Almadel Posted September 10, 2013 Share Posted September 10, 2013 Certamente c'è anche l'attrazione del simile verso il dissimile, ma credo che essa nasca quasi sempre da un desiderio, impossibile o difficilmente attuabile, di come si vorrebbe essere.Il deboluccio ricerca il palestrato perché vorrebbe essere robusto come lui e così anche il ben educato ricerca il cafone perché forse in segreto vorrebbe liberarsi delle regole della buona educazione che sente come costrizioni. Ma quanto sei gay? Scommetto che anche gli Etero desiderano le donne perché vorrebbero avere le tette Non credo che tutti i gay a cui piacciono i Neri, vorrebbero essere di colore; né che tutti i ventenni a cui piacciono i cinquantenni vorrebbero i capelli bianchi. Non insisto neanche, sai bene che è così ma ti diverti solo a darmi torto :) La buona educazione esisteva anche nelle società che relegavano le femmine, madri, moglie e figlie, negli anfratti delle mura domestiche.Anzi la buona educazione era soprattutto se non esclusivamente rivolta all'esterno della propria casa, dove l'uomo è sempre stato padrone se non assoluto, certo poco contrastato. Niente di quello che tu chiami "buona educazione antica" somiglia neanche vagamente alla concezione dal Galateo in poi ovvero dei codici di comportamento tra ranghi e sessi diversi.ù Sei liberissimo di trovare fastidiosa la "virilità pleblea" semplicemente devi riconoscere che è una "virilità" come un'altra. Mi domando che maschi tu frequenti o forse ai miei tempi le regole erano diverse ed io sono sopravvissuto al naufragio delle regole di buona educazione?Ma da quello che sento anche dai giovani non mi pare proprio! Se ti fa piacere posso evitare di citare ancora il cameratismo all'interno della definizione di mascolinità. Mi fa piacere che tu frequenti solo ambienti raffinati ma in taberna quando sumus le cose vanno diversamente. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
anakin Posted September 10, 2013 Share Posted September 10, 2013 (edited) Mi domando che maschi tu frequenti o forse ai miei tempi le regole erano diverse ed io sono sopravvissuto al naufragio delle regole di buona educazione? Ma da quello che sento anche dai giovani non mi pare proprio! Devo ammettere che dopo quattro anni di convivenza con etero maschi il modello di base che ho sperimentato si avvicini molto più a quello indicato da Almadel che a quello che tu ti rappresenti. E non si tratta di barbari, ma di ragazzi anche intelligenti, civili, e, in presenza delle fidanzate, molto educati. Per curiosità ho chiesto anche a mio padre e a mio nonno, che confermano questa situazione per le loro rispettive generazioni. Ma forse la nostra è una famiglia di villani, che si è sempre accompagnata a gente di bassa risma. Edited September 10, 2013 by anakin Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Doctoralf88 Posted September 10, 2013 Author Share Posted September 10, 2013 ...io ri-concludo dicendo semplicemente che sono perso del mio collega del lavoro, eterissimo, ma nonostante ciò, continuerò a sperare che prima o poi mi ricambi; :) :) Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Woland_88 Posted September 10, 2013 Share Posted September 10, 2013 Io mi trovo d'accordo con l'inquadratura fatta da Almadel. La distinzione tra civile e barbaro è affare distaccato dal determinare ciò che maschile, o non-maschile, o femminile, o non-femminile. A questo aggiungo che ritengo le categorie di maschile, non-maschile, femminile e non-femminile come 4 categorie che non si intersecano tra loro, esistenti a coppie (la seconda e la quarta sono i negativi della prima della terza), e mutabili a seconda del contesto storico e sociale: sono 4 canoni, prodotti per approssimazione dal mos della società, e in costante evoluzione. Il solo dipolo maschile/femminile non è affatto funzionale ad alcuna descrizione. Nella società italiana attuale, cucinare è (ancora, anche se via via sempre meno) considerato compito delle donne: è caratteristica femminile. Ci si sorprende di un uomo che cucina non perché è qualcosa di non-maschile, ma perché è cosa femminile. E ci si sorprende di una donna che non cucina, non perché sia cosa maschile, ma perché è un comportamento non-femminile. Stesso dicasi del truccarsi, o dell'indossare una gonna. Essere appassionati di motori è cosa maschile: non esserlo è un comportamento non-maschile. Una donna che sia appassionata di motori sorprende perché è cosa maschile, non perché sia non-femminile. Un uomo che non tragga fascino alcuno dai motori (PRESENTE!) è considerato non-maschile, non è considerato femminile. Si scade nel dipolo maschile/femminile quando si accetta un'ottica androcentrica ed eventualmente sessista: sicché tutto ciò che fanno gli uomini è maschile, e tutto il resto è "roba da femmine". Da cui, anche nell'ultimo esempio, si ha che il maschio che non è appassionato di motori, o di calcio, o che non gradisce gli scherzi fisici, o che non parla di donne con gli amici, è una "femminuccia", o una "checca". Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 Devo ammettere che dopo quattro anni di convivenza con etero maschi il modello di base che ho sperimentato si avvicini molto più a quello indicato da Almadel che a quello che tu ti rappresenti. E non si tratta di barbari, ma di ragazzi anche intelligenti, civili, e, in presenza delle fidanzate, molto educati. Per curiosità ho chiesto anche a mio padre e a mio nonno, che confermano questa situazione per le loro rispettive generazioni. Ma forse la nostra è una famiglia di villani, che si è sempre accompagnata a gente di bassa risma. Ah, quindi rutti ed emissioni di flatulenze varie a tavola o comunque in pubblico? Non so che dirti! Io so solo che non solo ai miei tempi, ma anche in questi correnti che ormai sono miei solo perché sono sopravvissuto abbastanza, tutta questa cafoneria non la vedo tra i miei parenti e conoscenti e quando la vedo mi accorgo che è giudicata da tutti cafoneria, compreso quello che la compie e che lo fà per provocare o per ridere, ma non per ignoranza dell'educazione, e non sto parlando di famiglie reali o principesche (i cui comportamenti per altro oggi dicono siano spesso peggiori di quelli che un tempo erano di classe plebea). