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Esistono omosessuali progressisti?


Sampei

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Io mi riferivo all'etichetta "metrosessuale", che mi sembra più una categoria di consumo che un vero e proprio fenomeno sociale.

In questo senso la "metrosessualità" la trovo irrilevante, ininfluente ai fini che dicevi tu.

Beh ma poco importa se la metrosessualità è fenomento commerciale o sociale, quell che conta è che costituisce uno strumento di inglobamento antieversivo d'avanguardia: mentre gli omosessuali "che non si vede che lo sono" possono continuare a fare i finti tonti aggirandosi nell'oscurità e inzuppando nel sottobosco del "non-si-dice-ma-si-fa", ora perfino l'omosessuale effeminato o in qualche altro modo visibile, tradizionalmente bersaglio indifeso dell'omofobia più violenta, sarà disincentivato dal formare una propria coscienza politica autonoma se può automaticamente essere riassorbito dal conformismo attraverso una categoria che prevede che gli uomini eterosessuali adottino comportamenti e abitudini anche tradizionalmente femminili con l'imprimatur ufficiale della società.

 

Insomma l'inglobamento soffocatore all'italiana è una specie di guerra preventiva già vinta, un qualcosa di raffinatamente antipluralista, è un dividet et impera magistralmente realizzatosi quasi da solo, automaticamente, grazie all'assurda mentalità in cui viviamo.

 

E' un qualcosa di anti-eversivo all'ennesima potenza, un... trionfo del Gattopardo!!!

 

 

 

Ad ogni modo, man mano che l'omosessualità diventa qualcosa di "normale", avverrà sempre di più, com'è, tutto sommato, giusto, che gli omosessuali la pensino come il resto della popolazione.

Ecco, questo punto mi fa riflettere molto: direi proprio che non è assolutamente giusto, anzi è veramente molto grave che un omosessuale che fittiziamente o anche ufficialmente si integra nella società inizi a fare il figlio di puttana discriminando un po' chi gli pare tanto per sentirsi un po' più conformato e al sicuro fra le schiere di chi addita denigrando per consolidare la propria autostima evidentemente piuttosto frustrata. Ciò lo renderà ripugnante in modo straordinario, se si pensa che utilizzerà con gioia e goduria proprio quegli stessi strumenti discriminatori che egli stesso ha subìto, al fine di un modo di pensare e di relazionarsi con gli altri nauseante e vigliacco. Non trovi?

 

Mi fa venire in mente anche una frase estremamente interessante ed esemplificativa della sensazione che ho voluto esplicitare in questo topic, frase che aveva pronunciato una volta un ragazzo parlando con me del più e del meno, forse per far colpo, con una tranquillità degna di un cecchino delle SS: "eheh se io non fossi gay sarei senz'altro un fascista o leghista!"

 

Questi omosessuali più reazionari del re sono un fenomeno assurdo ed inspiegabile, un fenomeno presente in misura molto piccola in tanti altri paesi, in misura palesemente maggioritaria in Italia. Un fenomeno evidentemente molto dannoso; sintomo forse di una società arretratissima e affetta da mali profondissimi, e causa a sua volta di ulteriori mali.

Edited by Sampei
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Sai Sampei, io penso che il cambiamento per gusto del cambiamento vada scoraggiato. La cosa più importante è la stabilità. Ne discutevo con Metternich giusto giusto ieri

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Lo pensi perché sei un cortigiano di palazzo Salina.

E sono un cortigiano di palazzo perchè sono gay ed ADORO pizzi e marsine.

Vedi? Il cerchio si chiude

I gay non possono che essere conservatori

 

NB: la parola ADORO va letta accentando molto la A e immaginando una R appena appena moscia

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Io sono abbastanza in accordo con il primo post di Greed e il primo di Private, e parzialmente anche con Sampei, che però forse è più radicale, almeno nei toni, di quanto io sarò mai. Fortunatamente non conosco tutti questi gay fashionisti che venerano Alfano né grandi numeri di omociellini, ma grazie al cielo! Spero che non ce ne siano così tanti come sostiene il nostro simpatico utente pescatore...
In definitiva, se non ci è utile la nostra omosessualità per capire com'è dannosa la discriminazione, per capire da che parte dobbiamo stare nelle lotte di civiltà, beh è come se la verità ci fosse servita su un piatto d'argento e noi preferissimo voltarci dall'altra parte pur di non vederla.

Una cosa non capisco di ciò che scrive Alma, sul mondo immaginario (utopico?) post-rivoluzione, con l'omosessualità dimenticata... ma che significa? Che l'omosessualità diventa una caratteristica ininfluente, come l'essere destrimano o mancino? O che ci sarà una accettazione basata sulla censura, un grande dont ask dont tell, la libertà di fare ciò che si vuole purché resti tra quattro mura?

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Una cosa non capisco di ciò che scrive Alma, sul mondo immaginario (utopico?) post-rivoluzione, con l'omosessualità dimenticata... ma che significa? Che l'omosessualità diventa una caratteristica ininfluente, come l'essere destrimano o mancino? O che ci sarà una accettazione basata sulla censura, un grande dont ask dont tell, la libertà di fare ciò che si vuole purché resti tra quattro mura?

