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The Master, il nuovo film di PTA


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Voto: 5-

 

Aspetti tecnici: La realizzazione artistica è suprema. La fotografia è spettacolare, abbacinante di luce. Gli attori sono tutti convincenti e, almeno in un caso, cioé quello del (co?)protagonista Joaquin Phoenix, eccellenti.

Allora, dite voi, sei schizofrenico. 

No no, affatto.

Il grosso problema sono regia e sceneggiatura, curate entrambe da PTA.

 

La storia: La trama è labile e tendenzialmente inesistente. Gran parte dei 137 interminabili minuti del film si sprecano a cercare di prevedere (invano) uno sbocco narrativo di qualche tipo.

Grosso modo l'azione gira attorno al capo carismatico di una setta mistica che opera negli Stati Uniti dell'immediato secondo dopoguerra. Per caso questi incontra un reduce sciancato e ubriacone senz'arte né parte. Seguono grandi pipponi. Due reali e gli altri metaforici. Un po' di quelli reali riguardano il rapporto del capo della setta con la sua famiglia. Decisamente poco interessante.

Gli altri invece sviluppano la relazione tra i due protagonisti, che è il tipico sodalizio che si sperimenta tra psicolabili, ma che nel finale diviene combattuto e forse anche latamente omoerotico. 

A supporto di questa esile trama, la regia fa quel che può, cioé asseconda i deliri di onnipotenza del guru della setta con piani sequenza impressionistici e larghe inquadrature su insignificanti scene corali.

 

Impressioni: Il film pretende a torto di fornire materiale per la riflessione su un sistema sociale, quello americano, che si dimostra sempre pervio a forme di irrazionalismo. Alcune dotte recensioni vedono nel personaggio del capobastone Lancaster Dodd un riferimento a Ron Hubbard, il fondatore di Scientology. Quel che invece il film dà, oltre che qualche sbadiglio nella parte finale, è una qualche ben assortita carrellata di immagini vivide e scollegate tra loro.

 

Il succo: pallosetto e pretenzioso, si può benissimo evitare

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Voto: 5-

 

Aspetti tecnici: La realizzazione artistica è suprema. La fotografia è spettacolare, abbacinante di luce. Gli attori sono tutti convincenti e, almeno in un caso, cioé quello del (co?)protagonista Joaquin Phoenix, eccellenti.

Allora, dite voi, sei schizofrenico. 

No no, affatto.

Il grosso problema sono regia e sceneggiatura, curate entrambe da PTA.

 

La storia: La trama è labile e tendenzialmente inesistente. Gran parte dei 137 interminabili minuti del film si sprecano a cercare di prevedere (invano) uno sbocco narrativo di qualche tipo.

Grosso modo l'azione gira attorno al capo carismatico di una setta mistica che opera negli Stati Uniti dell'immediato secondo dopoguerra. Per caso questi incontra un reduce sciancato e ubriacone senz'arte né parte. Seguono grandi pipponi. Due reali e gli altri metaforici. Un po' di quelli reali riguardano il rapporto del capo della setta con la sua famiglia. Decisamente poco interessante.

Gli altri invece sviluppano la relazione tra i due protagonisti, che è il tipico sodalizio che si sperimenta tra psicolabili, ma che nel finale diviene combattuto e forse anche latamente omoerotico. 

A supporto di questa esile trama, la regia fa quel che può, cioé asseconda i deliri di onnipotenza del guru della setta con piani sequenza impressionistici e larghe inquadrature su insignificanti scene corali.

 

Impressioni: Il film pretende a torto di fornire materiale per la riflessione su un sistema sociale, quello americano, che si dimostra sempre pervio a forme di irrazionalismo. Alcune dotte recensioni vedono nel personaggio del capobastone Lancaster Dodd un riferimento a Ron Hubbard, il fondatore di Scientology. Quel che invece il film dà, oltre che qualche sbadiglio nella parte finale, è una qualche ben assortita carrellata di immagini vivide e scollegate tra loro.

 

Il succo: pallosetto e pretenzioso, si può benissimo evitare

 

Non sono un critico, ma mi sento concorde con la tua analisi. A fine proiezione la gente si alza e accorre frettolosamente verso l'uscita. Secondo me manca una qualche descrizione della visione del mondo del "Maestro", che non ha un gran fascino perché più che un folle lucido sembra un folle e basta. Deluso.

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