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 (edited) Ma quanto sei gay? Ci sono gradazioni della gayezza? E qual è l'unità di misura? Comunque non capisco che c'entri con l'attrazione verso il dissimile. Non insisto neanche, sai bene che è così ma ti diverti solo a darmi torto :) Ma no, dai, non fare l'offeso per niente! E perché dovrei divertirmi a darti torto? Talvolta sono polemico, ma in fondo è un forum di discussione, non un manifesto delle proprie opinioni. Scommetto che anche gli Etero desiderano le donne perché vorrebbero avere le tette Non credo che tutti i gay a cui piacciono i Neri, vorrebbero essere di colore; né che tutti i ventenni a cui piacciono i cinquantenni vorrebbero i capelli bianchi. Forse ti è sfuggito che ho scritto: "Certamente c'è anche l'attrazione del simile verso il dissimile, ma credo che essa nasca quasi sempre da un desiderio, impossibile o difficilmente attuabile, di come si vorrebbe essere." Non nego certo che ci possa essere un'attrazione verso chi è molto diverso da noi soprattutto nelle caratteristiche fisiche, meno però, credo, in quelle psicologiche o intellettuali o relazionali che sono poi quelle di cui si parlava sopra. Quanto al desiderio dell'uomo verso la donna, potremmo anche pensare che ci sia nell'uomo un desiderio di femminilità che usualmente è attribuito agli omosessuali, ma che forse è insito proprio negli eterosessuali maschi. Del resto un tempo non si diceva che l'omosessuale fosse la quintessenza della maschilità e che fosse tale proprio perché disprezzava la femminilità? Niente di quello che tu chiami "buona educazione antica" somiglia neanche vagamente alla concezione dal Galateo in poi ovvero dei codici di comportamento tra ranghi e sessi diversi. Ah no? Ma guarda che la buona educazione dei miei tempi procedeva proprio dal Galateo, sia pure con qualche ammodernamento! E del resto anche oggi, quando si parla di buona educazione, non è che ci si discosti molto da quei principi, sia pure con gli adattamenti al modo di vivere moderno. Sei liberissimo di trovare fastidiosa la "virilità pleblea" semplicemente devi riconoscere che è una "virilità" come un'altra. Forse hai capito male tu o forse mi sono spiegato male io o anche entrambe le cose. Il problema che ho posto non è quale sia la virilità plebea o quella principesca o di altri, il problema che ho posto, partendo dalle affermazioni tue e di altri, è se la violazione di certe regole comportamentali, vigenti in un certo gruppo sociale, che sia plebeo, borghese, aristocratico, principesco, ecclesiastico, laico, urbano, contadino o altro interessa poco, e ovviamente in un certo periodo storico, se questa violazione implichi un'esaltazione della maschilità o meglio della virilità, in quanto violazione che infranga le regole di quella che, in quel periodo storico e in quel gruppo sociale, è considerata buona educazione o comunque comportamento dovuto. Per tornare all'esempio del rutto a tavola, il problema non è il rutto in sé, perché ad esempio nella Roma antica era considerato segno di gradimento della cena e quindi cortesia verso l'ospitante, ma la violazione della regola di comportamento a tavola in un certo gruppo sociale di un certo periodo storico. Se tu mi dici che oggi è regola di buon comportamento ruttare a tavola, per la stessa ragione degli antichi Romani o per altra ragione, ma comunque è comportamento educato, io posso solo dire che sono cambiate le regole rispetto ai miei tempi ed indipendentemente dal gruppo sociale, perché non credo proprio che 70 anni fà in una familia di operai fosse giudicato comportamento educato. Ma se, come credo, oggi ruttare a tavola è villania come 70 anni fà, francamente ho difficoltà a capire perché questa violazione delle regole della buona educazione, che nel caso specifico mi pare valga per tutti i gruppi sociali di questo paese in questo secolo, sarebbe indizio di maschilità o addirittura di virilità, quasi che quella regola fosse fatta per le donne o per ...... i gay! Quale ne sarebbe poi la ragione? Che violare le regole di comportamento del proprio gruppo sociale sia azione propriamente maschile o virile? Come dire che le femmine o le donne (intese come femmine adulte della specie umana) o i soliti gay non le violano? Francamente non capisco ed è tutto qui il nocciolo della questione, perché chi viola le regole della buona educazione sarebbe un vero uomo e chi invece le segue una femminuccia? Dopo tutto penso sia vero proprio il contrario, dato che sapersi contenere implica una fortezza psicologica e talvolta anche fisica che l'opinione maschilista (probabilmente sbagliando) attribuisce agli uomini e non certo alle donne e nemmeno ai gay che spesso sono a quelle assimilati. Mi fa piacere che tu frequenti solo ambienti raffinati ma in taberna quando sumus le cose vanno diversamente. Non saprei dirti con precisione, ma forse dipende dalle taverne. Ho frequentato scuole pubbliche, a parte l'università che comunque era ed è aperta a tutti i ceti sociali e comunque non certo riservata alle elites principesche, eppure non ho mai notato che le regole della buona educazione in sostanza fossero diverse in "taberna" od in "palatio", semmai posso concederti che in "taberna" fossero più facilmente violate, ma attenzione!: prima di tutto la consapevolezza di violare una regola è cosa diversa dall'ignoranza della regola, poi, e questo è quello che c'interessa per il discorso, è tutto da vedere che il violatore lo faccia per sentirsi più virile e che, soprattutto, sia considerato più virile, e non invece indegno di stare con uomini, dagli spettatori della sua violazione, anche perché, se così fosse, se cioè fosse considerato lui veramente virile, forse si potrebbe notare che le regole della buona educazione, che valgono in primis per gli uomini degni di questo nome, siano mutate. Edited September 11, 2013 by Mario1944 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 Io mi trovo d'accordo con l'inquadratura fatta da Almadel.La distinzione tra civile e barbaro è affare distaccato dal determinare ciò che maschile, o non-maschile, o femminile, o non-femminile. Ma guarda che semmai questa è la mia inquadratura, non quella di Almadel! Almadel, forse riferendo, più che la propria, l'opinione normale dei maschi eterosessuali che lui conosce, dice invece che il maschile è sostanzialmente e tendenzialmente barbaro ed incivile, mentre il femminile essenzialmente e sostanzialmente civile e "cultum". Ovviamente poi secondo questa opinione i gay sono compresi nel femminile...... