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Essere gay e vivere in provincia (al Sud): meglio scappare?


unmondomigliore

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http://solferino28.corriere.it/2014/01/20/essere-gay-e-vivere-in-provincia-al-sud-meglio-scappare/


 


Essere gay e vivere in provincia non è la stessa cosa che essere gay e vivere in città. Ancora oggi è così. E, ancora oggi, c’è chi decide di spostarsi dal paese in cui è nato solamente perché esausto da anni di umiliazioni e prepotenze scontate solo perché omosessuale. E’ il caso di Pasquale (nella foto), studente 25enne nato a Canosa di Puglia ma che, ormai da quattro anni, vive a Milano.


“Ho iniziato a riflettere sulla mia omosessualità più o meno quando avevo 12 anni, certo, allora non avevo le idee chiare. La domanda che mi facevo era: perché non sono come gli altri ragazzi? Sapevo di essere diverso, ma non capivo in cosa”. “Diversità” è sempre stato il termine più sfruttato per definire l’omosessualità. Lo pensavano anche i suoi parrocchiani. Pasquale racconta che, probabilmente soprattutto al Sud, “l’omosessualità è ancora un tabù, una cosa di cui è meglio non parlare. Tutti sanno cos’è, ovviamente, ma nessuno ha il coraggio di affrontare l’argomento. Senza contare che tutti credono che il gay sia l’incarnazione di una serie di stereotipi e non sia invece un individuo che vive la vita a modo suo”. L’iniziale ritrosia può diventare così nel tempo il terrore di vivere in un paese di appena 40.000 anime, in cui regna un’imbarazzante chiusura culturale e un senso religioso antico e mal interpretato. In qeul contesto, Pasquale ha avuto le sue prime esperienze omosessuali. Sempre nella clandestinità. Poi, il primo passo: scappare da Canosa e trasferirsi a Sarzana, in provincia di La Spezia, lavorando come commesso nel negozio dello zio.


“In quel periodo della mia vita non mi andava di studiare. Il solo obiettivo era diventato quello di allontanarmi a tutti i costi dal mio paese, dove ero costretto a rispettare regole che non condividevo e non deludere le aspettative di chi mi conosceva fin da quando ero bambino”. Un’esistenza difficile in un posto dove se non parlavi di ragazze, se non eri appassionato di calcio e non prendevi di mira gli atteggiamenti dei ragazzi meno virili rischiavi di essere isolato o, peggio, vessato. Eppure, ripensando agli atti di bullismo subìti alle scuole medie, Pasquale sfodera un inatteso ottimismo:


Sono stato picchiato, così dal nulla e senza un motivo, diverse volte, eppure, se rincontrassi oggi quel ragazzo che lo faceva, lo ringrazierei perché è stato anche grazie a lui che sono quello che sono”.


Che la discriminazione possa rendere più forti non è scontato e anche Pasquale ammette che la vita in una realtà più grande – come Sarzana prima e Milano dopo - è molto più facile e semplice. A Milano è arrivato nel 2010, per frequentare il Corso di Laurea Triennale in Infermieristica all’Ospedale San Paolo, senza rimpianti per aver lasciato il posto in cui è nato: “Me ne sono andato perché non riuscivo più a mentire e speravo di trovare una vita nuova, di crearmene una nuova, di incontrare persone differenti da quelle che avevo incontrato, e con una visione più simile alla mia”.


E’ bastato trasferirsi a Milano dunque, per farcela: “Milano è sempre stata il mio sogno. Ancora oggi, quando torno giù, al Sud, non mi sento libero, a prescindere dalla mia sessualità. Vivere a Milano è diverso e posso fare quello che mi pare senza il timore di essere giudicato”. Un fatto che non cancella le sporadiche manifestazioni di omofobia che, anche a Milano, hanno purtroppo dato prova dell’ignoranza e della violenza gratuita di alcune persone. Ma, ancora oggi, nel 2014,  sembra che la città riesca ad assicurare quello che la provincia ancora non è riuscita a garantire: la libertà di vivere secondo il proprio orientamento sessuale. Pasquale conferma: “Non rinnego la mia terra, ma sono contento di essere qua adesso”.


