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REGIA: Lukas MOODYSSON

 

PRODUZIONE: Svezia   -   1998   -   Dramm.

 

DURATA: 89'

 

INTERPRETI: Rebecca Liljeberg, Alexandra Dahlstrom,

Mathias Rust, Erica Carlson, Stefan Horberg, Josefin Nyberg

 

SCENEGGIATURA: Lukas Moodysson

 

FOTOGRAFIA: Ulf Brantas

 

SCENOGRAFIA: Heidi Saikkonen - Lina Strand

 

MONTAGGIO: Bernard Winkler

 

Trama:

 

Ad Amal (si legge "Omol"), noiosissimo centro della provincia svedese, vive con la madre e la sorella la bella Elin, quattordicenne insofferente molto ambita dai compagni di scuola che lei però disprezza. Elin passa il suo tempo cambiando spesso ragazzo (alimentando così le maldicenze sul suo conto), sognando rave parties e progettando la fuga dalla "merdosissima Amal" . Una sera finisce per caso alla triste festa di compleanno di Agnes, solitaria ragazza in costante stato di crisi che ha per unica amica una perfida ragazzina paraplegica. A complicare le cose ci sono il travagliato rapporto con i genitori e l'amore segreto per Elin, la quale a sua volta scoprirà di non poter rimanere indifferente.

 

Qualche immagine:

 

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Ora qualche recensione dal sito http://www.spietati.it

 

Fucking 'em all di Stefano Trinchero

 

Film datato 1998, Fucking Amal, forte di un successo strepitoso in patria, è stato recuperato in extremis dalla formidabile KeyFilms, giovane e sorprendente casa di distribuzione dalla quale oramai difficilmente potremmo fare a meno.

Questo (bellissimo, diciamolo subito!) film segna l'esordio alla regia del trentenne svedese Lukas Moodysson, che un tempo fu poeta e che del poeta ha conservato la leggerezza, la classe e la delicatezza del tocco, imponendo così a questa esile trama un incedere sobrio e misurato, lontano anni luce dalla volgarità o dai codici stilistici del cinema adolescienziale, forse il più temibile tranello in cui era facile cadere. Ciò che più di ogni altra cosa rimane quando le luci si riaccendono sono soprattutto due indimenticabili personaggi femminili, caratterizzati magistralmente e magnificamente interpretati dalle sorprendenti Rebecca Liljberg (Agnes) e Alexandra Dahlstrom (Elin). Modysson sembra dapprima volerle scrutare da lontano, lasciando quasi che le cose accadano da loro ma improvvisamente vediamo i volti ingrandirsi sullo schermo con zoomate repentine e inattese, quasi a voler mettere in evidenza quale sia il reale oggetto del film, ovvero l'evolversi dei sommovimenti interiori delle due protagoniste, attorniate da uno stuolo di personaggi volutamente scoloriti e vuoti, dai quali le due ragazze prenderanno a poco a poco le distanze. Buona parte dell'azione si svolge in interni, negli interni di quegli appartamenti provinciali e piccoloborghesi dai quali Moodysson si dice da sempre attratto e ossessionato, pervaso dalla curiosità nei confronti dei personaggi che li popolano e dalle storie che vi si snodano all'interno. Le camera di Agnes è fragile rifugio dal mondo esterno e dalla sofferenza e le sue mura sono valicate spesso dalle incursioni dei genitori, presenze estranee e spesso poco discrete. Nella casa di Elin non ci sono specchi, si consumano litigi tra sorelle, mentre la madre affoga nel torpore televisivo e nella stanchezza di un lavoro notturno. Ancora noia, incomprensione, comunicazioni impossibili. Viviamo la lenta, sofferta, difficile presa di coscienza della propria sessualità da parte di Elin attraverso la stanchezza del suo rapporto con un coetaneo innamorato di lei, attraverso l'allontanamento dalle sue instabili certezze e i silenzi che irrompono tra lei e le persone che la circondano. La tensione accumulata nello svolgersi degli avvenimenti cresce a dismisura nel suo implodere in uno spazio chiuso (il bagno della scuola) per poi esploderne al di fuori in una sequenza bellissima che trascina con sé il dolce sapore della rivolta.

Moodysson è riuscito magistralmente a filmare tutta la purezza e l'innocenza di un rapporto di coppia "non convenzionale" tra due personaggi sofferti e sofferenti, in lotta contro i confini di una sessualità "imposta", che trova la propria roccaforte nella "merdosissima Amal" ("se tu vivessi a Stoccolma scommetto che potresti avere tutte le ragazze che vuoi"), fredda prigione nell'inferno della morale borghese dominante.

Una piccola annotazione sul titolo (negli USA vergognosamente censurato e sostituito con il più rassicurante "show me love"): Fuckin Amal= Fucking 'em all?