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Woland_88 Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 Ma guarda che semmai questa è la mia inquadratura, non quella di Almadel!Almadel, forse riferendo, più che la propria, l'opinione normale dei maschi eterosessuali che lui conosce, dice invece che il maschile è sostanzialmente e tendenzialmente barbaro ed incivile, mentre il femminile essenzialmente e sostanzialmente civile e "cultum". No, temo tu abbia frainteso. Se stiamo parlando di maschile, non-maschile, femminile e non-femminile, le categorie del civile e del barbaro vanno tenute lontane dal discorso. Sei tu ad averle introdotte per giustificare la tua idea di maschio, ovvero di "vir", intesa secondo regole di buona condotta sociale. Almadel, come me, riconosce l'esistenza della civiltà e dell'inciviltà, ma non crede che questi elementi abbiano nulla a che vedere col determinare che cosa è maschio e che cosa è femmina, se non nella declinazione di quegli atteggiamenti. Ruttare in presenza di altre persone, per dirne una, è un atteggiamento che rientra nel canone sociale maschile. Farlo solo in compagnia di amici (in taberna quando sumus), ed evitare di ruttare al pranzo di lavoro, è civile. Farlo anche al pranzo di lavoro, è barbaro. Ma ruttare in presenza di altre persone, in entrambi i casi, resta un atteggiamento che il canone sociale attuale riconosce come maschile. Una donna che rutti in presenza di altre persone, viene riconosciuta come maschile. Civile se lo fa solo tra amici, barbara se lo fa anche al pranzo di lavoro. Un uomo che non rutti in presenza di altre persone, viene riconosciuto come non-maschile: nella fattispecie, trattandosi di un "non rutto", il suo gli conferirà a priori caratteristica di civiltà nel comportamento, non perché non-maschio=civile (o perché, come tu lo intendi, quello è il vero "maschio", ovvero maschio=civile), ma perché non ruttando al pranzo di lavoro, sarà civile, e non ruttando tra amici, nessuno avrà ragione di ritenerlo un barbaro (la barbarie, del resto, è l'assenza della civiltà, e come tale sussiste solo al pranzo di lavoro nella fattispecie del rutto). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
coeranos Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 ...io ri-concludo dicendo semplicemente che sono perso del mio collega del lavoro, eterissimo, ma nonostante ciò, continuerò a sperare che prima o poi mi ricambi; :) :) Devi capire che facendo così ti chiudi tutte le possibilità in cambio di niente. Perché, ovviamente, lui non ricambierà. E nel frattempo perderai tante occasioni, anche di crescita personale. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Doctoralf88 Posted September 11, 2013 Author Share Posted September 11, 2013 Vabbe, ma è normale che nel frattempo cerco altrove.... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Doctoralf88 Posted September 11, 2013 Author Share Posted September 11, 2013 Comunque,detto internos, tra attivo e passivo nella coppia mi sento più passivo :) magari è anche per questo; Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 No, temo tu abbia frainteso.Se stiamo parlando di maschile, non-maschile, femminile e non-femminile, le categorie del civile e del barbaro vanno tenute lontane dal discorso.Sei tu ad averle introdotte per giustificare la tua idea di maschio, ovvero di "vir", intesa secondo regole di buona condotta sociale.Almadel, come me, riconosce l'esistenza della civiltà e dell'inciviltà, ma non crede che questi elementi abbiano nulla a che vedere col determinare che cosa è maschio e che cosa è femmina, se non nella declinazione di quegli atteggiamenti. Ma sei tu che fraintendi me, infatti io ho affermato che l'essere incivile, ovvero il venir meno alle regole comportamentali di un certo gruppo sociale in un certo periodo storico, non c'entra nulla con l'essere realmente maschile ed affermo quindi che l'incivile non è più maschile o più virile dell'uomo civile, anzi, semmai, in quanto non sa controllare i suoi istinti, dimostra una debolezza psicologica e fisica che tradizionalmente non è stata attribuita al maschio o almeno all'uomo (nel senso di maschio adulto e responsabile) ma piuttosto alla donna o almeno alla femmina. Quindi anche attenendoci al canone tradizionale: uomo forte/donna debole, la violazione delle regole di comportamento sociale è semmai propria dell'individuo debole, che non sà dominarsi proprio perché debole, mentre è contraria alle capacità dell'individuo forte che invece sà dominare le passioni e le necessità fisiche proprio perché forte. Secondo Almadel invece il maschio che si comporta in modo incivile, o che comunque viola le regole di comportamento normalmente considerate proprie di una persona ben educata, sarebbe considerato più maschile o addirittura più virile. Questa opinione, che non è necessariamente l'opinione di Almadel ma che lui riporta come dominante, a me sembra del tutto irreale, anche se non escludo che ci sia qualche zoticone che si creda più maschile o più virile perché rutta o mette i piedi sulla tavola mentre pranza con altre persone, siano pure familiari. Ma appunto si tratta della solita eccezione che conferma la regola. Ruttare in presenza di altre persone, per dirne una, è un atteggiamento che rientra nel canone sociale maschile.Farlo solo in compagnia di amici (in taberna quando sumus),(.....), è civile.(.....)Ma ruttare in presenza di altre persone, in entrambi i casi, resta un atteggiamento che il canone sociale attuale riconosce come maschile. Non posso che dichiararmi basito per queste affermazioni! Spero che il tuo e quello dei tuoi amici sia un caso speciale...... Comunque, anche se ci fosse una variazione del canone di buon comportamento in proposito e si fosse tornati al costume degli antichi Romani, il problema sarebbe spostato, ma non cambierebbe nei termini: la violazione delle regole di comportamento socialmente accettate non è una manifestazione sopraffina della natura maschile e tanto meno virile del violatore, ma anzi semmai della sua debolezza psichica e fisica che, guarda caso, è tradizionalmente (anche se erroneamente) attribuita al sesso femminile, non per nulla detto anche sesso "debole". Una donna che rutti in presenza di altre persone, viene riconosciuta come maschile.Civile se lo fa solo tra amici (......) Sono ancora più basito! mi domando che donne e che uomini tu conosca...... Un uomo che non rutti in presenza di altre persone, viene riconosciuto come non-maschile: Nessun commento per pudore, da parte di uno come me che fa parte (ora l'ho scoperto......), insieme con legioni d'uomini dei secoli scorsi, della classe dei "non-maschili". come tu lo intendi, quello è il vero "maschio", ovvero maschio=civile Ma guarda che la buona educazione, le regole del comportamento civile, come ho già detto, sono state inventate dagli uomini prima di tutto per sé stessi che per le donne, normalmente relegate nelle case e ritenute deboli d'anima e corpo, e quindi la loro violazione implicava (e dovrebbe ancora implicare......) piuttosto una degradazione dell'uomo a bestia che un'esaltazione della sua maschilità e tanto meno della sua virilità! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
