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@Almadel ma condivido il tuo discorso, anche perchè fantasticare è realmente l'unica cosa che possiamo fare in questo ambito.

Non sarà necessario crederci ma viene spontaneo trovare più confortante una trama piuttosto che un'altra, allo stesso modo in cui tu trovando irritante l'immortalità in qualche modo credi in una non sopravvivenza dell'anima (o non-credi in una sua sopravvivenza).

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Icoldibarin

2) viaggiamo di immaginazione (religione personale)

Io viaggio di immaginazione, se così si può dire. Penso che in realtà non ci si possa limitare all'osservazione analitica dei fatti (che è fondamntale, sia mai), talvolta l'istinto è un mezzo di indagine potente che viene poco esplorato perché l'uomo ha paura di ricordare d'essere un animale.

Ma l'uomo è un animale, appartiene come il resto alla natura e penso possa scoprire molto se lascia per un attimo il dominio della razionalità e guarda dentro sè stesso o quello che lo circonda con occhi diversi.

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@amor-fati : ammetto la mia ignoranza -voluta- in tutto l'ambito filosofico,dato che a qualcosa bisogna pur rinunciare a favore di altro, per cui so che Hegel esiste ma non so minimamente come la pensasse. Sorry :P

 

Intendi pericoloso il fatto di pensare che, dopotutto, morte e distruzione sono solo fatti privi di un'accezione negativa e che qualcuno quindi potrebbe giustificarli ?

 

Se ti riferisci a quello, vero, succede spesso infatti. Nelle mie varie conoscenze bizzarre ho avuto a che fare con una signora bionda cinquantenne, sosia di Constance, quella di American Horror Story, che mi raccontava di come un giorno mentre stesse stirando, guardando la tv vide scene di carestia e morte. L'entità con cui sosteneva di esser in contatto (te l'ho detto che le mie conoscenze sono bizzarre) le disse una sorta di " non ti curar di loro, l'han voluto prima di nascere, è solo la perdita di un corpo, ne avranno altri, pensa a giocare col tuo cagnolino".

 

Si rischia infatti che qualcuno pensandola così finisca per far strage di gente.

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Per dirla in soldoni -ma Hegel è molto più di questo e dovrei fare tre post per spiegarlo tutto- per Hegel la realtà e la Storia sono nient'altro che lo sviluppo dell'Assoluto (una specie di essere enorme che costituisce la realtà nel suo «svolgersi» un po' come un gomitolo di lana che inizialmente è tutto avvolto e poi inizia a srotolarsi). Siccome qualsiasi evento era già precompreso nello svolgimento dialettico dell'Assoluto (un po' come se nel gomitolo ci fossero già dei nodi che si presentano nel suo svolgersi), anche gli eventi negativi come guerre e carestie sono necessari e quindi possono essere giustificati.

 

Inoltre Hegel insiste sul fatto che il finito è solo una parte di infinito, e quindi gli eventi della storia non possono essere compresi nel loro vero senso intrinseco da noi esseri finiti in virtù del loro essere parte di un enorme infinità che li giustifica.

 

Il problema di questo ragionamento è appunto il pangiustificazionismo e in più la deresponsabilizzazione delle azioni umane: se tutto è già compreso nell'Assoluto, allora qualsiasi cosa io faccia è giusta perché tanto rappresenterebbe solo la volontà dell'Assoluto, che svolge se stesso usando me come marionetta. In pratica Hegel riduce l'uomo a inutile marionetta nelle mani dell'Assoluto e qualsiasi cosa l'uomo decida è già compresa nelle decisioni dell'Assoluto, che sta dietro la realtà e la fa svolgere esattamente come vuole lui.

 

Insomma: un casino.

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Sono un nichilista, sono critico nei confronti di qualsiasi credenza, ideologia, tanto meno religione 

 

le uniche risposte accettabili per me sono quelle fornite dalla scienza, anche perché non sono dogmi: in quanto soggettie a perenne aggiornamento  

Edited by Loup-garou
Corretto stile SMS
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  • 3 weeks later...

io credo che se un dio esiste non se ne frega del "creato" se vogliamo chiamarlo così; un dio che potrebbe essere "soltanto" natura e mero meccanismo, e quindi in ambo che non necessita di essere venerato.

se invece non esiste la stessa cosa, non venero una cosa che non esiste..

una sorta di visione epicurea, mista a quella materialistica e agnostica.

