Isher Posted April 16, 2013 Author Share Posted April 16, 2013 Mi ha colpito l'analisi molto precisa, approfondita, che tu, @privateuniverse, hai fatto del comportamento di tuo padre verso di te, un'analisi che sembrerebbe quasi perfetta, mentre manca poi un aspetto, o almeno non emerge chiaramente: un'analisi di come era tuo padre, lui, per sé stesso: come se mancasse un tuo punto di vista su di lui (il che legherebbe bene con quanto hai raccontato circa gli effetti che la relazione con lui ha avuto su di te). Quanto all'amore, è un discorso complesso: la genitorialità genera enorme capacità di amare, secondo me, ma non per tutti: abbiamo visto la madre di Conrad, ben poco capace di amare, e ci sono molti padri ben poco capaci di esprimere ed esternare il loro amore. C'è sempre una precondizione, per l'amore. In ogni caso, la paternità genera un rapporto a tre, fra sé stesso (che è sempre un padre, ma anche un figlio), il proprio padre, che quando si diventa genitori si ricorda e si rivisita, e il proprio figlio. Interessante, no? lo dice Massimiliano Finazzer Flory, una persona molto intelligente. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
privateuniverse Posted April 16, 2013 Share Posted April 16, 2013 Mi ha colpito l'analisi molto precisa, approfondita, che tu, @privateuniverse, hai fatto del comportamento di tuo padre verso di te, un'analisi che sembrerebbe quasi perfetta, mentre manca poi un aspetto, o almeno non emerge chiaramente: un'analisi di come era tuo padre, lui, per sé stesso: come se mancasse un tuo punto di vista su di lui (il che legherebbe bene con quanto hai raccontato circa gli effetti che la relazione con lui ha avuto su di te). Non ho neanche parlato di come lui potesse vedere me, e non soltanto di come io potessi vedere lui. Di lui, com'era, ho parlato poco perché, per certi versi, pur essendo un uomo pubblico era anche una persona molto misteriosa, forse soprattutto per noi che ne eravamo i familiari; ma anche per un specie di pudore, nei suoi confronti. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dream_River Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 Io sono cresciuto fin dalla nascita senza padre, non mi ha riconosciuto come suo figlio. Sono stato cresciuto da mia madre e da mia nonna. Non ho mai sentito la mancanza di un padre biologico in casa, perché mia madre riusciva benissimo a svolgere sia un ruolo paterno che un ruolo materno nella mia educazione. Penso che le insicurezze che ho dovuto superare crescendo siano stato frutto, più che dalla mancanza di un padre, del carattere iper-protettivo di mia nonna, con la quale passavo una parte consistente delle mie giornate. Una persona di una certa età ha molte più difficoltà a crescere un figlio capace di vivere nel suo tempo. In seguito mia madre mi ha rivelato chi è mio padre e, sebbene per quello che lo conosco indirettamente è una brava persona, mi ritengo fortunato a non essere stato cresciuto da una persona estremamente religiosa come lui. Crescere senza un padre penso abbia anche aiutato il mio carattere: mi ha donato una grande indipendenza dalla sicurezze che può offrire un gruppo o un autorità. C'è chi definisce il mio carattere "anti-sociale", ma dal mio punto di vista sono la maggioranza delle persone a essere conformiste e ipocrite. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Almadel Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 Ok, non si dovrebbero trarre regole generali da casi particolari. Ma giuro che conosco varie persone orfane di padre e figli di NN. Tra i gay - è noto - sono una bella percentuale. Tranne uno di questi, nessuno ha trovato o cercato figure maschili sostitutive. E tutti sono accomunati dalla grande indipendenza e autodisciplina di cui parla @Dream_River. Conosco anche ragazzi gay - come me - forniti di padri autorevoli e responsabili. Tranne me (che ho problemi di alcolismo) hanno tutti gravi problemi di droga. Quando Isher dice: "Non ho mai avuto veramente un padre, me lo sono dovuto costruire da solo" esprime male l'impressione che ho avuto io dalle mie esperienze. Avrebbe dovuto dire: "Ho avuto un padre, non mi è bastato e mi sono assunto le mie responsabilità". Che è esattamente lo sviluppo normale di ogni persona. