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Come cambia l'Arcigay


thomas80

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da http://www.gay.tv:

 

 

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Nel Congresso Nazionale di Arcigay a Bologna nello scorso Marzo c'è stata un'importante modifica nello statuto. I circoli politici sono diventati Comitati Provinciali. Tecnicamente cosa significa?

Significa, che d’ora in poi i vecchi Circoli avranno la responsabilità politica di rappresentare Arcigay nella loro provincia, e di intrattenere con le socie e i soci del proprio territorio un rapporto più stretto, chiamandoli a partecipare a tutti i momenti decisionali dell’associazione. Si tratta di una vera e propria trasformazione, perché s’intende favorire un rapporto diretto tra le attività politiche e culturali e l’intero corpo associativo, che in gran parte usufruisce delle proposte ludiche e aggregative.

 

A che punto è questa impresa? Abbiamo letto dell’appena nata Associazione di Promozione Sociale ARCIGAY “AGORA’” per le Province di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro-Urbino e la Repubblica di San Marino. Che già significa che l’obiettivo in ogni provincia è lontano. O no?

In questa prima fase abbiamo attribuito ai Circoli la competenza territoriale della propria provincia e di quelle vicine che non hanno un gruppo Arcigay. Cerchiamo in questo modo di avvicinare nostre socie e soci dove non esistono realtà organizzate stimolandoli a fondarli. Entro la metà di gennaio 31 Circoli saranno diventati Comitati Provinciali, entro giugno toccheremo la cifra storica di 40 organizzazioni territoriali, cui si aggiungono circa 70 associazioni affiliate ricreative. Si tratta di un risultato straordinario, ottenuto grazie all’impegno profuso da questo gruppo dirigente nazionale e da una diffusa rete di dirigenti locali. Per dare l’idea di cosa è oggi Arcigay si può fare riferimento alle organizzazioni dei partiti oggi presenti in Parlamento: vi sono formazioni politiche, che ottengono dall’uno al tre per cento dei voti, che non hanno a disposizione una rete organizzata come la nostra.

Dall’estate in poi si compierà un ulteriore passaggio politico organizzativo, quello di estendere la presenza territoriale in aree del paese dove non esiste Arcigay, in particolare nel Sud e, in alcune aree del centro nord.

 

È vero che Arcigay sta trovando il coraggio dentro di sé di rinunciare alle sedi locali nelle quali all’organizzazione del divertimento GLBT non segue un impegno politico e sociale sul territorio?

Che prezzo ha questo? E qual è la meta di un impegno così arduo?

Bisogna distinguere. Con la riforma tutte le socie e tutti i soci sono attribuiti ai Comitati Provinciali; poi vi è il Circuito ricreativo che è composto dalle Associazioni Affiliate (i vecchi circoli ricreativi). Le associazioni affiliate sono in pratica i locali ricreativi e continueranno ad esistere in Arcigay. Il tema è piuttosto un altro: come aiutare questo patrimonio di realtà ricreative a recepire meglio le novità del mercato, le esigenze più volte esternate dai nostri soci, di servizi di qualità. In questo campo stiamo predisponendo una piattaforma programmatica di lavoro e di alcuni strumenti operativi, che sottoporremo all’Assemblea delle Associazioni Affiliate, che intendiamo tenere entro il 2006 e, che per la prima volta nella storia dell’associazione riunirà tutti circoli ricreativi e li coinvolgerà nella progettazione di un’Arcigay nuova e più moderna.

 

La spinta dal basso delle realtà locali si è un po’ spenta ultimamente. Non si sente da un po’ la bella notizia di un nuovo registro per le coppie fatto in un Comune italiano. Come mai secondo lei?

Veramente negli ultimi anni non riusciamo a star dietro a tutte le richieste di formazione, iniziative, manifestazioni che ci pervengono dagli enti locali, dai partiti, dall’associazionismo diffuso. La stagione dei Registri comunali è un po’ superata, perché in molti casi le amministrazioni locali non hanno approvato i regolamenti attuativi, che sono necessari per chiarire a quali diritti si accede con la registrazione.

