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La solitudine


Nick895

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Questo non è lo sfogo del ragazzo sfigato di turno (anche se di cose del genere sul web ne ho scritte).

Vorrei che riflettessimo per bene sulla condizione di chi è solo, specialmente negli anni dell'adolescenza, dove si dovrebbe essere liberi e spensierati.

 

Ho questo tarlo in testa da un po' di tempo, dopo aver visto il film "Noi siamo infinito". Il titolo originale è "The perks of being a wallflower", ovvero "I problemi di essere 'tappezzeria'", i problemi di chi se ne sta spalle al muro, o dall'alto della finestra di casa sua, a guardare come gli altri vanno avanti col sorriso, e soprattutto fuori, in compagnia.

La cosa che mi ha irritato terribilmente, è che il film (così come il libro da cui è tratto) non ha niente a che fare con ciò, dato che la trama riguarda la storia dell'amicizia del protagonista con gli altri personaggi: è un filmino giovanilista come tanti altri, parla d'amicizia e di adolescenza, non di solitudine.

Indagando un po', mi sono reso conto che effettivamente mai, e dico mai, si trovano esempi nella letteratura o nel cinema di opere che affrontino veramente il tema; e nella musica ci sono sì canzoni sulla timidezza, ma che riguardano per lo più le difficoltà ad approcciarsi quando si è innamorati (tipo Shy dei Sonata Arctica, molto bella), non la condizione di solitudine.Penso che la cosa venga accennata solo ne "I Simpson" col personaggio di Boe. Ma ovviamente l'elemento comico non permette di trattare seriamente la questione.

Credo che i soli, siano una minoranza discriminata, molto più dei gay. Da non confondere con lo "sfigato", tipo secchione/nerd/imbranato con le ragazze (insomma lo stereotipo ce l'avete presente), poiché è facile rendersi conto che essere "sfigati" non implica il non avere amici, fosse anche un gruppetto di 3-4 simili a te che almeno ti permette di condividere quello che sei ed hai.No, io parlo del disagio di chi è solo tutto il tempo, tutti i giorni trascorsi a casa senza sapere cosa fare e dove andare, senza la minima idea di come risolvere le cose, mentre senti le urla la fuori della gente che scherza, aggravando la tua sofferenza.

Se ci pensate, la solitudine non è minimamente compresa da nessuno che non l'abbia conosciuta in prima persona; tant'è vero che qualsiasi consiglio dato a una persona sola la fa stare solo più male ("Se ti senti solo, esci e divertiti, vai e conosci gente", "Goditi questi anni spensierati, dopo il tempo fugge via" e così via).

A volte non dura tutta la vita, magari finisce con l'adolescenza. Ma non è un buon motivo per non pensare al dolore che uno può provare quando è rifiutato dal mondo che gli è attorno, un dolore che può durare anni.

Rimanere soli ti rende un impedito nelle situazioni sociali, e fa da circolo vizioso. Se non c'è un aiuto esterno, si cade in una depressione senza fine.

 

Abbiamo film e libri a tematica gay, che a volte riescono a descrivere molto bene quanto possa essere difficile essere LGBT, perché l'omofobia e la repressione sono un problema, e va risolto.La solitudine no. È un problema completamente ignorato e soprattutto frainteso e sottovalutato, nessuno si è mai posto il problema. Vorrei vederla un'associazione che cerca di raccogliere quelli troppo timidi, quelli senza amici, ma non c'è.

Secondo voi perché? Cosa ne pensate?

 

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http://www.internazionale.it/strisce/mr-wiggles/2012/07/30/107236/

 

- Ti ricordi quando ho organizzato la giornata dell'Orgoglio Asociale?

- Certo. Non si è presentato nessuno

- E' stato un grande successo

 

Questa vignetta rappresenta quello che ho pensato 

quando ho letto la tua domanda:

 

 


È un problema completamente ignorato e soprattutto frainteso e sottovalutato, nessuno si è mai posto il problema. Vorrei vederla un'associazione che cerca di raccogliere quelli troppo timidi, quelli senza amici, ma non c'è.
Secondo voi perché? Cosa ne pensate?
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La solitudine è l'unica vera causa di suicidio. 

Quasi nessuna condizione di vita è così insopportabile da portare, da sola, a uccidersi. Ci si uccide per solitudine. 

E questo perché essa è per sua natura senza uscita ed autoperpetuantesi, i tentativi di uscirne ti ci riportano dentro ancora di più e nessuno può davvero aiutare. 

E' l'unica condizione per la quale non si vede altra possibile soluzione che svanire. 

