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Rubare è sbagliato?


dreamer_

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Per entrambi.

 

Per me è molto diverso se chi ruba è povero o ricco

e se il derubato è ricco o povero.

 

Se chi ruba, ruba il necessario a chi ha il superfluo

non è assolutamente immorali, anzi - come cantava De André -

"ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame"

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Avevo immaginato che volevi arrivare a questo. da qui la richiesta di specifica :D

 

Allora diciamo... se uno resta senza casa, non ha nessun parente che lo aiuta, chiede aiuto allo stato e non ne riceve... e ruba in un supermercato per mangiare.. ha delle attenuanti immense che possono portare a giustificare il gesto. Su questo (credo) siamo d'accordo tutti.

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Però questo vale - in gradazioni diverse - per tutto.

Tra mafioso ricchissimo che chieda il pizzo a un poveraccio che ha un bar sulla spiaggia

e il bambino povero che rubi una banana ai latifondi Del Monte in Brasile,

ci sono tantissime sfumature intermedie e ogni furto si colloca a un certo livello.

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il codice penale sancisce il furto: ciò detto nessuno va automaticamente in galera se ruba qualcosa, ma c'è sempre un processo, e il processo serve perché nell'applicazione della legge non può mai esservi un automatismo, ma occorre valutare la situazione concreta e calare il contenuto della legge su quella

rubare 12 rose di campo può portare all'assoluzione, rubarne una alla piccola fioraia dell'angolo che muore di freddo e non ha i soldi per mangiare può portare a una condanna

 

tra parentesi, è questo secondo me il motivo per cui gli autovelox andrebbero banditi completamente: non può esservi mai automatismo nella sanzione ma va sempre calata nel concreto

ma qui si potrebbe aprire una discussione infinita e non se ne uscirebbe fuori :asd:

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Per me è molto diverso se chi ruba è povero o ricco

e se il derubato è ricco o povero.

 

 

Per la prima sono d'accordo, per la seconda no. Che differenza fa se il derubato è ricco o povero? Andrei a giustificare ladro se fosse povero ma nel caso di un derubato ricco o povero poco cambia, un furto è sempre un furto. Quindi se il ladro ruba ad un ricco o ad un povero darei la stessa pena.

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La stessa pena è ovvio, le leggi le fanno i ricchi :)

Ma il fatto che la pena sia la stessa

non significa che la gravità morale sia la medesima.

 

Se rubi un panino a un mendicante o a Berlusconi

ti dirò che moralmente la differenza è molto evidente.

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la prima osservazione che farei è semplicemente che l'atto criminale, che porta un vantaggio personale netto a discapito di qualcun altro p di un'imprecisata collettività, è tale, come si è notato, solo se non si ragiona sui grandi numeri. Questo equivale a rispondere alla domanda del topic, perché se dobbiamo stabilire una norma che abbia una qualche forza essa non può prevedere eccezioni per casi singoli, che aprirebbero la strada all'anarchia. Una volta che, ragionando per grandi numeri, sia stabilito cosa è "immorale" e cosa non lo è, non si può pensare a circostanze specifiche che consentano l'infrazione alla norma senza indebolirla. Se ammetto che in certi casi rubare non sia immorale, allora non ha senso che la norma sia formulata come un generico "non rubare", bisognerebbe specificare anche le cause di giustificazione particolari. Un bel ginepraio, e piuttosto inutile.

La seconda osservazione è che, nell'ottica di un agente perfettamente razionale, infrangere una norma morale valida (ovvero che "funziona sui grandi numeri") è sempre una scelta da non fare, perché una norma valida è prodotta in vista di un optimum sociale conveniente per tutti. Ovviamente è possibile infrangere la norma e eventualmente ricavarne grandi vantaggi, ma un agente razionale perfetto, cosciente dei rischi, degli azzardi e degli inconvenienti di tale scelta, non lo farebbe, e a mio avviso quello è il modello che dovremmo avere in mente.