anakin Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 (edited) Quando ho detto ad uno dei miei migliori amici-coinquilino (etero) che ero gay, mi ha risposto, inter alia: "ecco perché non ruttavi e scoreggiavi mai in appartamento!". Era mosso da un pregiudizio, ma non consisteva nel fatto che i gay fossero civili, ma che fossero femminili. Edited September 11, 2013 by anakin Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Woland_88 Posted September 11, 2013 Share Posted September 11, 2013 (edited) @Mario1944 Si sta parlando, e si è sempre parlato, di singoli comportamenti, e nessuno è venuto a dirti che non sei una persona maschile se non rutti in presenza d'altri. Ho detto che il ruttare in presenza d'altri è riconosciuto, socialmente, non da me, come un comportamento maschile, nel senso che nell'ottica della maggioranza è tipico del maschio, quanto il cucinare è tipico della femmina, quanto la passione per i motori è tipica del maschio e l'indossare la gonna è tipico della femmina. Non ruttare in presenza d'altri, non è maschile, è non-maschile. In questo senso, e non in altri, quella caratteristica ti appartiene, e non toglie nulla al tuo essere maschile per tutte le altre caratteristiche che puoi possedere. Ora, sul fatto che tu resti basito e attonito nel constatare quel che dico, sinceramente non so che risponderti. Sarà che ci separa un ammontare di 45 anni di vita, e che siam cresciuti in periodi e società radicalmente diversi, e che abbiamo percezioni radicalmente diverse di quel che le persone reputano maschile, non-maschile, femminile, non-femminile, civile e barbaro. Eppure quando ero più giovane, ho conosciuto persone che all'epoca erano tue coetanee, e quindi che erano nate prima di te, e le ho viste comportarsi da perfetti signori nella vita di tutti i giorni, e lasciarsi andare a tutt'altro genere di attitudine e comportamenti quando erano al bar con gli amici, e consideravano quell'attitudine e quei comportamenti "robbe de masculi", robe da maschi. Il fatto che tu, o chiunque altro, per indole non sia portato ad assumere alcuni comportamenti come tuoi, non vuol dire che quei comportamenti nell'ottica generale (sempre e solo relativa al contesto sociale e storico) non siano reputati maschili: una ragazza che rutta tra amici, è maschile, è un "maschiaccio", mia nonna la definirebbe "'na masculara", e non è semplicemente "volgare", perché ruttare tra amici non è da barbari. La cosa si estende anche a comportamenti femminili: indossare una minigonna è cosa femminile, indossarla ad un funerale è reputata cosa barbara. Edited September 11, 2013 by Woland_88 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 12, 2013 Share Posted September 12, 2013 Quando ho detto ad uno dei miei migliori amici-coinquilino (etero) che ero gay, mi ha risposto, inter alia: "ecco perché non ruttavi e scoreggiavi mai in appartamento!". Era mosso da un pregiudizio, ma non consisteva nel fatto che i gay fossero civili, ma che fossero femminili. Questo dimostra l'assimilazione sia dell'omosessualità sia della buona educazione alla femminilità nell'opinione del tuo amico, ma sono assimilazioni che io personalmente contesto recisamente. Comunque per l'assimilazione della buona educazione alla femminilità, ci sono secoli se non millenni di regole di comportamento destinate agli uomini, prima che alle donne, che dimostrano che l'opinione comune non ha mai considerato vera questa assimilazione, anzi al contrario l'uomo villano, cafone, bifolco, incivile, come rivelano questi stessi termini, è sempre stato considerato un bruto indegno del nome di uomo o almeno di cittadino. Peraltro, dato che tu sei maschio, sei gay e, a dire del tuo amico, ti comporti educatamente, i casi sono due: o ammetti che l'essere maschio non implica di necessità l'essere maleducato oppure ammetti che l'essere gay implica di necessità il non essere maschio! Fai tu...... Si sta parlando, e si è sempre parlato, di singoli comportamenti, e nessuno è venuto a dirti che non sei una persona maschile se non rutti in presenza d'altri. Ma guarda, per me non ci sarebbe problema, se oggi l'opinione comune fosse diventata questa che solo lo zoticone è maschio! Solo che non mi sembra sia vero che questa sia l'opinione comune e in ogni caso è sempre stato falso finora. Comunque, quanto al "nessuno è venuto a dirti che non sei una persona maschile se non rutti in presenza d'altri", non so che cosa d'altro si possa dedurre logicamente dalla tua precedente affermazione: Ruttare in presenza di altre persone, per dirne una, è un atteggiamento che rientra nel canone sociale maschile. Se ruttare in presenza d'altre persone rientra nel canone sociale maschile, evidentemente io sono fuori di questo canone, indipendentemente dal fatto che io mi senta maschile o no e d'altronde il sentirsi maschile non significa per forza esserlo: potrei pure sbagliarmi di grosso! Ma non m credo di sbagliare affatto nel pensare che il canone maschile odierno non preveda assolutamente come tollerabile il "rutto in presenza d'altri". Ho detto che il ruttare in presenza d'altri è riconosciuto, socialmente, non da me, come un comportamento maschile, nel senso che nell'ottica della maggioranza è tipico del maschio, quanto il cucinare è tipico della femmina, quanto la passione per i motori è tipica del maschio e l'indossare la gonna è tipico della femmina.Non ruttare in presenza d'altri, non è maschile, è non-maschile.In questo senso, e non in altri, quella caratteristica ti appartiene, e non toglie nulla al tuo essere maschile per tutte le altre caratteristiche che puoi possedere. Contesto recisamente queste tue affermazioni! E' vero che il contenuto del galateo è cambiato in questi ultimi decenni, ma non a tal punto da elevare il rutto a "comportamento tipico del maschio"! e lo stesso dicasi per la passione per i motori (quali motori poi?). Comunque, come ho già detto e ridetto, scritto e riscritto, il problema non è il giudizio su un singolo comportamento, che può variare nei secoli o anche negli anni, infatti ruttare a tavola per gli antichi Romani era buona educazione. Il problema è se la violazione di comportamenti socialmente accettati come conformi alla