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Rivisitazione a posteriori


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AndrejMolov89

La seguente domanda è emersa durante la lettura dei seguenti testi: il coming out di LoupGauro, e "L'isola di Arturo" di Elsa Morante (non a tematica omosessuale, però, emerge una rivalutazione dei propri sentimenti di allora che si ricollega all’argomento che voglio trattare), " Figlio di un preservativo Bucato" una graphic novel a tematica omosessuale, e in generale in tutti i racconti dell’esperienza omosessuale di chiunque abbia avuto una relazione etero. Seppur in contesti totalmente diversi e soprattutto in ambiti diversi, è emersa la questione della rivalutazione/rivisitazione a posteriori dei propri sentimenti o delle proprie esperienze alla luce di una nuova consapevolezza.

La rivalutazione dei propri sentimenti, può trarre in inganno? Per esempio, in molti coming out di persone che hanno avuto un passato etero, c’è il tema dell’autoinganno, ovvero del “ io facevo finta di essere innamorato della ragazza per repressione”... E’ possibile che questa reinterpretazione sia un modo per dare continuità alla propria sessualità? Un modo per dare un tratteggio curvilineo anziché spezzato?

La sessualità è una linea continua, oppure è una linea spezzata?

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https://www.gay-forum.it/topic/19574-rivisitazione-a-posteriori/
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Alle persone piace credere che sia una linea continua, per quello secondo me, alle volte, ci si autoconvince che il passato etero sia stata in realtà tutta un grande menzogna.

Il mio compagno si è scoperto a 32 (TRENTADUE) anni, dopo aver avuto solo relazioni eterosessuali.

E si definisce gay, non bisessuale, ma se gli chiedi cosa pensa della sua ex vita da etero ti dice che col caxxo che si è autoingannato, lui quegli amori li ha vissuti cosi come l'attrazione sessuale verso il gentil sesso.

Quindi per me, per lui, e penso/spero per altri, è una linea spezzata.

Ahah, assolutamente no :D

L'autoinganno non ti fa avere erezioni, né batticuore.

 

Le esperienze ci cambiano.

Con una donna ho capito che si era "esaurito il capitolo".

Con un ragazzo ho capito che ne era "cominciato un altro".

 

Non ho alcun motivo di rinnegare nulla.

AndrejMolov89

Sarà forse una funzione definita a tratti?

 

Esite? e in che punto è derivabile?

 

La vita espressa come descrizione dell'andamento di una variabile aleatoria!!!

Volevo fare questa battuta XD, però, essendo il primo post... non potevo. Direi che è una funzione signum... XD

 

Ma di fatto emerge anche un altra questione. Se si scopre di essere omosessuali, vuol ddire che lo si è sempre stati?

Cioè, di fatto, mi viene in mente questa metafora. Siamo nomadi, ci fermiamo e ci piace il posto, poi ci stanziamo dove riteniamo che sia la nostra casa.

Per esempio, non nutro un problema a fronte di una sessualità o una vita di sentimento spezzata e non continua, però, è interessante come molte volte si rivaluti la propria vita eterosessuale alla luce del nuovo sentimento. Una sorta di cambio di Paradigma :)

Un giorno apriremo un topic intitolato:

"Le cose che capitano solo a Mina" :D

 

Di rivisitazioni a posteriori se ne fanno parecchie,

ma di solito capitano nell'amore e non nel sesso.

 

Passate un bellissimo San Valentino pieno di sorprese

e poi scoprite che voleva solo farsi perdonare

di essere andato a letto con vostro padre...

La "rivisitazione" potrà essere notevole...

Ma di fatto emerge anche un altra questione. Se si scopre di essere omosessuali, vuol dire che lo si è sempre stati?

Cioè, di fatto, mi viene in mente questa metafora. Siamo nomadi, ci fermiamo e ci piace il posto, poi ci stanziamo dove

riteniamo che sia la nostra casa. Per esempio, non nutro un problema a fronte di una sessualità o una vita di sentimento

spezzata e non continua, però, è interessante come molte volte si rivaluti la propria vita eterosessuale alla luce del nuovo

sentimento. Una sorta di cambio di Paradigma :)

 

Il discorso è interessante, a patto che non lo si ponga in termini astratti e universali (=validi per tutti) e che si lasci spazio a

una fenomenologia un po' variegata. Ma il caso normale (qui davvero in senso statistico) è "sì, lo si è sempre stati".

