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Cabaret (1972)


Ainelif

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1931: nella Berlino della Repubblica di Weimar, arriva come insegnante di inglese uno studente di lingue moderne, Brian Roberts. Timido e inibito, Brian - nella pensione dove ha trovato alloggio - resta affascinato dalla vitalità della sua vicina di stanza, Sally Bowles, una vulcanica soubrette che lavora al Kit-Kat, un cabaret frequentato da omosessuali, intellettuali, artisti e da borghesi alla ricerca di fremiti trasgressivi. Ben presto, l'amicizia tra i due vicini si tramuta in una relazione affettiva, con Sally che introduce al sesso il compagno.

Fritz, un amico tedesco, si dibatte tra mille difficoltà finanziarie. Nasconde oltretutto le sue origine ebraiche di cui si vergogna. Lui vuole entrare nel bel mondo e si fa passare, con successo, per luterano. Fritz individua la soluzione ai suoi guai in un matrimonio d'interesse. Così, quando Brian comincia a dare lezioni di inglese alla ricchissima Natalia Landauer, figlia di un importante industriale, Fritz gli chiede di presentargliela. Ma Natalia, oltre a essere ricca, è anche bellissima e il cacciatore di dote comincia a innamorarsi sinceramente della sua preda.

Sally conosce casualmente Maximilian von Heune, un ricco aristocratico tedesco: bello ed affascinante, "Max" sembra corteggiare Sally, che accetta volentieri le sue attenzioni. Inizialmente Brian appare diffidente ed infastidito dall'interesse che questi dimostra verso Sally, ma ben presto diventa più tollerante cosicché tutti e tre passano ore allegre e spensierate insieme. Max si dimostra generoso, intelligente e divertente. Partiti per passare qualche giorno nel palazzo di Max, i tre scorgono passando con l'auto in una via di Berlino alcuni poliziotti e passanti attorno ad un uomo morto con la testa fracassata, vittima della dilagante violenza nazista. Max liquida il fatto con aria di superiorità: la classe dirigente, la classe cui lui appartiene, non lascerà che questi bifolchi, ovvero i nazionalsocialisti, prendano il potere: al massimo, saprà usarli affinché possano liberare la Germania dal bolscevismo, facendo il "lavoro sporco" per loro. Al ritorno, Brian e Max si trovano ad assistere, in una locanda, al canto di un giovane nazista che intona, con sentimento e partecipazione, un inno alla Vaterland, la patria tedesca, dai forti connotati nazionalistici. Tutti i presenti, gioventù hitleriana in testa, camerieri, avventori, gitanti si mettono a cantare in coro, accompagnando il giovane in un crescendo che sembra trasformarsi in una manifestazione politica e di fede nel credo nazista. Brian resta sgomento, Max accenna un sorriso sarcastico.

Ritornati a Berlino, lui con portasigarette d'oro e maglioncino di cashemire, lei con costosa pelliccia, doni di Max, i due riprendono la vita di sempre, preparandosi ad un lungo viaggio in Africa che Max ha proposto loro di fare insieme. Tempo dopo, Brian, appena rincasato dopo essere stato accompagnato in auto da Max, e visibilmente turbato, accusa Sally di essere una ragazza fatua, frivola e leggera: insomma, l'accusa di essere andata a letto con Max. Sally non accetta di essere imbrigliata in una relazione che non la lasci libera e rivendica il suo diritto di fare ciò che vuole. Ammette di essere l'amante di Max e non si pente di quello che ha fatto. Ma Brian la lascia di sasso quando le dichiara di non essere la sola a potersi vantare di aver fatto l'amore con il bel barone. Così i due capiscono che Max li ha semplicemente usati per ingannare il tempo e, infine, per portarseli a letto. Una volta ottenuto ciò da entrambi li liquida inviando loro dei soldi e ringraziandoli "per il bel tempo passato insieme". Ormai i raid nazisti si fanno sempre più frequenti e coinvolgono anche lo stesso cabaret, ritenuto un covo di viziosi degeneri. Sally è incinta, ma non è sicura se di Max o di Brian; quest'ultimo decide alla fine di prendersi cura di Sally e del bambino e, insieme, i due sognano di lasciare Berlino e la Germania, per diventare una famiglia in Inghilterra. La situazione politica si fa sempre più difficile. Fritz che, ormai, è innamorato di Natalia, all'avvento del regime decide di chiederla in moglie: il suo, però, è un atto di coraggio, perché Natalia è ebrea. Fritz le confessa di esserlo anche lui. E i due si sposano, mentre nelle strade monta la marea dell'antisemitismo.

