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La Strega Dietro la Stazione


Almadel

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La Strega Dietro la Stazione - Primo Capitolo -

 

C'era un ragazzo che abitava Dietro la Stazione; aveva – ovviamente un nome – ma lo ha perduto a causa di un incidente, capitatogli durante questa storia. Era qualcosa come Nicholas o Nicola e veniva da una Grande Isola: forse era uno studente Erasmus dalla Gran Bretagna o un Sardo fuori sede. Non è davvero importante: né il suo nome, né la sua origine; che comunque riuscirà a recuperare prima della fine di questo racconto.

Quello che importa davvero è che suonava la chitarra e aveva un'amica di nome Cinzia e un amico di nome Sandro. Sandro abitava nella Città Oltre la Stazione; era alto e castano e non suonava nessuno strumento. Era un ragazzo molto cattivo e disprezzava Cinzia per la sua originale bruttezza e per i suoi modi acidi di ragazza intelligente abituata a ridicolizzare i bulli.

 

Cinzia non era nata in quell'appartamentino Dietro la Stazione che puzzava un po' di nonna; ci si era trasferita per l'Università e si era subito trovata molto male. Sorprendentemente le cose non erano davvero migliorate dopo aver lasciato quelle scuole superiori di campagna dove tutti la prendevano in giro, per un posto un po' meno provinciale e un ambiente un po' più intellettuale.

Era brutta: questo era evidente. Non era possibile neppure definirla un “tipo particolare”. Era – a tutti gli effetti, pure nella sua innegabile peculiarità - di una “particolare bruttezza oggettiva”.

C'era un unico ragazzo che trovava gradevole la sua compagnia: un ragazzo molto carino che viveva nel suo condomio; veniva da una qualche grande isola e suonava la chitarra.

 

Cinzia leggeva molti libri strani; quei libri che nell'intenzione dell'autore probabilmente avrebbero aiutato le ragazze un po' frustrate ad avere qualche rivincita. Libri che potremmo definire di “stregoneria”, se non fosse che per credere che cose simili potessero davvero funzionare era necessaria una dose di creduloneria non comune. A sostegno delle buone potenzialità di Cinzia in quella strada c'era però un Libro più speciale di altri - quasi certamente appartenuto alla nonna – che aveva ritrovato dopo due settimane che s'era trasferita in quel triste appartamento Dietro la Stazione. Informazioni sul nonno non ne aveva trovate (mamma non ne parlava mai) e armata di quel buon femminismo che hanno le ragazze di Lettere aveva costruito un grande mito stregonesco intorno a quella donna che le sorrideva preoccupata da una foto ingiallita, nella quale posava in mezzo a un roseto. Sfortunatamente il Libro della Nonna richiedeva un ingrediente troppo difficile da procurarsi per cominciare la carriera di Strega; quindi Cinzia preferiva incensi e tranquillizzanti pratiche New-Age riguardanti la Dea... “Mai dire mai” si diceva; e comprò anche le candele indicate dal Libro.

 

A Febbraio le sue preghiere sembrarono esaudite. Nicola (o Nicholas) la invitò a cena non dal solito kebabbaro giordano, ma in un vero ristorante per innamorati. Lui sembrava insolitamente impacciato e Cinzia lo trovò tenerissimo. Pagò per giunta lui la cena e le tenne la mano praticamente durante tutto il ritorno fino al grigio condominio dietro la stazione. E non si salutarono davanti alla porta dell'appartamento di Nicholas (o Nicola) come al solito, ma lui le chiese persino di entrare! A Cinzia non sembrava vero: il cuore le batteva così forte che temeva che lui potesse accorgersene. “Non c'è nessuno” disse N. e andarono nella sua camera, dove accese quattro grandi candele che sembravano acquistate per l'occasione. “E' uno scherzo, vero?” Pensò Cinzia “Adesso entrerà quel coglione di Sandro, mi farà un foto in reggiseno e la mostrerà in Facoltà!” Ma Nicola (o Nicholas) cominciò a premere le sue labbra sulle sue e a spogliarla maldestramente, fino a che non furono in slip e mutandine, sul grande letto bianco al centro della camera; illuminati dalle candele.

“Toccati per me” le chiese lui appena sussurando. Cinzia lo guardò un po' storto ma poi sorrise: fissandolo negli occhi si infilò la mano oltre il pizzo rosa del suo intimo e... fu in quel momento che Sandro spalancò la porta e le scattò una foto.