 

E appunto, come dicevo, non credo che ci sia molto da farci. 

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io credo che sia un problema grosso...molto comune e  che si da poca importanza a questa cosa... c'e chi soffre da solo e ce chi si sente solo anche in mezzo alla gente,amici o famigliari... penso che sia dovuto si alla timidezza della persona in se... ma anche a quello che puo essere accaduto in passato... se sei una persona sola magari con il tempo ci fai l abitudine impari a divertirti con te stesso...in fondo quando si e soli e non si ha niente da perdere si puo fare quello che si vuole nella vita ( viaggi,pazzie e quant altro) ma penso che la cosa si aggravi quando hai famgliari e amici intorno che ti vedono tutti i giorni, ti vedono triste e giu di morale e nessuno prova a chiederti... come stai,come mai, non ti danno attenzioni lasciandoti li nel dolore non ostante si vede lontano un miglio che stai male...penso che sentirsi soli anche in mezzo alla gente sia la cosa peggiore

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Che vi sia incomprensione, che la gente intorno a voi tenda a

spronare e motivare, senza comprendere le ragioni interiori della

sofferenza e quindi la persona solitaria si senta, sola e incompresa

due volte.....ok è giusto, posso concordare.

 

La discriminazione, no è una cosa diversa.

 

Intanto bisogna distinguere le persona che "soffre" veramente

di solitudine ( descrizione tipo Freaky ) da una persona che è

oggettivamente "isolata"

 

Sono due situazioni radicalmente diverse

 

La prima persona soffre perchè interiormente insoddisfatta

quindi in effetti autoalimenta la propria infelicità, perchè desidera

sempre di più e solo ciò che non ha ( il chè non significa che abbia

molto...perchè scarta dalla propria vita ogni situazione o persona che

possa in qualche modo mettere in discussione il proprio Sé ideale )

 

Una persona di questo tipo ha un problema ( indubbiamente grave e

difficile da risolvere ) abbastanza diverso rispetto a chi invece è isolato

per timidezza, difetto di autostima paura del giudizio etc

 

L'incomprensione che circonda una persona di questo secondo tipo, è

una incomprensione che spesso deriva dal fatto che chi gli sta intorno

ignora il fatto che sia gay ( ed in parte questa stessa persona lo ha ignorato

durante l'infanzia etc. ) E' una incomprensione che quindi ha una ragione

specifica e più facilmente rimediabile ( salvo il fatto che ci si porta nell'ambiente

gay il peso di questa storia di isolamento )

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Questa è una domanda molto complessa. Non so neanche da che punto cominciare, quindi ne sceglierò uno a caso, e partirò di lì.

Ho letto molte poesie e molti libri che parlano della solitudine, ma nessuno di questi affronta la questione come un problema di semplice isolamento. Ti faccio l'esempio del libro che sto leggendo proprio in questo momento: "La noia", di Moravia. Lui parla di noia come distacco dalla realtà, come assenza, come indifferenza a ciò che è e ciò che avviene; in ultima istanza, come solitudine.

Ti riporto un estratto dalle prime pagine:

Per esempio, può accadermi di guardare con una certa attenzione un bicchiere. Finché mi dico che questo bicchiere è un recipiente di cristallo o di metallo fabbricato per metterci un liquido e portarlo alle labbra senza che si spanda, finché, cioè, sono in grado di rappresentarmi con convinzione il bicchiere, mi sembrerà di avere con esso un rapporto qualsiasi, sufficiente a farmi credere alla sua esistenza e, in linea subordinata, anche alla mia. Ma fate che il bicchiere avvizzisca e perda la sua vitalità al modo che ho detto, ossia che mi si palesi come qualche cosa di estraneo, col quale non ho alcun rapporto, cioè, in una parola, mi appaia come un oggetto assurdo, e allora da questa assurdità scaturirà la noia la quale, in fin dei conti, è giunto il momento di dirlo, non è che incomunicabilità e incapacità di uscirne. "

