pronuncia, sempre consonanti seguite da vocali.

Quali consonanti eliminiamo? E quali teniamo? Quante vocali?

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- niente coniugazioni verbali, né di modo né di tempo. Solo sillabe avverbiali per esprimere passato, presente, futuro....

Quali "modi" dovranno essere espressi? L'imperativo? Il condizionale? Il congiuntivo o roba simile?

Essenzialmente la cosa più importante è che tutte queste cose possano essere comunicate attraverso una costruzione facoltativa. Ad esempio, l'imperativo verrà normalmente espresso usando semplicemente il verbo (come in inglese). Se c'è necessità di distinguere, si potrà aggiungere una parola che veicoli l'idea del comando (sempre come in inglese, do speak!).

 

Un'altra caratteristica dei verbi, una delle più importanti in realtà, è una cosa chiamata aspetto, che esprime se l'azione è completa oppure no, se ha influenze sul presente oppure no, se è in corso oppure no. Ad esempio, ho mangiato è un'azione passata e conclusa ma con ancora influenze sul presente (ho mangiato e quindi sono pieno), mangiai è un'azione passata e conclusa ma senza influenze sul presente (ho mangiato ieri, ora potrei di nuovo essere affamato), mangiavo è un'azione passata ma non ancora conclusa nel contesto della frase (mangiavo, quando qualcuno bussò alla porta). In tutti e tre questi casi il tempo è "passato", ma cambia l'aspetto.

In cinese i verbi non comunicano grammaticalmente il tempo e si affidano al contesto, mentre è sempre espresso grammaticalmente l'aspetto.

 

Pochi fonemi di facile pronuncia, sempre consonanti seguite da vocali.

Quali consonanti eliminiamo? E quali teniamo? Quante vocali?

Secondo me un buon punto di partenza per la fonologia è il giapponese. Ha pochissime consonanti e una struttura sillabica semplicissima. Le sillabe sono sempre formate da consonante + vocale, oppure da vocale e basta. Le uniche eccezioni sono la "n" che può anche stare in fine di sillaba (sensei) e la "y" che può stare tra una consonante e una vocale (daimyo).

Moltissimi suoni del giapponese in realtà sono il risultato di una semplificazione della coppia consonante + y. Ad esempio sho in realtà in giapponese è il risultato syo (che poi è un processo di semplificazione universale, presente anche in inglese: es. mission, che è passato dal pronunciarsi misyon a mishon). In questo modo il giapponese se la cava con sole 14 consonanti: m, n, p, b, t, d, k, g, s, z, r, y, w.

Di vocali di solito se ne usano 5, perché è tra i sistemi vocalici più semplici e diffusi nelle lingue del mondo. Le lingue che hanno meno vocali di solito ne hanno minimo 3 (ad esempio, l'arabo classico ha solo a, i, u), ma le lingue con così poche vocali di solito compensano distinguendo tra vocali lunghe e brevi.

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Loup, però non mi ragionare per consonanti singole in giapponese :P

Se usano un sillabario e non un alfabeto c'è un motivo...

 

Comunque bisognerebbe guardare dal punto di vista della fonetica la varietà di suoni, l'italiano ne ha pochissimi in realtà, una trentina. Il giapponese ne ha di più mi sa, però effettivamente avendo un sillabario risulta più facile da pronunciare.

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Il motivo (o meglio uno dei motivi) per cui usano un sillabario è appunto che le loro sillabe sono molto semplici.

In giapponese la struttura della sillaba è ( C)(y)V(n). In italiano è all'incirca (s)( C)( C)(j/w)V(i/u)(m/n/l/r), con qualche complicazione dovuta alle parole di origine straniera. Per questo motivo il giapponese si presta a una scrittura sillabica, l'italiano no.

 

(Poi è una semplificazione, non voglio entrare troppo nel dettaglio. Altrimenti bisognerebbe dire che i giapponesi ragionano non per sillabe, ma per more.)