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Capito Secondo

 

I ragazzi uscirono di corsa dall'appartamento; lasciando Cinzia – rossa di rabbia e umiliazione - a rivestirsi tra le candele della camera. Le ombre sul muro le sembravano grottesche e desiderò dare fuoco a tutto prima di lasciare quella casa. L'avrebbe fatto se l'appartamento di sua nonna non fosse stato al piano superiore. Lo scherzo era stato di pessimo gusto e assolutamente mal congegnato. Chi lascerebbe una ragazza offesa, da sola nella propria casa, con infinite possibilità di vendicarsi? Cinzia stava per vomitare: voleva assolutamente farsi una doccia, ma non poteva lasciare quel luogo senza un segno della sua rabbia. Prese dalla cucina un coltello per il pane e cominciò a squarciare il divano di pelle marrone dove Nicola (o Nicholas) le aveva spesso fatto ascoltare la sua chitarra. Ne provava un certo gusto: pensava che avrebbe potuto farlo per tutta la notte. Improvvisamente il giovane rincasò e vedendola con la lama nella mano pensò subito “L'ho fatta troppo grossa, ora mi ammazza”. Le fu subito dietro – Dammi il coltello, Cinzia – col tono paternalista e tremolante che aveva sentito usare nei film. Teneva la Canon di Sandro nella destra e tentò di afferrare il braccio di Cinzia con la sinistra (in un modo molto più goffo di quanto non si usi a Hollywood). Cinzia non lo guardava, non intendeva guardarlo, e si girò per minacciarlo col coltello. La rabbia non è un buono stato d'animo per valutare le misure e la lama ferì profondamente il ragazzo all'occhio destro. Cinzia non riuscì a spaventarsi per lo schizzo di sangue, anzi pensò “Già che ci siamo...” E infierì sul collo del giovane che non era del Continente, come se fosse stato un divano.

 

Le persone umiliate provano a volte un grande senso di nausea simile a quello che si prova di fronte alla vista del sangue. Per un qualche principio omeopatico della crudeltà le due sensazioni si erano annullate nello stomaco di Cinzia; la cosa le permise di accorgersi della macchina fotografica e di recuperarla dalle dita dell'amico. Salì silenziosamente le scale, lo sguardo della nonna dalla vecchia foto aveva sempre quel mezzo sorriso preoccupato in mezzo ai fiori: “Si preoccupa per me” pensò Cinzia. Assassini e donne umiliate sessualmente frequentemente desiderano una doccia, ma – come per la nausea – i due desideri identici sembrarono annientarsi. “Mi scopriranno” pensò Cinzia. Buttò la Canon in una specie di cuccia per cani d'appartamento che si trovava all'ingresso. Guardò ancora la foto della nonna. Fissò la lama e cominciò ad accendere le candele. “E' un coltello per il pane” Pensò. Le candele non le erano mai sembrate tanto odiose come quella sera: ma queste erano nere e non bianche ed erano tredici e le dispose in cerchio. “C'erano della parole da dire” Ma il Libro della Nonna era sotto un mucchio di appunti di filologia dantesca e aveva paura di sporcare quelle fotocopie tanto bianche con le mani insanguinate. Buttò con stizza il coltello in mezza al cerchio approssimativo composto di tredici candele nere e disse solo “Ecco l'ho fatto!” Non era un coltello per la carne.

 

Dopo due pesanti respiri la camera sembrò precipitare nell'oceano. L'aria divenne densa, scura e tremolante come se si trovasse in una cabina del Titanic: Cinzia sentiva la pressione nelle orecchie e la fatica a muovere le braccia: forse se avesse fatto forza sarebbe riuscita a nuotare. Le fiamme delle candele creavano come delle bolle scintillanti e rossastre che andavano ad aggregarsi in un punto all'incirca di fronte a lei, in direzione della lama del coltello. L'acqua apparente che aveva invaso la camera andò ad addensarsi intorno alla luce che prendeva una forma a metà tra l'umano e l'albero. Il faticoso respiro di Cinzia andava via via normalizzandosi, finché un uomo con grandi corna di cervo non apparve nella stanza. Aveva i lineamenti di un Danese e la pelle di un Etiope, sembrava circa un metro e novanta – eccettuate le corna ocra – aveva gli occhi scintillanti e dorati come quelli di una tigre e un membro sproporzionato per un essere umano, ma perfettamente proporzionato per essere quello di un Dio. Alla vista di Cinzia fece un'espressione sorpresa, ma cercò di non darlo a vedere.