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Velocifero Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 io credo che tutti prima o poi debbano diventare genitori di sé stessi, ma la differenza tra chi ha avuto un padre e chi non l'ha avuto (o ha rifiutato la figura paterna, non l'ha introiettata anche a seguito di traumi) sia che deve crearsi una figura genitoriale e per questo sarà più disorientato. Fino a una certa età (io direi fino alla fine dell'adolescenza, o meglio, fino a quando non si arriva all'età adulta in senso stretto, tra i 20 e i 30, fisiologicamente) si utilizzano le figure genitoriali dell'infanzia come modelli ma poi questi risultano insufficienti, talvolta nevrotici a causa dei conflitti che si portano dietro, e dunque per divenire solide figure devono essere smussate da un'idea interiore che dovrà aderire all'Io. Il padre non è necessario come lo intendiamo culturalmente e storicamente. Per l'educazione servono figure normative e affettive. Che poi la figura affettiva venga chiamata "madre" e quella normativa "padre" è una convenzione, non è detto che non possa avvenire il contrario o metodi alternativi. Ora, io sono giovane - ho 22 anni - però ho iniziato un cammino di conoscenza di me e mi rendo conto che ciò che mi è arrivato da parte dei miei genitori, in particolare mio padre, sono stati messaggi non sempre positivi. Questo non si riflette tanto nel fatto che io sia omosessuale, ma per esempio nel mio modo di rapportarmi con me stesso.E' un po' difficile da spiegare, ma io ad esempio sono profondamente severo con me stesso su certe cose, e talvolta invece non lo sono per niente. Penso che nella transizione verso l'età adulta sia importante rendersi conto che non è sufficiente il modello appreso dai nostri genitori. Per fare un esempio: se loro manifestano il loro affetto col denaro, noi magari utilizzeremo il denaro per darci affetto, inconsapevoli dell'esistenza di altri mezzi che sono invece nostri (come può essere anche semplicemente riconoscere le proprie qualità premiandosi) e più adeguati.Per rispondere a Isher: è vero che manca il metro di misura, ma talvolta apprendiamo metri di misura così sbagliati che dovremo correggerli (e che sono alle basi di molti sentimenti nevrotici) per cui è meglio crearsi una scala propria, reale, adulta e più adatta a sé perché i genitori pensano a quello che può essere il nostro bene ma è comunque soggettivo. L'adulto vero è - a mio avviso - svincolato dalle figure genitoriali ed è in grado di fare da genitore al proprio Io bambino. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Fantom Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 Io sono la perfetta incarnazione delle teorie Freudiane, ho avuto una madre severa e autoritaria, un padre assente, sia sul piano fisico che psicologico, e mi sono sempre sentito sperduto. Ma non ho vissuto solo una mancanza, ho visto dagli 11 anni in poi mio padre scadere e peggiorare, diventò una minaccia per l’incolumità della famiglia a seguito di brutti eventi, l’ho odiato fino a pensare di ucciderlo. Nel frattempo cercavo altre figure paterne, o di riferimento, negli amici di famiglia, parenti, mio zio, amici di mio zio, il mio primo datore di lavoro, ma non li ho trovati, anzi mi hanno fatto stare peggio. La prima, è che sbandi: non hai una direttjva interiore, non hai dei veri muscoli, quindi non hai vere mete da perseguire, e allora non ti decidi per niente, non ti «incarni», puoi essere incerto e insicuro, oppure, anche se ti dai delle mete, puoi avere un'intima sensazione di in-esistenza, o di sfocatezza. La seconda è che reagisci a questa mancanza e il padre interiore te lo costruisci da te, ed è quello che è successo a me: ma... un padre costruito da sé è teorico, cioè indefinito, astratto: ti lascia Soggetto e padrone di tutto, ivi compreso del fatto che sei intimamente privo di quello che solo il padre reale può dare: la «misura», quindi la certezza. Mi rivedo più nella prima, ma sono sempre stato un viziato al contrario, nel senso che vedevo la vita come un sacrificio: dovevo pensare solo al lavoro, non dovevo divertirmi perché è sbagliato, né al sesso perché immorale, dovevo rispettare gli altri anche quelli che mi facevano del male, e non dovevo desiderare nulla di felice. La mia «misura» era il niente. La seconda fase la iniziai a 21, pensavo che la maturità fosse il sacrificarsi in assoluto, e mi sentivo maturo e adulto fino a circa 26 anni, e vedevo gli altri infantili e irresponsabili perché erano felici. Ho sempre avuto dei sensi di colpa verso me stesso, provo sentimenti d’inferiorità, sono misantropo, non riesco a trarre piacere dalla vita, non mi sento in grado di meritare la felicità di una vita di coppia come tutti gli altri, mi reputo noioso e inutile. Anche quando iniziai una vita fatta di amici e divertimento, coming out, incontri ecc.. mi sono sempre sentito limitato e inadeguato, c’è ancora oggi qualcosa che mi blocca, l’ansia, un eco del senso di sacrificio. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Isher Posted April 17, 2013 Author Share Posted April 17, 2013 Quando Isher dice: "Non ho mai avuto veramente un padre, me lo sono dovuto costruire da solo"esprime male l'impressione che ho avuto io dalle mie esperienze. Avrebbe dovuto dire: "Ho avuto un padre, non mi è bastato e mi sono assunto le mie responsabilità". Che è esattamente lo sviluppo normale di ogni persona. Almadel radicalizza una cosa che io stesso ho detto, cioè che nella scarsa intesa e interazione con un padre non c'è soltanto il lato negativo del padre che non è stato tale ma anche l'aspetto positivo del figlio che assume sé stesso (avvertendosi molto diverso dal padre) e, proprio lui, non lo riconosce. Però, identificando addirittura le due cose, si trattiene solo la seconda, e si perde la prima. È un po' troppo semplice. Innanzitutto perché è un punto di vista ex post - da 'dopo la cura'. Io a 25 anni potevo dire che mio padre non mi corrispondeva. Ma quando ne avevo 14, o 16? Non caso, io ho deciso a 16 anni che tutta la mia vita doveva essere in funzione dell'andarmene di casa quanto prima, cosa che sono riuscito a realizzare appunto con i 25 anni. In secondo ed essenziale luogo perché l'aspetto problematico è proprio il primo, e non credo si possa dissolverlo. io credo che tutti prima o poi debbano diventare genitori di sé stessi, ma la differenza tra chi ha avuto un padre e chi non l'ha avuto (o ha rifiutato la figura paterna, non l'ha introiettata anche a seguito di traumi) sia che deve crearsi una figura genitoriale e per questo sarà più disorientato. Fino a una certa età (io direi fino alla fine dell'adolescenza, o meglio, fino a quando non si arriva all'età adulta in senso stretto, tra i 20 e i 30, fisiologicamente) si utilizzano le figure genitoriali dell'infanzia come modelli ma poi questi risultano insufficienti, talvolta nevrotici a causa dei conflitti che si portano dietro, e dunque per divenire solide figure devono essere smussate da un'idea interiore che dovrà aderire all'Io. [...] Per rispondere a Isher: è vero che manca il metro di misura, ma talvolta apprendiamo metri di misura così sbagliati che dovremo correggerli (e che sono alle basi di molti sentimenti nevrotici) per cui è meglio crearsi una scala propria, reale, adulta e più adatta a sé perché i genitori pensano a quello che può essere il nostro bene ma è comunque soggettivo. L'adulto vero è - a mio avviso - svincolato dalle figure genitoriali ed è in grado di fare da genitore al proprio Io bambino Sono d'accordo con te. Si può discutere sui termini, "sarà più disorientato", oppure "tutto sarà più faticoso" (io, ad esempio, non credo di essere stato mai disorientato), oppure, ed era il senso del mio primo post, constatando la differenza di qualità tra chi la funzione di misura l'ha ricevuta in dono e chi se l'è costruita. Per riprendere, variandolo, il paragone linguistico di @privateuniverse è la differenza tra chi una lingua l'ha imparata fin da bambino, senza accorgersene e introiettandola senza sforzo, e chi l'ha imparata con sforzo cosciente di applicazione, in modo meno naturale, in una certa misura quindi più astratto. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Almadel Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 @Isher, ho solo detto che mi aspetto che tutti abbiano un rapporto col loro padre equilibrato quanto il tuo. Personalmente prenderei il tuo esempio come modello. 1) Credi che il padre che hai avuto non ti sia stato sufficiente 2) Trovi in te stesso la forza e la responsabilità per supplirlo. Questa è la formazione dell'identità maschile tipica. Hai avuto un esempio, l'hai voluto superare e lo hai fatto. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
marco7 Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 c'è un libro dal titolo "la ferita dei non amati" http://gestaltbologna.it/sites/gestaltbologna.it/files/images/peter_schellenbaum_e_la_ferita_dei_non_amati.pdf casualmente ne no comprato 2 copie senza accorgermene, a leggerlo comunque non l'ho trovato appassionante ma piuttosto noioso. ha venduto moltissime copie, a conferma che il problema è diffuso. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
