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Che cosa pensano i gay della famiglia?


PietroUomoDiPietra

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@Mario1944
aaaah ok. Ricalcate lo stereotipo daddy-son?.. simpatico:)

 

Veramente pensavo allo stereotipo antico erastes-eromenos data la mia (peraltro ormai remota.....) formazione classica.

Ma forse daddy-son ne è la traduzione moderna oltreché inglese.

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Non ti hanno insegnato che i gay sono curiosi? o forse negli USA nessuno si impiccia dei fatti degli altri?

haha sono curioso pure io, chiederei perche' lo chiama "ragazzo", ma non mi permetterei di giudicare.

Negli USA direbbero "it's none of your business" o "get a life" ;)

 

PS: il mio ragazzo ha 40 anni e lo chiamo pure io cosi

Edited by marcCA
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@marcCA

E lui come ti chiama? hubby^_^

Cmq è infantile definire "ragazzo" il proprio partner, a mon avis!

Certo se uno scrive su un forum gay, si deve aspettare qualche domanda indiscreta.:)

Cmq non avevo nessuna intenzione di giudicare la terminologia di @Mario1944.(se ti ha dato fastidio, me ne scuso)

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Ma forse daddy-son ne è la traduzione moderna oltreché inglese.

Eh sì, un traducente italiano suonerebbe un tantino religioso:) (Padre-figlio e .. ^__^)

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Cmq è infantile definire "ragazzo" il proprio partner, a mon avis

 

scusa ma perchè??  ognuno chiama il proprio partner come gli pare, o no?? mò arrivi tu e dici che è infantile.

 

comunque per quanto riguarda la famiglia, a livello di relazione mi piacerebbe una convivenza normale o anche un matrimonio, perchè no? anche io vorrei tanti amici, fare cene, feste e vorrei tanta allegria in casa e tante risate e tanto vino.

 

se dovessi avere dei figli (cosa che vorrei ma per ora non posso perchè non potrei mantenere un figlio economicamente, ma ho in mente di fare un figlio) mi piacerebbe che il mio bambino stia a contatto con tante persone e che in casa vengano anche tanti altri bambini.

 

a dire il vero mi piace molto anche l'idea di famiglia allargata, mi piacerebbe una famiglia numerosa anche con altri membri ma al tempo stesso con la dovuta riservatezza perchè io amo la compagnia ma sono anche un tipo "vedi di non rompe le scatole".

 

poi gli animali... ho un cane di 7 anni a cui sono legatissima e  io senza cani non posso stare. Secondo me in qualche vita precedente ero un cane. Comunque vorrei anche altri animali nella mia famiglia.

Vorrei un ambiente il più possibile aperto ed eterogeneo, con tanta cultura e tante cose buone da mangiare :)

 

Ad ogni modo la famiglia è come tu ti senti, questo per dire che, in questo ambiente che immagino, la cosa più importante che deve esserci è il poter essere me stessa, vorrei che chiunque viva nella mia famiglia si senta a suo agio, se stesso, e che sappia che può contare su di me e sugli altri membri della famiglia. Un nido, insomma. ohhhhh so lovelyyyyyyyyyyyy :)

Edited by Divine
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Beh "marito" -come "moglie"- direi sia un termine di rappresentanza

sociale da spendere nei confronti di terze persone 

 

"mio marito ha detto" "mio marito ha fatto"

 

Però in assenza di matrimonio-unione-atto di ufficializzazione in

ambito gay assume un significato diverso quasi affettuoso ( del tipo

non siamo solo fidanzati....ma proprio maritati-indivisibili ) e poi

i gay finiscono per usarlo per lo più nel cerchio delle loro conoscenze gay

 

Molti gay quindi dicono "ragazzo" "fidanzato" se parlano di lui agli etero

mentre dicono "marito" "consorte" se parlano ad altri gay ( con cui è

ovvio c'è maggior familiarità e disinvoltura, oltre la condivisione della

rivendicazione politica )

 

A volte poi l'uso si estende a etero amici, che si conoscono e si sa che

riconoscono il dato di fatto di questo legame

 

Poi ho notato un altro fenomeno...direi proprio della fascia 25-35 XD

Alcuni gay usano "marito" al posto di "amore" o di altri vezzeggiativi

confidenziali, quando parlano al proprio compagno per telefono, magari

lontano per lavoro etc.

 

Quasi ad enfatizzare il legame affettivo, nella distanza etc.

 

Questo significa due cose, la prima che il termine ha avuto ingresso nel

gergo gay, la seconda che per ora viene usato per enfatizzare il legame

affettivo.

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Raga, smettete di abboccare alle trappole de Lavipera... ragazzo, marito, compagno, hubby, honey, dearie, cubby, otto-chan... Chiamatelo come vi pare è un vostro diritto!

 

Personalmente ho sempre (e dico da quando ho memoria) considerato qualsiasi relazione amorosa come un rapporto monogamo costruito su fiducia e amore, la mia idea di famiglia è senz'altro la famiglia "Mulino Bianco" che ovviamente non corrisponde alla realtà. Avere o non avere un figlio dipenderà dal mio compagno, l'unica remora è che sarà comunque vessato da altri ragazzini perchè "non ha una mamma"... Motivo per cui sono deciso a fare "lotta politica" per i diritti dei gay non appena mi senta pronto. Soprattutto per il matrimonio civile, niente roba di "seconda classe" definendola "coppia di fatto" o cose simili.