Un giorno, rientrato a casa, Brian scopre che è sparita la pelliccia di Sally. Comprende che fine possa aver fatto e ne ha presto conferma. Il regalo di Max è servito a pagare l'aborto della ragazza. Sally non si arrende alla prospettiva di una vita da casalinga, in una casetta a schiera, a lavare i panni insieme alle vicine.... Convince Brian che la soluzione che ha preso è quella giusta. Lui partirà per l'Inghilterra, lei cercherà di realizzare i suoi sogni d'attrice. Brian prende il treno, lascia Berlino. Dietro a sé, Sally, il loro bambino, la Berlino che non esiste più, Max e i suoi regali svaniti, l'ambiente fumoso e irripetibile del Kit-Kat: sembrano tutti i protagonisti di un affresco che comincia a sbiadire. Rimarranno nella memoria solo attraverso i ricordi di Brian.

 

Ciò che adoro di più in questo film è l'atmosfera cupa e vecchia di una Berlino ormai scomparsa, quella degli anni di Weimar, prima dell'avvento del nazismo, quella misteriosa e antica città dei vicoli col sottofondo della Grande Depressione del '29, della miseria e della crisi sociale evadendo però nell'allegria e nel ballo dei locali notturni come il Kit-Kat.

 

2007-11-21-cabaret.jpg

 

cabaret-1972-01.jpg

 

Cabaret1.jpg

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orodeglistupidi

Un capolavoro. E' liberamente ispirato alla raccolta di racconti "Goodbye to Berlin" del grande scrittore omosessuale Christopher Isherwood.

 

La cosa singolare è che la Berlino che Isherwood ha vissuto realmente è stata romanzata a un primo livello nelle sue memorie ("Christopher and his kind"), a un secondo livello appunto in "Goodbye to Berlin" e infine a un terzo livello nella sceneggiatura del musical e del film. Ad ogni livello successivo la finzione ha rimescolato e rimpiazzato sempre di più le vicende realmente accadute; tuttavia, in ogni variazione, resta centrale il personaggio di Sally Bowles/Jean Ross, con la sua dissacrante originalità, così pure resta invariata la squisita decadenza delle notte berlinesi sospese sull'orlo del baratro.

 

Da "Christopher and his kind" è stato tratto uno sceneggiato per la tv di impatto ovviamente molto più limitato rispetto a "Cabaret" ma comunque piacevole e ben confezionato. In questa variazione, l'attenzione ricade sulle vicende sentimentali e (omo)sessuali del protagonista, e quindi sulla vivace vita gay della Berlino dell'epoca.

 

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anch' io penso che sia un capolavoro figlio di altri capolavori e interpretato da attori in stato di grazia, con la regia del grande Bob Fosse

tra i miei 10 film preferiti in assoluto

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privateuniverse

"Cabaret", di cui stasera ho rivisto la seconda parte su RAI Movie, è un film originale, un vero capolavoro. @@Ainelif cha osservato quel che di peculiare c'è nel film, che coglie, giustamente, una fase di transizione, tra le ultime convulsioni della Repubblica di Weimar, un periodo atipico nella storia della Germania, con i travagli economici e politici mescolati a una grande vitalità artistica e culturale, e la nascente Germania nazista. Oltretutto Berlino, cosmopolita, trasgressiva e libertina, erail catalizzatore dell'eccentricità e della stravaganza della Germania di Weimar. Lo stesso Isherwood in Germania alla ricerca di quelle opportunità di libertà, anche sessuale, che l'Inghilterra rigida e classista dei suoi tempi non offriva (negli anni Venti anche Parigi, meta di molti giovani artisti e letterati americani attratti dal cambio forte del dollaro, giocava un ruolo simile, un vero magnete per artisti e "stravaganti" di ogni risma).