conrad65 Posted April 17, 2013 Share Posted April 17, 2013 @@Almadel posso essere d'accordo in linea di principio con quanto dici, ma nello specifico mi sembra che @@Isher rimarcava proprio l'assenza del padre, che in una certa misura è anche "assenza di competizione con il modello paterno" questo problema non è risolvibile con il superamento di cui parli, perché manca proprio il modello, manca la dialettica con uno dei due poli, in tal caso quello maschile il problema è che nella situazione di @@Isher è mancato il conflitto con il padre, che è l'altra faccia del rapporto affettivo: da un punto di vista psicologico la maturazione del figlio maschio passa sempre da un omicidio "rituale" o simbolico del padre (Edipo) Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Isher Posted April 17, 2013 Author Share Posted April 17, 2013 Caro @Almadel, avevo frainteso: credevo tu volessi dire che, in linea generale (questo credevo volessi dire con «nella mia esperienza»), i due piani si identificano. No, @conrad65, io non ho avuto un'assenza del padre: l'ho detto, io mi riferivo al padre psicologico, cioè, semplificando, a quanto normalmemte si introietta di un padre. De facto, mio padre era molto presente, o almeno normalmente presente. E ho avuto il conflitto col padre, te lo assicuro. Ce l'ho avuto su molti piani, non solo per quanto concerneva me (= la mia omosessualità, in primo luogo, ma non solo essa) perché, ad esempio, mio padre era sessista: ora, io ho preso le difese di tutte e due le persone che nella mia famiglia erano minacciate o limitate da tale sessismo di mio padre, e questa è una cosa che mi riconosco, e mi è stata riconosciuta. Forse c'è stato troppo conflitto semmai...ma questo, osservando come eravamo io e mio padre, era inevitabile. Torno a dire che, per quanto riguarda me, il punto essenziale è quello che ho ribadito rispondendo a HeLoves. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Hinzelmann Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 In ipotesi, se io interiorizzo un padre autoritario durante l'infanzia e poi ci vengo a conflitto, la scoperta è-sarebbe, non che quel padre è in qualche misura costruito e quindi demolibile dall'io adolescente per sostituirlo e recuperare un'altra immagine del padre, più realistica ; bensì è proprio quel padre, gli corrisponde ancora interamente, solo che è odiato. L'eccesso di conflittualità, potrebbe segnalare che ai margini del conflitto - verso l'inizio-pubertà e verso la fine - un difetto di capacità di mediazione dell'io potrebbe aver prodotto un io-ideale all'inizio forse un po' demotivante, al termine un po' ingombrante. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Fantom Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 (edited) Mha... secondo me si dovrebbero analizzare altri casi: il rapporto padre-madre, vedere se è la madre ad essere autoritaria al posto del padre, o se sono subentrati altri parenti o tutori. Com’è lo stato economico-culturale del nucleo familiare? Perché se uno non ha il padre ma ha 10 parenti colti e ricchi che lo circondano, il suo IO interiore sarà un carroarmato. Io ero contento e ho goduto come un riccio a 14 anni quando mia madre finalmente riuscì a cacciare di casa mio padre, lo odiavo perché come padre faceva pena. Ma ha continuato a dare problemi perché ci importunava, fino a quando si è stufato. A volte ero triste perché vedevo i miei coetanei sempre appiccicati al padre, un po’ lo temevano, e un po’ lo amavano, mentre a volte ero felice di non avere un rompipalle tra i piedi quando sentivo loro dire: “che pizza, mio padre mi ha proibito di fare/andare ... “ "se tuo padre sapesse! " "vedrai cosa dice tuo padre" "tuo padre in fondo ti vuole bene" Mia madre invece non faceva altro che ripetermi “non diventare come tuo padre”, e quando mi voleva offendere a volte diceva “sei come tuo padre” Ma in realtà non ho avuto figure di riferimento, ho improvvisato, e infatti ho completamente sballato il mio <senso di misura> Edited April 18, 2013 by Fantom Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Pix Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 Credo che le tue parole siano molto offensive e discriminanti.Sono cresciuto in una famiglia composa quasi solo da donne, eccezion fatta per mio nonno. Ho dovuto subire ed ancora subisco i preconcetti che la gente ha su questo mio stato di vita. Ma adesso mi spiego meglio: vivo in una città retrograda, in cui se parli italiano vieni bollato come "scemo", se hai interessi diversi dal calcio e dal sesso sei "scemo" e se ami culture diverse, specie se orientali sei "alieno". Ho frequentato un liceo in cui gli studenti usavano lanciarsi banchi e sedie "per gioco", usavano picchiarsi e sfasciare oggetti ( pratica, tralaltro, ben utilizzata per gli arredi degli alberghi quando si tenevano le gite scolastiche, assieme alle tradizionali ruberie nei supermercati ) mentre i professori in barba ad ogni etica offendevano e colpivano psicologicamente i loro sottoposti ( incredibile ma vero, una mia compagna incinta si confidò con una prof e questa lo disse a tutti, compagni compresi ). Un esempio più vicino a me: ad un incontro scuola-famiglia un prof si disse preoccupato perché non uscivo insieme agli altri sul corridoio mentre lui spiegava. Ho frequantato la Chiesa cattolica ed in particolare l'ACR, un'esperienza psicologicamente, moralmente e spiritualmente