Credo intendesse descrivere un'atteggiamento, non un'ideologia. Diciamo una vaga speranza mai dichiarata, confusa con tante altre cose e comunque lontana da una consapevolezza reale di ciò che si vorrebbe per sentirsi accettati. Diceva anche che per questo è una presa di distanza, una non volontà di farci i conti.

 

Comunque, alla fine di questa discussione, credo che abbiamo appurato che essendo un omosessuale un essere umano, è soggetto alle millemila combinazioni ideologiche del caso.

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privateuniverse

Beh ma poco importa se la metrosessualità è fenomento commerciale o sociale, quell che conta è che costituisce uno strumento di inglobamento antieversivo d'avanguardia: mentre gli omosessuali "che non si vede che lo sono" possono continuare a fare i finti tonti aggirandosi nell'oscurità e inzuppando nel sottobosco del "non-si-dice-ma-si-fa", ora perfino l'omosessuale effeminato o in qualche altro modo visibile, tradizionalmente bersaglio indifeso dell'omofobia più violenta, sarà disincentivato dal formare una propria coscienza politica autonoma se può automaticamente essere riassorbito dal conformismo attraverso una categoria che prevede che gli uomini eterosessuali adottino comportamenti e abitudini anche tradizionalmente femminili con l'imprimatur ufficiale della società.

 

Insomma l'inglobamento soffocatore all'italiana è una specie di guerra preventiva già vinta, un qualcosa di raffinatamente antipluralista, è un dividet et impera magistralmente realizzatosi quasi da solo, automaticamente, grazie all'assurda mentalità in cui viviamo.

 

E' un qualcosa di anti-eversivo all'ennesima potenza, un... trionfo del Gattopardo!!!

 

Secondo me mischi due cose piuttosto diverse.

 

Forse è colpa mia che sono poco attento alle mode, ormai sono un uomo maturo e vivo in provincia, ma tutti questi uomini "metrosessuali" non li vedo. Non bisogna per forza credere che, siccome qualcuno che lavora nei media crea un'etichetta, questa abbia una rilevanza reale.

 

Inoltre, secondo me la "metrosessualità" c'entra poco con "l'inglobamento soffocatore all'italiana". Quest'ultimo aspetto ha a che fare con le caratteristiche della nostra storia, della nostra società e della nostra cultura; caratteristiche specifiche dell'Italia.

 

 

 

Ecco, questo punto mi fa riflettere molto: direi proprio che non è assolutamente giusto, anzi è veramente molto grave che un omosessuale che fittiziamente o anche ufficialmente si integra nella società inizi a fare il figlio di puttana discriminando un po' chi gli pare tanto per sentirsi un po' più conformato e al sicuro fra le schiere di chi addita denigrando per consolidare la propria autostima evidentemente piuttosto frustrata. Ciò lo renderà ripugnante in modo straordinario, se si pensa che utilizzerà con gioia e goduria proprio quegli stessi strumenti discriminatori che egli stesso ha subìto, al fine di un modo di pensare e di relazionarsi con gli altri nauseante e vigliacco. Non trovi?

 

Mi fa venire in mente anche una frase estremamente interessante ed esemplificativa della sensazione che ho voluto esplicitare in questo topic, frase che aveva pronunciato una volta un ragazzo parlando con me del più e del meno, forse per far colpo, con una tranquillità degna di un cecchino delle SS: "eheh se io non fossi gay sarei senz'altro un fascista o leghista!" Questi omosessuali più reazionari del re sono un fenomeno assurdo ed inspiegabile, un fenomeno presente in misura molto piccola in tanti altri paesi, in misura palesemente maggioritaria in Italia. Un fenomeno evidentemente molto dannoso; sintomo forse di una società arretratissima e affetta da mali profondissimi, e causa a sua volta di ulteriori mali.

 

Bisogna distinguere il piano dell'analisi da quello del giudizio personale.

 

I modi di pensare della gran parte delle persone, noi compresi, sono determinati più dalle situazioni oggettive che da scelte ideali (e idealistiche). Puoi ritenere ingiusto, o ingiustificabile, che un gay, appartenente a una categoria di persone che è stata vittima di pregiudizi e che ha subito discriminazione, violenze e persecuzioni, non applichi la regola aurea del non fare agli altri quel che non si vorrebbe fosse fatto a noi stessi; però è così, è così in tanti casi.

 

Quanti italiani sono razzisti e xenofobi, nonostante il nostro passato sia fatto anche di emigrazione e, quindi, di sofferenze per il razzismo e la xenofobia altrui? Non avremmo, in quanto italiani, un dovere morale di tenere sotto scacco certe tendenze, più di altri popoli?

 

Non si potrebbe dire la stessa cosa degli ebrei israeliani, per esempio, o di tanti altre categorie di persone?

 

Ci sono tanti casi in cui il perseguitato diventa persecutore o mutua i difetti di coloro che, un tempo, erano gli oppressori dei suoi progenitori, o dei suoi simili.

 

Questo può essere ingiusto, puoi non approvarlo, ma non è "inspiegabile": è un dato di fatto che va capito per poterlo giudicare.