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Se rubi un panino a un mendicante o a Berlusconi

ti dirò che moralmente la differenza è molto evidente

 

Tu non vai a "multare" la morale, vai ad intervenire sull'atto e come rubi al mercante rubi a Berlusconi. Certo il secondo non rieverebbe un danno grave, ma è il comportamento che va punito, quindi io punirei nella stessa maniera chi ha rubato al mercante e chi ha rubato a Berlusconi. Ovviamente la punizione varia a seconda dell'entità di reato, ma non avrei dovuto neanche specificarlo.

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Sì, ma per la Legge valgono le notazioni di FreakyFed.

La domanda non è: "Rubare è illegale?" Certo che lo è,

la domanda è "Rubare è sbagliato?".

Come insegna la leggenda di Robin Hood, a volte è invece eroico

- pur rimanendo ovviamente illegale -

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Se rubi un panino a un mendicante o a Berlusconi

ti dirò che moralmente la differenza è molto evidente.

 

Questi sono due casi estremi, in cui in mezzo troviamo il 99% dei furti.

In linea di massima, no, la povertà non autorizza a porsi al di sopra delle

leggi. Questo perché delle situazioni estreme, come l'Inghilterra del '200

di Robin Hood o la Germania Anno 0, non sono paragonabili alla moderna

situazione italiana (o dei paesi industrializzati occidentali). I poveri che rubano

per mangiare o per ricorrere alla soddisfazione dei bisogni primari

costituiscono una fetta trascurabile dei furti.

 

Non è la ricchezza del ladro e del derubato a fare la differenza a livello morale,

ma il grado di bisogno che hanno il ladro e il derubato della refurtiva.

Edited by dreamer_
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Non è la ricchezza del ladro e del derubato a fare la differenza a livello morale,

ma il grado di bisogno che hanno il ladro e il derubato della refurtiva.

 

Sono d'accordo.

Rubare l'auto a un artigiano che ne possiede solo una e che non ha i soldi per sostituirla entro tempi utili alle proprie necessità è diverso dal rubarla a un imprenditore che di auto ne ha 4 e che comunque ha il denaro necessario a sostituirla in tempi utili alle proprie necessità.

E ho usato l'esempio dell'auto perché è la prima cosa "utile" che m'è venuta in mente.

 

Visto che abbiamo riportato il discorso in un'ottica morale, provo a contribuire.

Credo che per stabilire la gravità morale del furto non contino tanto ricchezza e povertà, ma più in generale quanto ciò che viene rubato è necessario e difficile da ottenere onestamente per chi ruba, e quanto è necessario e difficile da sostituire onestamente per chi viene derubato.

 

EDIT

Avevo esordito con "Non sono d'accordo." :D

Edited by Woland_88
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Non è la ricchezza del ladro e del derubato a fare la differenza a livello morale,

ma il grado di bisogno che hanno il ladro e il derubato della refurtiva.

 

Credo che per stabilire la gravità morale del furto non contino tanto ricchezza e povertà, ma più in generale quanto ciò che viene rubato è necessario e difficile da ottenere onestamente per chi ruba, e quanto è necessario e difficile da sostituire onestamente per chi viene derubato.

 

Eh? Ma dove vedete la differenza

tra "stato di necessità" e povertà

e "superfluo" e ricchezza?

Per me sono sinonimi.

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Eh? Ma dove vedete la differenza

tra "stato di necessità" e povertà

e "superfluo" e ricchezza?

Per me sono sinonimi.

 

Se io sono poverissimo, e rubo una tartaruga per il solo gusto di averla e tenerla con me, non perché abbia necessità di una tartaruga né perché voglia farci dei soldi rivendendola, anche se l'ho rubata a un miliardario che ha centinaia di tartarughe il mio gesto è comunque ingiustificabile, e quindi sbagliato.

Tollerabile in un'ottica pragmatica (perché è una insulsa tartaruga, e perché il derubato ne ha centinaia con cui sostituirla), ma comunque sbagliato.

 

Qui sta la differenza tra stato di necessità e povertà.