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Come chi mi ha letto in precedenza sa, ho seguito il Buddhismo per circa un anno ed ho creduto fermamente ( volevo crederci ). Poi ho constatato lo stesso clima da "cortina di ferro" che vi è nelle altre religioni: divinizzazione della figura cardine, caccia all'eretico, spionaggio tra le diverse scuole e molta, molta saccenteria. Da piccolo ( ovviamente, dato il mio battesimo ) ho seguito la Chiesa Cattolica ma non ho mai creduto a ciò che insegnava, così appena ho potuto ho lasciato. Mi sono avvicinato al Neopaganesimo ma non ne condividevo il concetto basilare di dualità della forza primigenia ( tralaltro a mio parere ingenuamente categorizzata come maschile e femminile ) né trovavo sensata l'idea di avvicinarsi al divino tramite rituali connessi alla natura ( se siamo noi la divinità, perché scervellarsi con riti astrusi e a detta dei praticanti anche pericolosi? ). Sono stato introdotto nel mondo del Buddhismo inaspettatamente ma come ho già detto, lo trovo poggiante su basi traballanti ed anche molto subdolo, dato che sfruttando la nomea di "religione/filosofia pacifica" riesce ad occultare agli occhi di chi non è addentro idee discriminatorie, comportamenti lesivi per sé stessi e per gli altri e atti intimidatori. Ho quindi ripreso il mio credo personale che, come qualcuno ha detto in questa discussione, è la sintesi di tutto ciò che immagino sia il mondo spirituale. La religione è un elemento importante della mia vita: la traspongo in tutto ciò che faccio, in tutto ciò che scrivo. Diventare ateo vorrebbe dive annullare la mia vita ed infatti mi sono allontanato dal Buddhismo proprio perché stavo cominciando a star male. A mio parere, tutti hanno il diritto di credere in ciò che più gli aggrada, senza imporre le proprie credenze a nessuno. Per questo credo che il modo migliore per vivere la spiritualità è quello di affidarsi alle proprie sensazioni ed alla propria dimensione, evitando di entrare in gruppi che in un modo o nell'altro limitano la propria libertà di espressione. L'anima per me è un qualcosa di totalmente libero, non va assolutamente incatenata e sottomessa.

Edited by Pix
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Dream_River

Sono ateo, più precisamente non-cognitivista teologico. Non nego l'esistenza di Dio perché penso che non esista modo ne di pensare ne di parlare di Dio, lo ritengo semplicemente una parola priva di senso. Da ciò consegue che l'ateismo per me non è un credo, ma semplicemente una rigorosa metodologia.

 

La mia etica personale è ispirata a una corrente di pensiero che si chiama 'utilitarisno contemporaneo'

 

Inviato dal mio GT-I9300 con Tapatalk 2

 

 

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infatti mi sono allontanato dal Buddhismo proprio perché stavo cominciando a star male.

 

in passato scrivevi su questo forum che era bellissimo essere buddista e a me sembrava che tu facessi proselitismo anche se tu dicevi di non farlo.

 

che cosa è la religione per te ? (dici che è la tua vita ma hai cambiato diverse religioni, perchè le religioni sono importanti per te ?)

 

cosa è l'anima che citi per te ? come fai a sentirla ?

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@marco7 il problema non è tanto il Buddhismo ma chi lo professa. Mezzo anno fa ero davvero entusiasta perché praticavo qualcosa che mi faceva sentire bene e che aiutava a rapportarsi bene al mondo. Poi ho cominciato a fare domande, guarda caso proprio sull'anima e nessuno ha saputo dirmi cosa ne pensa il Buddhismo a riguardo. In più, tra i buddhisti ci sono faide tremende e spesso i praticanti non seguono gli insegnamenti del Buddha. Costatato ciò me ne sono discostato, perché ho riflettuto sul fatto che tutto ciò che afferma il Buddhismo può essere ampiamente contestato. Adesso sono comunque curioso di scoprire nuove scuole, non si sa mai ma proseguo per la mia strada personale, che è sempre esistita. La religione per me è un modo per rapportarsi alla vita in modo romantico e spensierato. E' fonte di gioia e di tranquillità. Tutto ciò che non si avvicina a questa descrizione, è meglio scartarlo. L'anima è una cosa che si avverte ma che non si può descrivere, dato che noi esseri umani siamo limitati. Del resto, ciò che non mi piace del Buddhismo è proprio questa tendenza quasi ossessiva di analizzare la nostra essenza. Ciò è assolutamente impossibile e si finisce per ingarbugliarsi in concetti troppo astratti.