castrante: il gruppo ignorava i più "deboli", li prendeva in giro, annientava la loro autostima. Personalmente, a parte ciò che ho elencato poc'anzi, ho subito anche una violenza fisica lieve ( sono stato fortunato, tra di loro usavano prendersi a sassate ). Adesso, un ragazzino e poi un adolescente, posto in contesti del genere, di sicuro avrebbe reagito in modo lesivo per sé stesso. Io invece ho sempre fatto valere i miei ideali, il mio credo spirituale ( rimasto uguale da quando ne ho memoria ), le mie idee. Ho avuto un coming out turbolento e un anno fa mi sono avvicinato ad una setta religiosa che ha rovinato milioni di gente e che, grazie al mio senso critico e alla mia determinazione, non ha rovinato la mia. Posso sembrare "debole" esteriormente ma so di avere un grande spirito che mi permette di lottare e di non scendere a compromessi, che mi aiuta a capire cos'è giusto e cos'è sbagliato anche quando il livello di lucidità non dovrebbe essere alto. In barba a ciò che mi dicono, che mi hanno detto e che sempre mi diranno per pura ignoranza e stupidità, io proseguo per la mia strada e nessuno, dico nessuno potrà impedirmi col suo ciarlare inutile di considerarmi uguale e migliore di certi casi patologici che ci sono in giro.Difatti, analizzando chi si permette di dire che non avendo avuto un padre potrei avere delle mancanze, se ne vedono delle belle:- la sana famiglia cattolica di mia conoscenza, che spesso allude alla tesi sopra riportata, ha una figlia lunatica ( è dir poco ) e anoressica. Spesso si sono chiesti perché anch'io non lo fossi, dato "che non ho un padre". :)- il figlio di genitori separati che viene lodato da tutti perché allaccia col padre, che grazie al suo comportamento negativo lo ha reso un disadattato ed un potenziale criminale ( il padre è andato in galera per corruzione e il figlio inneggia contro la Giustizia ).- i falsi psicologi/gente che mi crede "deficitario di qualcosa", frequentandoli, ho appurato che hanno turbe psicologiche a volte anche gravi ( manie di persecuzione, stati preoccupanti di ansia, sociopatie e sondromi varie ). La storia delle presenze genitoriali sono una seccatura, non perché sia vera ma perché si viene discriminati dalla società. E' ora di dire basta! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Laen Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 (edited) Mio padre è presente solo a livello figurativo. Cioè, ho un padre biologico e basta. Non mi ha insegnato niente, non ha mai avuto pazienza nell'ascoltarmi e nel consigliarmi, ha sempre liquidato tutto banalmente senza prendermi quasi mai sul serio. Crescendo, ho capito che non aveva senso esporre dei dubbi a mio padre: l'unica volta che lo feci non da bambino fu a scuola guida, quando agli inizi ero un po' demotivato riguardo ad una mia presunta incapacità di guidare bene (ora guido stupendamente, ohoh). La sua risposta ai miei quesiti interiori di incapacità fu: "Non fare il frignone, fai quelle cazzo di guide e impara", con tono seccato e adirato. Che dovrei pensare? Che ci tiene a me? boh. In ogni caso, è probabile che quanto tu dica, @Isher, sia vero. Io sono una persona insicura da sempre, ma non ho mai pensato che tutto ciò potesse derivare dalla mancanza di una figura paterna vera e propria. Per quanto riguarda, invece, la costruzione personale di un padre, potrei anche qui condividere. In effetti ho dovuto costruirmi, consolidarmi e impormi degli obiettivi da me, ho ricevuto poche linee guida riguardo a possibili 'suggerimenti' che avrei potuto seguire: è sempre stata mia mamma ad aiutarmi in questo. Spero d'aver capito a fondo le tue parole assai elaborate, @Isher, in caso contrario sentiti pure libero di rispondermi e correggermi. Edited April 18, 2013 by Euphoria Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Tyrael Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 a leggere le vostre esperienze me reputo fortunato XD da piccolo quando le prendevo un po perchè me le cercavo un po perchè essendo piccolo lui era grande e quindi era impossibile prevalere, mio padre nel bene o nel male mi ha aiutato a suo modo xD caratterialmente siamo molto simili, da piccolo la cosa mi dava fastidio, ora invece penso di essere fortunato perchè so che i piedi in testa non me li faccio mettere LoL e poi ora litigare è più divertente in quanto lo scontro è equo La sua risposta ai miei quesiti interiori di incapacità fu: "Non fare il frignone, fai quelle cazzo di guide e impara", con tono seccato e adirato.Che dovrei pensare? Che ci tiene a me? boh. quando mi ha insegnato a guidare a ogni errore partiva uno schiaffo e insulti a manetta, l'effetto non è sempre demotivare ma