Edited by privateuniverse
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Hinzelmann

Beh certo il metro-sexual dovrebbe essere un uomo ricco e sofisticato che vive in una metropoli e

come David Beckham va in palestra cura il corpo, segue le tendenze, va dal parrucchiere ogni settimana,

insomma tutte quelle cose che un tempo facevano solo i gay ma che nella società dell'immagine si sono estese

( a quegli etero che hanno capito il potere dell'immagine maschile ) 

 

E' un fenomeno per me chiaramente positivo, per quanto limitato

 

Cioè in quei contesti, dove esisteva prima west hollywood, soho etc è stato limitatamente positivo

in Italia dove si è tradotto in ( faccio per dire ) Armani che mette Beckham su un mega poster

pubblicitario di mutande in centro a Milano, perché Berlusconi lo ha ingaggiato al Milan, no

 

Non esistendo in Italia una comunità, un quartiere, uno stile di vita gay pubblicamente rivendicato

e praticato...e qui crolla la capacità di analisi del giacobino ideologico, non può essere la stessa cosa

di Londra e/o New York

 

Perché le condizioni materiali sono totalmente diverse...

 

Non so se esiste un qualche libro americano, queer, che prende questo fenomeno e rivendicando

il connotato "controculturale" dello stile di vita dei quartieri gay ha la pretesa di dire che sia un fenomeno

negativo ( io non sarei d'accordo se esiste ) perchè desidera che certe pratiche siano un monopolio o un

presidio identitario dei gay

 

Dico semplicemente che quel discorso in ogni caso, trasposto in Italia,impatta in una situazione in cui

non esiste la comunità, non esiste l'orgoglio di farne parte etc. etc

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Anche il gay di estrema sinistra italiano

condivide la diffidenza verso la Comunità Omosessuale

e fa considerazioni benaltriste sui diritti civili:

preoccupato dalla "ghettizzazione" e dalle "lobby"

nonostante l'evidenza che in Italia

non esistono né quartieri gay né tantomeno lobby gay.

 

Ufficialmente il pericolo è "la deriva identitaria" del Movimento GLBTI

a cui contrappongono "l'essere queer" e poiché anche i compagni etero si dicono tali

l'essere queer diventa una notte in cui tutte le vacche sono grigie

e la sessualità una cosa troppo fluida per avere delle "etichette".

 

Quindi non è che immaginino un mondo in cui essere gay sia come essere mancini

né tantomeno un mondo in cui la sessualità sia una cosa privata,

bensì - in omaggio alla fluidità sessuale - una diffusa bisessualità collettiva,

giacché la distinzione tra gay/etero e maschi/femmine è un risultato del Patriarcato+Capitalismo.

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Hinzelmann

Questo però accade perché - mentre l'ipotetico libro-discorso queer

contro il metrosexual, che io forse non condividerei - sarebbe scritto da un

gay, che rivendica la diversità della sua comunità 

 

Nella realtà italiana - mancando questa - diventa un discorso "non gay"

ed a voler essere fino in fondo realistici neanche LGBT ( femministe, centri

sociali etc ) dove il significato assunto diventa l'esatto opposto

 

Il pericolo non è più l'assimilazione della comunità gay alla società, in nome

di veri o presunti valori rivoluzionari che dovrebbe incarnare, ma il dovere dell'assimilazione

del gay progressista, agli altri "rivoluzionari" ( con un aggettivo che diventa cubitale rispetto

ad un sostantivo minuscolo...e poiché gli etero non hanno la minima consapevolezza del fatto

di far parte di una maggioranza hanno la connaturata tendenza a fare questo errore in buona

fede di cancellazione del nostro essere minoranza )

 

E poiché non può esistere omofobia che non sia interiorizzabile, incontrano in questo il desiderio

di quelle persone LGBT che non aspettano altro che trovare gente etero che gli spieghi che è un bene

che non nascano ghetti-lobby-comunità

 

Se noi sostituiamo alla domanda: Esistono omosessuali progressisti

quella - secondo me ovviamente - corretta: 

 

Esistono omosessuali italiani orgogliosi?

 

Abbiamo già la risposta potenziale ai nostri problemi

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Io non credo affatto che l'essere gay ci renda giacobini

(come ho scritto penso semmai il contrario: essere minoranza rende conservatori);

credo però che ci renda rivoluzionari in modo migliore.

 

Noi gay sembriamo avere una elevata resistenza al populismo.

Più liberali se siamo di centrodestra, più futuristi se siamo di estrema destra,

più socialisti se siamo di centrosinistra, più anarchici se siamo di estrema sinistra.

 

Portiamo in politica un certo grado di emancipazione personale, ecco.

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Noi gay sembriamo avere una elevata resistenza al populismo.
Più liberali se siamo di centrodestra, più futuristi se siamo di estrema destra,
più socialisti se siamo di centrosinistra, più anarchici se siamo di estrema sinistra.

 

Mi pare sia vero quello che dici, anche se forse più che di resistenza al populismo parlerei di resistenza alle tirannie di pochi o di molti.

A questo proposito è curioso che nell'antica Grecia l'amore omosessuale fosse spesso considerato "nemico" delle tirannidi:

l'esempio più lampante è quello di Armodio e Aristogitone contro i Pisistratidi di Atene.

Benché le ragioni della loro congiura fossero squisitamente private, il loro rapporto erotico fu poi assunto come rivendicazione paradigmatica di libertà contro la tirannide.