 

Non ci si può illudere che l'omosessualità sia "data". Al contrario, è indesiderata, e negata. Quindi un omosessuale, per essere

tale, deve diventarlo.

 

Un paradosso? No, tristemente no, ma una realtà, una necessità. E allora tutto si spiega, tutte le questioni che ti poni, diventano una

sola questione: questa.

Con questo ragionamento pero' torniamo al solito discorso.... gay si è nati o ci si diventa?

Non esiste una verità universale, e non c'è nemmeno bisogno di tirare in ballo "fenomenologie" di qualunque tipo.

Ognuno di noi ha esperienze diverse, chi dice di saperlo dalla nascita, chi lo scopre in età puberale, chi a 50 anni con 2 figli.

Io non credo che chiunque possa nascondere una parte cosi importante di se.

Sopratutto, diventa ridicolo parla re di scoperta.

Dal momento che si accetta la propria sessualità, che senso ha dire "mi sono SCOPERTO"...a quel punto è piu' corretto direi "mi sono accettato".

Eppure, migliaia di omosessuali, 30, 40enni parlano di scoperta, come se fosse un crimine invece dire "mi sono accettato".

No allora, dalla nascita...non è proprio possibile saperlo.

Si potrà dire "da quando ho memoria" l'ho sempre saputo,

ma certamente nessuno può avere memoria della propria

nascita, è chiaramente "un modo di dire" che serve a rafforzare

il sentimento di esserlo sempre stati.

 

Per questo si parla di scoperta, momento che può essere

istantaneo ( quando si ha 17 anni e passa come Loup Garou )

o progressivo se è una consapevolezza che fiorisce con la propria

sessualità magari a 10-12 anni etc.

 

L'accettazione è un momento successivo e distinto, perchè noi

sappiamo bene che non basta scoprirlo per accettarlo, c'è spesso

un periodo di negazione o una fatica interiore prima di rassegnarsi

alla evidenza dei fatti.

 

Non direi esista una contrapposizione fra scoperta ( uscita dalla

inconsapevolezza della propria omosessualità ) e accettazione

di ciò che si è scoperto e con cui si deve fare i conti.

 

Forse al 40nne dà fastidio sentirsi dire "accettazione" perchè è un

po' come dire: non ti sei accettato fino a 40 anni...mentre magari ne

era veramente inconsapevole

Non esiste una verità universale, e non c'è nemmeno bisogno di tirare in ballo "fenomenologie" di qualunque tipo.

Ognuno di noi ha esperienze diverse,

 

Fenomenologie differenziate significa per l'appunto che ci sono esperienze diverse, una casistica variegata, ecc.

mah... non so... io quando ho avuto la mia prima esperienza lesbica non è che mi sono definita subito lesbica. Ho fatto anni di riflessione.

A me sinceramente lasciano sempre un po' perplesse quelle persone che così, alla prima esperienza gay, magari dopo molte relazioni etero, in cui erano innamorati, si definiscono subito gay. Bò, non mi convince sta cosa... non mi ha mai convinto..

Non credo di aver compiuto una rivisitazione dei miei sentimenti. Rivisatazione vuol dire alterare la realtà. Dove realtà in questo caso si riferisce alla realtà interiore e non a quella materiale.

Sicuramente invece la rivalutazione c'è stata. Ovvero, quella stessa realtà storica oggi la interpreto in un modo diverso.

 

Se sono cresciuto all'Equatore, una giornata dove faccia 18 gradi mi sembrerà la giornata più fredda di sempre. Se però da adulto mi trasferisco in Finlandia, acquisterò una nuova esperienza della sensazione "freddo".

E non potrò far altro che dire "Mi ricordo quella volta da bambino in Brasile quando fece 18 gradi e mi sembrò la giornata più fredda del mondo. Ma non avevo ancora idea di che cosa volesse dire veramente avere freddo".

 

Questo non vuol dire che io neghi o dimentichi di aver avuto quel giorno la sensazione della "giornata più fredda del mondo". Ma oggi non definirei più quella giornata "fredda".

Rivisitazione vuol dire alterare la realtà.