migliorare Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Laen Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 (edited) quando mi ha insegnato a guidare a ogni errore partiva uno schiaffo e insulti a manetta, l'effetto non è sempre demotivare ma migliorare Non sono propriamente convinto che dei modi così bruschi possano essere di conforto e sprono, almeno per me. Quello della guida comunque è soltanto un esempio, eh. Non mi ha mai chiesto come andassi a scuola, se avessi problemi di qualche tipo con i compagni o con i professori, s'è raramente interessato a me a livello umano, etc etc. A livello materiale non mi ha mai fatto mancare niente, ha sempre eseguito il possibile nelle sue forze, ma umanamente è sempre stato un fantasma. Da quando ho letto le deduzioni di Isher sto riflettendo tanto su questo argomento, e mi convinco sempre di più che abbia ragione. Edited April 18, 2013 by Euphoria Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Fantom Posted April 18, 2013 Share Posted April 18, 2013 quando mi ha insegnato a guidare a ogni errore partiva uno schiaffo e insulti a manetta, l'effetto non è sempre demotivare ma migliorare Non mi ha insegnato mio padre a guidare, in compenso ci ha pensato l'istruttore di scuola guida a insultarmi, come strategia d'insegnamento pare che funziona Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Kobol Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 Io sono cresciuto fin dalla nascita senza padre, non mi ha riconosciuto come suo figlio. Sono stato cresciuto da mia madre e da mia nonna. Non ho mai sentito la mancanza di un padre biologico in casa, perché mia madre riusciva benissimo a svolgere sia un ruolo paterno che un ruolo materno nella mia educazione. Penso che le insicurezze che ho dovuto superare crescendo siano stato frutto, più che dalla mancanza di un padre, del carattere iper-protettivo di mia nonna, con la quale passavo una parte consistente delle mie giornate. Una persona di una certa età ha molte più difficoltà a crescere un figlio capace di vivere nel suo tempo. In seguito mia madre mi ha rivelato chi è mio padre e, sebbene per quello che lo conosco indirettamente è una brava persona, mi ritengo fortunato a non essere stato cresciuto da una persona estremamente religiosa come lui. Crescere senza un padre penso abbia anche aiutato il mio carattere: mi ha donato una grande indipendenza dalla sicurezze che può offrire un gruppo o un autorità. C'è chi definisce il mio carattere "anti-sociale", ma dal mio punto di vista sono la maggioranza delle persone a essere conformiste e ipocrite. In che senso anti-sociale? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Tyrael Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 (edited) Non mi ha insegnato mio padre a guidare, in compenso ci ha pensato l'istruttore di scuola guida a insultarmi, come strategia d'insegnamento pare che funziona se l'istruttore ti avesse dato anche gli schiaffi a quest'ora saresti un pilota di formula 1 comunque l'assenza di un padre non giustifica la bassa autostima, la quale si costruisce da soli magari è una determinante ma se campa lo stesso Edited April 19, 2013 by Aizen Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Pix Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 Mi reputo fortunato ad essere nato in una famiglia che mi vuole bene e a ben vedere credo sia meglio di quelle con padri problematici. La violenza sui bambini non va mai praticata, io ho avuto un'ottima educazione e non mi hanno mai toccato. Del resto, in psicologia non si dice che se una persona perde il controllo, alzando la voce o peggio, perde anche credibilità ed autorità? L'offesa fisica per me è impensabile e serve solo a chi non riesce a farsi rispettare. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Tyrael Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 @@Pix non voglio giustificare un padre violento (sono il primo che lo ha avuto) ma quando c'è bisogno di uno schiaffo ci deve stare, talvolta dove non si arriva con la parola, uno schiaffo ben rende l'idea LoL Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Pix Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 @ dipende. Ci sono molti modi per ricattare un figlio e farlo stare buono. XD Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Tyrael Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 @@Pix il tuo complesso estetico è dipeso dall'assenza di tuo padre nella tua vita? Ci sono molti modi per ricattare un figlio e farlo stare buono. XD indirettamente sto testando la cosa con un mio cuginetto e ti posso dire che quando gli dico "stai zitto" recepisce il messaggio vedi schiaffo -> rispetto -> parola -> silenzio Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Pix Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 @ no, dipende unicamente dal mio aspetto. XD Mmm ma se ragioniamo così anche sparare a un piede è un metodo vincente. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Tyrael Posted April 19, 2013 Share Posted April 19, 2013 @Aizen no, dipende unicamente dal mio aspetto. XD pensavo che come gli altri tu giocassi a scarica barile eheh Mmm ma se ragioniamo così anche sparare a un piede è un metodo vincente. in teoria sarebbe cosi ma viviamo in uno stato di diritto purtroppo... l'uso delle armi è vietato e punito dalla legge purtroppo Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Fantom Posted April 20, 2013 Share Posted April 20, 2013 Credo che le tue parole siano molto offensive e discriminanti.Sono cresciuto in una famiglia composa quasi solo da donne, eccezion fatta per mio nonno. Ma ti riferisci a me? ho descritto la mia esperienza, non vi dovete mica offendere se a me è accaduto questo. Comunque mi riallaccio al tuo discorso, anch'io sono cresciuto con tre figure femminili tutte più grandi di me: madre, nonna, e sorella Un amico anni fa mi disse che questa era la causa della mia omosessualità, e disse di provare con le donne! io mi arrabbiai e non ho più toccato questo argomento con lui. Ho frequantato la Chiesa cattolica ed in particolare l'ACR, un'esperienza psicologicamente, moralmente e spiritualmente castrante: ho frequentato per un'estate anch'io l'ACR , per me è stata un'esperienza positiva, uno dei pochi ricordi felici di quando ero piccolo! ci divertivamo e facevamo di tutto tranne che dar retta alle suore e ai papaboys che gestivano i ragazzini (e pure quelli cacchio come menavano ) Ma stiamo un po' fuori tema, mi dispiace per @@Isher che gli abbiamo deviato il topic. @Aizen, io sono un po' d'accordo con te sull'uso delle pizze, ci vogliono solo quando il figlio va fuori controllo. La critica dovrebbe essere fatta a quei genitori che, non perfettamente in grado di educare i bambini, li picchiano per tenerli a bada, per farli stare muti e fermi, così fanno meno fatica. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
D. Posted April 20, 2013 Share Posted April 20, 2013 Avrebbe dovuto dire: "Ho avuto un padre, non mi è bastato e mi sono assunto le mie responsabilità". Esattamente quel che intendevo dire quando parlavo di autoreferenzialità. Certo, son d'accordo con Isher quando ragiona in termini di difficoltà, sebbene questa non sia dovuta alla 'costruzione del padre', quanto invece all'assunzione da sé delle proprie responsabilità. Credo sia evidente l'utilità pratica di un buon apprendistato di vita, un esempio e una guida che intervenga a comporre un percorso - nel caso della correttezza - fatto su misura. Ed è normale riportare un'emotività o una visione del mondo mutilate nel caso dello stupro pedagogico, un guasto nel Sé che finisce col coinvolgere tutto lo spettro della persona: alcuni oppongono rabbia, altri disintegrano la fiducia in se stessi e chissà quali altri fenomeni che, una volta correlati, danno come risultato una combinatoria vertiginosa. Ma, alla fine, credo vinca la vita. La necessità di conservarsi. La spinta alla sopravvivenza finisce con l'escludere da sé ogni retaggio nocivo, e fornisce lo slancio per l'apprendimento di nuovi modelli: a questo punto, entriamo nel regno della difficoltà. Apprendere una nuova visione globale delle cose, caricare su di sé il peso della propria situazione richiede uno sforzo feroce senza un background che funzioni da bussola. E non c'è niente che basti, non esistono palliativi o panacee: è percorso accidentato (non c'è garanzia che si tenda al meglio) e doloroso, spesso e volentieri abbandonato a metà strada e poi ripreso, come sempre, quando non se ne può più fare a meno. Nel mio caso specifico, mi rendo conto di come non sia possibile condurre la mia vita sul modello educativo di mio padre. In realtà me ne sono reso conto molto tempo fa, quando andai via di casa: ho sempre dovuto riparare da me alle mie necessità. Certo son rimasti fattori di cui dubito di potermi liberare del tutto: uno sdoppiamento interiore senza soluzione di continuità, secondo il quale son capace del rigore più spietato, di severità marziale in ambito intellettuale o teleologico e, nello tempo, di totale assenza di regole nella vita concreta, se non proprio tendenza all'autodistruzione; dall'empatia intellettuale, quindi comprensione del modo di ragionare altrui, all'impossibilità di provare emozioni che siano semplici, discrete, con tanto di preferenza per ciò che è terroso, animale, istintivo: un accomodarsi nella ganga di tutti gli alcolici e le droghe di questo mondo, pur conoscendo con un certo disinteresse il meglio o l'alto. Come servisse una bomba atomica per divellere un pugno di ferro. Non è semplice, dicevo, proprio perché assumersi la responsabilità di sé non dissolve necessariamente i propri demoni, occorre uno sforzo sovrumano. E non è detto che basti. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Tyrael Posted April 20, 2013 Share Posted April 20, 2013 Un amico anni fa mi disse che questa era la causa della mia omosessualità, e disse di provare con le donne! io mi arrabbiai e non ho più toccato questo argomento con lui. se fosse cosi il figlio di una coppia gay o lesbo per "influenza" dovrebbe diventare gay a prescindere da ciò credo che le famiglie gay non dovrebbero adottare o procreare, il matrimonio ok se proprio lo vogliono ce passo su, ma i figli io sono un po' d'accordo con te sull'uso delle pizze, ci vogliono solo quando il figlio va fuori controllo.La critica dovrebbe essere fatta a quei genitori che, non perfettamente in grado di educare i bambini, li picchiano per tenerli a bada, per farli stare muti e fermi, così fanno meno fatica. effettivamente hai ragione, perchè l'uso delle mani deve essere limitato a determinati casi, cosicché successivamente basta un occhiata, o un rimprovero per rimetterlo in riga. la figura del padre è determinante in alcune fasi (problemi) oltre a quello e l'individuo a maturare la propria autostima, capacità e il proprio ruolo, quindi isher tirati su i pantaloni e si homo Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
marziorock Posted April 21, 2013 Share Posted April 21, 2013 Questa mattina ho riprovato una sensazione che mi accompagna da tutta una vita e, nonostante i miei suonatissimi 28 anni, ancora scopro che mi ferisce. Mia madre chiede a mio padre se vuole accompagnarla da una zia per fare una visita in casa di riposo e lui risponde che non può, perché deve andare a vedere il figlio di un suo amico che gioca a calcio. Premetto che a lui il calcio fa schifo. Quando ha parlato in questo modo, non ho potuto fare a meno di rivedere tanti episodi della nostra vita che mi hanno fatto molto male. Alla mia prima comunione era al bar con gli amici fuori dalla chiesa. Se c'erano altri bambini, lui giocava con loro e li cercava sempre, lasciando me in un angolo. Faceva confronti continui con mio cugino, mio coetaneo, per me come un fratello (sono figlio unico). A 12 anni mi ha proprio detto che per lui io non sono normale. Non mi ha mai picchiato, a parte uno scappellotto per un capriccio e un calcio nel sedere perché avrei voluto giocare con lui una domenica pomeriggio, mentre lui voleva farsi i ca**i propri. Nel 2006 ho fatto CO con mia madre, mentre per lui ho dovuto aspettare quattro anni e sento di essermi preso una piccola rivincita nel avergli detto che sono omosessuale. Non poteva replicare niente, dal momento che l'avevo appena beccato con un'altra. Si è dimostrato estremamente comprensivo, ma l'argomento è praticamente tabù e io, per tatto, evito di toccarlo in sua presenza. In me questo rapporto ha lasciato dei segni nelle mie relazioni, in barba a chi dice che non crea condizionamenti. La paura di non essere mai abbastanza per la persona che ho accanto, l'ansia da abbandono, uno scarso spirito competitivo, che mi porta ad essere geloso (torturando me, non il partner), il bisogno di avere conferme. Ricordo, ad esempio, che da bambino chiedevo in continuazione a mia madre "ma tu mi vuoi bene?". Ma i problemi risiedono spesso anche negli atteggiamenti delle madri. La mia è stata sempre molto presente, brava nel colmare i vuoti lasciati da questo padre Peter Pan. Il punto è che mia madre, benché soffrisse per le mancanze di mio padre nei suoi e nei miei confronti, trattandomi fin da bimbo come un confidente, alla fine ha sempre scelto di tenerselo, di dargli mille possibilità, anche quando era violento, verbalmente e non (ahimè...), irrispettoso e triviale. Sono tutte cose che ti porti dentro, che continuano a condizionarti, più o meno inconsciamente, che formano e che mi spingono a dirmi di non volere un compagno come mio padre. I bisogni diventano quelli di protezione, di sicurezza, di calma e di casa. Grazie agli amici, arrivati piuttosto tardi, devo ammetterlo (ero un bambino molto fragile ed emarginato, direi anche triste), ho imparato a costruirmi una certa autostima e a rafforzarmi. Sono contento, tra i miei mille difetti, di non essere diventato acido e supponente e di essere giunto ad avere la forza di essere anche sostegno per chi ha bisogno, nonché un ottimo ascoltatore, con dei bisogni affettivi ed emotivi, però, molto spiccati. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Recommended Posts
Join the conversation
You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.