 

Probabilmente è inevitabile che l'amore omosessuale, anche in società non dottrinalmente omofobe, anzi!, poiché si pone per così dire come estraneo alla regolarità familiare su cui si è sempre fondata la società civile come la conosciamo storicamente, almeno in Occidente, anche se non necessariamente esclude tale regolarità familiare (l'esempio greco antico è sintomatico di questa possibilità ambivalente, essendo stato spesso anche istituzionale la convivenza tra omoerotismo e regolarità familiare, specialmente in area dorica ed eolica),  è inevitabile sia considerato come potenzialmente, se non eversivo, almeno disturbante da forme di governo tendenti ad irregimentare rigidamente i cittadini fino a farli diventare sudditi acquiescenti ed utili solo per la produzione della prole.

 

Probabilmente il desiderio di molti gay di consacrare giuridicamente il proprio amore con il matrimonio o addirittura con l'adozione di figli è un modo neppure troppo velato di occultare l'intrinseca estraneità del rapporto omoerotico alla regolarità familiare tradizionale:

a chi ti chiede se sei sposato o no, potrai rispondere che lo sei, inserendoti pienamente nella tradizione che vede la famiglia come fulcro della società, umana prima ancora che politica.

 

Una soluzione come quella greca antica che affiancava i due rapporti, quello omoerotico e quello eteroerotico, permettendo loro di coesistere senza problemi, non è ovviamente oggi proponibile per il diverso status della donna.

Ormai le possibilità sono solamente o l'omologazione della coppia omosessuale a quella della famiglia tradizionale oppure il rifiuto d'ogni omologazione e quindi l'accettazione d'una condizione socialmente ed anche giuridicamente "irregolare" che può ad alcuni superficialmente apparire come "di sinistra" o "progressista", ma che in realtà è piuttosto effetto della fuga da costrizioni degli affetti privati entro rigidi schemi etico sociali ed anche giuridici.

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Hinzelmann

Io non credo affatto che l'essere gay ci renda giacobini

 

Beh se per giacobino si intende quella tendenza all'astrattezza

che ho delineato la pagina precedente, invece secondo me sì

 

Direi semmai che la tendenza non è solo e specificatamente

gay, ma anche ad esempio dei giovani, o degli adolescenti

 

Il ché significa che potrebbe anche essere superata attraverso

una vita associativa ( così come le esperienze amorose consentono

di andare oltre una certa astrattezza romantico-sentimentale ) gay

 

L'assenza di luoghi, socialità, esperienze politiche e non solo, diciamo

proprio di "vita gay" nel senso più ampio, vanno ad incidere sui gay italiani

più di quanto non farebbero sugli etero italiani

 

D'altronde - devo pur dire - che anche i conservatori sono del tutto astratti

perché qualcosa da voler conservare concretamente non ce l'abbiamo neanche,

in senso gay

 

Del conservatorismo potrebbe giovare quel "lucido realismo" ( che quando non

sconfina nel cinismo è - credo - il lato positivo di un Conservatore ) che è abbastanza

estraneo, agli Italiani in generale ( che mancano totalmente di cultura empirica ) ed ai

gay in particolare, che tendono semmai ad essere servili o compiacenti con tutti i partiti

senza trarne alcun vantaggio collettivo ( semmai ci sono le convenienze personali, ma

allora si è cinici ed egoisti e questo lo si può essere tranquillamente...qualunque sia la

convinzione politica )

 

EDIT

 

Questo non significa - ammesso che io abbia ragione - che siamo soltanto un coacervo di

difetti, beninteso.

 

Abbiamo anche dei pregi...cioè una cosa non esclude l'altra

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Ecco, questo punto mi fa riflettere molto: direi proprio che non è assolutamente giusto, anzi è veramente molto grave che un omosessuale che fittiziamente o anche ufficialmente si integra nella società inizi a fare il figlio di puttana discriminando un po' chi gli pare tanto per sentirsi un po' più conformato e al sicuro fra le schiere di chi addita denigrando per consolidare la propria autostima evidentemente piuttosto frustrata. 

 

Non giustifico questi comportamenti ma in qualche modo li comprendo; è una soluzione "da manuale" alla discriminazioni subite, alle offese, all'ostracismo...anziché empatizzare coll'eventuale vittima si coglia l'opportunità, per una volta, di stare dalla parte dell'aggressore. Credo capiti più frequentemente a chi, nel tempo, ha sofferto perché credevo amico chi poi si è rivelato aggressore: investendo una certa energia per saldare un rapporto affettivo che, evidentemente, era univoco, una volta respinto il nostro ipotetico gay sfoga la sua frustrazione trovando altri modi di far gruppo e ingenerare sofferenza in qualcuno percepito come più debole, e via così...

 

Sono d'accordo con @Almadel quando parla delle speranze di qualche gay nella rivoluzione perché, una volta accaduta, la sua omosessualità sia dimenticata...probabilmente perché io ho iniziato a frequentare i centri sociali più o meno con questo spirito, direi che mi ci riconosco.