 

Due settimane fa ho detto scherzando a mia madre "Ho trovato marito!" e lei "Ah... allora... ti senti donna?!" E io "OMGWTFBBQ ma che ti viene in mente?!" Ecco, cose del genere non dovrebbero esistere nella società odierna...

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Eh sì, un traducente italiano suonerebbe un tantino religioso:) (Padre-figlio e .. ^__^)

 

Non direi proprio, dato che "daddy" non vale "padre", ma semmai  "babbo", "papà", "paparino" e quindi il paradigma trinitario va a farsi "benedire" non tanto per la mancanza dello spirito, ma per la mancanza di uguaglianza lessicale o anche solo di consonanza.

Edited by Mario1944
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@Mario1944

Volendo essere più fedeli all'inglese allora dovrebbe essere "papà-figlio", tolto l'accento sulla A, anche in questo caso avrebbe una risonanza chiesastica, non trovi?:-)

@Hinzelmann

Vedo che il problema della terminologia gay per i propri partner è sentito, checché se ne dica.

Anche io ho sentito usare "marito" per riferirsi al proprio partner in diverse occasioni. Lo trovo già più discreto..

Certo non detto da un 15enne!

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Non è che io lo senta particolarmente...semplicemente

ho riportato le mie impressioni.

 

Certo, un quindicenne o anche un ventenne non si pone

nessun problema...è un fidanzato come tutti i suoi coetanei 

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"Marito" lo so senti usare come sfottò o comunque in modo ironico.

 

Se devo usare un tono formale, uso ovviamente "compagno"

e credo continuerei ad usarlo anche dopo il matrimonio.

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in questo forum qualcuno ha contestato che ho chiamato il mio partner marito perchè in svizzera esistono solo unioni registrate per gay e non matrimoni.

 

su un giornale importante svizzero (NZZ domenicale) in cui ogni tanto presentano degli sposi parlano però di marito per le coppie gay registrate.

 

marito può essere usato con accezione negativa da omofobi per schernire dei gay.

 

alla fine è una questione linguistica soggettiva e non esistono ancora degli standard usati da tutti.

 

basta pensare alla parola ministro usata per le donne, a volte si dice ministra credo, a volte ministro, a volte ministro donna.....

 

sono cose relativamente recenti su cui non c'è un consenso comune nella terminologia.

Edited by marco7
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@Almadel

 Ti assicuro che alcuni lo dicono con convinzione. Forse sono proprio i gay eteronormativizzati..

Compagno è standard, però, a me dà sempre l'impressione di precarietà..

E' difficile trovare parole che non stonino, forse quando si otterrà il matrimonio gay le cose cambieranno.

Edited by Lavipera
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@Mario1944
Volendo essere più fedeli all'inglese allora dovrebbe essere "papà-figlio", tolto l'accento sulla A, anche in questo caso avrebbe una risonanza chiesastica, non trovi?:-)

 

Be' se togli l'accento da papà, senza dubbio, anche se in fondo pure papa significa babbo o papà......

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in questo forum qualcuno ha contestato che ho chiamato il mio partner marito perchè in svizzera esistono solo unioni registrate per gay e non matrimoni.

 

Questo è un tipo di contestazione politica...del tipo: non fare

finta di essere sposato, giacché non lo sei.

 

Ma ovviamente in Italia non abbiamo niente, né il matrimonio

né l'unione quindi....

 

Forse in Francia dove si può scegliere fra i due istituti si potrebbe

scegliere "compagno" o "partner" per il PACS e "marito" per il matrimonio

ci vorrebbe....un Francese.

 

Però il matrimonio in Francia c'è da pochissimo....non credo neanche i Francesi

siano così rigorosi, alla fine la maggioranza delle coppie sarà pacsata da XY anni

 

Certamente nell'enfasi affettiva del termine "marito" ci sta

anche l'ironia 

 

Il limite del termine compagno non sta tanto nel fatto di rinviare 

alla convivenza more uxorio quanto forse nel fatto di essere meno

specifico sia che derivi da commensale ( cum panis ) o da compaesano

esprime un campo semantico assai più ampio 

 

Ha funzionato più nella politica, per enfatizzare la comunanza di idee

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E qui chiedo: le coppie gay di cui avete conoscenza diretta (magari perché, beati voi, la vivete direttamente!) che cosa "inventano" per strutturare la loro vita?

 

Mah, non è che ci sia molto da "inventare" ...

Si fa come viene naturale, per il piacere di stare insieme, di condividere. 

Mi piace molto il fatto che nelle coppie gay non ci siano ruoli di genere prestabiliti, che mi sembrano purtroppo ancora al giorno d'oggi una sorta di zavorra che le coppie etero si trascinano (magari a qualcuno sta bene, ma certo non a tutti).

 

Per me ciò che crea la famiglia è ovviamente l'amore (al di là dello slogan) e il desiderio di condividere progetti. Per il resto, è necessario stare bene insieme nel quotidiano, sentirsi realmente " a casa" con il proprio compagno (o marito, o ragazzo, che dir si voglia). Io, quando apro la porta di casa e vedo le nostre cose, il nostro gatto, i vestiti gettati qua e là, sento quel profumo particolare (ogni casa ha un suo profumo), so che è proprio quello il mio posto, mi sento parte di qualcosa che ho contribuito a costruire e che mi appartiene. 