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Capitolo Terzo

 

"Sei il Dio Cornuto, lo Sposo della Dea!” Esclamò soddisfatta Cinzia. Cernunnos alzò gli occhi sopra la testa e li mosse da destra a sinistra, come per accertarsene. Il Dio sorrise: “Non sono sposato”. Cinzia lo guardava affascinata e curiosa: aveva le unghie troppo lunghe per essere un maschio; ma lo era davvero, senza dubbio. “Sei l'Uomo Nero” disse Cinzia con l'aria di una che la sapeva lunga “E io adesso una strega, giusto?” Cernunnos sembrò sollevato. “Giustissimo, una strega”. Cinzia cadde a sedere sul suo letto. Strega o pazza che fosse, l'umiliazione e l'omicidio non le sembravano più gli eventi più rilevanti della serata. “Dovremmo andare a ballare” Disse il dio. “Però non ci sono altre streghe né qui né nei paesi vicini. Mi spiace” Cernunnos fece un'espressione da tigre triste. “Conoscevi mia nonna, vero?” Cinzia indicò il ritratto alla parete di fronte. Il Dio Cornuto si avvicinò alla foto e la guardò sorridendo: “Presumo di sì, ma noi Dèi non abbiamo una buona memoria, è fondamentale non averne per resistere alla noia”. Cinzia se ne dispiacque: avrebbe voluto sentire qualche aneddoto su di lei, anche per farsi un'idea su che cosa significasse essere una strega. “Ci sono altri Dèi come te?” Cinzia lo guardava da dietro: aveva un fisico stupendo, anche se sembrava avesse qualche muscolo non previsto dalla fisiologia umana; ma non aveva la coda che Cinzia si sarebbe aspettata. “Certo che sì!” Disse Cernunnos voltandosi “Lo spero proprio!” Pareva ferito dalla domanda e a Cinzia parve strano che non lo sapesse per certo. “E ora cosa dovrei fare?” Cinzia arrossì forte, era praticamente certo che la sua iniziazione si sarebbe conclusa con un rapporto carnale tra lei e quell'essere prodigioso. “Qualcosa” Disse il dio. “Il tuo amico non risponde al telefono e sua madre si sta preoccupando”.

 

E' difficile preoccuparsi della polizia con un dio celtico nella propria camera. In ogni caso però al piano di sotto c'era un cadavere e Sandro avrebbe fornito un movente agli inquirenti che non le avrebbe lasciato scampo. Il loro scherzo era stato mal congegnato, ma il suo omicidio era stato anche peggio: improvvisamente Cinzia pensò ai roghi medioevali. “Posso diventare invisibile?” Chiese al suo ospite. “Invisibile?” Cernunnos si incupì. “Essere invisibili rende la vita molto solitaria”. Il dio guardò fuori dalla finestra: era ormai mattina inoltrata e Dietro la Stazione c'era un intenso via vai di persone nate in altri luoghi. Cinzia non voleva essere ancora più sola. Voleva un fidanzato e delle amiche, invece di essere evitata dai maschi e scorticarsi d'invidia verso le altre.

Puoi farmi diventare bella e diversa?” Chiese lei. Lui la fissò intensamente coi suoi occhi di bestia: “Certamente, devi solo spogliarti”. - Ecco ci siamo – pensò Cinzia – E' arrivato il momento – In un modo o nell'altro quel giorno avrebbe perso la verginità: un'esperienza di un dolore lancinante con qualche mostruosa conseguenza come in Rosemary's Baby. I vestiti le cadderò di dosso come se il suo corpo non avesse avuto consistenza. Cernunnos le fu subito vicino, a fianco a lei nel letto e cominciò a leccarle la pelle nuda con la sua lingua ruvida. Il fiato del dio profumava di qualcosa simile al muschio bianco, Cinzia rabbrividì e si rilassò al contatto di quell'intimo tocco alieno. A questo sconvolgente preliminare però non seguì un rapporto sessuale e la ragazza si sentì più sollevata che delusa. Al suo termine invece Cernunnos divelse l'anta dell'armadio e ne posizionò lo specchio interno davanti a lei. Cinzia si accarezzò la pelle per accertarsi di essere lei la donna bellissima di cui lo specchio restituiva l'immagine. La morbidezza della sua pelle la stupì più ancora della perfezione dei suoi nuovi lineamenti, la rinnovata forma del seno e il miele lucente dei suoi capelli da strega. La trasformazione aveva un unico neo: nero e sporgente tra il collo e la mammella sinistra.

 