 

Del conservatorismo potrebbe giovare quel "lucido realismo" ( che quando non

sconfina nel cinismo è - credo - il lato positivo di un Conservatore ) che è abbastanza

estraneo, agli Italiani in generale ( che mancano totalmente di cultura empirica ) ed ai

gay in particolare, che tendono semmai ad essere servili o compiacenti con tutti i partiti

senza trarne alcun vantaggio collettivo ( semmai ci sono le convenienze personali, ma

allora si è cinici ed egoisti e questo lo si può essere tranquillamente...qualunque sia la

convinzione politica )

 

Mah, al riguardo non saprei...non mi spingerei a parlare di cinismo o di egoismo.

Le relazioni che molti gay intrattengono con familiari, coetanei, datori di lavoro...non credo siano tutte mediate dal loro essere "gay".

Ma si può far di questo una colpa? Io francamente non lo so perché, proprio per render le cose un po' banali, non ci trovo più convenienza nel votare per un partito che promette, chessò, un miglioramento delle miei condizioni lavorative o finanziarie anziché un partito che si impegna con una seria agenda "gay". Non direi che la rivendicazione di questo o quel diritto sia moralmente più degna...

 

Concordo in parte con quanto scrive @Ischer e, di nuovo, con quanto dice @Almadel a proposito del grado di "emancipazione" di una presenza gay in politica...anche se, proprio quel genere di emancipazione, rischia di arenarsi su di una battigia zeppa di speranze frustrate (poi qui la differenza la fa il temperamento di ciascuno)

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Hinzelmann

 

 


Le relazioni che molti gay intrattengono con familiari, coetanei, datori di lavoro...non credo siano tutte mediate dal loro essere "gay"

 

Beh non intendevo tutte...ma alcune sì

 

E se in quelle poche dai la precedenza alla tua carriera politica personale rispetto all'interesse

collettivo, al fatto di ottenere una licenza commerciale rispetto a quello collettivo ...beh cinico lo sei

 

( Per fare un altro esempio rinvio alla discussione sull'odiata tessera gay, nella totale ignoranza della realtà

concreta che questa tessera poi significa o all'imprenditore gay che cerca appoggi politici etc )

 

 

 


con quanto dice @Almadel a proposito del grado di "emancipazione" di una presenza gay in politica...

 

Non mi sembra però che Almadel abbia dei rapporti armoniosi ed idilliaci coi gay politici della sua città

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Non esistendo in Italia una comunità, un quartiere, uno stile di vita gay pubblicamente rivendicato

e praticato...e qui crolla la capacità di analisi del giacobino ideologico, non può essere la stessa cosa

di Londra e/o New York

Perché le condizioni materiali sono totalmente diverse...

quel discorso in ogni caso, trasposto in Italia,impatta in una situazione in cui

non esiste la comunità, non esiste l'orgoglio di farne parte etc. etc

Appunto, impatta in una situazione sociale in cui non esiste comunità e non fa altro che cementare il riassorbimento di qualsiasi rischio di strutturazione identitaria della comunità. Sia chiaro, è solo uno dei tanti fattori, ce ne sono purtroppo tantissimi. Questo mi era balzato all'occhio perché potevo osservare in facoltà questo stupefacente connubio di complicità fra finocchie sbrilluccicanti e pretarole destroidi sbrilluccicanti. Una sorta di viscida e agghiacciante concretizzazione di un talk show della mediaset.

 

 

 

I modi di pensare della gran parte delle persone, noi compresi, sono determinati più dalle situazioni oggettive che da scelte ideali (e idealistiche). Puoi ritenere ingiusto, o ingiustificabile, che un gay, appartenente a una categoria di persone che è stata vittima di pregiudizi e che ha subito discriminazione, violenze e persecuzioni, non applichi la regola aurea del non fare agli altri quel che non si vorrebbe fosse fatto a noi stessi; però è così, è così in tanti casi.

Sì è spiegabile e gli esempi che fai li condivido, ma appunto sono esempi di feroce irrazionalità: l'israeliano che acclama con gioia la fucilazione di un pugno di ragazzini palestinesi in un'operazione militare o che comunque vota chi lo farà è l'esempio che avrei voluto utilizzare anche io: in entrambi i casi il perseguitato si prende la rivalsa storica di diventare il persecutore per assaporare il potere sadico e la sensazione di essere "dall'altra parte". Non a caso avevo richiamato la sindrome di Stoccolma, il morboso bisogno interiore di identificarsi col rapitore, per provare in qualche modo a inquadrare il comportamento schizofrenico e sorprendentemente ambivalente che hanno moltissimi omosessuali italiani.

Un bisogno morboso che non può che essere conservatore, fedelissimo dell'ordine costituito.

 

 

Sono d'accordo con @Almadel quando parla delle speranze di qualche gay nella rivoluzione perché, una volta accaduta, la sua omosessualità sia dimenticata...probabilmente perché io ho iniziato a frequentare i centri sociali più o meno con questo spirito, direi che mi ci riconosco.

Io per esempio non ritengo affatto che l'omosessualità debba essere "dimenticata" e infatti ho parlato di rivoluzione permanente. La rivoluzione non "accade" come evento puntuale, è costante e perpetua, anche solo per motivi di fatto.

 

 

 

Anche il gay di estrema sinistra italiano

condivide la diffidenza verso la Comunità Omosessuale

e fa considerazioni benaltriste sui diritti civili:

preoccupato dalla "ghettizzazione" e dalle "lobby"

nonostante l'evidenza che in Italia

non esistono né quartieri gay né tantomeno lobby gay.