 

Alla ricerca della propria strada di Luca Baroncini

 

Devo dire la verita': appena le immagini sgranate del film hanno riempito il vuoto dello schermo ho subito pensato "Oh no! Ecco un altro film tutto contenuti e niente forma" e con la mente sono andato ad una carrellata su un nitido paesaggio con sottofondo di musica tonitruante in dolby surround. Poi pero' la freschezza delle protagoniste e la problematicita' della storia hanno avuto il sopravvento. Sono cosi' tornato indietro nel tempo fermandomi ai miei quattordici anni e mi sono ritrovato nell'atmosfera, fatta di regole che non si capiscono e di giudizi che danno sicurezza, che caratterizza i personaggi del film. Un periodo spacciato per facile dove comunicare risulta invece terribilmente complicato. Lo stile essenziale del film fotografa bene le pulsioni e i comportamenti di una generazione anagraficamente contro, in cui il mondo degli adulti  e' spesso separato da un muro invalicabile e in cui gli entusiasmi e le delusioni sono sempre alla massima potenza. L'amore delle due ragazzine e' lontano da qualsiasi appetito morboso e colpisce per il mix di dolcezza e spontaneita' e il film scivola leggero, nonostante i momenti emotivamente forti che paiono comunque filtrati da un occhio saggio e libero.

 

Fuori dal bagno! di Niccolò Rangoni

 

'Fanculo Amal, cominciamo dalla fine, da quel bagno (la provincia) che va stretto a due ragazze innamorate, chiuso dall'interno (una è introversa, l'altra è impaurita dal giudizio altrui) ma circoscritto da una folla urlante di grotteschi manichini omologati, definiti (in modo facile) da quiz televisivi e cellulari. In tale CASOTTO, c'è un tenerissimo rincorrersi di sguardi incerti e diffidenti, percorsi da tremori di desiderio e ansie di fuga, sostenuti dalla freschezza di due interpreti "vere" come solo Cassavetes (molto amato dal regista esordiente) riusciva a far essere le sue OMBRE umane. Il canto di ribellione spara il rock a tutto spiano e sposta tracotante il conformismo, con un sorriso soddisfatto e d'incitazione all'insurrezione. In quest'ultima scena si baciano il richiamo e l'inibizione del cinema di un (ex) poeta che sa intonare e cogliere lo splendore, dolce e terribile, dell'adolescenza senza forma ma stigmatizza più sommariamente quella appoggiata ai codici del vivere sociale. Moodysson, da un lato, abbraccia l'emozione dell'urlo interiore perso fra crudeltà incosciente, rabbia implosa, voglia di emergere, sconforto abissale, profumata malinconia e amore estasiante; dall'altro allontana i dettagli nei genitori persi nell'incomunicabilità e nei giovani che perpetuano il conformismo e l'emarginazione dei diversi. Filmata secondo Dogma senza licenza da Von Trier (pellicola sgranata, macchina da presa in mano, zoom, assenza di campo/controcampo), Amal, da sensibile spaccato antitetico alla commedia adolescenziale hollywoodiana (che è "maschia", scioccamente "sportiva" e limitata come i fidanzati delle due sorelle etichettati dal regista), diventa il microcosmo-ponte

per un più corrivo pamphlet da gay-pride, dove la presa di coscienza si scrolla di dosso l'ingombrante vergogna con uno spintone. Nella realtà dell'adolescenza, incompresa e ferita per antonomasia, è difficile per tutti uscire dal bagno.

 

Giada Bernabei

 

Fucking Amal racconta la storia di due ragazze che abitano la provincia svedese e scoprono di amarsi.

Il film è al tempo stesso profondissimo e leggerissimo. Profondissimo perché mostra il dilemma, il dilaniamento interiore, l'angoscia della verità di riconoscersi lesbica (Elin) e di capire fino in fondo di essere diversa (Agnes) e leggerissimo perché tratta un tema difficile (l'omosessualità di due quattordicenni) in modo sublime, semplicemente descrivendo la vita di tutti i giorni solcata da problemi grandi e nuovi. L'effetto è ottenuto anche grazie alla ottima recitazione delle bellissime protagoniste che danno vita a due tipi opposti (una sciatta bambinetta e una provocante ragazzina) che riescono a completarsi a vicenda anche visivamente. Il tutto risulta gradevole e simpatico (anche se fa riflettere) grazie anche ad un finale beffardo che scioglie ogni dilemma.

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Forse sbaglio a dare le recensioni?  :P

Cercavo di inquadrarlo per chi non lo conoscesse già...

 

A me ha colpito moltissimo quando lo vidi la prima volta. Secondo me merita.

Semplice ma efficace la regia (ho seguito tutti i lavori di Lukas Moodysson), ottime interpreti (mi piace un sacco Rebecca Liljeberg) e coinvolgenti le canzoni (Whirlwind - Broder Daniel e I Want to Know What Love Is - Foreigners)

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  • 5 years later...
  • 2 months later...
  • 1 year later...

Riporto in auge questo 3d, perchè questo è stato uno dei primi film a tematica che ho visto.

Ricordo che ne avevo scoperto l'esistenza leggendo qui e là in rete, per poi scoprire che lo avrebbero dato sul satellite.

...E da lì ricordo i 3.000 stratagemmi che cercai di inventare per riuscire a guardarmelo in pace senza che mia madre monopolizzasse la televisione.

Insomma, è  un ricordo simpatico che a raccontarlo così non rende, ma ci son appunto particolarmente legata.

 

Riguardo al film in sé, è uno dei pochi che, seppur molto ingenuo e girato probabilmente con due spicci in tasca, ma nel complesso l'ho gradito e lo rivedrei volentieri se capitasse l'occasione.

 

Vuoi forse perchè... (di seguito spoiler sulla trama del film)

 

Non è il solito e dannatissimo lesbodrama da taglio delle vene senza alcuna speranza

 

Edited by nowhere
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