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  • 2 weeks later...

Si può comunque credere in una "struttura" (chiamiamola così per totale generalità) senza per forza avere una risposta per ogni cosa.

Il fatto di credere a una permanenza dell'autocoscienza dopo la morte del corpo è indipendente credo dal dover poi comprendere perchè ci sono le stragi e le catastrofi.

Nello stesso tempo, credo sia possibile un meccanismo di permanenza della coscienza senza per questo dover individuare una divinità o un percorso karmico o altre cose.

 

Penso che se ci fossero realmente delle risposte palesi e chiare e completamente oggettive sull'argomento, a tutt'oggi ci sarebbe della documentazione di qualche tipo sul modello scientifico. 

Ma credo anche che nell'ambito dell'autocoscienza, risposte che non siano almeno parzialmente soggettive non ce ne sono. E quindi diventa molto difficile confrontare esperienze. Non impossibile, ma molto difficile.

Richiede uno sforzo di traduzione delle proprie mappe mentali che, chi non è sufficientemente coinvolto con l'argomento, sia perchè non credente, sia perchè soddisfatto di uno dei tanti minestroni religiosi sul mercato, non si metterà a fare.

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Bah.
Tutte queste sovrastrutture che si sono generate nei millenni, a partire dalle religioni fino a queste ipotesi di permanenza del pensiero dopo la morte... mi lasciano perplesso.
Penso che l'unica credenza che abbia senso sia quella verso un concetto che abbia un riscontro nella realtà.

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@valent, certo che sei un ateo codardo! :D

Ma gli Atei hanno il diritto a essere codardi come tutti gli altri.

(La domanda giusta da fare agli Ignostici è: "Esiste una definizione di Dio in cui ti riconosci?"

Ma essendo un prodotto culturale ebraico, essi ti risponderanno con un'altra domanda

e alla domanda "Ma perché voi Ignostici rispondete sempre alle domande con altre domande?"

Essi risponderanno "E perché no?" come dice degli Ebrei l'ammirevole Moni Ovadia :))

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@Almadel, l'ateo ha la pretesa di negare l'esistenza di qualcosa prima di sapere di cosa si stia parlando, l'ignostico aspetta una definizione e poi si esprime. È metodologicamente più corretto. Se poi ti interessasse sapere se c'è una definizione di Dio in cui mi riconosco, la risposta è che finora non c'è, nessuno dei concetti più comuni di dio mi convince, di solito perchè paradossali o superflui.

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@valent, l'Ateo non ha la "pretesa" di negare alcunché.

Se io vedessi Babbo Natale non mi sbatterei le mani sulle orecchie

ripetendo "Babbonatalenonesiste, babbonatalenonesiste!"

Prenderei semplicemente atto del fatto di essermi sbagliato.

 

Questo non significa che io sia "agnostico" riguardo a Babbo Natale.

Io sono certo che esso non esista e che sia solo un modo

per far star buoni i bambini che aspettano i regali o temono il carbone

(cambia "regali" con "paradiso" & "carbone" con "inferno" e hai Dio.

E vale per tutti gli dèi: compresi Amon-Ra, Zeus, Astarte e Cernunnos)

 

Poi c'è il "Dio dei Filosofi": il Motore Immobile di Aristotele,

gli "Inframundani" di Epicuro, il "Sive Natura" di Spinoza 

e l'immortale geometrica definizione dell'Ermetismo:

"Dio è un cerchio, la cui circonferenza è infinita e il cui centro è ovunque".