Io per esempio non mi reputo affatto preoccupato della "ghettizzazione" anzi rimpiango parecchio l'inesistenza di quartieri gay. Che invece molti gay siano terrorizzati dalla "ghettizzazione" è palese, ma devi tenere conto che il termine "ghettizzazione" è utilizzato come scusa per i ragazzi che non si accettano al fine di autogiustificare il loro mancato inizio di una effettiva vita sociale gay, al fine di non frequentare locali o associazioni senza dire "oddio che cosa brutta i luoghi pieni di gay" come farebbe un etero, perché questa suona ormai come troppo irrazionale.

E' un fenomeno presente in tutti i gay, non solo e non tanto di quelli di sinistra; sospetto però che il terrore della famigerata "ghettizzazione", se prima o poi si spegne nel momento in cui uno s'è dato una svegliata e si è reso conto che l'assenza di "coagulazione" della comunità gay è un grave danno (e fa questo ragionamento perché ha un approccio eversivo alla concezione del sistema) resta invece vivo e si radica definitivamente in colui il quale ha adottato una Weltanschauung conservatrice, in senso lato.

 

 

 

Esistono omosessuali italiani orgogliosi?

Abbiamo già la risposta potenziale ai nostri problemi

E' una precisazione estremamente acuta, ma pensa un secondo: da un punto di vista statistico-probabilistico, chi, fra 1) uno che cerca di mettere in dubbio la sacralità dell'ordine costituito e 2) uno che invece ne tesse ossequiosamente le lodi in forma acritica subordinandosi a meccanismi adulatori con malcelate finalità autolegittimanti e autoinclusive, potrebbe più facilmente arrivare a rispondere alla tua domanda "Ehi sì io lo sono!"?

Edited by Sampei
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Hinzelmann

 

 


potevo osservare in facoltà questo stupefacente connubio di complicità fra finocchie sbrilluccicanti e pretarole destroidi sbrilluccicanti. Una sorta di viscida e agghiacciante concretizzazione di un talk show della mediaset.

 

Mah guarda la stessa complicità che c'era prima in certi luoghi "in" della borghesia

milanese, anche quando c'erano meno sbrilluccicamenti...semplicemente questi non

hanno mai praticato i locali gay ed è così più o meno dagli anni '80, a Milano

 

A Milano l'omosessualità è sdoganata dal denaro e per chi ce l'ha, da oramai 30 anni

siamo rimasti al concept "studio54" di New York anni '70 

 

Quanto al resto è chiaro che noi possiamo criticare femministe-centri sociali-militanti

giovani o meno, imprenditori gay e giù a scendere o a salire, ma tendenzialmente ognuno

di questi, con i suoi limiti fa sempre più di chi pensa solo ad adattarsi all'ambiente che c'è

per partito preso

 

Si tratta di stabilire cosa è causa e cosa è effetto, per certi versi in una società omofoba

si impara fin da piccoli ad adattarsi, in forme più o meno consce e tu non puoi mettere in

discussione niente se non hai "altro" da contrapporgli : questo altro sarebbe la comunità

a cui si sceglie di aderire, se con orgoglio si è escluso di doversi rassegnare alla omosessualità

come mera condizione.

 

Il punto è che la maggior parte dei gay italiani si fermano a : sono nato così per una predisposizione

genetica non è colpa mia, mi rassegno...stop

 

Il giorno dopo iniziano a "maledire" qualunque cosa sia gay: pride-associazioni-locali-ghetti-musica

stile di vita etc per la singola cosa gay che hanno, scatta la risposta...son tutti stereotipi :anche agli

etero piace a-b-c-d ; le scheccate per definizione sono sempre quelle degli altri...mezzo forum è fatto

di interventi simili, e non credo siano tutti ricchi o di destra, è un dato culturale-strutturale.

 

Chi ha i soldi e veste firmato ha solo qualche piccolo privilegio in più ( e certamente non è disposto a

rinunciarci )

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Io per esempio non ritengo affatto che l'omosessualità debba essere "dimenticata" e infatti ho parlato di rivoluzione permanente. La rivoluzione non "accade" come evento puntuale, è costante e perpetua, anche solo per motivi di fatto

 

Non conosco molte persone che pratichino la "rivoluzione permanente". O meglio, conosco poche persone che concilino la rivoluzione permanente ad un'occupazione permanente, ché vivaddio, viviamo in una società strutturata in un certo modo, e la rivendicazione di diritti da parte della comunità gay non è inquadrabile in un fenomeno "antagonista" ecco...

 

Che invece molti gay siano terrorizzati dalla "ghettizzazione" è palese, ma devi tenere conto che il termine "ghettizzazione" è utilizzato come scusa per i ragazzi che non si accettano al fine di autogiustificare il loro mancato inizio di una effettiva vita sociale gay, al fine di non frequentare locali o associazioni senza dire "oddio che cosa brutta i luoghi pieni di gay" come farebbe un etero, perché questa suona ormai come troppo irrazionale.

E' un fenomeno presente in tutti i gay, non solo e non tanto di quelli di sinistra; sospetto però che il terrore della famigerata "ghettizzazione", se prima o poi si spegne nel momento in cui uno s'è dato una svegliata e si è reso conto che l'assenza di "coagulazione" della comunità gay è un grave danno (e fa questo ragionamento perché ha un approccio eversivo alla concezione del sistema) resta invece vivo e si radica definitivamente in colui il quale ha adottato una Weltanschauung conservatrice, in senso lato.