buona educazione sia una violazione che esalti la maschilità o addirittura la virilità del violatore: a me sembra pacifico che non solo non la esalti, ma anzi la deprima rendendolo non più maschile, non più virile, ma puerile o addirittura brutale. E questa non è solo la mia opinione, ma l'opinione degli uomini che per secoli, se non per millenni, hanno posto ed osservato (ed anche violato, perché la violazione implica riconoscimento della regola) regole di comportamento sociale, quali che fossero secondo le varietà temporali e locali. Eppure quando ero più giovane, ho conosciuto persone che all'epoca erano tue coetanee, e quindi che erano nate prima di te, e le ho viste comportarsi da perfetti signori nella vita di tutti i giorni, e lasciarsi andare a tutt'altro genere di attitudine e comportamenti quando erano al bar con gli amici, e consideravano quell'attitudine e quei comportamenti "robbe de masculi", robe da maschi. Evidentemente erano "signori" per caso o per necessità..... Il fatto che tu, o chiunque altro, per indole non sia portato ad assumere alcuni comportamenti come tuoi, non vuol dire che quei comportamenti nell'ottica generale (sempre e solo relativa al contesto sociale e storico) non siano reputati maschili: una ragazza che rutta tra amici, è maschile, è un "maschiaccio", mia nonna la definirebbe "'na masculara", e non è semplicemente "volgare", perché ruttare tra amici non è da barbari. Ovviamente non parlavo, come del resto non penso parlassi tu, delle mie private e riservate opinioni circa un certo comportamento, ma delle opinioni correnti ai miei tempi tra coloro che frequentavo o di cui avevo in qualche modo notizia. Però non mi sembra che anche oggi le cose siano mutate, non mi sembra che, se io ruttassi a tavola tra amici o familiari, tutti si mostrerebbero compiaciuti della mia virilità ostentata, ammesso che ruttare sia segno di virilità, anzi! forse qualcuno sorriderebbe per commiserazione, qualcun altro farebbe finta di nulla, qualcun altro ancora mi rimprovererebbe, ma certo da tutti non sarei ben considerato e di questo ne sono sicuro per la semplice ragione che non mi è mai capitato che qualcun altro si concedesse, me presenta almeno, tale "libertà". E comunque, ripeto che il problema non è il singolo atto ovvero il giudizio sul singolo atto, la cui regolarità rispetto al comportamento socialmente ammesso può ben variare nel tempo, ma è il giudizio sulla maschilità o virilità della violazione d'un comportamento socialmente ammesso, qualunque esso sia. Questo soprattutto contesto recisamente, l'affermazione che chi violi le regole del comportamento, qual è socialmente ammesso dal suo gruppo sociale in una certa occasione, sia da stimare atto realmente e propriamente maschile o virile e non invece sia da giudicare fatto brutale o puerile o addirittura bestiale (senza offesa alle bestie perché hanno anche loro regole di comportamento sociale). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Lavipera Posted September 12, 2013 Share Posted September 12, 2013 Comunque,detto internos, tra attivo e passivo nella coppia mi sento più passivo :) magari è anche per questo; Caro, non c'era bisogno che ce lo ricordassi. Era evidente! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
anakin Posted September 12, 2013 Share Posted September 12, 2013 (edited) Peraltro, dato che tu sei maschio, sei gay e, a dire del tuo amico, ti comporti educatamente, i casi sono due: o ammetti che l'essere maschio non implica di necessità l'essere maleducato oppure ammetti che l'essere gay implica di necessità il non essere maschio! Fai tu...... Potrei ripetere involontariamente (e anche volontariamente) qualcosa già detto da altri. L'essere maschio non implica di necessità il non essere civile (tu dici maleducato, ma teniamo lo stesso termine di prima, così non si fa confusione). Mi riallaccio indegnamente alle categorie wolandiane, cercando di farne una parziale revisione. Ricondurre un certo atto o non-atto (stato o non-stato) ad una categoria dipende dal suo riparto nei gruppi di genere (è un dato contingente): un comportamento significativamente diffuso nel gruppo-maschi è maschile, un comportamento significativamente diffuso nel gruppo-femmine è femminile, un comportamento egualmente diffuso in entrambi i gruppi (o senza divari significativi) è neutro. Ovviamente sono valutazioni percentuali sul numero di atti. Quindi, esemplificando, "ruttare in taberna quando sumus" è un atto quasi esclusivamente diffuso tra i maschi, indipendentemente da quanti maschi lo facciano (possono essere anche una minoranza tra i maschi), e quindi risulterà maschile. Per il corrispondente "non atto" bisogna fare la stessa valutazione, potrà risultare o femminile o neutro a seconda della percentuale di (atti di) maschi e di femmine, che si ritiene lo pratichino; considerando che pochissime donne lo fanno, affinché il "non ruttare in taberna quando sumus" risulti neutro si dovrebbe stimare che il suo corrispondente "atto" sia molto poco diffuso tra i maschi, al contrario se si pensa che sia molto diffuso, il "non atto" sarà femminile. Sotto questo profilo divergo da Woland, secondo me "non ruttare in taberna quando sumus" è un comportamento femminile (nessun sessismo ovviamente), non semplicemente non-maschile (o neutro, che dir si voglia). Distinguerei poi il maschile dal virile (che ha una connotazione necessariamente - chi mai offenderebbe dicendoti virile? - positiva: sicurezza, robustezza, responsabilità,etc.), ed entrambi dal civile: non tutto ciò che è maschile è virile, tutto ciò che è virile è maschile,non tutto ciò che è maschile è civile; ciò che è civile differisce tra maschi e femmine. "Ruttare in taberna quando sumus" è maschile (perché lo fanno quasi esclusivamente uomini), è civile (perché non è socialmente sanzionato), è virile (perché se lo fai, mi ripeto in taberna quando sumus, esprimi sicurezza e ti "imponi" sul consesso). In ogni caso la maschilità (civiltà, virilità, femminilità, etc.) di un soggetto è fatta di tanti atti, ciascuno dei quali deve essere contestualizzato e "pesato", quindi è più utile parlare di singoli gesti che di individui. Concludo dicendo che nella valutazione della civiltà e della virilità ho cercato di immedesimarmi nella communis opinio, ma il mio parere potrebbe divergere; tuttavia se ne tenessi conto confonderei il Sein con il Sollen. Edited September 12, 2013 by anakin Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Woland_88 Posted September 12, 2013 Share Posted September 12, 2013 (edited) Ma