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Comportamenti omofobi dei gay


Filippo B95

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Filippo B95

Vi è mai capitato nella vostra vita di vivere una situazione paradossale,rispetto al vostro essere gay/lesbiche?

Cerco di fare un esempio: quando avevo 11 anni (né sapevo né mi ero ancora reso conto di essere gay) quando qualcuno riferiva la parola gay,finocchio,ecc..... io sbottavo dicendo:"No! Non voglio mai avere un finocchio vicino a me! Mi fanno schifo!"

Poi invece anni dopo sono qui:gay dichiarato a quasi tutti quelli che vi conoscono. Per me questo è il paradosso;cioè da dire una cosa,a dirne completamente un'altra.

Vi è mai capitata una situazione così?

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No, non mi è mai capitato perché ho coscienza della cosa da quando sono nato..

Però, se prima ero molto remissivo, ora le persone le zittisco facilmente...

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Dragon Shiryu

mmm l'unico paradosso che trovo in me è che, pur essendo gay, non mi piacciono i finocchi nei taralli.

xD

neanche a me... preferisco i classici XD

 

però anche a me non è mai capitato nulla del genere.

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È un processo che in psicanalisi è detto formazione reattiva. È uno dei meccanismi di difesa dell'Io, e consiste nella formazione di un insieme di comportamenti diametralmente opposti a uno considerato «penoso» nel senso di «portatore di angoscia». Vedi omofobia portata all'estremo, comportamenti discriminanti ostentati eccetera. Anche io dicevo a mamma e papà «che schifo i gay» quando ero più piccolo, ma lo facevo tanto per allontanare da me l'idea di esserlo quanto per allontanarla da loro.

 

L'omofobia scaturisce spessissimo dall'autorassicurazione. Quanta viltà.

 

PS: odio pesante per i semi di finocchio, anche da parte mia.

Edited by Amor-fati
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Sì,a me è capitato a circa 10-11,ora non ricordo precisamente,però dissi che mi facevano schifo i gay,poi invece... XD

 

P.S. sono un finocchio in tutto,io adoro quelli che si trovano sui taralli!!! :D

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Io nessun paradosso sulla mia gaiezza..

 

E non ho mai detto nulla contro di voi (XD) anche quando

non ne ero totalmente consapevole

e non mi permetterei mai, anche se fossi etero..

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...Io pensavo che esistessero  i gay e non le lesbiche :asd: termine che fra l'altro ho "conosciuto" molto più tardi rispetto a quando sono venuta a contatto con il corrispettivo termine maschile.

Di conseguenza, pensavo che fosse una realtà solo appartenente agli uomini e non alle donne :rotfl:

A parte questo, non credo di aver avuto atteggiamenti paradossali inconsapevolmente.

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Mr.Londoner

a me situazioni del genere capitano ancora adesso che sono dichiarato, premettendo che sono uno dai modi di fare piuttosto mascolini, mi capita a volte di vedere ragazzi in giro che personalmente trovo ridicoli...alcuni addirittura truccati come vecchie baldracche o che se ne vanno in giro con borsette di Louis Vuitton sculettando...e a volte scatto in commenti "omofobi"...ma soltanto perché mi danno l'impressione che facciano di tutto per ridicolizzarsi e questa cosa mi fa inca di brutto!

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..e a volte scatto in commenti "omofobi"...

 

l'essere effeminato non ha nulla a che fare con l'omosessualitá.

É un fattore che dipende dal carattere/personalitá.

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Mr.Londoner

l'essere effeminato non ha nulla a che fare con l'omosessualitá.

É un fattore che dipende dal carattere/personalitá.

 

non è l'efebia che mi da sui nervi...gli effemminati non mi danno alcun fastidio...sono proprio questi soggetti che si conciano in modi improponibili che non sopporto...

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AlanTuring

Vi è mai capitato nella vostra vita di vivere una situazione paradossale,rispetto al vostro essere gay/lesbiche?

Cerco di fare un esempio: quando avevo 11 anni (né sapevo né mi ero ancora reso conto di essere gay) quando qualcuno riferiva la parola gay,finocchio,ecc..... io sbottavo dicendo:"No! Non voglio mai avere un finocchio vicino a me! Mi fanno schifo!"