Ci sono i "riti", le abitudini, quelle tradizioni che appartengono solo a noi, perchè sono state create da noi (la colazione del sabato fatta in quel posto, in quel modo ... il martedì sera passato a guardare il tal programma, etc ...). E poi c'è la quotidianità, scambiarsi i vestiti, cucinare insieme, mangiare dallo stesso piatto, buttare fuori il gatto dalla stanza quando si fa le unghie sul letto, ascoltare musica, cantare e ballare in salotto improvvisandosi nuovi Mika (questa forse è l'unica cosa che una coppia etero non farebbe :-P).

 

La famiglia è il luogo dove sentirsi completamente a proprio agio, dove ci si può esprimere pienamente, è la tana dove ci si rifugia quando si sta male, dove ci si sente protetti, capiti e accolti.

Almeno, io l'ho sempre vissuta così ...

Edited by wasabi
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PietroUomoDiPietra

 

... La famiglia è il luogo dove sentirsi completamente a proprio agio, dove ci si può esprimere pienamente, è la tana dove ci si rifugia quando si sta male, dove ci si sente protetti, capiti e accolti.

Almeno, io l'ho sempre vissuta così ...

 

Bellissimo post, veramente. Permettini un pizzico d'invidia per un così bel traguardo. Che a questo punto mi fa sorgere però una domanda: secondo voi questo tipo di esperienze sono possibili a tutti o (come in effetti vale anche per le coppie etero) vi deve essere in qualche modo una sorta di "vocazione" a convivere con qualcuno in stretta intimità? Per que che viene dalle mie non felicissime esprienze direi la seconda ma... mi piacerebbe essere smentito una volta tanto.

 

Ciao

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PietroUomoDiPietra

 

Poi, sul farsi sodomizzare come forma di punizione corporale dei giovani Greci imposta dai loro capi, posso solo dirti che è una nozione di pseudo storia del costume derivata forse da qualche polpettone cinematografico degli anni '50, su cui quindi non vale la pena di spendere parola tanto è palesemente contraria al costume e alla mentalità antica e in particolare a quella greca.

 

Quello che ci è stato raccontato dei greci è quantomeno di seconda, terza e quarta mano... DIRETTAMENTE da loro ci sono arrivate soltanto le rovine. Peraltro le società schiavistiche antiche erano perennemente militarizzate perché per necessità di cose perennemente sul piede di guerra con tutti (anche tra di loro: gli schavi sono un bene che deperisce molto velocemente e devono essere "rinnovati" piuttosto spesso).

Un esempio moderno a cui era secondo me realmente riconducibile la società greca (e anche quella romana fin quasi alla sua caduta) è stato fino a qualche anno fa il modello dell'apartheid sudafricano:  quattro milioni di bianchi che vivevano da privilegiati assoluti e 26 milioni di neri che non ne avevano praticamente alcuno. Le ipotesi che si possono fare su quelle che, tutt'altro che idilliache, erano probabilmente vere e proprie forme di NONNISMO istituzionalizzate, non son cose inventate da me ma semplicemente estensioni di realtà che sono state constatate anche fin quasi ai nostri giorni. Lo so che per un europeo ben educato è dura pensare che anche la sessualità (e lo stupro, sia etero che omo) possano essere usati come vere e proprie armi da guerra ma la realtà purtroppo è proprio questa e i tempi antichi, soprattutto dal punto di vista della ferocia, non avrebbero certo avuto nulla da imparare da quelli moderni anzi...

 

Per chiudere, qualche parola riguardo il fin troppo palese "wishful thinking" che molti gay hanno nutrito nei confronti di una presunta età dell'oro omosessuale in Grecia; vale la pena di notare che, se tra mille anni gli archeologico ritrovassero tra i resti di molte città contemporanee quelli di saune, locali ecc. potrebbero essere indotti a pensare la stessa cosa, ovvero alla nostra epoca come ad un'epoca estremamente liberale dal punto di vista della vivilbilità dell'omosessualità, cosa che anche tra i migliori paesi occidentali è ben lungi dall'essere vera ed è anzi piuttosto fuorviante. Semplicemente le età dell'oro per i gay non sono mai esistite e sarebbe ora di metterci definitivamente una pietra sopra, "accontentadosi" del presente in cui volenti o nolenti dobbiamo vivere: direi che di grane "contemporanee" ne abbiamo più che a sufficienza senza andare a scomodare pure quelle antiche che è meglio che restino ben morte e sepolte nella loro polvere.

 

Infine un piccolo aneddoto su un detto attribuito ai greci a proposito dei giovani omosessuali "doc" (ovvero, per parlar chiaro, delle checche) che recita più o meno così: "è più facile nascondere un elefante sotto le ascelle che uno di questi ragazzi in mezzo alla folla quando passan per strada". Non mi pare, per provenire da una cultura che è stata ritenuta aperta e tollerante nei confronti dell'omosessualitài, precisamente un'espressione di accettazione incondizionata di questa, anzi...