In questo momento, stiamo spingendo affinché i Comuni e le Province approvino ordini del giorno a sostegno della proposta di legge sui Pacs. Con alcune regioni, sulla scorta dell’esperienza toscana, si sono aperti tavoli di confronto per l’approvazione di leggi regionali antidiscriminatorie.

 

E la spinta dall’alto invece a che punto è? Il confronto con i partiti e gli schieramenti del Parlamento?

Con il centro sinistra è da tempo aperto un confronto che si esplica anche con incontri formali con i partiti. Abbiamo già incontrato DS, Comunisti Italiani, Margherita e fra qualche giorno si terrà il confronto con Mastella. Con Verdi, Rifondazione, Italia dei Valori, Socialisti e Radicali c’è comunque, come con tutti i partiti della sinistra, un’identità di vedute e, tutti hanno inserito nel loro programma la questione del Pacs. Naturalmente vi sono differenze con Margherita ed Udeur e stiamo cercando di spiegare le nostre ragioni, anche perché bisogna dirlo francamente, pochi conoscono o hanno letto l’articolato del Pacs.

Con il centro destra i canali di comunicazione non sono mai stati stabiliti, perché a parte i 40 parlamentari sottoscrittori di una proposta di legge sui Pacs, (molto restrittiva rispetto a quella presentata dai 161 del centro sinistra), tutti i leader dei partiti non hanno alcuna intenzione di occuparsi di noi. Anzi, con l’aria che si respira intrisa di incenso, più che una casa delle libertà sembra di avere a che fare con un convento di clausura!

 

Quanto è alta la pressione dei DS presso Romano Prodi per far sì che il Professore scriva PaCS sul Programma che sta buttando giù in queste settimane?

I DS si sono impegnati in modo chiaro, anche superando timidezze del passato e, questo ha influito non poco sull’atteggiamento assunto da Prodi. C’è però un altro elemento da non sottovalutare, cioè il fatto che il professore vuole marcare un’autonomia di giudizio rispetto alle indebite pressioni della gerarchia cattolica. Questo significa che al di là del nome – Pacs, Unioni Civili, ecc. - è ragionevole essere ottimisti sull’eventualità che nel programma dell’Unione ci sarà l’impegno per il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto. Se questo avverrà, dovremo tutti e tutte farci i complimenti per un lavoro unitario, che siamo riusciti a condurre con serietà e determinazione.

 

Qual è il partito che fa più pressione su Romano Prodi sui temi cari alla Comunità GLBT e cioè legge sulle coppie di fatto, legge sulla discriminazione sul posto di lavoro e laicità dello Stato?

Direi, che quelli appartenenti alla sinistra sono tutti egualmente impegnati sul riconoscimento delle coppie di fatto e contro le discriminazioni sul posto di lavoro. Per quanto riguarda il tema della difesa della laicità, sto osservando preoccupanti cedimenti anche nella sinistra radicale ed antagonista. Troppa voglia di tornare al governo, offusca la mente di personalità che fino a pochi mesi fa, sostenevano posizioni fieramente laiche e di separazione netta tra l’ambito religioso e quello statale.

Dovremo vigilare e stare attenti di non esser sacrificati sull’altare di una presidenza della Camera o di un sottosegretariato…

 

Il legame tra Arcigay e i DS sembra saldo. Come lo vede lei nell’estate 2006, faccia una previsione?