 

Comunque, il concetto che volevo esprimere è che il giapponese avrà anche tanti suoni, ma che in realtà molti sono solo varianti di altri suoni che non portano nessuna differenza di significato. Non è importante che il suono sh esista in giapponese, perché esso è solo una variante della s davanti a una i o una y. Così come in portoghese brasiliano esiste il suono inglese ch, ma esso è solo una variante del suono t in certe posizioni.

 

In linguistica si dirà allora che t e ch, nonostante esistano come suoni sia in giapponese, sia in portoghese brasiliano, sia in italiano, in giapponese o in portoghese brasiliano sono lo stesso fonema, mentre in italiano sono due fonemi differenti.

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Io mi limiterei a 8 consonanti e a 5 vocali.

P, B, K, Gh, T, D, M, N

A, E, I, O, U.

Per un totale di 40 sillabe.

 

E arriverei a 1600 lemmi sommando due sillabe, l'una con l'altra.

Direi che sono più che sufficienti e pronunciabili da tutti, no?

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Bisogna prima di tutto decidere una cosa. Le lingue artificiali si usano distinguere tra lingue a priori e a posteriori. Le lingue a priori sono quelle il cui vocabolario è totalmente inventato, mentre quelle a posteriori sono quelle in cui le parole sono prese da lingue esistenti.

Ad esempio, l'esperanto è una lingua a posteriori, che prende la maggior parte delle sue parole da francese, italiano, latino e tedesco.

 

Se vuoi creare una lingua a priori allora puoi puntare ad avere il minimo di consonanti. Se invece vuoi creare una lingua a posteriori allora devi avete abbastanza consonanti da permetterti di mantenere un minimo di riconoscibilità dell'etimologia delle parole.

 

Le tue consonanti sono un buon punto di partenza per una lingua a priori. Sono buone scelte, in quanto sono tra le consonanti più comuni nelle lingue parlate.

Io ti consigliere di aggiungere la s (che è tra le consonanti più comuni al mondo, inoltre non hai scelto nessuna sibilante) e la y (che è un'altra consonante comunissima e facile da pronunciare). Eventualmente anche sostituendole alla p e alla g, che sono consonanti meno comuni (per dire, nessuna delle due esiste nell'arabo classico).

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Sì sì, non c'è nulla di strano. La s è un suono molto più comune della z.

E non sempre le lingue distinguono tra una consonante sorda (come k o s) e la sua corrispondente sonora (come g o z). Ad esempio, in italiano abbiamo la sh di scivolo, ma non la zh di garage.

 

Per la y non saprei. Potresti usare la l (che comprende qualsiasi suono simile, compresa la r, il vantaggio di avere poche consonanti è che se anche la pronuncia varia il significato rimane chiaro).

 

EDIT: Mi è appena venuta in mente di un'altra lingua artificiale, il Toki Pona, che tra le altre cose punta appunto a tenere i suoi più semplici. Usa solo 9 consonanti: m, n, t, p, k, s, l, w, y. Mi sembra l'ideale.

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In generale mi pare che 10 consonanti potrebbero andare bene e così anche 5 vocali.

 

La domanda è: le sillabe dovrebbero rimane composta da consonante + vocale

o andrebbe bene anche la versione vocale + consonante?

 

Usando entrambe le sillabe ci sarebbe il problema dell'assimilazione:

*amna diventerebbe nell'uso probabilmente "amma"

questo renderebbe la lingua più musicale rispetto al Giapponese

e si potrebbe mettere un accento su una delle due sillbae per segnalare l'assimilazione.

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No no, se vogliamo tenerla semplice da pronunciare è da evitare. Vocale + consonante porta a una grandissima complessità. E noi italiani lo dovremmo sapere bene, visto che abbiamo difficoltà a pronunciare parole che finiscono in consonante.

Al massimo potresti tenere alcune singole consonanti come coda della sillaba (come il giapponese, che consente solo la n in quella posizione).

 

Lo step successivo rispetto a consonante + vocale, è vocale e basta. Se vuoi aumentare le sillabe disponibili puoi trasformare la struttura sillabica della lingua da CV a (C )V (ovvero, consonante facoltativa, vocale obbligatoria).