 

(fine OT)

 

Ciao

Edited by PietroUomoDiPietra
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Non so se ci vuole una "vocazione" ... Immagino che non tutti siamo fatti per le stesse cose, come in tutti gli ambiti. Io non so se sono geneticamente portato a vivere in intimità con un'altra persona, forse tanto dipende anche dall'esperienza che si ha alle spalle nella famiglia d'origine. La cosa certa è che io sto bene vivendo in particolare con la persona con cui sto, probabilmente con qualcun altro sarebbe tutto diverso, potrei volerlo vedere non più di due volte la settimana, perché vivendo insieme entreremmo in rotta di collisione ... Non ho in mente un ideale da perseguire a priori, anche se come vivo ora mi sento proprio nei miei panni e non vorrei cambiare per nessuna ragione.

L'importante, secondo me, e' non sentire l'obbligo di "fare famiglia" in un determinato modo. Io non credo nel modello "mulino bianco" (anche in versione gay) come imperativo categorico, come schema a cui rifarsi per sentirsi "giusti".

Edited by wasabi
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Quello che ci è stato raccontato dei greci è quantomeno di seconda, terza e quarta mano... DIRETTAMENTE da loro ci sono arrivate soltanto le rovine.

Basta questa affermazione (stupefacente!) per capire che tu in materia di storia greca antica hai le idee molto, ma molto confuse e del resto tutto il resto del tuo post sembra fondato o su mere opinioni personali tue o, peggio ancora, su qualche polpettone romanzesco di impostazione omofoba.

Non posso infatti pensare altro leggendo, tra l'altro, assurdità simili:

Un esempio moderno a cui era secondo me realmente riconducibile la società greca (e anche quella romana fin quasi alla sua caduta) è stato fino a qualche anno fa il modello dell'apartheid sudafricano:

Evidentemente non sai che nella società greca antica e tanto meno in quella romana non c'era alcun "apartheid" paragonabile a quello sudafricano o anche americano tra la fine dell'800 e gli inizi del 900.

Infatti anche in quelle regioni greche dove le popolazioni indigene preesistenti erano state sottomesse e ridotte a uno stato servile (Iloti a Sparta, Penesti in Tessaglia) non c'era alcuna "separazione fisica" paragonabile a quelle recenti tra bianchi e negri e specificamente a quella sudafricana.

Inoltre in Grecia anche per Iloti e Penesti era comunque possibile in certi casi l'emancipazione per meriti, essendo la servitù non fondata su teorie razziste, ma bensì sulle condizioni di debolezza politica militare degli asserviti, mentre in Sudafrica o anche negli Stati Uniti, almeno nel periodo seguente l'abolizione della schiavitù, non era possibile alcuna emancipazione dei negri, perché considerati o biologicamente inferiori o destinati all'inferiorità per ancestrali sanzioni divine (il mito di Noè e del figlio Cam).

Inoltre, tolti i due casi citati (Iloti e Penesti) e qualche caso locale limitato (come gli schiavi addetti alle cave ateniesi del Laurio), la schiavitù ebbe importanza minima nella società e soprattutto nell'economia della Grecia antica.

Moltissima importanza ebbe invece la schiavitù nella società e nell'economia romana, ma rimane un fatto inconfutabile che la schiavitù romana non può essere paragonata all'apartheid sudafricano o americano (in cui tra l'altro i negri non erano giuridicamente schiavi), se non altro perché lo schiavo poteva essere liberato (ed infatti i liberti in Roma furono moltissimi tanto che alcuni giunsero a essere ricchissimi e legalmente più potenti degli stessi magistrati, come Narciso e Pallante ai tempi di Claudio), ma soprattutto perché, al contrario che presso i Greci, lo schiavo liberato da un cittadino romano assumeva la cittadinanza romana dell'ex padrone.

 

Il tuo paragone insomma è del tutto sconclusionato e per di più del tutto impertinente rispetto alla questione dell'istituzionalizzazione del rapporto omoerotico tra i Greci, dato che nessun uomo greco libero avrebbe mai potuto considerare, se non violando l'etica del rapporto, uno schiavo come suo "eromenos".

 

vale la pena di notare che, se tra mille anni gli archeologico ritrovassero tra i resti di molte città contemporanee quelli di saune, locali ecc. potrebbero essere indotti a pensare la stessa cosa, ovvero alla nostra epoca come ad un'epoca estremamente liberale dal punto di vista della vivilbilità dell'omosessualità

Certo che se per te la presenza di saune o di locali notturni o diurni ha a che fare (in bene o in male) con il riconoscimento sociale dell'amore tra persone dello stesso sesso.......

Comunque se la cosa ti può rassicurare sul versante più volgarmente "predatorio", sappi che in Grecia, se non c'erano saune o locali notturni o diurni, in compenso c'erano ginnasi e palestre e persino scuole filosofiche dove gli amanti del genere "efebo con mente sana in corpore sano" (kalokagathos) potevano corteggiare a man bassa!

Edited by Mario1944
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privateuniverse

Io credo che la famiglia sia indispensabile, almeno fin quando non si dovesse trovare una diversa modalità di organizzazione delle convivenze basate su un rapporto affettivo e sessuale e finalizzate anche all'educazione dei figli.

 

Quanto a me, non ho mai pensato che avrei "messo su famiglia", e sinceramente forse non l'ho mai desiderato. Ho desiderato, questo sì, di essere in coppia, ma, indipendentemente dal suo status legale, non l'ho mai concepita come qualcosa di paragonabile alle famiglie che conosco (quella in cui sono cresciuto, quelle dei miei parenti, dei miei amici o dei miei colleghi).