Non ci sono particolari legami tra le due organizzazioni. E’ vero che molti esponenti di Arcigay sono iscritti ai DS, altrettanti però aderiscono ad altri partiti e, molti di più non hanno in tasca una tessera di partito. Il legame storico con la sinistra politica di questo paese, per noi si è sempre risolto nella nostra affermazione di far parte di quella sinistra sociale libertaria, che guarda in modo trasversale ai rapporti con i partiti, impegnandoci ad essere una sorta di sindacato dei gay e delle lesbiche, che ha una sua piattaforma rivendicativa e discute con tutti. La nostra storia dimostra nei fatti, che sia a livello locale e sia in quello nazionale, ci siamo confrontati con la destra e con la sinistra, criticandole entrambi e plaudendo quando era giusto farlo. C’è poi, un elemento che non è mai sottolineato abbastanza: noi ci siamo sempre auto finanziati, non abbiamo mai ricevuto una lira da partiti o da altre grandi organizzazioni sociali, per questo siamo liberi e non dobbiamo render conto a nessuno se non ai gay e alle lesbiche italiane.

La gran parte dei gay e delle lesbiche italiane, stando ai sondaggi votano DS, questo deve responsabilizzare il maggior partito della sinistra italiana, sapendo che le prossime elezioni saranno un evento cruciale rispetto al rapporto tra comunità lgbt e sinistra. Bisognerà che i DS si meritino i voti degli e delle omosessuali, che in caso contrario potrebbe preferire altri partiti. Ma questo sono affari che riguardano i DS e non noi; tra l’altro dentro i DS c’è Gayleft, la consulta lgbt che svolge egregiamente compiti propri delle formazioni politiche.

 

Lei cosa pensa della “risorsa” Cecchi Paone? Non sarebbe ora che Arcigay interloquisse anche con soggetti come lui? E magari li coinvolgesse nel proprio agire?

Alessandro è una persona che stimo molto, con cui collaboro da tempo ed è una risorsa per tutto il movimento lgbt italiano. Quando fece il suo coming out, ci fu chi sospettò che fosse solo una mossa elettorale; come Arcigay invece lo abbiamo immediatamente sostenuto e, siamo fieri che sia un nostro socio. Con lui c’è un idem sentire, è coinvolto in molte nostre iniziative, quindi, per quanto ci riguarda il problema non sussiste. Anzi, dirò di più. Sarebbe davvero auspicabile che le tante personalità dello spettacolo e della cultura, che sono omosessuali trovassero finalmente il coraggio di uscire, invece di nascondersi, a volte in modo ridicolo, dietro improbabili fidanzamenti o machismi. Alessandro ha avuto molto coraggio e, ci rendiamo conto del contributo positivo che sta dando a tutte e tutti noi.

 

È un momento delicatissimo: la Chiesa Cattolica sta lanciando bombe assai invasive oltre i confini concordatari di libera chiesa in libero Stato. Lei è cattolico. Cosa dice?

Che preferirei parlare d’altro, perché sono sommerso da richieste di spiegazioni da tutta Italia. Essere l’unico credente tra i dirigenti nazionali di Arcigay non è così semplice. Sembra, che debba essere io a dover rispondere delle nefandezze di una gerarchia ormai disperata e in crisi di valori umani e sociali. La Chiesa è un’altra cosa, ma se si continuerà così sarà ridotta ad un enorme carcere, dove idee, solidarietà, senso del limite, saranno cancellati a favore di un idea di chiesa militante, formata da truppe scelte adoranti. Per tanti cattolici democratici e figli del Concilio Vaticano II, sembra di rivivere i tempi bui della contro Riforma. D’altronde 25 anni di pontificato del papa polacco, avevano già cancellato molte delle riforme di Giovanni XXIII e di Paolo V. Ora Ratzinger tenta l’affondo finale. Non che tutto gli vada bene; il dissenso è estesissimo, e lo scisma silenzioso è in atto da tempo, molti credenti si allontanano e svuotano le chiese, mentre le piazze sono riempite da Cl e soci.

Per quanto riguarda la laicità dello Stato, senza invocare Zapatero, basterebbe un nuovo Cavour. Ma ve lo immaginate un politico italiano attuale dire con chiarezza: libera chiesa in libero stato?