Poi invece anni dopo sono qui:gay dichiarato a quasi tutti quelli che vi conoscono. Per me questo è il paradosso;cioè da dire una cosa,a dirne completamente un'altra.

Vi è mai capitata una situazione così?

Io ero fortemente omofobo: credevo che i gay erano contro natura e contro Dio, che l'omosessualità fosse una malattia mentale da cui si poteva uscire. E ora eccomi qua, felice di esserci. Solo che se ripenso al passato sento tutto il paradosso di quella situazione, tutto il ridicolo e mi sembra assurdo che sia potuto succedere. Ma soprattutto, se qualcosa di cui ero così convinto(al punto di costruirci la vita intorno) era solo un prodotto della mente, in che cosa posso credere?

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Filippo B95

@@faby91 quoto ciò che dice @@Mr.Londoner :non posso biasimare i ragazzi gay effemminati,perché quella è la loro natura. Ma non posso sopportare quei ragazzi che si atteggiano/vestono in modò sgargiante ed esagerato,solo per mettersi in mostra. Poi se vengono presi per il culo non devono lamentarsi,perché vanno a cercarsela.

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Paradossi nessuno, sono molto open-minded, quindi non mi permetto di giudicare o dire che schifo qui o la. Comunque, non mi piacciono gli esosi, sia etero che omo: l'esasperare una parte di sé, soltanto per farsi notare, mi irrita abbastanza...

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Beh, ma «le frocie» come li chiama una mia amica, suscitano le mie risate prima ancora che il mio sadismo. In università certi affari che magari sarebbero anche carini di viso ma che per il resto sono delle ballerine di danza classica mancati e girano vestiti come Platinette mi fanno un sacco ridere a prescindere da chi si scopano e suscitano la bastardigia della mia amica!

 

Detto ciò, «ognuno è libero di fare ciò che vuole» (frase scontata e retorica, ma non posso dirlo in altro modo) ma è ovvio che il suo fare ciò che vuole è al contempo accettazione delle conseguenze che il «fare ciò che voglio» comporta.

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Detto ciò, «ognuno è libero di fare ciò che vuole» (frase scontata e retorica, ma non posso dirlo in altro modo) ma è ovvio che il suo fare ciò che vuole è al contempo accettazione delle conseguenze che il «fare ciò che voglio» comporta.

 

Perché mi viene in mente una "minigonna" 

e una "molestia sessuale"? :(

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@@Almadel parlavo del fatto che per quanto ognuno di noi abbia la potenzialità di poter fare tutto ciò che gli è possibile fare entro i limiti definiti dalla natura del proprio corpo, le nostre azioni sono limitate anche dal modo in cui l'umanità reagirebbe di fronte a esse: un conto è una ragazza che indossa una minigonna e incontrando un balordo per strada si sente fare apprezzamenti, un'altra è un ragazzo che indossa i leggins, gira con la borsetta e nota che gli sguardi che gli si precipitano addosso sono quantomeno di perplessità.

 

Nel primo caso, la reazione è tipica da maiale che non ha rispetto delle donne, la seconda, pur non essendo giustificabile in alcun modo, rimane una reazione dettata dal senso comune: un ragazzo coi leggins e la borsetta, almeno a me, fa un po' ridere dal momento che è grottesco ed è evidente che quei vestiti originariamente non fossero destinati a lui. Poi, un conto è una reazione di comicità superficiale che non valuta l'essenza di chi ho dinanzi, un altro è una reazione eccessiva volta a minare il valutato nella propria essenza.

L'aspetto comico è ben diverso dalla umiliazione. L'umiliazione è sempre umiliazione rispetto a una pluralità di individui, (caso del maiale che fa apprezzamenti) la risata può essere anche fra sé e sé e non sempre è proiettata verso l'umiliazione.

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Se le reazioni passabili sono quelle che si limitano allo sguardo,

allora non c'è differenza tra il maschio che guarda la ragazza in mini

con occhio ingrifato e passandosi la lingua sulle labbra

e quello che guarda il ragazzo in leggings con sguardo schifato e arriccia il naso.

Un fischio e una risatina - poi - non sono come mettere le mani addosso

e ancora diverso sarà apostrofare con "bella gnocca!" o "brutto frocio!"

(Incomprensibile poi perché un apprezzamento sia più umiliante di un insulto

o sia peggio uno sguardo di desiderio da uno di disgusto...)