 

non sono d'accordo, semmai vuol dire rivedere il passato con occhi nuovi, con una nuova consapevolezza, dando cioè il significato che tu hai dato per rivalutare, a cui io invece do un altro significato (per me rivalutare significa dare più valore).

Permettimi di chiarire la differenza come l'avevo intesa.

 

Abbiamo due persone diverse. A e B, io da piccolo e io oggi.

Rivisitare significa far rivivere l'esperienza di A a B (come dici tu "con occhi nuovi").

Rivalutare significa far rivivere l'esperienza di A ad A stesso, raccogliere la testimonianza di A, e poi far riraccontare e valutare questa testimonianza da B.

 

Siccome ciò che è in causa sono i sentimenti di A, farla rivivere a B significa alterare la realtà interiore di ciò che è successo.

 

Probabilmente l'utilizzo dei termini è improprio. Vabbeh, m'è venuta così.

AndrejMolov89

Una rivisitazione non significa necessariamente un'alterazione. Ma anche una nuova osservazione. Secondo me, molte persone rivisitano e dicono che si poteva vedere la caratteristica x anche nel tempo t.

Loup non dicevo che tu hai alterato la realtà, sto dicendo che secondo me hai visto qualcosa dentro quegli avvenimenti che hanno dato continuità al tuo percorso. La mia riflessione non era specifica nei tuoi riguardi. ^^ Nè discuto i tuoi sentimenti, voglio chiedermi perché c'è questa necessità di dare continuità e se ci sia una "reale continuità" piuttosto che una linea spezzata. Questa mia riflessione non si basa sul fatto che la tua testimoniana sia alterata, ma semplicemente si basa sul fatto che ho visto in molte storie questa esigenza di continuità. ^^

Secondo me una rivisitazione è un rivivere, e rivivendo muta la nostra soggettività, quindi anche la percezione della realtà.

E' necessario, e non ci si può fare niente (ammesso che si debba fare qualcosa). Ma questo non esclude (dé de jure né de facto)

una comprensione maggiore di quella precedente esperienza o solo interiore o empirica. E' o almeno può essere un

ampliamento della nostra coscienza. Anzi, di regola, funziona come un ampliamento e una crescita.

 

Il meccanismo della rivisitazione è pericoloso in persone le quali tendono ad avere il mito di sé stesse, o che sono anche solo molto

vitalistiche, perché costoro possono anche mentire e mentirsi, senza rendersene conto, per puro bisogno vitalistico di sentirsi, di sentire

di accrescersi.

AndrejMolov89

ma tu, greed, per continuità intendi dire che molti dicono "sono STATO SEMPRE gay?" ma---> non lo sapevo/non lo capivo/ non lo accettavo e bla bla bla???

Circa. Non necessariamente come la poni, ma come vedere dei segnali dell'omosessualità imminente o altro.

Quoto anche il post di Isher, la cui parte finale è un po' il timore che si cela dietro la mia riflessione.

Tu dici di aver riscontrato una esigenza di continuità nei gay,

io direi una esigenza di rafforzare la propria identità.

 

Divine dice che ci ha messo anni di riflessione per definirsi lesbica.

Questo è un lungo lavoro di accettazione successivo alla scoperta.

 

Altri invece, magari lo scoprono più tardi ma hanno un lavoro di

accettazione più breve.

 

In entrambi i casi alle spalle della scoperta c'è un paradigma eterosessuale

cioè i gay, prima di scoprirlo, si aspettavano di essere eterosessuali, ed è per

questo necessario diventare gay ( nel senso di una alternativa non contemplata )

Io non mi pongo il problema perché per come la vedo io il passato è privo di significato finché non sei tu a darglielo. Non si parla di una rivisitazione a posteriori, ma della costruzione di un'identità e di un'attribuzione di senso a posteriori.

L'unica cosa che ci impedisce di considerare "assoluta" la nostra identità non è il passato, ma il pensiero del futuro, che pur se del pari del passato non è attuale e reale, è comunque immaginato in un certo modo, e dunque è già incorporato nella nostra identità come l'elemento principale di incertezza. Quando saremo arrivati al momento in cui non c'è più neanche un futuro, allora si potranno tirar le somme e prendere la nostra ultima riscrittura in modo definitivo.

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