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PietroUomoDiPietra

Evidentemente non sai che nella società greca antica e tanto meno in quella romana non c'era alcun "apartheid" paragonabile a quello sudafricano o anche americano tra la fine dell'800 e gli inizi del 900.

Infatti anche in quelle regioni greche dove le popolazioni indigene preesistenti erano state sottomesse e ridotte a uno stato servile (Iloti a Sparta, Penesti in Tessaglia) non c'era alcuna "separazione fisica" paragonabile a quelle recenti tra bianchi e negri e specificamente a quella sudafricana.

 

Non esisteva sicuramente nelle stesse forme legali ma che esisteva non ci piove. Se le cose fossero state così educolrate, non si capisce la ferocia con cui tanto i greci prima che i romani poi arrivavano a reprimere le rivolte di schiavi. Era con tutta probabilità molto meno ideologicizzata (e questo, a suo modo, è un omaggio al progresso che l'umanità nel frattempo ha compiuto: oggi i massacri, le repressioni  e il trattare da inferiori e "non umani" gli altri richiede di costruirsi un qualche tipo di giustificazione o teoria che "dimostri" il tuo "buon diritto" ad assassinare e rovinare agli altri mentre allora probabilmente la sola giustificazione richiesta è che "non sono la nostra gente", nozione oggi decisamente più debole e ormai insufficiente per quegli scopi.

 

Ma al di là di questi dettagli una forma di apartheid c'era eccome - e lo richiami tu stesso, a proposito dei greci proprio quando citi il fatto che un libero cittadino greco non avrebbe mai voluto avere niente a che spartire con uno schiavo a parte le interazioni strettamente necessarie a impartire ordini e a farli eseguire. del resto già la sola proporzione esistente tra liberi cittadini e schiavi (qualcosa come 1 a 100, che qualifica la società greca come una tra le più elitarie formatesi nel corso della storia umana) la dice lunga sulla reale natura dei rapporti tra cittadini liberi e schiavi - che oltrettutto, mi spiace per le tue illusioni dorate sull'antichità, è una proporzione che praticamente IMPONE una forte militarizzazione del territorio anche in tempi di pace, pena l'essere spazzati via alla prima rivolta seria (e viste le frequenti carestie dei tempi antichi le occasioni di "rivolta seria" erano piuttosto frequenti).

 

Per quanto riguarda la mia "stupefacente" affermazione sul fatto che direttamente dei greci si conosce ben poco mi fa pensare che la tua cultura sull'antichità sia essenzialmente letteraria e non storica. Che non è una brutta cosa, intendiamoci ma non può sostituire la storia e soprattutto il dato di fatto che che, quanto ho riportato non è una "mia" affermazione ma semplicemente quanto affermano gli archeologi che, per quanto riguarda lo studio diretto dei reperti della civiltà greca si trovano addirittura conciati peggio che con lo studiare i reperti di civiltà più antiche (mesopotamiche ed egiziana) che, contrariamente ai greci, hanno lasciato una cospicua mole di documenti scritti anche se... un po' pesanti da leggere! ;-) Le pergamene sono comode ma non durano quanto le pietre incise... e i risultati si vedono: dei greci sappiamo qualcosa perché i loro scritti e le loro opere sono stati trascritti e tradotti di continuo, prima all'interno dell'impero romano e poi, una volta crollato questo, all'interno del mondo arabo prima dell'avvento di Maometto. Quelli che al tempo loro invece scrissero direttamente su pietra ci sono arrivati praticamente in forma diretta senza tramiti. Magari il contenuto non è dei più entusiasmanti (la maggior parte del materiale in effetti è di natura contabile) ma è, nel bene e nel male, materiale scritto di prima mano, cosa che invece per i greci manca quasi del tutto.

 

 

Ciao

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Penso che sia molto dolce il pensiero di Kador :)

se penso a me non mi vedo per nulla sistemato comunque, anzi. Non credo di avere la capacità e la pazienza per costruire una relazione duratura, figuriamoci una famiglia!

 

Spero solo di trovare delle compensazioni a quella che per ora è una mancanza solo virtuale, ma che con l'andar del tempo temo diventerà reale...

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PietroUomoDiPietra

Io credo che la famiglia sia indispensabile, almeno fin quando non si dovesse trovare una diversa modalità di organizzazione delle convivenze basate su un rapporto affettivo e sessuale e finalizzate anche all'educazione dei figli.

 

E' indispensabile fino a un certo punto. Nell'ambiente rurale (e più anticamente tribale) i genitori si occupavano della crescita dei figli fino al compimento dello svezzamento per poi affidarli al villaggio d cui facevano parte in cui, per le ridotte dimensioni che avevano, i figli di una coppia erano considerati figli di tutti e trattati alla pari. Un meccanismo che peraltro consentiva alle coppie di non dover garantire la stabilità della stessa per un periodo indefinito nel tempo ma che permetteva loro, qualora nel tempo fossero arrivati a stufarsi l'un dell'altro, di lasciarsi senza troppi oneri - in natura la coppia uomo-donna che si instaura fini procreativi tende a durare in media sette-otto anni (che, sempre in natura, non era affatto una durata breve: mediamenente la speranza di vita di un essere umano in era preneolitica non andava oltre i 35-40 anni - una durata che dev'essere stata piuttosto stabile per parecchie centinaia di migliaia di anni visto che, non casualmente, anche ai giorni nostri la salute comincia a declinare proprio dai quarant'anni in su).