 

Al proposito non ho molto da obiettare; anche se è solo attraverso la frequentazione di ambienti conservatori (e quella di ambienti "eversivi") che ciascuno può realizzare cos'è più consono alle proprie inclinazioni. Il rischio di un approccio troppo eversivo, paradossalmente, è che poi si manchi di far "gruppo" perché, specie quando si è molto giovani, si confonde l'eversione con un certo egocentrismo :D

 

E' una precisazione estremamente acuta, ma pensa un secondo: da un punto di vista statistico-probabilistico, chi, fra 1) uno che cerca di mettere in dubbio la sacralità dell'ordine costituito e 2) uno che invece ne tesse ossequiosamente le lodi in forma acritica subordinandosi a meccanismi adulatori con malcelate finalità autolegittimanti e autoinclusive, potrebbe più facilmente arrivare a rispondere alla tua domanda "Ehi sì io lo sono!"?

 

ancora una volta, c'è chi è orgoglioso di sé nonostante la sua omosessualità -che ci convive senza mettere in dubbio la "sacralità dell'ordine costituito"- e chi è orgoglioso di sé perché impegnato a mettere in dubbio la "sacralità etc..." in quanto gay. Perciò sarai un omosessuale fiero di te in relazione al canone che meglio raffigura l'ideologia che senti già a te più vicina.

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Perciò sarai un omosessuale fiero di te in relazione al canone che meglio raffigura l'ideologia che senti già a te più vicina.

Il che è naturalmente gravissimo, perché essendo gli italioti al 70% democristianottibalilla, laddove siano gay, il massimo che si potrà da loro ottenere è di essere dei cattofasciogay che cuciono centrini col faccino del duce e comprano ceri profumati per il parroco. Ahinoi.

 

 

 

c'è chi è orgoglioso di sé nonostante la sua omosessualità -che ci convive senza mettere in dubbio la "sacralità dell'ordine costituito"-
A mio avviso questa non è proprio per niente accettazione di sé e maturazione consapevole, è solo ritenersi convintamente una merda sociale e risolvere l'empasse dicendo che fa niente se si è una merda sociale, si manda giù il rospo perché le soluzioni alternative al modo di concepirsi come uomo gay nella società sono impraticabili (il suicidio è cattolicamente inverecondo, l'eterosessualizzazione è totalmente impossibile).

Questi sono ragionamenti italianissimi nel senso più spregevole e distruttivo del termine; una disperazione alla Fantozzi.

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la rivendicazione di diritti da parte della comunità gay non è inquadrabile in un fenomeno "antagonista"

L'antagonismo c'è fino a che le istituzioni non prendono palesemente, ufficialmente e definitivamente posizione per la difesa delle persone omosessuali, dove "difesa" è termine atecnico generale che va dal divieto ufficiale di manifestazione di omofobia da parte delle istituzioni alla creazione di istituti giuridici paritetici per regolare unioni eterosessuali ed omosessuali. E successivamente l'antagonismo deve permanere in forma ufficiosa perché anche l'omofobia permarrà in forma ufficiosa.

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Il che è naturalmente gravissimo, perché essendo gli italioti al 70% democristianottibalilla, laddove siano gay, il massimo che si potrà da loro ottenere è di essere dei cattofasciogay che cuciono centrini col faccino del duce e comprano ceri profumati per il parroco. Ahinoi.

 

Questa tua valutazione mi pare permeata da un pessimismo un po' iperbolico :D

 

A mio avviso questa non è proprio per niente accettazione di sé e maturazione consapevole, è solo ritenersi convintamente una merda sociale e risolvere l'empasse dicendo che fa niente se si è una merda sociale, si manda giù il rospo perché le soluzioni alternative al modo di concepirsi come uomo gay nella società sono impraticabili (il suicidio è cattolicamente inverecondo, l'eterosessualizzazione è totalmente impossibile).

 

Non tutti fanno del proprio essere gay il perno attorno cui far ruotare la propria esistenza. Ma il fatto di riuscire in un campo...professionale, lavorativo...indipendentemente dal proprio esser gay non credo sia necessariamente un "battere in ritirata". Perché già affrontare il mondo da gay (anche senza partecipare ad associazionismo, ad un percorso politico) può essere notevolmente impegnativo. Non mi sto riferendo a me, ché sono parecchio fallito da questo punto di vista.

 

Ma poi, in senso molto lato, che vuol dire realizzarsi chessò, nel lavoro? Entrare a far parte di una comunità di tuoi "pari" entro cui sei titolato (e responsabilizzato) per realizzare alcuni scopi -che tu sia impiegato in un call center, un magistrato, un medico, un funzionario di banca, un farmacista, un astronauta-. Ora, se il perseguimento di uno qualsiasi di questi scopi "cozza" colla tua partecipazione maggiormente attiva ad una comunità gay, intendo il fatto che tu trascuri l'apprezzabilissimo sforzo per "l'agenda gay" ai fini di una costruzione di sé più "individuale", ti rende necessariamente un omosessuale meno consapevole, o il Fantozzi della situazione?