guarda, per me non ci sarebbe problema, se oggi l'opinione comune fosse diventata questa che solo lo zoticone è maschio! Non ho mai detto che solo lo zoticone è maschio, e non lo penso affatto: è reputato maschile anche indossare giacca e cravatta, se proprio vogliam buttarci su di una banalità pari al rutto, è reputato maschile anche l'eroismo inteso come "sacrificio, o rischio di sacrificio, a difesa del debole", mentre il "sacrificio costante per il supporto del debole" è reputato femminile, se vogliamo muoverci su elementi d'altra risma. È reputato elemento maschile anche il giocare a carte o giocare da tavolo, persino il giocare a scacchi o a dama: in generale qualsiasi attività ludica che presupponga la vittoria di uno dei partecipanti e non il gioco ai soli fini di intrattenimento. È reputato elemento maschile anche l'occuparsi della cosa pubblica o l'avere posizioni di prestigio in un ambito lavorativo, diversamente non sarebbe così diffusa l'espressione "donna con le palle" per descrivere quelle donne che fanno l'una e l'altra cosa. E sono tutte caratteristiche maschili e femminili che non portano con sé alcun giudizio di civiltà o barbarie: alcune di esse non ce l'hanno nemmeno una volta che le le si declina in contesti diversi, perché le regole della società civile non si interessano minimamente di quelle materie, altre ce l'hanno solo una volta declinate in contesti diversi, come il giocare a carte, per intenderci, che è attività ludica da molti considerata "zotica" in alcuni contesti. Se ruttare in presenza d'altre persone rientra nel canone sociale maschile, evidentemente io sono fuori di questo canone, indipendentemente dal fatto che io mi senta maschile o no e d'altronde il sentirsi maschile non significa per forza esserlo: potrei pure sbagliarmi di grosso! Quel che ho cercato di dirti nel mio precedente post, e che ti ripeto ora, è che tu non possiedi quella caratteristica, ma questo non fa di te una persona "non-maschile" se non per quella, limitata, caratteristica: dopo di che potrai possedere tutte le centinaia di altre caratteristiche reputate socialmente maschili. Anche il mio coinquilino non rutta in presenza d'altri, ma è persona maschile per tonnellate di altre ragioni, così come è non-maschile per quella, ed è femminile per altre. Comunque, come ho già detto e ridetto, scritto e riscritto, il problema non è il giudizio su un singolo comportamento, che può variare nei secoli o anche negli anni, infatti ruttare a tavola per gli antichi Romani era buona educazione. Il problema è se la violazione di comportamenti socialmente accettati come conformi alla buona educazione sia una violazione che esalti la maschilità o addirittura la virilità del violatore: a me sembra pacifico che non solo non la esalti, ma anzi la deprima rendendolo non più maschile, non più virile, ma puerile o addirittura brutale. No, il problema è che tu parli di maschile in contrapposizione al puerile e al brutale. Il problema è che tu non parli di maschile, ma di adulto e di civile, o comunque che tu intendi e definisci il maschile come adulto e civile, non come maschile. Anche i bambini sono maschi, anche gli uomini brutali e barbari sono maschi. Anche i bambini possiedono caratteristiche e comportamenti socialmente reputati maschili, e anche gli uomini brutali e barbari possiedono caratteristiche e comportamenti socialmente reputati maschili. Io non ho utilizzato appositamente la parola vir, e il suo derivato virilità, perché il vir si caratterizza in contrapposizione al puer, come sua necessaria evoluzione, e alla mulier come proprio elemento complementare. Inoltre utilizzare questi termini, per dar loro un valore coerente e non renderli estrapolazioni decontestualizzate e distorte, obbliga ad accettare l'ottica della società romana nella quale ogni puer doveva diventare, ed era allevato e istruito per diventare, un vir o una mulier in funzione del sesso biologico, ottica che si scontra radicalmente con la mia visione della società attuale nella quale ciascuno bambino e ciascuna bambina possono (salvo sempre più rare eccezioni di genitorialità impositiva e oppressiva) assumere liberamente caratteristiche e comportamenti reputati socialmente maschili, non-maschili, femminili e non-femminili. L'avere caratteristiche socialmente ritenute maschili non può più essere inteso come l'aderire alla figura del vir. Il soggetto mascolino non è equivalente alla figura del vir. Anche attualizzandola forzatamente, la figura del vir è la figura del maschio adulto inquadrato in un'ottica civile: non è semplicemente un soggetto maschile, ma un soggetto maschile, adulto e civile. È molto più di un semplice soggetto maschile. Evidentemente erano "signori" per caso o per necessità..... Erano signori, erano persone civili: sapevano distinguere precisamente ciò che era concesso in un contesto e ciò che era concesso in un altro. Questo è civiltà: saper discernere il contesto e seguire le regole di ciascun contesto. Non è mai esistita un'idea di civiltà intesa come "non sono concessi comportamenti animali, brutali o puerili in alcun contesto". Persino i vir più illustri e civili erano consapevoli dell'esistenza di questa distinzione: lo scandalo nei comportamenti di Marc'Antonio non era che si desse ai bagordi più sfrenati in notturna tra mimi e prostitute, ma che si presentasse ubriaco alle cerimonie pubbliche e che vomitasse dinanzi a tutti, e che frequentasse quei mimi e quelle prostitute anche in ambienti diversi da quello privato. Tant'è che Marc'Antonio era considerato assolutamente maschile (almeno prima di iniziare a frequentare Cleopatra e ad assumere alcuni dei costumi egizi che i romani reputavano femminili, quale era il truccarsi, sfruttati dai sostenitori di Ottaviano per screditare Antonio dipingendolo come un uomo molle, debole e volubile quanto e più di una donna), ma altrettanto puerile e incivile: non era un vir, se non per titolo. Edited September 12, 2013 by Woland_88 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Doctoralf88 Posted September 12, 2013 Author Share Posted September 12, 2013 Personalmente non sto più capendo nulla dei discorso che stanno venendo fuori; Non si può essere uomini maschi - educati ?? Non credo sia un concetto difficile; Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Hinzelmann Posted September 12, 2013 Share Posted September 12, 2013 Certo che si può essere maschi educati Ci sono certi comportamenti che pur non essendo in sé sessualmente connotati, lo diventano per un complesso di ragioni sociali e culturali