La differenza tra un Ateo e un ignostico sta in questo secondo problema:

io penso che questo si possa comodamente chiamare "Universo"

mentre l'Ignostico potrebbe anche accettare che venga chiamato "Dio".

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@Almadel, non mi devo essere spiegato bene: con "ha la pretesa di" non mi riferivo al fatto che l'ateo negherebbe anche qualcosa che gli sarebbe dimostrato esistere, ma che nega presupponendo una certa definizione di dio. Se a Babbo Natale sostituiamo la parola MacGuffin, qualora ti chiedessero se esiste, a meno che tu non sia un cinefilo, andresti a documentarti prima di rispondere; con dio è la stessa cosa, solo che nei discorsi quotidiani ci si accontenta di una nozione piuttosto generica (più o meno coincidente con quella delle principali credenze), e quindi si supera il passaggio definitorio, considerandolo implicito. Questa mi sembra la differenza tra una ateo ed un ignostico. Con l'ultimo paragrafo invece non capisco bene dove tu voglia andare a parare, mi sembra una semplice questione linguisitca: se qualcuno mi desse la nozione di barboncino (o universo) e mi dicesse che lui lo chiama dio, mi sembrerebbe un tipo strambo, se lo facessero in milioni prenderei atto che c'è stato un mutamento lessicale, ma la cosa finirebbe lì, constaterei che il barboncino-dio (universo-dio) c'è. Il problema non è la parola dio, ma cosa ci sta dietro.

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@valent, sovrapponi i tuoi due discorsi.

 

Da un lato rifiuti la "nozione generica" di Dio.

(Sì, ovvio che se ti dico che non credo in Dio

mi riferisco alla "nozione generica di Dio".

Esattamente come se parliamo di "caraffa"

mi baserò su ciò che leggo sul vocabolario)

 

Dall'altro parli di mutamenti lessicali.

E io appunto ho detto che se dai di "Dio"

delle definizioni diverse da quelle che ne dà un vocabolario online

http://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/D/dio_1.aspx?query=dio+(1)

nei riguardi delle quali suppongo che siamo Atei entrambi

vale la pena confrontarsi su un piano più strettamente filosofico.

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secondo me l'ateo esclude semplicemente l'esistenza di ciò che è empiricamente indimostrabile

Fino ad oggi nessuno è mai riuscito a dimostrare l'esistenza di un dio ma, d'altra parte, neanche la sua inesistenza...

 

Non si può dimostrare che una cosa che NON esiste, NON esiste.

Non puoi farlo nemmeno sulla Befana.

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io credo che il male non esiste, esiste solo la stupidità

facciamo del male solo perché siamo stupidi, non capiamo le conseguenze

l'intelligenza ci rende sempre più consapevoli, dunque permette di accantonare il male più grossolano, che è anche quello meno pericoloso, e ci rende ciechi di fronte al male sofisticato, raffinato e meno evidente, talmente sottile e poco evidente che la nostra grande intelligenza non è sufficiente a farci rendere  conto di commetterlo

e dunque se neanche lo vediamo questo male diviene invincibile, subdolo, pericolosissimo

più uno è intelligente, più grande, pervasivo, ineluttabile, ineliminabile, inemendabile è il male che è in grado di fare

 

se Dio esistesse sarebbe il più intelligente di tutti, dunque potrebbe fare il massimo del male possibile

ma un vero Dio è onnisciente, dunque consapevole di questo e sarebbe costretto a smettere di agire, dedicandosi a suonare il violino o la fisarmonica chiedendo l'elemosina nella metropolitana all'ora di punta

un Dio davvero saggio non può che essere un mendicante, altrimenti è un impostore, un falso Dio

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Lo sembra :)

 

In verità non si può pretendere una prova della non-esistenza di Dio:

in quanto solo le cose che esistono possono falsificare l'ipotesi della loro non-esistenza

("L'Australia non esiste" è una affermazione falsificabile, in quanto essa esiste).

 

La petizione di principio sta nella definizione stessa di Dio

che appunto per definizione non può essere dimostrato.

Qualunque cosa nella sua formulazione abbia la non-falsificabilità

diventa un ente analogo alla teiera di Russell. E di simili fantasmi

- non fosse per il rasoio di Occam - potremmo riempire l'Universo.

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