 

Il fatto è che noi abbiamo interiorizzato l'importanza di rispettare le donne,

ma ancora facciamo difficoltà a concepire il rispetto per le "checche".

Nella gerarchia dello sfottò tu ci rimarresti male se io ridessi di come pieghi il polso,

ma al tempo stesso per te sarebbe senso comune deridere una borsetta.

 

Bisogna fare grande attenzione a non far passare il confine dell'accettabilità sociale

proprio attraverso i nostri comportamenti.

Per me non è affatto normale che un maschio metta il profumo o si depili le sopracciglia.

Nella difficoltà di decidere cosa sia "accettabile" e cosa non lo sia

ho deciso che tutto debba essere "accettabile" e guai a chi la pensa diversamente.

 

Prima della transizione c'è un passaggio che si chiama RLT.

E' il "Test nella Vita Reale" in cui la persona non ancora operata

prova ad andare in giro con indumenti del genere a cui vuole arrivare,

per testare le reazioni della gente e le sue stesse reazioni a queste.

Fantastico, vero? Già mi immagino il supporto che queste persone

potrebbero avere dall'incontrarti per caso in metropolitana...

 

Sì: è un campo minato.

E non sarà appellandoci al buon senso e al nostro senso del ridicolo

che riusciremo a comportarci in modo accettabile col nostro prossimo.

La mia personale politica è quella dei piedi di piombo.

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Per me non è affatto normale che un maschio metta il profumo o si depili le sopracciglia.
Nella difficoltà di decidere cosa sia "accettabile" e cosa non lo sia
ho deciso che tutto debba essere "accettabile" e guai a chi la pensa diversamente.

Se con accettabile intendi non censurabile hai ragione, se viceversa accettabile è un modo per negare la critica, sia essa costruttiva o distruttiva, scherzosa o seriosa, trovo il tuo pensiero irricevibile. 

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@Frollo, se io e te ci incontriamo

e tu indossi un paio di scarpe pitonate

- nonostante la scarsa confidenza -

mi sentirei autorizzato a farti notare

che sono forse un po' troppo stravaganti.

 

Se invece di presenti con una borsetta pitonata,

probabilmente non avrei questo coraggio:

interpretandola come una tua libera espressione.

E - qualora entrassimo in confidenza -

ti consiglierei una borsetta magari nera.

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@@Almadel francamente questa cosa mi comunica ipocrisia ai massimi livelli, perché così come stravaganti e fuori luogo possono apparire le scarpe pitonate, alla stessa maniera può essere per la borsetta; certo la borsa può essere qualcosa di più manifesto perchè sfida una convenzione, ma proprio perchè di maggiore impatto la critica è molto più probabile, e con buona probabilità chi usa una borsa ne è consapevole. Ad esempio quando indosso i pantaloni rosa schiaparelli so' benissimo di espormi a critiche, ma se queste si mantengono nel limite della non virulenza sono parte del gioco.

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@Frollo, semplicemente non voglio ridere 

di accessori che possono servire a esprimere

una qualche identità di genere non convenzionale.

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Se le reazioni passabili sono quelle che si limitano allo sguardo,

allora non c'è differenza tra il maschio che guarda la ragazza in mini

con occhio ingrifato e passandosi la lingua sulle labbra

e quello che guarda il ragazzo in leggings con sguardo schifato e arriccia il naso.

Un fischio e una risatina - poi - non sono come mettere le mani addosso

e ancora diverso sarà apostrofare con "bella gnocca!" o "brutto frocio!"

(Incomprensibile poi perché un apprezzamento sia più umiliante di un insulto

o sia peggio uno sguardo di desiderio da uno di disgusto...)

 

Il fatto è che noi abbiamo interiorizzato l'importanza di rispettare le donne,

ma ancora facciamo difficoltà a concepire il rispetto per le "checche".

Nella gerarchia dello sfottò tu ci rimarresti male se io ridessi di come pieghi il polso,

ma al tempo stesso per te sarebbe senso comune deridere una borsetta.