 

Al giorno d'oggi comunque, in una società ormai urbanizzata all'inverosimile e con tempi di coabitazione tra i familiari ridotti all'osso, è difficile vedere le famiglie come molto di più dii un "contenitore" di individui con legami cementati soprattutto dalla convenienza economica. Il tipo di famiglia che molti ancora oggi idealizzano (in sostanza la famiglia rurale, non a caso evocata e idealizzata da pubblicità tipo "Mulino bianco" e simili) è ormai estinta da almeno un quarto di secolo. E non potrebbe essere altrimenti visto che, in poco più di sessant'anni, la popolazione impiegata in agricoltura sul pianeta è passata da livelli pari al 70-80 per cento della popolazione ad un 10-15 per cento scarso - e questo NONOSTANTE la popolazione del pianeta si sia, nello stesso tempo, praticamente triplicata... La famiglia intesa in senso tradizionale continua a campare perché al momento nessuno ha la più pallida idea su come sostituirla ma è praticamente sicuro che, proseguendo nel tempo, della "famiglia" rimarrà forse giusto il nome e poco più. Del resto già oggi, anche grazie al dilagare di internet, i bambini e i ragazzi sono guidati al divenire adulti soprattutto da forze e agenti extrafamiliari (scuola, amici, chat ecc.) lasciando da sbrigare alla famiglia solo la parte economica di tutta la situazione, per la quale al momento non vi è proprio alcuna alternativa in vista (tanto più nel corso della micidiale crisi economica in corso).

 

Ciao

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PietroUomoDiPietra

Penso che sia molto dolce il pensiero di Kador :)

se penso a me non mi vedo per nulla sistemato comunque, anzi. Non credo di avere la capacità e la pazienza per costruire una relazione duratura, figuriamoci una famiglia!

 

Spero solo di trovare delle compensazioni a quella che per ora è una mancanza solo virtuale, ma che con l'andar del tempo temo diventerà reale...

 

Tutto il problema, qui come in altre cose, è chiarire a sé stessi cosa si vuole veramente.... Per quanto io esprima pizzichi di invidia e un bel po' di ammirazione per chi "ce la fa" a gestire una convivenza o un rapporto (magari anche un po' strutturati, impegnativi e con qualche obbligo reciproco in più del solito), sono giunto ormai da tempo alla conclusione che non sono per niente il tipo adatto a gestire costruttivamente una relazione come si deve. E di questo, anche se ci è voluto del tempo, bene o male me ne sono fatto una ragione e ne ho accettato le conseguenze - ma anche i vantaggi che la solitudine, senza troppi clamori, comunque porta con sé. Del resto il vecchio detto "meglio soli che male accompagnati" vale anche per i gay.

 

Rispetto alla possibilità futura che anche in Italia si arrivi ad una situazione pari a quella francese, sono ampiamente favorevole al'esistenza di una legge che consenta e regolamenti le unioni civili ma sono allo stesso tempo ben consapevole che, salvo miracoli piuttosto improbabili, è una legge che non utilizzerò mai e che è pure tra le ultime che vorrei utilizzare. Almeno fin quando non riuscirò a trovare un compagno umano che mi accetti veramente per quello che sono (gay, sordo e da qualche anno pure sieropositivo) senza cercare in alcun modo di "cambiarmi" o "correggermi" come invece hanno tentato di fare finora tutti i "fidanzati" che ho avuto finora (e che, in questo senso, mi son sempre ben guardato dal "ricambiare": il mio principio è che se qualcuno ti piace ti deve piacere COSì COM'È fin da subito, senza alcun bisogno di programmare "correzioni" di alcun genere; se pensi di metterti con qualcuno da "correggere" vuol dire semplicemente che non ti ritieni all'altezza di meritarti qualcuno "già a posto"... con la prosaica conseguenza di andare incontro ad un fallimento praticamente garantito dalle stesse clausole poste in partenza!)

 

Ciao

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Forse è una domanda fin troppo grande per una certa parte dell'utenza gay. Le storie d'amore gay sono ancora in uno stadio 'acerbo' e 'sperimentale' visto che c'è stata la possibilità di farle uscire allo scoperto da poco più di 20 anni. Prima ancora esistevano? Certo, ma solo ora le coppie gay hanno una certa visibilità e dimensione sociale che prima non c'era. E sono ancora più recenti le identità sociali dei matrimoni e delle famiglie omosessuali. Trovo un po' arrogante star lì ad esprimere opinioni da un mero punto di vista esterno o come se la maggior parte della comunità avesse chissà quale esperienza in merito. Ancora il tutto è molto 'sperimentale' ed è acerbo, quindi solo il tempo ci dirà se effettivamente il concetto tradizionale di famiglia sarà nevitabile o se la comunità nel lungo periodo ne adotterà un altro.