In ogni caso doveva lasciare l'appartamento della nonna. A sera sarebbe tornato il coinquilino di N. e – per quanto fosse rintronato da internet – si sarebbe accorto del cadavere. Cinzia faceva fatica a valutare il tempo, l'aria nella casa aveva ancora qualcosa di liquido e immateriale che la permeava e ogni orologio dell'appartamento sembrava segnare un'ora diversa. Guardò il coltello nel cerchio di candele spente: la lama sembrava ossidata come se fosse stata sottoposta ad alte temperature e il sangue pareva ruggine. “Se l'è meritato, quello stronzo” Disse Cinzia a Cernunnos con convinzione, indicandogli l'arma del delitto. “Nessuno merita di morire più di altri, per questo muoiono tutti” Il dio fece un ampio gesto con la mano e l'aria non veramente mattutina nella stanza si fece più scura. “Non lo meritavo no!” Disse una voce rotta dall'angolo vicino alla porta. Cinzia sobbalzo inorridita. Aveva parlato N. che giaceva ranicchiato a terra coperto da una pelliccia nera: l'occhio destro ancora sanguinante, il sinistro pieno di lacrime e il collo lacerato. La ragazza emise un breve grido soffocato. “Vedi?” Disse Cernunnos “Anche lui pensa di non esserselo meritato” E si mise a ridere. Cinzia sperò che si trattasse di un fantasma e non di uno zombie: questi ultimi li aveva sempre trovati disgustosi. “Avevo persino recuperato la macchina fotografica! Perché mi hai ucciso?” Il ragazzo piangeva disperatamente. “Hai fatto una cosa disgustosa, credevo fossimo amici!” Urlò lei. “E poi non me ne ero accorta, è stato un incidente...” Intanto Cernunnos si mise al collo la Canon che presumibilmente conteneva ancora la foto rubata di una Cinzia molto diversa dall'attuale. “Balle!” La interruppe il morto piangendo “Avrei finito il DAMS, mi sarei trasferito a Berlino, avrei avuto una bella carriera col mio gruppo! Cinquecentomila copie vendute solo in Germania! E ora sono morto! Mi sarei sposato e avrei adottato due bambine... cazzo! Mi mancano anche se non le ho mai conosciute!” C'era qualcosa che non tornava alla strega nel racconto del ragazzo... “Come ti è venuto in mente di prendermi in giro in quel modo orribile?” Cinzia decise di non farsi impietosire dal fiume di parole sconnesse che N. continuava a ripetere (perché poi si era infagottato in una pelliccia? Si sarebbe aspettata al massimo un lenzuolo). “Perché amavo Sandro! Non volevo deluderlo...” I lineamenti perfetti di Cinzia si piegarono in una smorfia stupita per questo coming out post mortem. Stava per dire qualcosa, quando il volto piangente e sanguinante del ragazzo sprofondò letteralmente nella massa di pelo nero. L'espressione di stupore di Cinzia si mutò in orrore quando quella cosa strisciò verso di lei, mostrandole con raccapriccio che solo gli occhi sconvolti del ragazzo non erano stati inghiottiti dalla pelliccia. Cinzia non riusciva a muoversi mentre l'ammasso informe si rimpiccioliva sempre di più man mano che le si avvicinava. Ai piedi nudi di Cinzia arrivò solo un gattino nero. Il dio si piegò sulle ginocchia per osservarlo meglio. “Prendilo in braccio e dagli un nome”. La ragazza lo sollevò con un certo disgusto. Era un micetto nerissimo con l'occhio destro giallo e il sinistro azzurro: teneva la testolina piegata da una parte in modo molto tenero (anche se Cinzia lo trovò un particolare macabro). Fissò l'animaletto con disprezzo e sorridendo a labbra strette disse “Frocetto” e il gattino replicò con un miagolìo. Cernunnos la guardò senza alzarsi: “Non mi pare politicamente corretto” disse. Cinzia trovò che quell'espressione nella bocca del Dio fosse la cosa più perturbante delle ultime ore e in aggiunta si chiese anche come fosse riuscito Cernunnos a mettersi la Canon al collo nonostante l'ampio palco di corna. “Penso lo chiamerò Aureliano” disse Cinzia, che amava Garcìa Marquez. “Ormai lo hai già battezzato nella tua Parola; ho il vago ricordo che tutte le streghe avrebbero voluto un nome diverso per il loro famiglio”. Cernunnos si alzò e guidò con le sue braccia forti e nere l'animaletto al petto di Cinzia. Quello che era stato un ragazzo che aveva avuto un nome da cristiano cominciò a poppare dal neo della strega che emise un gemito sentendo la bestiola che le succhiava il sangue.

Spossata dall'innaturale prelievo, Cinzia decise che prima di abbandonare l'appartamento avrebbe fatto colazione.

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  • 7 months later...
parole_alate

Sarei curiosa anche di quello! Quando usciranno i risultati e sarai libero di diffonderlo, magari postalo.

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  • 3 weeks later...

A me sarebbe piaciuto se il gatto alla fine avesse avuto un occhio azzurro e uno rosso (dove era stato ferito il ragazzo)!

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@faby91, beh ha l'occhio giallo per quel motivo...

In effetti se fosse stato rosso sarebbe stato più evidente :)

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Eheh ma nel senso che molti gatti hanno un occhio azzurro e uno giallo anche nella realtá.. Rosso salta subito all'occhio (appunto)! ;-)

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