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Attenendoci a CV (consonante + vocale) avremmo cinquanta sillabe di base.

 

Dieci se ne vanno per le cifre da 0 a 10

Dieci serviranno come preposizioni (in italiano sono nove)

Dieci come avverbi (molto, poco, bene, male...)

Dieci per le diatesi, i tempi o i modi dei verbi (passato, presente, futuro, aoristo, "volere", "potere", "dovere", imperativo, interrogativo, condizionale)

E dieci per le congiunzioni (e, ma, prima di, dopo che, quando).

 

Ovviamente ciascuna sillaba avrà una vocale che la caratterizzerà in un gruppo (mi pare sia così anche in Esperanto)

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Ovviamente ciascuna sillaba avrà una vocale che la caratterizzerà in un gruppo (mi pare sia così anche in Esperanto)

Sì, però non è grande idea, soprattutto per le parole monosillabiche.

 

In questo modo si fa fatica a distinguere parole, e il contesto non aiuta. Immagina se "uno" si dicesse ma e "due" na. Avere due parole così simili che hanno anche significati simili genera una confusione assurda nel parlato. Molto meglio se parole simili vogliono dire cose molto diverse, in modo che scambiarle tra loro sia impossibile.

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A questo proposito, non credo che sia una buona idea usare dei monosillabi per i numeri.

Per ottenere tutti i numeri avrai necessariamente bisogno di combinarli tra loro. Se però i numeri sono monosillabi, combinandoli tra loro otterrai inevitabilmente altre parole della lingua.

 

Metti che decidiamo che ka vuol dire uno, ne vuol dire due e kane vuol dire cane. A questo punto dodici e cane diventano omonimi.

 

Secondo me è meglio riservare i monosillabi solo per le parole con funzioni grammaticali che modificano altre parole (come preposizioni, tempi verbali, ecc.). Non è nemmeno necessario usare tutti e 50 i monosillabi possibili, anzi in questo modo evitiamo proprio i suoni troppo simili.

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Ecco cosa si può fare mentre guardate un telefilm, ovvero come perdere il tempo già perso:

Ho provato a immaginare un sistema di numerazione per la nostra lingua, ascoltando qualcuno (ma non tutti) dei vostri suggerimenti.

Chiaramente ne uscita una roba decisamente troppo prolissa e forse scomoda per il "parser" umano e comoda per un parser informatico.

Il che mi fa pensare che cercare di fare tutto secondo criteri fissi e scalabili rende difficile l'applicazione al dominio umano.

I trattini sono intesi come pause all'interno della parola, un po' come si pronunciano le date in inglese solo che qui la divisione è per singola cifra.

Ho inserito anche una nomenclatura per le basi diverse dal 10, perché lo sempre trovata una mancanza nelle lingue naturali.

A voi commentare il macabro risultato.

 

P.S. Ho dovuto mettere un link esterno causa indentazione che rimane sballata sul forum anche in monospace.

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I nomi dei numeri non c'entrano nulla con la fonologia che stavamo dando alla lingua però... :P:

 

Io stavo pensando che potrebbe essere sufficiente per dire i numeri, dire le cifre di seguito. Per distinguere invece due numeri da due cifre basta metterci una congiunzione in mezzo (ad esempio, due uno vuol dire 21, due e uno vuol dire 2 - 1).

Poi si potrebbe avere una costruzione regolare per esprimere le potenze di dieci, in modo da avere una parola per esprimere unità decine centinaia, migliaia ecc. In questo modo per dire ad esempio "un milione" non si deve dire uno zero zero zero zero zero zero (che non si capisce più una mazza), ma semplicemente uno milione.

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Mercante di Luce

Oddio, leggendo i primi messaggi ho avuto un flash di neolingua orwelliana.

Non so se l'ipotesi di una lingua artificiale sia più affascinante o inquietante, soprattutto quando per crearla si tolgono tutte le sfumature e si prende solo il nocciolo di ogni lingua.

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Icoldibarin, probabilmente il tuo contributo

sarebbe più utile per una lingua aliena che per una neolingua...