Certo, non ci sono molte persone povere che rubano tartarughe, ma molte delle persone che rubano un'auto sono povere, e non sempre la rubano per necessità di averla o per rivenderla e nutrire sé stessi o la propria (eventuale) famiglia, in molti la rubano solo per il gusto di avere un'auto, e perché per loro rubarla è più facile e più comodo di comperarne una.

 

Se io sono un imprenditore benestante e qualcuno mi svuota completamente il magazzino dell'azienda con la quale guadagno abbastanza da mantenere tutta la mia famiglia, non farmi mancare niente e pagare gli studi ai miei figli, oltre ad aver perso migliaia di euro di materia prima non potrò consegnare gli ordini per i miei clienti, che quasi sicuramente troveranno altri a cui rivolgersi, rischio il fallimento e rischio di dover abbassare drasticamente il mio stile di vita e quello dei miei figli, che rischiano a loro volta di doversi trovare un lavoro per contribuire a pagarsi gli studi.

Tutto questo può sembrare frivolo per un povero che ha fame e che della propria fame si preoccupa, ma è importante e necessario per le vita del derubato e per quella dei suoi famigliari.

E anche se chi l'ha derubato s'è rivenduto tutto per comprare da mangiare per sé e per la propria famiglia, l'atto resta in sé sbagliato, perché ha apportato un danno concreto e considerevole al derubato, privandolo di qualcosa che per lui era necessario e forse impossibile da sostituire in tempi utili alle sue necessità.

E questa è la differenza tra superfluo e ricchezza.

Edited by Woland_88
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Ah ecco quindi non era parso solo a me che @@dreamer_ avesse deviato sulla "morale" dopo aver detto di non farlo.....

 

Penso che tu stia prendendo "fischi per fiaschi". Ormai l'argomento precedente, quello della mia domanda, si era esaurito perché vedeva tutte le parti concordi sulla mia tesi (a parte te, ma non importa :asd: ). Adesso l'argomento è diverso, Almadel ha introdotto con il post #30 un nuovo problema, una sottigliezza all'interno dell'argomento precedente. Quindi questa è come una nuova discussione, un prosieguo della precedente.

 

@@Almadel : Sul fatto che la povertà sia basata su di uno stato di necessità è ovvio, sul fatto che la ricchezza sia basata sul possesso di proprietà apparentemente superflue, è vero anche questo.

Tu tendi ad spostare la gravità del furto sul piano materiale, mentre la gravità del furto è, entro certi limiti, proporzionale alla reazione B, che è proporzionale alla necessità della proprietà.

L'esempio della tartaruga (io avrei usato un Iphone) di @@Woland_88 è al limite. Se la NL (necessità del ladro) è minima anche la ND (necessità del derubato) è al minima perché, in fondo, ha 1000mila tartarughe. Non saprei personalmente decidere se prevale la NL o la ND.

L'esempio dell'auto e del magazzino sono invece calzanti: la ND supera (nel primo caso nettamente) la NL e quindi il furto è sbagliato.

Potremmo dire che G (gravità del furto) è G=ND/NL

Edited by dreamer_
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Non credo... la distinzione tra necessario e superfluo, tra le mille sfaccettature dell'azione del furto è stata introdotta fin dal primo post di risposta :D

 

Inoltre non è carino che dici "non importa".. se sei in Forum è per confrontarti.

 

Facciamo così. Fammi un riassunto conclusivo.

 

A me non sembra che si sia arrivati ad una conclusione univoca dal quale qualcuno possa dissentire. Si sono ripetute le stesse cose all'infinito.

Edited by Fabiofax
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@dreamer_

 

Non sono d'accordo con il tuo ragionamento.

Le due necessità non possono essere paragonate in modo diretto, altrimenti ogni volta che una banda di poveri che rubano per sfamare le proprie famiglie svuota un magazzino e manda in malora la vita di una famiglia (o di più famiglie, perché nelle aziende ci lavora anche altra gente oltre al ricco proprietario), il furto dovrebbe essere considerato giustificabile in ragione della necessità primaria costituita dalla fame dei ladri e delle loro famiglie, di certo non paragonabile al dover vendere casa o abbandonare un corso di studi.