Ecco, trovo che la parola "incomunicabilità" sia già una delle più importanti. Ovviamente, questa citazione esprime una condizione che va ben altro alla semplice solitudine, ma ho l'impressione che la solitudine non sia mai semplice, ma abbia cause più profonde, e che in fondo significhi proprio questo: non riuscire ad appartenere ad un mondo "reale" più grande, non riuscire ad abbattere un muro di incomunicabilità, non riuscire a smettere di sentirsi diverso. Poi, ho sempre pensato che anche la solitudine fosse qualcosa di molto diverso a seconda di chi la vivesse, e che quindi assumesse forme differenti, che per qualcuno possono chiamarsi "noia", per altri "alienazione", per altri "indifferenza". Non so se la tua domanda sia " la solitudine nel mondo lgbt " o la solitudine bell'e buona, e basta. Posso dirti che nel primo caso, si tratta di una solitudine che provo ogni giorno, nella mia città arretrata da cui non vedo l'ora di andarmene. Ci sono persone che mi accettano per quello che sono (un paio, quelli che lo sanno), ma non trovo la comprensione che vorrei, non ho amici gay, e non parliamo di fidanzati (l'unica storia lunga che ho avuto è cominciata su un forum come questo). Se invece parliamo del secondo tipo di solitudine, mi viene da dirti che forse sia quella più generale, sia la vera e unica solitudine: quella che non nasce da un elemento concreto, come l'essere gay, ma da qualcosa di più profondo e sconosciuto.

Come dici tu, anche la solitudine adolescenziale, che poi finisce, deve essere considerata. Il fatto che non duri tutta l'eternità, ma solo un po', non la rende meno dolorosa. Certo, mi domando cosa significhi "solitudine dell'adolescenza", e perché debba essere così tanto legata all'essere giovani. Immagino che le cose, dopo, si sistemino un po', che noi, come macchine un po' difettose, che sbandano, ci mettiamo in carreggiata, stabilizziamo il peso, e poi prendiamo ad andare a velocità più o meno costante, mentre ora, appena acceso il motore, facciamo ancora le bizze, la macchina si ferma, poi riparte, poi devia... Non lo so, ma mi viene in mente un'altra frase che ho letto dai diari di Sylvia Plath:

"Ora so cos'è la solitudine, credo. Perlomeno la solitudine passeggera. Nasce da un punto indefinito dell'io: come una malattia del sangue che si diffonde in tutto il corpo sicché non si può localizzare il focolaio, l'origine del contagio [...] Nostalgia è il nome che gli altri danno al malessere che ora mi domina. Sono sola in camera mia, sospesa tra due mondi".

Quando leggo quel "sospesa tra due mondi" mi viene in mente ciò che hai detto tu, l'immagine di una persona che dalla finestra guarda la strada, un mondo diverso, e alle sue spalle ha la sua camera in penombra, in solitudine, l'altro mondo.

Non so, io trovo che la solitudine, quella contingente, che dipende magari dalla sfortuna di vivere in una città triste e grigia, o in un paesino di campagna, non sia meno terribile della solitudine nata dalle profondità di se stessi, ma sia almeno un po' superabile, a differenza dell'altra, pensando che un presto non sarà più così, se abbiamo la consapevolezza che ciò dipende dal luogo in cui siamo. Mentre la solitudine che, a prescindere dal luogo in cui ci troviamo, c'è e rimarrà comunque, come il vetro che divide lo spettatore dai divertimenti che si svolgono per strada. 

Quest'ultima solitudine è quella che mi ha bloccato per tanto, tantissimo tempo. L'ho capito solo poco tempo fa: nessun luogo, nessuna persona mi avrebbero salvato, io solo avrei potuto, ed in un unico modo: raccogliendo i pezzi di me, guardando negli occhi la mia solitudine, fissando quel "punto indefinito dell'Io" ed affrontandolo. Credo di aver imparato molto, ed ora, forse, sono un po' più pronto di prima; ora, forse, la mia solitudine si è trasformata. Aspetto con ansia di andare via di qua, mentre scrivo su questo forum perché, in fondo, voglio superare quell'incomunicabilità, voglio affrontarla e sconfiggerla: voglio parlare.

Edited by Phyl
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@Hinzelmann

 

Ho fatto il paragone con l'omofobia perché anch'essa tende a definire più nettamente la "categoria" LGBT; diciamo che gli omofobi ci impediscono di assottigliare la barriera che divide i gay dal resto della società.

Chi è isolato dalla società vive la stessa cosa, un muro. Ed è discriminato. Magari proprio a causa del fatto che chi gli sta intorno lo discrimina (sappiamo tutti che si escludono le persone per tanti motivi, non solo perché è LGBT). La cosa che mi fa arrabbiare è tutti pensano che se sei solo è colpa tua.

Per esempio, se dico "Soffro perché sono LGBT" la colpa è di chi è ignorante, di chi si ostina a vedermi come un essere particolare, di chi non capisce che così ci sono nato e non posso cambiare, quindi non posso farci niente.