 

Io sono più propenso a pensare che ci avvicineremo sempre di più verso il concetto di famiglia tradizionale e lo dico basandomi sull'evoluzione che ci è stata qui in Spagna in 10 anni. E' vero oggettivamente molti gay non si sposano né vogliono farlo, ma credo che siano vittima del riflesso dell'omofobia. Probabilmente lo trovano "ridicolo" o superfluo perché anche loro sono cresciuti con l'immagine del matrimonio uomo/donna e ciò li condiziona. Inoltre quando la società avrà un clima più disteso e incoraggerà le unioni omosessuali (invece di 'tollerarle) e quando anche il matrimonio gay entrerà nell'immaginario fiabesco. sono sicuro che la situazione non sarà tanto diversa da quella dei matrimoni etero. Ripeto però, in 10 anni non penso siano pochi i migliaia di matrimoni gay celebrati da queste parti considerando il fatto che il matrimonio gay non vive certo del mito e della spensieratezza sociale di quello etero. Eppure la voglia di sposarci c'è.... non oso immaginare nel futuro :)

 

Per la questione del marito. Io non sopporto la gente che chiama il proprio fidanzato marito o chi ha qualcosa di simile al matrimonio e lo chiama marito. Il marito è quello del matrimonio ed è un mero titolo (figurarsi), non capisco appunto la gente che voglia fregiarsi (ma de che???) di quel titolo non avendolo. Mi danno pure fastidio (forse molto di più) quelle coppie etero che dopo il matrimonio si riferiscono al proprio partner chiamandolo sempre e solo "moglie/marito", ma i poveri perdono i nomi e i nomignoli dopo il matrimonio??

Io riflettendoci uso "marito" per specificare la mia situazione sentimentale ("Ho marito"), burocratica ("ah quindi chieda a sua moglie"... "...no, marito") o rafforzare il mio concetto di coppia con gli pseudo-omofobi ("ah, quindi siete conviventi/compagni?" "no, è mio marito. Sono sposato guarda..."), ma in realtà non mi viene per nulla naturale abusare del termine marito, per me è solo un titolo da spiegare a chi non lo sa.

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Io credo che la famiglia sia indispensabile, almeno fin quando non si dovesse trovare una diversa modalità di organizzazione delle convivenze basate su un rapporto affettivo e sessuale e finalizzate anche all'educazione dei figli.

 

Quanto a me, non ho mai pensato che avrei "messo su famiglia", e sinceramente forse non l'ho mai desiderato. Ho desiderato, questo sì, di essere in coppia, ma, indipendentemente dal suo status legale, non l'ho mai concepita come qualcosa di paragonabile alle famiglie che conosco (quella in cui sono cresciuto, quelle dei miei parenti, dei miei amici o dei miei colleghi).

 

L'obiezione relativa a società del passato, con strutture sociali molto diverse dalla nostra ha pure un senso

salvo il fatto che non vedo perchè dare allora un ritratto a tinte fosche sulla Grecia....

 

Io credo che l'esigenza primaria-basica di ogni organizzazione sociale umana, soprattutto se regrediamo

a tempi arcaici, sia stata quella di contenere l'incremento demografico, per non morire di fame.

 

Da qui....una serie di regole, non primariamente sul sesso ma sulla riproduzione sessuale e la filiazione.

 

Se pensiamo alla pederastia minoica, sappiamo che in molte società arcaiche esisteva una

omosessualità istituzionalizzata e ritualizzata, per certi versi l'idea pare essere quella di una

uscita dall'infanzia e dalla famiglia di nascita per diventare adulti.

 

Dopodiché è evidente che schemi sociali del genere oggi sono inapplicabili.

 

La famiglia non è la società naturale fondata sul matrimonio....se non nel significato

ridottissimo di cui sopra, ma questo non elimina il fatto di ritenerla oggi fondamentale

anche perchè l'infanzia+adolescenza si sono dilatate fino ai 26 anni

 

Più si ritarda l'entrata in società, più occorre una struttura intermedia di "cura"

 

 

Esiste poi il "senso della famiglia" che non è la famiglia ma un insieme di immaginari,

sentimenti, desideri etc sulla famiglia....anche i gay hanno un senso della famiglia.

Anche se ovviamente sono stati esclusi dalla possibilità di averne una da sempre

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Non esisteva sicuramente nelle stesse forme legali ma che esisteva non ci piove. Se le cose fossero state così educolrate, non si capisce la ferocia con cui tanto i greci prima che i romani poi arrivavano a reprimere le rivolte di schiavi.

 

Ma tu hai idea di che cosa siano stati l'apartheid sudafricano o americano e di che cosa sia stata la schiavitù quanto meno nel mondo antico greco e poi romano? 

Non si tratta di stabilire quale delle due sia stata migliore o peggiore (relativamente a cosa poi?), sia tratta solo capire che erano cose radicalmente diverse e la dimostrazione è che proprio l'apartheid americano (guarda caso.....) sorse dopo l'abrogazione della schiavitù negli Stati Uniti!

Capisci che una cosa è stabilire che un uomo possa essere asservito giuridicamente ad un altro per debiti, per sconfitta, per rapimento, per pena ecc. e un'altra dire che una razza umana è geneticamente, o anche per immutabile disposizione divina, inferiore ad un'altra e soprattutto dev'essere separata da quella superiore per non contaminarla?

Nel caso d'inferiorità razziale genetica o "divina", non sarebbero state ammesse quelle affrancazioni servili che ebbero tanta importanza nella società romana imperiale!

Il caso di Orazio, famoso e stimato poeta alla corte di Augusto, figlio di schiavo affrancato non sarebbe stato né giuridicamente né eticamente possibile in regime di apartheid sudafricano o americano.