No allora, partiamo da un fatto: se ogni volta che vedo un bel ragazzo per strada non gli salto addosso e non tento di farci sesso davanti a tutti, è solo perché ho una controvolizione che si oppone costantemente alla volizione iniziale di farci sesso. Detto ciò, tutto quello che non mostro nel momento di esprimere quello che provo in quel momento, è una scelta. La scelta di esprimere più o meno simmetricamente quello che mi passa per il cervello in quel momento è profondamente influenzato da ciò che la mia coscienza morale mi dice.

Ora, se fino al punto sopracitato il tuo ragionamento può reggere, ma regge solo nel momento in cui io scelgo di non ridere apertamente, perché tutto ciò che non esprimo lo provo ugualmente, e in questo caso sono un ipocrita, come sottolineato giustamente da @@Frollo , crolla brutalmente quando tu affermi questo:

 

 

Bisogna fare grande attenzione a non far passare il confine dell'accettabilità sociale

proprio attraverso i nostri comportamenti.

Per me non è affatto normale che un maschio metta il profumo o si depili le sopracciglia.

Nella difficoltà di decidere cosa sia "accettabile" e cosa non lo sia

ho deciso che tutto debba essere "accettabile" e guai a chi la pensa diversamente.

 

Il tuo ragionamento, nel suo essere affermato, si ripiega su sé stesso e si annulla: tu decidi che tutto è accettabile. Nel dire che tutto è accettabile, tu accetti tutto. Ma se accetti tutto, è accettabile anche il fatto che io non accetti ciò che per te è accettabile. Ma se a te non va bene accettare ciò che io trovo inaccettabile, è falso che tu stia accettando tutto. Tu accetti selettivamente, esattamente come tutti. C'è sostanziale differenza tra ciò che provo e ciò che esprimo. Il «provare» non è mai frutto di una scelta, mentre l'«esprimere» è passibile di tale meccanismo. 

 

 

Prima della transizione c'è un passaggio che si chiama RLT.

E' il "Test nella Vita Reale" in cui la persona non ancora operata

prova ad andare in giro con indumenti del genere a cui vuole arrivare,

per testare le reazioni della gente e le sue stesse reazioni a queste.

Fantastico, vero? Già mi immagino il supporto che queste persone

potrebbero avere dall'incontrarti per caso in metropolitana...

 

In questo punto siamo giunti a una conclusione aprioristica su di me: il fatto che vedere un uomo vestito da donna mi faccia provare divertimento, non coincide con la mia scelta cosciente di ridere. Specialmente se noto che quel vestirsi in quel modo non è operato ad hoc per farmi ridere. Il mio appellarmi al senso comune è stato un enorme sbaglio, lo ammetto. L'unica cosa cui mi appello io è la mia coscienza morale, la quale dice imperiosamente di non esprimere quello che provo perché sarebbe solo sadismo inutile nei confronti di qualcuno che è libero.

Faccio un esempio: mesi fa io e due mie amiche eravamo in ascensore. Entrano un ragazzo «visibilmente gay», per usare un termine politically correct come piace a tutti, e una sua amica; lui si mette a parlare con una voce stridulissima. Sembrava avesse ingoiato dell'elio. Le mie due compagne hanno fatto partire un silenzio imbarazzante e stavano per scoppiare a ridere, io invece, nonostante l'idea che un ragazzo -a prescindere da chi possa scoparsi- parlasse come i topi di Cenerentola mi facesse schiattare dal ridere, ho intavolato un discorso per rompere quel silenzio e quel gioco di sguardi eloquenti che le avrebbero fatte sgamare. Ora, faccio questo esempio non per far vedere quanta pietà ho nei confronti delle «checche», ma per dire che comunque tu susciti le mie risate, e se io scelgo di non mostrartele lo faccio perché ti rispetto, perché sei umano quanto lo sono io, perché so quanto possa far male, e perché ben so che dal tuo punto di vista quella è la tua normalità, come potrebbe esserlo per me muovere il polso in un certo modo.

 

Il mio discorso vuol essere un richiamo all'evitare discorsi unitari e onnicomprensivi che vorrebbero assolutizzare l'uguaglianza. Non esiste. Siamo esseri che per istinto non mettono sullo stesso piano gli uni e gli altri, ma che sono in grado di neutralizzare almeno in parte -più o meno ipocritamente, come è emerso- questo differenziamento istintivo.

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@Frollo, semplicemente non voglio ridere 

di accessori che possono servire a esprimere

una qualche identità di genere non convenzionale.