Quindi è proprio così? Essere gay e vivere in provincia è ancora oggi complicato? Cambieranno le cose? O se si è giovani e gay non resta che trasferirsi in una città?


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Mi sembra di vedere me stesso in quelle righe.

 

Purtroppo ha ragione l'omosessualità al sud (o almeno nella mia zona) non è vista di buon occhio, e solo per il mio essere diverso ero quasi arrivato ad odiarmi. Poi mi son trasferito e la situazione è nettamente migliorata, infatti odio tornare in madrepatria anche solo per le feste, mi ricorda tutto quello che ho passato, mi ricorda l'odio e la depressione che hanno caratterizzato la mia infanzia. Combattere non avrebbe senso, scappare è la via migliore.

Edited by Hefes
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unmondomigliore

Mi sembra di vedere me stesso in quelle righe.

 

Purtroppo ha ragione l'omosessualità al sud (o almeno nella mia zona) non è vista di buon occhio, e solo per il mio essere diverso ero quasi arrivato ad odiarmi. Poi mi son trasferito e la situazione è nettamente migliorata, infatti odio tornare in madrepatria anche solo per le feste, mi ricorda tutto quello che ho passato, mi ricorda l'odio e la depressione che hanno caratterizzato la mia infanzia.

mi dispiace davvero, io abito in centro italia e non è molto meglio. Sicuramente è un po' meglio di quello che succede al SUD, ma cmq il livello di omofobia è alto.

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Credo che vivere al sud o al nord non faccia poi tutta questa differenza...Ci sono omofobi al sud e ce ne sono al nord...L'unica cosa che distingue e fa la differenza secondo me è forse che :

 

- al nord c'è una maggiore presenza di strutture ( locali, bar, discoteche etc. ) rivolte ad una clientela gay

- vivere in un paesino è peggio che vivere in una cittadina di provincia, vivere in una cittadina di provincia è peggio che vivere in un capoluogo, vivere in un capoluogo è peggio che vivere in una metropoli...più è grande la città e più che la gente ha la tendenza a " pensare ai cazzi propri "

 

Poi potrei anche sbagliarmi, vivo al centro Italia, nel Basso Lazio per la precisione, e il tasso di omofobia è sufficientemente alto e credo sia così ovunque...

 

La differenza vera la fa la il paesino, la provincia e la grande città.

 

Poi se proprio vogliamo dirla tutta il sud ha una storia di maggior accettazione ( sembrerà un paradosso ) nella storia nei confronti dell'omosessualità, che non il nord ( tranne Venezia )...insomma, i ricchi inglesi, tedeschi e francesi che venivano a fare " turismo sessuale " in Italia in genere andavano in Sicilia, Sardegna e spesso anche a Napoli...

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La differenza vera la fa la il paesino, la provincia e la grande città.
Si, la differenza è soprattutto questa. Io sono cresciuto in un paesino con meno di 300 anime, molto chiuso sia dal punto di vista culturale e sociale, un ragazzo/a molto diverso dalla massa viene immediatamente etichettato come "strano" ed escluso. Se a questo aggiungi poi una mentalità non molto aperta...povero/a ragazzo/a
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Anche io penso che la differenza vera la fa il paesino o paese e paesotto e la città meglio se grande città. È sempre stato così, ahimé, e la vita per un gay comincia o comunque diventa veramente possibile solo se abbandona il piccolo centro e si stabilisce in una città che gli consenta tante cose: sottrarsi al peso di quella rete invisibile e castrante che l'omofobia, di rimbalzo, genera su chi ne è oggetto; avere la libertà di respirare, di godersi un positivo anonimato; avere occasione di conoscere altre persone gay o lesbiche. Sono anche d'accordo sul fatto che esistono centri di omofobia nel Nord, che non scherzano. Non sono in grado di dire quale complessivamente delle due aree, Nord e Sud, sia peggiore quanto all'omofobia; penso invece si possa affermare con una certa sicurezza che il Nord è complessivamente meglio, forse molto meglio, in positivo, cioè per le opportunità che offre o che sono più a portata di mano.

Edited by Isher
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Immagino quanto possa essere disagiante essere omosessuale in un paesino, i miei sono di un paesino del sud e non oso immaginare quanto sarebbe stato difficile se fossi nato laggìù.

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