Se dico "Soffro perché non ho amici", mi risponderanno che è solo colpa mia, perché sono stato io ad isolarmi, sono io che sto a lamentarmi quando dovrei andare qui o là a cambiare le cose: per dire, la condizione di isolamento inizia e finisce con me, non si comprende il senso di impotenza di chi è solo. Per questo ho fatto il confronto, e per questo credo che il problema sia frainteso e sottovalutato.

 

@Phyl

Credo che dovremmo tralasciare il problema della solitudine "più profonda", quella che come hai già detto tu, alcuni la sentono anche in mezzo alla gente; in questo tipo di solitudine, credo che ogni persona con un minimo di sensibilità ci cada prima o poi, indipendentemente dalla sua situazione sociale.

Il problema vero secondo me è proprio quello del "non sto mai con gli altri", la solitudine fisica insomma. Non ti confronti con nessuno, non hai modo di conoscere gli altri, non sai chi siano gli altri, quello che ti stai perdendo lo puoi solo immaginare. Se uno nella propria vita ha avuto modo di farsi una chiara idea del mondo esterno, può capire quanto abbia bisogno della compagnia e quali siano invece i momenti che deve dedicare solo e soltanto a sé stesso; magari può anche rendersi conto, ipotizziamo un caso limite, che si sente diverso praticamente da tutti, che nessuna compagnia è adatta a lui, ma almeno l'ha capito.

Essere fisicamente solo invece ti impedisce di rapportarti con ciò che è al di fuori della tua persona, non hai idea di cosa accada davvero al di fuori di quelle quattro mura. La tua sofferenza è sempre uguale, i tuoi pensieri non si evolvono. Non pensi sia un malessere molto più profondo?

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Io ho avuto sempre difficoltà nello stringere vere amicizie. Non che sia un tipo riservato o particolarmente timidi. Sono socievole e in situazioni in cui non mi senta a disagio forse anche divertente. Ma raramente approfondisco i rapporti con quelli che conosco, finendo per avere molte mezze amicizie, conoscenze con coi scambiare 4 chiacchiere di tanto in tanto, ma poche persone con cui parlare davvero di me, o uscire la sera. 

Ora che ho cambiato completamente vita, trasferendomi da un paesino a una città come Roma, ricominciando di fatti da zero con un'altra facoltà, e stando a stretto contatto con ragazzi di un'altra generazione rispetto alla mia, la difficoltà la avverto ancora di più... Poi ci sono certi tizi che sanno essere davvero brillanti, tipo i due che m'hanno chiamato prima, mentre erano fuori, per dirmi che il sabato sera non dovrei starmene a casa: "più tardi perché non esci? Vai da qualche parte, anche per prendere un po' d'aria". Che faccia di bronzo...

Edited by seiya
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Rivedrei un po' il concetto di "discriminato".

Inoltre non ha molto senso pensare che la gente ti isoli perché sei isolato...

 

Anch'io distinguerei la depressione - che è un problema psichiatrico -

da un oggettivo problema di isolamento geografico, acuito dall'omosessualità.

In entrambi i casi è difficile dire "è colpa tua":

è come incolpare uno perché soffre di attacchi di panico

o perché è un minorenne gay in provincia di Cosenza...

 

Ci si può fare un esame di coscienza solo se ti tratta di problemi superabili

come sforzarsi di essere meno timidi e meno pigri.

Di certo non saranno gli altri a doversi fare carico di questi problemi

anche perché oggettivamente c'è poco da dire.

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Tu parli di "essere fisicamente solo", ma questa condizione "fisica" deve avere delle cause. Se queste sono il fatto che non trovi, concretamente, nessun modo per non esserlo, l'unica cosa che posso dirti è cercane di più, creane di più, cambia ciò che non va. So che sembra tutto ottimistico e tu vorresti che ti parlassi con un linguaggio diverso, ma, fidati, non sono in una condizione diversa dalla tua, e la solitudine è forse la condizione che meglio ho conosciuto nella mia vita. Ma non c'è altro linguaggio, non c'è messaggio più profondo del semplice "alzati e fa' qualcosa". Sei davanti a quel vetro? Rompilo, aprilo, evadi.

Ti senti solo perché concretamente sono successe cose che non ti hanno fatto avere amici intorno? Supera queste condizioni, usa il web, se serve, usa questo forum per conoscere persone che si sentono come te, visita un museo, vai al pride, comincia a parlare anche con le persone che ti sembrano meno interessanti, e a scoprire se è davvero così. 