 

Io stavo pensando che potrebbe essere sufficiente per dire i numeri, dire le cifre di seguito. Per distinguere invece due numeri da due cifre basta metterci una congiunzione in mezzo (ad esempio, due uno vuol dire 21, due e uno vuol dire 2 - 1).

Poi si potrebbe avere una costruzione regolare per esprimere le potenze di dieci, in modo da avere una parola per esprimere unità decine centinaia, migliaia ecc. In questo modo per dire ad esempio "un milione" non si deve dire uno zero zero zero zero zero zero (che non si capisce più una mazza), ma semplicemente uno milione.

 

Che "due uno" sia 21 è semplice, ma che "due tre cinque sei sette" sia ventitremilacinquecentosessantasette

non mi sembra così immediato.

Forse "due tre mille cinque sei sette" rimarrebbe la soluzione più comprensibile.

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Icoldibarin, probabilmente il tuo contributo

sarebbe più utile per una lingua aliena che per una neolingua...

 

Si fa molto lingua dei predator in effetti.

Poi insomma, il mio avatar dovrebbe darti qualche indizio :p

Oddio, leggendo i primi messaggi ho avuto un flash di neolingua orwelliana.

Non so se l'ipotesi di una lingua artificiale sia più affascinante o inquietante, soprattutto quando per crearla si tolgono tutte le sfumature e si prende solo il nocciolo di ogni lingua.

In effetti per quanto meno schematiche o forse proprio per questo le lingue a posteriori mi sembrano più interessanti e mantengono una certa musicalità.

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Oddio, leggendo i primi messaggi ho avuto un flash di neolingua orwelliana.

Non so se l'ipotesi di una lingua artificiale sia più affascinante o inquietante, soprattutto quando per crearla si tolgono tutte le sfumature e si prende solo il nocciolo di ogni lingua.

Guarda che è solo una leggenda quella che una lingua con una grammatica più semplice sia anche più povera.

 

La stessa neolingua di Orwel è una pessima creazione. Lui era convinto che bastasse usare la stessa parola sia per i nomi sia per i verbi o semplificare i verbi irregolari, che non si capisce che cosa avrebbe perso l'inglese in comunicabilità.

 

Che "due uno" sia 21 è semplice, ma che "due tre cinque sei sette" sia ventitremilacinquecentosessantasette

non mi sembra così immediato.

Forse "due tre mille cinque sei sette" rimarrebbe la soluzione più comprensibile.

In realtà il bello della mia soluzione è che si può dire in entrambi i modi.

Il singolo parlante può sia puntare a una soluzione più sintentica (due tre cinque sei sette) sia a una più prolissa (fino ad arrivare a dire due decine di migliaia tre migliaia cinque centinaia sei decine sette unità).

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Per i numeri siamo d'accordo, direi.

A me basta che le cifre siano monosillabiche

(i Cinesi ci si trovano molto bene: "un numero, un suono")

 

E gli avverbi di tempo e modo? Quali sarebbero?

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  • 4 weeks later...
Icoldibarin

Leggendo qua e la mi ha incuriosito la questione del Kēlen che eviterebbe l'uso dei verbi sostituendoli con qauttro tipologie di relazionali. Non mi è ancora chiaro però come riesce ad esprimere concetti un po' più elaborati del "The cat is on the table".

Rimane un alquanto curioso ed interessante eperimento tuttavia.

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volete contribuire alla fine del mondo?

no perché sarebbe 1 dei 3 punti fondamentali per farlo <.< infatti se

-tutto il mondo parla la stessa lingua

-tutto il mondo diventa un unico stato (in pratica quello che sta facendo la UE)

-tutto il mondo usa solo una moneta (in pratica l'Euro)

moriremo o qualcosa del genere .___.

è una cazzata che ho letto da qualche parte ._______________.

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Icoldibarin

In realtà lo scopo dell'esperanto e delle lingue neutrali in genere è proprio evitare la sudditanza da una lingua dominante e la conseguente progressiva estinzione degli idiomi sottomessi.

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