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Esempio di ciò che intendo per stronzata colossale:

IL QUEER AI TEMPI DEI QUANTI

 

Piccolo OT: l'esperienza m'ha insegnato che occorre evitare qualsiasi cosa che parli di "relatività" o "quanti" che non sia redatta da un fisico...è inutile volercela raccontare, se in matematica andavi così così lascia perdere discorsi (pseudo)epocali. Perché piuttosto di leggere 'na cosa così è davvero più educativo un articolo a caso su Vanity Fair.

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Hinzelmann

Abbiamo capito che più o meno tutti....abbiamo una idea di cosa sia l'antagonismo XD

 

E' un atteggiamento-approccio alla politica in cui una identità viene definita più attraverso

l'individuazione del suo contrario, che l'omologazione a contenuti ideologici e che presuppone

l'esistenza, non di una rivoluzione permanente - lasciamo stare questo termine che allude ad una

teoria ben specifica - ma di un conflitto politico permanente

 

Diciamo che il conflitto politico è ritenuto un valore in sé

 

Questo non è l'unico approccio possibile però...per moltissimi giovani e

quindi anche giovani gay la politica è solo la risposta pratica-fattiva

a problemi contingenti-differenziali ( è una visione a-conflittuale...sindacale-lobbistica )

 

Questa visione, non crea forti identità o solidarietà politiche, semmai le

presuppone: è tipica dei gruppi cattolici giovanili

 

Se noi sposiamo una linea antagonistica, questi li perdiamo tutti...non i cattolici

intendo, ma i gay che allo stesso modo interpretano la politica pur non avendo una

identità sociale e culturale che la preceda e sono la maggioranza

 

Poi abbiamo gli idealisti a-conflittuali, che alle grandi questioni politiche ci credono

ma hanno forti diffidenze per le identità collettive, questi preferiscono parlare di diritti

umani, concepiscono la politica solo come questione etica che riguarda singoli individui

( fra i gay abbondano...)
 

Il pride, l'associazionismo e il discorso comunitario risponde anche all'esigenza

pratica di creare una identità pre-politica, larga e condivisibile da tutti

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Il pride, l'associazionismo e il discorso comunitario risponde anche all'esigenza
pratica di creare una identità pre-politica, larga e condivisibile da tutti

E' il serpente che si morde la coda.

 

E' per questo che io dico, se tu gay spezzi all'improvviso il circolo vizioso che ti vuole subordinato ed ossequioso alla mentalità dominante, magari ne caviam fuori qualcosa. Dal momento che tu e grossomodo quasi tutti gli altri non lo fate perché non vi è concepibile, si resta fermi.

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Hinzelmann

La politica è l'arte del possibile

 

Già è impossibile e masochistico pensare di cambiare una persona

amata, figuriamoci pensare di poter trasformare tutti i gay in antagonisti

 

( o altro intendo...chiudi in una stanza Freakyfred ed un universalista-animalista

e si sbranano...riscoprendo il valore del conflitto Lol )

 

Poi magari l'antagonista ti tira fuori le sue teorie sul post-femminismo materialista

quantico...perché il problema è che l'antagonismo non basta a creare identità ( cioè

la vera teoria della rivoluzione permanente dettava un'agenda ideologica chiara su quali

erano obiettivi e fini...comuni, al punto dall'ipotizzare il massimo sacrificio individuale, non

siamo in una situazione assimilabile : solo il conflitto non basta )

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Certo servirebbe una presa di coscienza per forza di cose individuale, perché dal punto di vista collettivistico credo sia assolutamente escluso che si possa veicolare un messaggio "pericoloso" come questo. Se dici qualcosa di "eccessivo" in pubblico sarai punito con la riprovazione, il fastidio, la noia, dallo stesso pubblico, è un meccanismo antieversivo radicatissimo nella nostra realtà.

E' vero che l'antagonismo da solo non basta, devi prospettare anche il vantaggio che ne esce. Si tratterebbe di un lavoro pesante, si tratterebbe di raggiungere ciascun ragazzo gay in difficoltà e fargli vedere che un sottofondo identitario su cui egli può far leva effettivamente esiste, comunicandoglielo contestualizzandolo nella sua specifica realtà personale e familiare e dimostrandogli come sia possibile utilizzarlo per strutturare una vita piena e soddisfacente, per crearsi delle possibilità, possibilità che vanno però difese ferocemente dal lento strangolamento in stile pitone dell'Amazzonia cui è sottoposto qualsiasi ribollio non conforme alle inveterate decretales che reggono lo spirito italico.

Ma forse anche solo iniziare con lo spezzare il maledetto monopolio dell'informazione eterocentrica sull'argomento omosessualità potrebbe aiutare moltissimo.

 

Servirebbe una sorta di mega seduta psicologica globale per guarire dalla Sindrome di Stoccolma.

 

La quale è difficilissima perché nessun rapito potrebbe mai osare di ammettere di essere innamorato del suo rapitore.

 

Qualsiasi discorso sulla sua fattibilità deve infatti obbligatoriamente scontrarsi con il fatto che l'ideologia geneticamente intrinseca degli italiani è conservatrice. L'individualismo forse non sarebbe un problema, perché è comunque centrifugo, ma il conservatorismo centripeto, moderato, livellatore, formalmente perbenista, sì.

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