Mi spiace per te, ti privi di una delle forme di divertimento più genuino e gratuito ;-)

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@Amor-fati, procediamo con cautela.

 

Se per te la differenza tra un comportamento buono e uno sbagliato

sta solamente nel non sfottere qualcuno di ridicolo in faccia

ma sghignazzare di lui con le amiche; direi che siamo d'accordo.

Combattere contro il vostro diritto di trovare ridicole le persone

e di sfotterle alle loro spalle, va oltre alle mie intenzioni.

 

Per me ogni abbigliamento, movenza o posa è accettabile.

Lo è perché non posso sapere davvero cosa ci sia dietro.

Almeno ci provo. O almeno mi rendo conto di sbagliare

quando mi fanno notare che faccio del bullismo.

Quello che non è accettabile è il giudizio negativo

e non tanto il fatto che tu abbia uno (potrei averlo anche io);

quanto piuttosto il fatto che tu lo rivendichi.

Io - per lo meno - della mia omo/transfobia mi vergogno.

 

Come ho detto già il fatto che tu non lo esprima

- sarà anche ipocrita - ma mi pare un buon punto.

Il punto successivo è che tu ti vergogni di quello che provi.

E' un modo per educare noi stessi alle diversità.

 

L'episodio dell'ascensore dimostra che hai questa sensibilità.

Io - decisamente - non l'ho sempre avuta;

ma mi sono sempre sforzato di averla (anche prima di essere dichiarato).

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@@Almadel è qua il punto cui volevo arrivare: la consapevolezza di quello che si sta facendo è il giudizio che riflette su quanto perviene alla coscienza in forma istintiva. Ovvio che, come già detto, se dovessi seguire gli istinti senza che le controvolizioni li blocchino facendomici riflettere sopra sarei dis-umano. L'autocoscienza è una delle nostre più alte capacità, ci distingue dagli animali. Quelle che provo sono sensazioni di cui mi dovrei vergognare perché al di là della loro esistenza non possiedono legittimità. Il fatto che io mi vergogni però non le leva di mezzo dalla mia mente. Le posso semmai non proiettare nella realtà operando una scelta.

 

L'esistenza di sentimenti di quel tipo non ne giustifica la validità. Il loro semplice essere non li legittima.

 

[OT]Lo «sfottere alle spalle» ci sta per divertimento, l'importante per me è che non diventi mai la condicio sine qua non esisterebbe la nostra amicizia. E soprattutto, ho una mia condotta sulla cosa; se ti frequento non ti sfotto alle spalle. [fine OT]

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Hinzelmann

Probabilmente nel 1970 sarebbe bastato avere i capelli

lunghi, nel 1980 bastava un orecchino, oggi serve una

borsa da donna...

 

....il risultato è che oggi - 2013 - tutti portano i capelli

come vogliono e si bucano le orecchie come vogliono

etc. e tutto ciò non è più percepito come qualcosa di

diverso o particolarmente femmineo.

 

Ora io non voglio fare il monumento ai "diversi", però

ci sarà una ragione se poi col tempo la maggioranza

( cioè quelli che si vergognano o irridono ) sposta i confini di

questa convenzione

 

Forse il momento in cui una maggioranza convenzionale

non adotterà una borsa ritenuta dieci anni prima femminile

sarà il momento in cui aveva smesso di sfottere chi la portava

dieci anni prima...non lo so, la butto lì.

 

Non lo so, ad oggi la mia impressione è che sia vero che

"chi disprezza, compra"

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No,però conosco un ragazzo che è gay,va a manifestare in città per difendere i diritti dei gay,combatte contro gli omofobi e poi è:

-anticristiano,

-antimusulmano,

-xenofobo,

-misantropo,

-ripeterebbe la shoah perché odia gli ebrei

e nonostante questo si ritiene comunista,antifascista e tollerante. Perché secondo lui Hitler era un pazzo che uccideva gli ebrei senza motivo o per motivi stupidi invece lui li ucciderebbe ugualmente,con stessi metodi ma per motivi  veri e giusti.

Cioè,è tutto un enigma,un paradosso,una contraddizione questo ragazzo! Gliene si può parlare all'infinito ma non varrà nulla,lui rimarrà delle sue strane idee contorte.

 

Io per fortuna,sono stato sempre di mentalità aperta.

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