Se vuoi davvero degli amici, fa' sì che questo accada: non dipende che da te. Può essere difficile, la situazione può rendere le cose più complicate, ma non devi mai smettere di combattere, non devi annegare. Non vuoi restare nella tua camera, imprigionato da quel vetro? Non farlo. Non accadrà nulla, magari, per giorni, mesi, ma comincia a parlare, come fai con me e le altre persone che stanno rispondendo a questa discussione.

Se davvero non è una solitudine più "profonda", l'unico modo con cui superarla è questo. Magari vorresti che utilizzassi un linguaggio diverso, che parlassi con la voce della solitudine; ma la voce della solitudine non ti aiuterà mai a superare la solitudine stessa. L'unica cosa che puoi fare è cambiare voce, e dipende soltanto da te.

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Se non avessi cominciato da piccolo a praticare il Judo ora sarei solo come un cane. O meglio, non saprei come riempire le mie giornate se non in modi futili. Ora come ora, facendo anche ju jitsu. Insieme, le due arti marziali mi occupano tra una cosa e l'altra sei ore e mezza la settimana. Quando riduci il tempo per fare le cose non pensi più alla noia (sempre che non esageri, altrimenti diventa stressante).

Anche io ho sempre fatto fatica a fare nuove amicizie e ad approfondirle. Devono esserci dei presupposti particolari. Dalla mia misera esperienza posso dirti che quei presupposti nascono quando ti impegni seriamente per qualcosa, sia questo lo sport, la musica o una causa a cui tieni.

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Questo è un argomento in cui sono particolarmente ferrato!

Partiamo dalla diversità.

Sin da piccolo ho sempre cercato di isolarmi in quanto avevo qualcosa da nascondere (immaginate un po' cosa) per evitare il giudizio altrui. Aggiungo che non amando il calcio e in un piccolo paese 30 anni fa non c'era molto da fare, mi sono dato ai libri, ai videogiochi, al computer, tutte attività solitarie. Internet non c'era ancora.

Problemone, ho faticato moltissimo per recuperare il tempo perso e imparare a socializzare in età adulta. Mi sono ritrovato all'università senza tecniche di approccio, asociale, in un mondo che, terminate le scuole superiori che ti costringono bene o male a stare insieme ad altri in un gruppo quotidianamente, dicevo un mondo a cui poco importa della tua individualità. Ho passato un gran brutto periodo, di solitudine si soffre parecchio!
Fortunatamente ho deciso di vivere la mia omosessualità e devo dire che il primo passo di difficile apertura è stato frequentare l'arcigay! Mi ha aiutato molto a sentirmi accettato da un gruppo!

Purtroppo, e ditemi voi cosa ne pensate, le amicizie gay le ho trovate spesso superficiali. Ci si frequenta per non essere soli. Per riempire un vuoto, una solitudine.

@Phyl concordo pienamente quando dici che per uscire dalla situazione occorre passare all'azione, senza piangersi addosso: nessuno ti chiama, nessuno ti scrive? Fallo tu, organizza, invita! Ci vuole grande forza di volontà e la depressione rema contro.

Mi sono ritrovato poi in periodi in cui sono stato di nuovo solo. Ma stranamente, senza amici o fidanzati, ero in pace con me stesso. Stavo bene da solo. Ho capito perchè: nuoto, palestra, corsi. Non sono rimasto chiuso in casa a guardare il soffitto! E poi ho notato che proprio in quei periodi arriva un nuovo fidanzato a turbare la mia tranquillità :lol:

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Io ho avuto sempre difficoltà nello stringere vere amicizie. Non che sia un tipo riservato o particolarmente timidi. Sono socievole e in situazioni in cui non mi senta a disagio forse anche divertente. Ma raramente approfondisco i rapporti con quelli che conosco, finendo per avere molte mezze amicizie, conoscenze con coi scambiare 4 chiacchiere di tanto in tanto, ma poche persone con cui parlare davvero di me, o uscire la sera.

Ora che ho cambiato completamente vita, trasferendomi da un paesino a una città come Roma, ricominciando di fatti da zero con un'altra facoltà, e stando a stretto contatto con ragazzi di un'altra generazione rispetto alla mia, la difficoltà la avverto ancora di più... Poi ci sono certi tizi che sanno essere davvero brillanti, tipo i due che m'hanno chiamato prima, mentre erano fuori, per dirmi che il sabato sera non dovrei starmene a casa: "più tardi perché non esci? Vai da qualche parte, anche per prendere un po' d'aria". Che faccia di bronzo...

Quoto tutto, è quello che sto passando anch'io. Stessa identica situazione. Edited by luke392
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