Cosicché la donna stava a casa mentre il marito andava in osteria ed in quel luogo solo maschile, ciò che sarebbe apparso inappropriato altrove tra maschi non veniva ritenuto tale. Il problema semmai è che questi luoghi sociali sessualmente connotati e separati, per ragioni che niente hanno a che vedere con la virilità, stanno cessando di esistere. Altro discorso, fatto da me in altro topic, il fatto di ritenere certi atteggiamenti ostentativi di maschilità appropriati a certe età ( fino al matrimonio ) e talmente appropriati da consentire anche un certo "bullismo omofobico" e poi inappropriati ad eterosessualità certificata Esistono più concetti di maschilità concorrenti: il maschio realizzativo, il maschio istintivo, il maschio civilizzato. Il problema è che il maschio interpreta il difetto come espressione di femminilità, cioè usa il femminile come un'ombra di sé che contiene quelli che ritiene i suoi difetti La donna sarà quindi ritenuta di volta in volta da maschi diversi, tendenzialmente astratta e poco pratica, cerebrale e poco istintiva, irrazionale ed emotiva Mentre i maschi gay discutono tra di loro su quale sia l'unico vero modello di maschilità...XD Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 13, 2013 Share Posted September 13, 2013 (edited) Personalmente non sto più capendo nulla dei discorso che stanno venendo fuori; Non si può essere uomini maschi - educati ?? Pare di no..... ;-) @Anakin @Woland Va bene, lasciamo perdere la questione se il ruttare sia ora o sia stato ai miei tempi tollerabile o addirittura accettabile in certe condizioni da certi gruppi sociali: non posso certo contestare l'esperienza altrui, anche perché la facile obiezione che quella di Woland o di Anakin o di Almadell è un'esperienza personale e quindi limitata, è un'obiezione che può valere anche per la mia esperienza. Vorrei quindi focalizzare l'attenzione sulla questione della maschilità o virilità d'un certo comportamento (non solo il ruttare in compagnia) e soprattutto sulla questione della maschilità o virilità della violazione delle regole di comportamento. Premetto che sono perfettamente d'accordo che ci sia distinzione tra maschile e virile, come tra femminile e "donnesco" (lo uso en pendant di virile solo per comodità, a prescindere dal senso spregiativo che normalmente lo connota). Infatti, se avete notato, ho spesso parlato di "maschile o addirittura virile", implicando la virilità (nel senso possesso delle virtù proprie di un uomo maschio, libero, adulto e cosciente di sé) molte cose in più della semplice maschilità (che a rigore è semplicemente lo stato fisico comune a tutti gli animali che nella riproduzione sono insertivi). Allo stesso modo il concetto di donna implica molte cose in più del concetto di femmina, implica cioè un uomo (nel senso di parte del genere umano) femmina, libera, adulta e cosciente di sé. A questo punto vorrei capire che cosa ci sia di squisitamente maschile nel ruttare in sé o nel produrre altri efflussi fisici connessi con l'apparato respiratorio o digerente o defecatorio od orinatorio. Forse il ruttare o gli altri efflussi sono propri del maschio e non della femmina? Non mi sembra proprio, semmai ci possono essere aumenti o riduzioni d'efflussi a seconda della persona per la sua conformazione fisica o per quello che mangia o per lo stato di salute in cui si trova, ma non mi sembra che in questo le funzioni femminili siano diverse da quelle maschili. Quindi, dato per concesso che, in una certa temperie sociale e culturale passata o presente, produrre il rutto od altri efflussi fisici, quando si è in una certa compagnia, sia comportamento sopportato o addirittura richiesto ai maschi (o agli uomini nel senso di maschi della specie umana adulti, liberi, coscienti di sé), non capisco proprio perché l'adeguarsi a questa concessione o richiesta implichi dimostrazione di vera maschilità (o di vera virilità non caso sia concesso ai soli uomini come sopra definiti). Le femmine, almeno quelle della nostra specie, non ruttano naturalmente? Non ruttano le donne? Esse non si devono comprimere fisicamente nell'apparato digerente, se vogliono (ammesso che lo vogliano ed indipendentemente dalla ragione per cui lo vogliano) evitare di ruttare, nello stesso modo come ci dobbiamo comprimere noi, se vogliamo evitare di ruttare? Non sono un esperto di anatomia umana, ma non credo ci siano differenze tra maschi e femmine o tra uomini e donne né nel rilasciare né nel contenere gli efflussi fisici (con l'eccezione parziale di quelli degli organi strettamente riproduttivi dove la conformazione è del resto diversa). Quindi dove stà la particolare maschilità (o virilità) nell'emissione libera di efflussi fisici? Voi forse mi direte che questo è di fatto un comportamento in certe condizioni ammesso o tollerato nei maschi (o negli uomini nel senso suddetto) tra loro, ma non nelle femmine (o nelle donne sempre nel senso suddetto) tra loro. Va bene, non dico il contrario, ma evidentemente la ragione non può stare nel fatto che il ruttare o il produrre altri efflussi fisici sia naturalmente maschile o virile e non sia femminile o donnesco, perché semplicemente non è vero. Si tratta di un comportamento ammesso (o vietato) per ragioni diverse da quelle della sua presunta maschilità o virilità, probabilmente per ragioni simili a quelle per cui il rutto era non solo ammesso, ma addirittura raccomandato dagli antichi Romani a tavola. Probabilmente la ragione stà nel fatto che in certi momenti, con certe compagnie, le regole comportamentali sono più rilassate e si ammettono azioni che normalmente sono vietate, perché sono o possono essere moleste per gli altri, non perché siano azioni più maschili o più virili. Del resto, se così non fosse, bisognerebbe ammettere che una persona fosse tenuta ad essere meno maschile o meno virile (meno femminile o meno "donnesca" nel caso dell'altro sesso) quando sia in compagnia di estranei che quando sia in compagnia di amici o parenti intimi: ma questo è assurdo, prima di tutto perché semmai dovrebbe essere il contrario, dato che dovremmo mostrare la nostra vera natura piuttosto a chi non ci conosca, che a chi ci conosce bene! e poi perché si dovrebbe ammettere che una persona è maschile o virile a tempo, così che quando passa il tempo concesso, diventa non maschile o non virile! Ma quando mai? Questo per quanto riguarda la pretesa maschilità o virilità del concedersi al rutto o ad altri efflussi fisici. Per quanto riguarda poi più in generale la pretesa maschilità o virilità della violazione dei