Non parliamo poi dei casi dei liberti di Claudio, ma anche di altri imperatori, cui erano spesso attribuiti incarichi pubblici e magistratuali di grande rilievo.

anzi, non sarebbe stato neppure concepibile oltre che essere giuridicamente impossibile in regime di apartheid che un negro o comunque un non bianco uscisse dalla sua condizione d'inferiorità biologica e giuridica grazie alla "benevolenza" di un bianco che l'affrancasse e l'adeguasse così al suo status di cittadino:

eppure questo era quello che accadeva normalmente secondo il diritto romano!

 

Questo, ripeto, non implica necessariamente una condizione di fatto migliore per chi fosse in schiavitù rispetto a chi fosse in regime d'apartheid, anzi!, ma implica necessariamente che i regimi furono radicalmente diversi per origini, strutture, finalità, utilità.

 

Quanto alla ferocia della repressione delle rivolte degli schiavi da parte dei Romani (le rivolte di schiavi in Grecia furono irrilevanti o propriamente ribellioni di popoli soggetti ridotti in servitù, ad esempio i Messeni contro gli Spartani), non vedo cosa c'entri:

non è che le consuetudini belliche romane o di altri popoli antichi in caso di bellum iustum fossero poi molto meno feroci che in caso di rivolte servili e del resto basta pensare alla consuetudine del "linciaggio" dei negri, usanza peculiare degli Stati Uniti, ma posteriore (guarda caso.....) all'abolizione della schiavitù, per capire che non fu certo la maggior ferocia della repressione dei contumaci o dei fuggitivi l'elemento peculiare della servitù rispetto all'apartheid.

 

 

 

del resto già la sola proporzione esistente tra liberi cittadini e schiavi (qualcosa come 1 a 100, che qualifica la società greca come una tra le più elitarie formatesi nel corso della storia umana)

 

Dopo la licenza di farneticare con le parole ti prendi anche la licenza di farneticare con i numeri?

Dove l'hai preso il farneticante rapporto di 1 a 100 tra liberi cittadini e schiavi nella società greca?

In Attica all'età di Pericle i cittadini maschi adulti si stima siano stati circa 50 mila su una popolazione complessiva di liberi di circa 150 mila, quindi secondo i numeri che dai (è il caso di dirlo!), gli schiavi sarebbero stati circa 8 milioni solo in Attica?????

Tieni presente che oggi la popolazione di tutta la Grecia è di circa 10 milioni di persone!

Non so proprio come ci sarebbero entrati fisicamente 8 milioni di persone negli stretti confini dell'Attica antica, tanto più che allora una parte del territorio era montuosa e difficilmente accessibile.

 

Se poi passiamo ai Romani, presso i quali gli schiavi peraltro, almeno in età imperiale, erano molto più numerosi rispetto ai liberi, anche solo attendoci al tuo rapporto <1 libero cittadino:100 schiavi>, i numeri divengono mostruosi:

nell'età augustea i cittadini romani liberi nelle regioni della penisola italica, escluse quindi le isole Sicilia e Sardegna che erano provincie, erano tra i 4 ed i 5 milioni, come riferisce Augusto stesso nelle sue Res Gestae, il che porterebbe il numero degli schiavi tra i 400 e i 500 milioni!!!!!

Oggi l'Italia ha 60 milioni d'abitanti e per mettere insieme 500 milioni di persone bisogna aggiungerci tutta l'Europa esclusa la Russia Europea.

Tenendo presente che allora gli spazi abitabili erano molto minori di oggi, mi spieghi dove sarebbero state collocate in Italia la bellezza di 400 o 500 milioni di persone?

 

Non ti sembra di avere idee e numeri molto confusi sull'antichità greca e romana?

 

 

 

Per quanto riguarda la mia "stupefacente" affermazione sul fatto che direttamente dei greci si conosce ben poco mi fa pensare che la tua cultura sull'antichità sia essenzialmente letteraria e non storica.

 

Forse nessuno te l'ha insegnato, ma la letteratura è parte e parto della storia di un popolo e di una civiltà!

 

 

 

quanto affermano gli archeologi che, per quanto riguarda lo studio diretto dei reperti della civiltà greca si trovano addirittura conciati peggio che con lo studiare i reperti di civiltà più antiche (mesopotamiche ed egiziana) che, contrariamente ai greci, hanno lasciato una cospicua mole di documenti scritti anche se... un po' pesanti da leggere! ;-)

 

I reperti greci sarebbero meno di quelli delle civiltà mesopotamiche ed egiziana?????

Ma che stai a dire?????

Scusa sai se te lo dico, ma sei tutto matto!!!!

Semmai è il contrario, anzi, senza dubbio è il contrario.....

Edited by Mario1944
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PietroUomoDiPietra

Io sono più propenso a pensare che ci avvicineremo sempre di più verso il concetto di famiglia tradizionale e lo dico basandomi sull'evoluzione che ci è stata qui in Spagna in 10 anni. E' vero oggettivamente molti gay non si sposano né vogliono farlo, ma credo che siano vittima del riflesso dell'omofobia. 

 

Non credo proprio: penso che sia proprio mancanza di interesse per la questione. Del resto non è che per gli etero le cose vadano diversamente: a molti non gliene importa nulla di sposarsi e non lo fanno, punto.

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