Bisogna tener conto di un concetto di fondo: la condanna morale del furto difende il diritto alla proprietà, e il diritto alla proprietà appartiene solo al derubato, non al ladro.

Il ladro, per quanto giustificabile, è comunque una persona che lede concretamente il diritto di un'altra.

Quello che ha bisogno di giustificazioni morali per appropriarsi della proprietà altrui senza essere immorale è il ladro, non il derubato.

Per come la vedo io la necessità del derubato ha un peso maggiore di quella del ladro.

La tua necessità di nutrirti non giustifica moralmente che per darti da mangiare io debba finire sul lastrico e che i miei figli debbano rinunciare ai loro progetti di vita.

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@Woland_88,

se "manda in malora" la vita di una famiglia

mi pare evidente che non sia stato sottratto il superfluo, però.

 

Se la NL (necessità del ladro) è minima anche la ND (necessità del derubato) è al minima perché, in fondo, ha 1000mila tartarughe. Non saprei personalmente decidere se prevale la NL o la ND.

L'esempio dell'auto e del magazzino sono invece calzanti: la ND supera (nel primo caso nettamente) la NL e quindi il furto è sbagliato.

Potremmo dire che G (gravità del furto) è G=ND/NL

 

Esattamente.

I casì più interessanti sono quelli a Gravità 1.

E' immorale se Lapo Elkann ruba del fondotinta a Berlusconi?

E' immorale rubare per sopravvivere a spese di un'altra persona?

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@Woland_88,

se "manda in malora" la vita di una famiglia

mi pare evidente che non sia stato sottratto il superfluo, però.

 

Appunto! La differenza tra ricchezza e superfluo sta proprio qui: io sono ricco, ma non tutto quello che possiedo è per me superfluo.

Sei tu che hai chiesto dove vedessimo la differenza tra stato di necessità e povertà, e quella tra superfluo e ricchezza, e io te l'ho illustrata con degli esempi.

Si è ricchi o poveri solo paragonati a qualcun'altro, mentre la necessità di un bene è definibile anche in assenza di un termine di paragone.

Edited by Woland_88
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Secondo me è inutile discutere sulle diverse risposte che si dà alla domanda "Rubare è sbagliato?" perché è la domanda ad essere sbagliata.

L'idea di furto implica quella di proprietà. Nel momento in cui ammettiamo che la proprietà ha un fondamento morale, allora ne deriva automaticamente che rubare è sbagliato, salvo entrino in gioco valori più importanti.

 

La domanda non è quindi "Rubare è sbagliato?", ma "La proprietà è giusta? E se sì, a quali condizioni?"

 

 

 

Dalle mie memorie di filosofia del liceo mi ricordo di un discorso del genere (che non mi ricordo chi abbia fatto, credo Marx?).

La proprietà trova il suo fondamento nel lavoro. Se Marco va alle acque del fiume (che sono res nullius), riempie un otre d'acqua e porta quest'acqua dal fiume a casa sua, quell'acqua diventa di sua proprietà, nonostante in partenza non appartenesse a nessuno, grazie al suo investimento in lavoro.

È stata la sua fatica a portare l'acqua dal fiume a casa. Non è quindi la stessa cosa per me bere l'acqua del fiume o l'acqua di Marco, perché nel secondo caso ruberei a Marco l'energia, la fatica e il lavoro che lui ha investito in quell'acqua.

 

Ci dobbiamo quindi chiedere, la diseguaglianza tra gli uomini in fatto di proprietà che la legge giustifica trova sempre giustificazione dal punto di vista morale?

Per tornare agli esempi su Robin Hood, il contadino che possiede quanto è suo grazie ai risultati del suo lavoro è proprietario delle sue cose allo stesso modo del nobile che le possiede grazie al suo titolo o ai soldi ottenuti incassando imposte?

Per arrivare ai giorni nostri, la diseguaglianza di stipendio tra operaio e manager è veramente giustificata dalla diversità di lavoro svolto? Il manager si è veramente guadagnato, dal punto di vista morale, il diritto a chiamare "suo" tutto ciò che possiede, tenuto conto del lavoro investito?