comportamenti socialmente ammessi, quali che siano, in un certo gruppo sociale o culturale, il ragionamento è più o meno lo stesso anche se non riguarda le caratteristiche fisiche ma quelle psicologiche. L'essenza o una delle proprietà esclusive dell'essere maschile o virile stà nel violare le regole dei comportamenti socialmente ammessi? L'essenza o una delle proprietà esclusive dell'essere femminile stà invece nel rispettare rigorosamente le regole dei comportamenti socialmente ammessi? Penso che chiunque abbia una qualche esperienza di come vanno le cose a questo mondo non possa rispondere "sì" a queste domande, infatti le femmine e le donne, se non di più, almeno violano le regole come i maschi e gli uomini! Semmai si può dire che nel passato o comunque in società in cui vigeva la segregazione femmile tali violazioni femminili o "donnesche" erano meno notate perché represse in segreto e probabilmente le violazioni sono anche più stimolate dalla segregazione. Comunque, anche solo considerando l'opinione degli uomini, il sesso femminile è sempre stato considerato più debole non solo fisicamente, ma anche psicologicamente rispetto al sesso maschile, tanto è vero che ancora nell'800 alcuni dubitavano che nel corpo femminile risiedesse un'anima immortale o quanto meno una facoltà razionale. Non per nulla alle fanciulle non era normalmente concessa l'istruzione, se non nelle arti strettamente necessarie alla conduzione della casa, le donne anche nobili o ricche erano sempre soggette alla "manus" paterna o maritale o filiale perché considerati incapaci di provvedre da sole a sé ed ai propri beni ecc. Quindi non vedo proprio come si possa sostenere che la violazione delle regole di comportamento socialmente accettate sia stato mai considerato prova eccellente che il violatore fosse maschile o virile, mentre il rispetto di quelle regole sia stato mai considerato prova significativa che il rispettoso tendesse al femminile o al "donnesco". Invece è inconfutabile che valse sempre il contrario, dato che proprio alla femmina ed alla donna furono riconosciute comunemente, per secoli se non per millenni e non solo nella nostra civiltà, l'incapacità di dominare i propri istinti e le proprie passioni, l'assenza di razionalità, la sregolatezza intellettuale e morale, la tendenza alla lascivia. Riassumendo, uno zoticone non è effeminato o donnesco, o quanto meno non lo è perché zoticone, ed una zoticona non è maschia o virile, o quanto meno non lo è perché zoticona, infatti la violazione delle regole di comportamento, quali che siano, non ha sesso e comunque non dimentichiamo che in passato tale violazione è sempre stata considerata propria del sesso non a caso detto debole non solo perché più debole fisicamente, ma anche perché considerato più debole moralmente, intellettualmente, psicologicamente. Edited September 14, 2013 by R.POST Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
luke90 Posted September 30, 2013 Share Posted September 30, 2013 io invece mi sono innamorato di un ragazzo all'università ma nn so se è etero o gay perche mi da dei segnali ambigui c'e quancuno disposto a darmi qualche consiglio?? partiamo dal fatto che l'anno scorso non l'avevo nemmeno notato... poi e arrivata quella mattina di febbraio in cui ci incontrammo per strada e lui mi guardò fisso negli occhi e mi salutò come se avesse visto la madonna! io andai avanti e nn guardai se lui mi guardò. poi arrivati ad un esame chiese a tutti se fossero pronti e io non gli risposi e lui mi venne li vicino e mi chiese a bassa voce "e tu?" poi sono iniziati gli sguardi intensi ed infiniti da parte di tutti e 2 e lui cerco delle scuse per parlare con me anche delle cose senza senso...e un'altra cosa , nel frattempo lui chiese ad una mia amica un appuntamento ma poi le diede buca!!!!!! e fece come se nulla fosse accaduto...e intanto continuavano i nostri sguardi intensi e con qualche sorriso poi un giorno quando mi girai per guardarlo mi salutò e mi fece un occhiolino con un sorriso.....ma nn ci siamo mai dichiarati ne uno ne l'altro.... alla fine di giugno esce con questa ragazza ma lei fuori e gia fidanzata e pare che nn abbiano combinato nulla. insomma lui circondato da belle ragazze sempre ma non le da mai corda. per finire nell'ultimo periodo si e fatto una ceretta quasi totale e stava guardando un giornalino di calzedonia per fare un regalo a sua madre....(le mie amiche pensano che nn sia tanto etero) io che cosa devo fare??? insomma lui mi piace molto e siamo molto in confidenza non vorrei fare passi falsi perche nn vorrei perderlo!!! cosa devo fare??????? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
luke90 Posted October 1, 2013 Share Posted October 1, 2013 Mera statistica. Su 10 uomini, 9 sono etero quindi è ovvio che Trovi piú etero, soprattutto se non cerchi nei Luoghi a tema. io invece mi sono innamorato di un ragazzo all'università ma nn so se è etero o gay perche mi da dei segnali ambigui saresti disposto a darmi qualche consiglio?? partiamo dal fatto che l'anno scorso non l'avevo nemmeno notato... poi e arrivata quella mattina di febbraio in cui ci incontrammo per strada e lui mi guardò fisso negli occhi e mi salutò come se avesse visto la madonna! io andai avanti e nn guardai se lui mi guardò. poi arrivati ad un esame chiese a tutti se fossero pronti e io non gli risposi e lui mi venne li vicino e mi chiese a bassa voce "e tu?" poi sono iniziati gli sguardi intensi ed infiniti da parte di tutti e 2 e lui cerco delle scuse per parlare con me anche delle cose senza senso...e un'altra cosa , nel frattempo lui chiese ad una mia amica un appuntamento ma poi le diede buca!!!!!! e fece come se nulla fosse accaduto...e intanto continuavano i nostri sguardi intensi e con qualche sorriso poi un giorno quando mi girai per guardarlo mi salutò e mi fece un occhiolino con un sorriso.....ma nn ci siamo mai dichiarati ne uno ne l'altro.... alla fine di giugno esce con questa ragazza ma lei fuori e gia fidanzata e pare che nn abbiano combinato nulla. insomma lui circondato da belle ragazze sempre ma non le da mai corda. per finire nell'ultimo periodo si e fatto una ceretta quasi totale e stava guardando un giornalino di calzedonia per fare un regalo a sua madre....(le mie amiche pensano che nn sia tanto etero) io che cosa devo fare??? insomma lui mi piace molto e siamo molto in confidenza non vorrei fare passi falsi perche nn vorrei perderlo!!! cosa devo fare??????? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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