 

La Rosa nel Pugno che raccoglie radicali e socialisti dello SDI sembra ben difendere le questioni dei diritti civili e della laicità dello Stato. Lei cosa pensa?

Sì sono davvero bravi. Si tratta di una piccola formazione, che però potrebbe raccogliere un sacco di voti di persone stanche di questo Stato sorvegliato speciale dal Vaticano. Personalmente li trovo una boccata d’aria fresca nella politica asfittica italiana. Sono soprattutto d’accordo con la loro posizione sull’8 per mille, che scandalosamente consente alla gerarchia cattolica di introitare centinaia di miliardi delle vecchie lire l’anno (si parla di quasi 900!) e con cui finanzia le truppe scelte per influenzare la politica italiana.

Se Ruini vuole fare il capo di partito deve rinunciare ai privilegi (come anche quello del Concordato) e, pagare le tasse come tutti. E invece i vescovi italiani non provano vergogna, quando Berlusconi and company gli regala detassazione dell’Ici anche sulle attività commerciali! Mentre le famiglie non arrivano alla fine del mese, ai clericali si scontano tasse sugli alberghi di lusso! San Francesco era certo un’altra cosa. Per non parlare dei nuovi attacchi alla legge sull’interruzione di gravidanza, alla pillola abortiva, ecc.

Spero che non solo socialisti e radicali reagiscano a quest’ondata reazionaria, di cui pochi leader della sinistra si vogliono render conto.

 

Milano, città in cui lei vive, dove c’è una grande comunità GLBT. Una comunità così presa dal lavoro e dal divertimento, da non essere mai riuscita a tessere relazioni istituzionali, con il Comune per esempio. Lei si sta dedicando ad un progetto che potrebbe colmare questa lacuna civile. Ce ne vuole parlare?

Il movimento milanese ha patito il fatto che in questo ultimo decennio era impossibile avere come interlocutore serio il Comune. La negazione dei patrocini al Pride, o le offese ricevute in vari casi da politici milanesi, ha alimentato un certo disinteresse sia verso le istituzioni e sia verso i partiti. Ora le cose stanno cambiando; la provincia si è dimostrata attenta ai nostri temi, Arcobaleno, che è il tavolo unitario delle associazioni lgbt della città, partecipa ai lavori del Cantiere, che sta elaborando il programma dell’Unione per Milano. Quindi, sono fiducioso. Poi attenzione a non valorizzare l’enorme patrimonio di gruppi, attività, associazioni culturali e sociali che costituiscono la rete del movimento milanese. Ci sono tante donne e uomini che prestano volontariamente il loro tempo per rendere sempre più diffusa la nostra presenza nella città, a loro deve andare il nostro più convinto sostegno.

Sinistra Libertaria è invece un gruppo di persone che si è radunato durante e dopo la mia campagna elettorale per le elezioni regionali 2005. Ora il gruppo sta elaborando un documento programmatico che sarà reso pubblico entro dicembre.

 

Sarà un soggetto politico autonomo, avrà una sua lista alle elezioni amministrative?

Sinistra Libertaria è un gruppo che guarda con interesse l’evoluzione dei Democratici di Sinistra, che fra l’altro a Milano sono particolarmente sensibili rispetto alle questioni che poniamo, come la laicità dello stato e l’ampliamento dei diritti civili. Nel nostro documento indicheremo un percorso preciso, con l’individuazione di nostri/nostre candidati/e o persone che sosterremo per le elezioni comunali e delle zone. Ci interessa però avere un rapporto largo con tutta la sinistra, in particolare quella sociale, molte volte scarsamente rappresentata nei partiti. Per questo non ci precludiamo in futuro alleanze, accordi con altri e, soprattutto azioni e percorsi autonomi di Sinistra Libertaria.

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Mah... che dire, penso sia stato già detto tutto. Io comunque non credo che la sinistra al governo riuscirà a mettere in atto il PACS anche se ci spero tantissimo.

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