 

Un pregio del film è quello di intrecciare felicemente tre piani di lettura: la descrizione di quel che si agitava in un'atmosfera ancora trasgressiva e aperta al nuovo, persino libertina, ma che stava giungendo al termine, l'elemento specifico di quella forma di intrattenimento artistico particolare che è il cabaret, e le storie personali dei due protagonisti e dei personaggi di contorno, esse stesse, con la confusione, le indeterminatezze, le ambizioni velleitarie, le incoerenze, metafora dell'ambiente in cui si svolgono e dei cambiamenti che si preannunciavano.

 

Tempo fa ho visto anche "Christopher and His Kind" su ARTE, che giustamente ha nominato @orodeglistupidi; anche quel film per la tv descrive lo stesso clima ma, a parte che è imperniato sulle vicende personali di Isherwood, non può competere con "Cabaret". "Cabaret" contiene scene veramente geniali: a parte quelle, giustamente rimaste celebri, con i numeri del cabaret, la scena in cui Brian, Sally e Maximilian assistono alla scena del ragazzo della Gioventù Hitleriana che intona una canzone inizialmente patriottica e che poi si rivela un inno nazista, con gli astanti, delle più diverse età e provenienze sociali che, uno dopo l'altro, con un inquietante crescendo, si uniscono al canto, è uno di quei momenti in cui l'arte si rivela capace di cogliere efficacemente, con un'intuizione sintetica e geniale, un processo storico meglio di cento saggi.

 

D'altra parte stiamo parlando di Bob Fosse, mica pizza e fichi. ;)

 

 

 

Il sole sul prato è caldo come l'estate

Il cervo corre libero nella foresta

Riuniti insieme ad aspettare il temporale!

 

Il domani appartiene a me!

Il domani appartiene a me!

 

Il ramo del tiglio è verde e rigoglioso

Il fiume porta il suo oro al mare,

Ma da qualche parte una gloria attende invisibile!

 

Il domani appartiene a me, il domani appartiene a me!

Il domani appartiene a me, il domani appartiene a me!

 

Il bimbo nella culla sta chiudendo gli occhi

Il fiore abbraccia l'ape

E presto un sussurro dice: «Alzati!»

 

Il domani appartiene a me!

Il domani appartiene a me!

 

Oh, patria, oh, patria, mostraci la via

I tuoi figli hanno aspettato per vedere

Il mattino verrà quando il mondo sarà mio!

 

Il domani appartiene a me, il domani appartiene a me!

Il domani appartiene a me, il domani appartiene, il domani appartiene, il domani appartiene a me!

Edited by privateuniverse
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Una curiosità: Isherwood non amava per niente questo film, specialmente non gli piaceva Liza Minelli nelle vesti di Sally

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orodeglistupidi

Isherwood non amava per niente questo film, specialmente non gli piaceva Liza Minelli nelle vesti di Sally

 

Davvero? Che beffa allora che, al contrario, tutto ciò che si ricorda delle sue vicende sia...

liza3.jpg

...questo :girlcrazy:

 

Tra l'altro, ho scoperto ora che un primo tentativo di portare al cinema le "Berlin Novels" di Isherwood è stato fatto negli anni '50 con il film "I am a camera"... da quel che ho visto e letto in proposito, si tratta dell'ennesima variazione sul tema in cui ovviamente ogni riferimento all'omosessualità del protagonista evapora. Una commediola che, tra censura e autocensura, a quanto dicono non vale un'unghia di "Cabaret":

 

http://youtu.be/xONsD4ruGdU

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....Il chè pare non sia bastato ad evitargli una bella X rated dal british board of films censors

a vedere dal trailer del link. Era troppo presto.

 

Non dimentichiamoci che stiamo parlando della figlia di Judy Garland....un gay non poteva

nel 1972 che valutare la figlia con l'immaginario della madre in testa. Liza Minnelli ha interpretato

il personaggio con una personalità così forte da essersene appropriata, normale che ad uno scrittore

sia sembrato lo scippo del suo personaggio ( a me risulta che Isherwood abbia invece molto

apprezzato Michael York probabilmente avrebbe desiderato una interpretazione meno scintillante )

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Liza Minnelli ha interpretato

il personaggio con una personalità così forte da essersene appropriata, normale che ad uno scrittore

sia sembrato lo scippo del suo personaggio ( a me risulta che Isherwood abbia invece molto

apprezzato Michael York probabilmente avrebbe desiderato una interpretazione meno scintillante

SI, infatti riteneva che l'interpretazione di Liza Minnelli è troppo patinata per questo ruolo, troppo hollywoodiana.

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