 

Che cos'è veramente oggetto del diritto di proprietà? Il bene materiale in sé o l'energia personale che vi ho speso?

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Per me la legge e solo una forma della morale particolarmente rigida, il cui rispetto è imposto con la forza. Ma il principio della legge dello stato è il medesimo della legge morale, uno di massima convenienza nella convivenza.

 

DIssento con Loup (e con Marx o chi per lui, ovviamente) su cosa sia a legittimare la proprietà. La proprietà non sempre è intesa, in senso sociale, nello stesso modo; ogni società ha il suo modo di intendere condizioni e limiti della proprietà, e di regolarla tramite leggi. Ma a priori di tutto questo, in realtà, ciò che legittima la proprietà è solo ed esclusivamente la forza. Mio è ciò su cui io posso esercitare un potere difendendolo dagli altri. Questa è l'unica forma naturale e primordiale della proprietà. Attraverso la società e lo stato questo sistema viene superato, per cui nel momento in cui si riconosce una norma condivisa in essa si annullano i rapporti di forza. Ma è comunque opportuno ricordare che anche questa legge morale condivisa deriva in principio da equilibri di forza...

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Loup-garou[/color]' timestamp='1346435958' post='599400']

Ci dobbiamo quindi chiedere, la diseguaglianza tra gli uomini in fatto di proprietà che la legge giustifica trova sempre giustificazione dal punto di vista morale?

No, nel momento in cui alcuni individui detengono beni in quantità e qualità superflue a discapito di chi non li detiene in quantità e qualità sufficiente.

 

Loup-garou[/color]' timestamp='1346178788' post='598244']

Non dimentichiamo che quella sul copyright è un'innovazione legislativa recentissima. Per millenni, l'umanità non ha concepito l'idea di proprietà intellettuale come l'intendiamo noi oggi. Evidentemente, si tratta di una pura invenzione legislativa, non è connaturata a nessun senso di giustizia dell'uomo (a differenza del "furto"). Anzi, per molti versi il concetto di copyright è addirittura controintuitivo.

Violare la legge è per definizione un'azione illegale, ma non basta la legge per definire un'azione moralmente sbagliata.

 

Non solo è recente l'innovazione del copyright ma è ancor più recente la storpiatura che ha subito verso gli scopi per cui fu progettato.

Di fatto agli albori era un autolimitazione che il pubblico concedeva per ottenere la produzione di ulteriore contenuto artistico e tecnologico. La durata (di 10 anni) e il suo campo di applicazione era votato a questo.

Oggi ci troviamo nel mezzo di un sistema palesemente ribaltato dove è l'industria artistica a dettare le concessioni e la limitazione nella circolazione delle opere non è più votata alla fruttificazione del panorama artistico quanto alla speculazione dei soliti noti.

Non ha nessun senso costruttivo porre termine per lo sfruttamento dei diritti economici a 70 anni dopo la morte dell'ultimo degli autori, è una norma palesemente iniqua e socialmente inquinante.

 

Tempo fa lessi un libro interessante, avevano fatto alcuni esperimenti per vedere quando la gente rubava, coinvolgendo persone assolutamente perbene.

La conclusione era che se c'è rischio di essere beccati non si ruba, altrimenti lo si fa. La morale aveva ben poco peso.

 

Fortunatamente io diffido sovente delle persone perbene. Il mio problema è che in buona parte dei casi ragiono in spirito opposto.

Quando si sottodimensiona volutamente la sorveglianza viene offerto dal detentore legittimo del bene un rapporto di fiducia che mi sento in dovere di ricambiare.

Nei paesi civili i distributori di giornali sono ad accesso libero ed hanno la casettina a lato per raccogliere il denaro dovuto, le biciclette sono infilate sulla rastrelliera senza catena e quando ti invitano a servirti da solo danno per scontato che non prenderai più di quanto pattuito.

Viceversa un clima di eccessiva sfiducia aprioristica induce nella mia persona il desiderio di essere più scaltro e di superare i controlli predisposti.

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