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Aiuti & Suggerimenti [Matematica / Fisica]


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@@Wizzis ho letto solo ora il tuo messaggio ma la tentazione è talmente forte che non riesco a non rispondere.

Spero che l'esame sia andato bene! :)

 

Allora, ci sarebbero tantissime cose da dire relativamente ad autovettori, autovalori e matrici diagonalizzabili, ora introduco il discorso poi nel caso chiedi qualunque approfondimento. Dato uno spazio vettoriale V sopra un campo e data un'applicazione lineare f di V in sè stesso (spesso chiamata endomorfismo), un vettore non nullo dello spazio V viene detto autovettore della trasformazione f se la sua immagine mediante f risulta essere un suo multiplo scalare. Più precisamente, un autovettore per l'endomorfismo f è un vettore v non nullo tale che:

 

f(v)=kv

 

con k scalare del campo sopra il quale è definito lo spazio vettoriale. In questo caso, k viene chiamato autovalore relativo all'autovettore v. Si definisce inoltre spettro dell'endomorfismo f l'insieme di tutti i suoi possibili autovalori. Un primo risultato importante che coinvolge autovettori ed autovalori è il seguente: l'insieme degli autovettori aventi lo stesso autovalore k, assieme al vettore nullo, forma un sottospazio vettoriale di V, detto autospazio relativo all'autovalore k (per dimostrare questo fatto è cruciale la linearità di f).

 

Ora, immagino che tu abbia visto esempi solo in casi di spazi vettoriali finitamente generati (cioè che ammettono una base finita). In questo caso, l'endomorfismo f viene rappresentato attraverso una matrice quadrata relativamente ad una data base di V e quindi, identificando i vettori dello spazio con le n-uple delle loro componenti rispetto alla base scelta, si può parlare di autovettori ed autovalori associati alla matrice che rappresenta l'applicazione f (ovviamente ciò ha senso in quanto si dimostra che gli autovalori della matrice che rappresenta f non dipendono dalla base che si sceglie per individuare tale matrice).

 

Data una matrice quadrata A, il suo polinomio caratteristico è dato dal determinante della matrice A - kI dove I è la matrice identica con lo stesso numero di righe di A. Si dimostra che le radici del polinomio caratteristico sono proprio tutti i possibili autovalori dell'endomorfismo rappresentato dalla matrice A (occhio che la matrice che rappresenta un endomorfismo è sempre quadrata).

 

Infine, dato un endomorfismo f : V --> V, si dice che f è diagonalizzabile se esiste una particolare base di V rispetto alla quale la matrice che rappresenta f è diagonale (una matrice diagonale è una matrice quadrata in cui tutti gli elementi non appartenenti alla diagonale principale sono nulli).

 

Bon, ti ho fatto un super-riassunto: adesso dimmi tu cosa devo precisare meglio :)

Edited by gardus
  • 1 month later...
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2+2=1 ? C'è qualcosa che non va oppure oggi ho scoperto di non saper fare neanche le addizioni??  :o

 

Tranquillo, l'uguaglianza scritta è giusta ma va contestualizzata :)

 

Scrivere 2+2=1 riferendosi ai numeri naturali è chiaramente sbagliato, il risultato corretto è 4. Tuttavia, non esistono solo i classici insiemi numerici (naturali, interi, razionali, reali e complessi) su cui poter definire delle operazioni, ma ne esistono molti altri tra cui le cosiddette "classi di resto". Nell'esempio che aveva portato Marcolino, l'insieme su cui si operava è Z3 (insieme delle classi di resto modulo 3) ed in tale insieme l'uguaglianza scritta sopra è corretta. In realtà andrebbe scritto:

 

[2]3 + [2]3​ = [1] (che si legge "classe di 2 modulo 3 più classe di due modulo 3 uguale a classe di 1 modulo 3)

 

ma spesso, per semplificare la notazione e qualora sia chiaro l'insieme su cui si opera, le parentesi quadre ed i pedici non si mettono. Ovviamente questo genera tanta confusione in chiunque legga 2+2=1 pensando si calcoli con numeri naturali  :lol:

 

 


non lo capiró mai

 

Non dire così, non hai capito perchè l'uguaglianza è vera semplicemente perchè io non l'ho spiegato! ;-)

Ho solo detto in quale contesto l'uguaglianza è vera, ma non l'ho motivato!

 

Oddio @faby91, sinceramente non mi è molto chiaro il tuo ragionamento :P

 

Spiegarvi rigorosamente in cosa consiste l'aritmetica modulare richiederebbe alcune ore di algebra, però voglio comunque darvi l'idea del perchè l'uguaglianza sia vera. Indichiamo con il simbolo Z3 l'insieme:

 

Z3 = { 0, 1, 2 }  (notate che i suoi elementi sono i possibili resti della divisione per 3)

 

Quando "sommate" due elementi di tale insieme dovete considerare come risultato il resto della divisione per 3 della loro somma algebrica. Ora, se provate a fare i calcoli, dovreste capire perché in tale insieme 2+2=1 ed a questo punto non vi dovreste nemmeno sorprendere nel leggere 2+1=0 ;-)

@@katy91 quando calcoli una somma tra due elementi di Z3 consideri prima di tutto la loro somma algebrica "naturale" ma poi come risultato dell'operazione consideri il resto modulo 3, ovvero il resto della divisione euclidea per 3. Quindi:

 

2 + 2 farebbe 4 ma visto che operiamo in Z3 devi considerare il resto della divisione di 4 per 3, ovvero 1 infatti 4 = 3 x 1 + 1

--> 2+2=1 in Z3

 

@@faby91 era questo quello che intendevi? :)

 

 


una curiosità,si può operare anche in Z4,Z5 eccetera..?

 

Certo e valgono le medesime regole di calcolo ;-)

In Z5 per esempio 4+3=2 e 2+3=0

Ogni intero positivo maggiore o uguale a due può essere preso come modulo per considerare una corrispondente classe di resto.

 

@@faby91 non ho capito la domanda!

@@faby91 aaaooo son gnucco nun capisco :P

 

Diciamo di "sì", però in realtà la questione sarebbe più complessa perché gli elementi di Z3 non sono propriamente numeri, ma classi di equivalenza rappresentate da numeri :)

  • 3 weeks later...

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