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Come & dove (ri)conoscere e/o incontrare altr* ragazz* gay?


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Intanto ringrazio tutti per le vostre risposte. Confrontarsi la trovo sempre una cosa molto costruttiva.

Ci tengo a precisare che non mi aspetto che il ragazzo mi piova dal cielo senza che io faccia nulla per farlo accadere, né cerco il principe azzurro per riempire i miei vuoti o trovare una soluzione a tutti mali. Ciò che provo è la sensazione di desiderare qualcuno da amare, con cui divertirmi, con cui essere prima di tutto amico. Non penso sia una cosa sbagliata.

Per quanto riguarda Genova, ho tentato tutto il possibile. I miei amici sanno che sono gay, ho avuto brevi relazioni con un paio di ragazzi a scuola e avevo perfino contattato l'arcigay della mia città, il quale tuttavia credo non sia molto attivo, visto che tutti i miei tentativi di parteciparvi sono andati a vuoto o non hanno trovato risposta. Di locali ce ne saranno giusto un paio, e non mi hanno mai ispirato molto.

So di essere un po' anormale a non bere (ripeto che non è per strani motivi morali), a non amare le feste, e non è che stigmatizzi queste cose, semplicemente non sono molto "da me", nonostante mi sia accaduto di prendervi parte.

 

So anche che è raro a dir poco che accada di conoscere "lui" in un caffè o in una libreria, ma credo forse che magari in paesi come l'America o il Canada ci sia qualche probabilità in più che accada (o magari è solo una ragionevole speranza).

Il ragazzo con cui sono stato per più di un anno lo avevo conosciuto su un forum come questo, ma non mi è più capitato di incontrare qualcuno di interessante via internet, forse sono stato fortunato.

Be', continuate a scrivermi cosa ne pensate. Sentire le vostre opinioni è molto interessante, e ho già tratto un paio di spunti che potrebbero rivelarsi utili. :) Thanks!

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  • Phyl

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io penso che se i tuoi amici sanno che sei gay è il primo passo per avere il ragazzo. la cosa peggiore è vivere nascosti da tutti e con la paura che gli altri sappiano che sei gay, ti chiuderesti e le possibilità di avere il ragazzo diminuirebbero notevolmente.

 

devi avere un po' di pazienza e prima o poi l'avrai di nuovo un ragazzo.

@Phyl mi riconosco  molto in tutto ciò che dici ma purtroppo per il momento neanche io ho una risposta alla tua domanda che mi convinca fino in fondo… Se ci aggiungi poi che io mi son trasferito da poco in una città dove non si parla nemmeno l'italiano immagina quanto si siano ridotte le mie speranze.

@Norwood

 

ma dai: in svizzera tedesca come ti spiegai parlano tantissimi l'inglese e ci sono tanti gruppi di gay giovani.... e i gay vivono molto più apertamente che in italia....

 

certo che se passi tutto il tuo tempo solo coi tuoi compagni di classe e in famiglia hai poche possibilità....

Edited by marco7

Quello che dici tu è vero @marco7, ma è vero anche che innanzitutto l'inglese è per me una seconda lingua, ma lo è anche per tutti gli altri. Questo significa che fra di loro non staranno sicuramente a parlare in inglese quando e se dovessi andare in uno di questi gruppi e io di svizzero tedesco non ci capisco na mazza. Capisci che mi sentirei abbastanza escluso?

Comunque stiamo andando OT, se vuoi ne parlaimo per mp :)

Ciao a tutti, ho 18 anni e sono di Genova, una città che è a dir poco "morta" e ristagnante, soprattutto per quanto riguarda la scena gay. Spesso i turisti non hanno questa impressione, perché vedono un Acquario enorme, il mare, i piccoli vicoli caratteristici... Ma in realtà è quasi tutto abbandonato, e la presenza di qualche Medusa e pesce palla in una teca di vetro non si rivela molto utile per debellare la profonda noia e solitudine. Nella mia scuola, la più grande di Genova, c'è un solo ragazzo gay dichiarato, nonostante per ogni classe ci siano almeno 10 sezioni. L'unico ragazzo con cui sono stato, l'ho conosciuto su internet ed era di Milano. E a Genova, ci credete?, in 18 anni non ho mai visto una coppia omo tenersi per mano. A Milano mi sono bastati 15 minuti.

Il punto però è che ho passato del tempo anche a Milano, con una mia amica stranamente circondata da più amici gay che etero, nonostante lei non lo sia. Dico stranamente per il semplice fatto che ero abituato alla mia città. Il problema è che conoscendoli e passando del tempo con loro, mi sono reso conto che in un certo senso avevano il loro mondo, fatto di discoteche, feste, cose che io non amo particolarmente, non per pregiudizio, ma soltanto perché penso che il mio ragazzo, non parlo di principe azzurro, vorrei poterlo conoscere al di fuori di una sala affollata di discoteca, magari per strada, o in una libreria. È possibile che accada? O per conoscerlo dovrò visitare i luoghi di ritrovo, se li vogliamo chiamare così, come bar, locali, saune...?

Lo domando sia per l'Italia che per paesi stranieri come l'Inghilterra, New York, il Canada, la Francia.

Lo chiedo forse anche per il mio "essere" un po' strano: non sono molto festaiolo, non bevo mai alcol (non per motivi morali, semplicemente non mi piace), nonostante mi piaccia stare coi miei amici e divertirci e tutto il resto. Così mi chiedo se c'è un alternativa a questo, o non ancora.

Grazie,

F.

Non credo ci siano alternative, bisogna usare le cose che ci sono...

Grazie anche per queste risposte.

Forse, riassumendo ciò che voi tutti avete detto, e ciò che di conseguenza mi è venuto di pensare, credo che si potrebbe dire che per quanto riguarda l'Italia (non mi sento di generalizzare) incontrare il ragazzo perfetto (o anche solo uno interessante) in luoghi che non siano feste o discoteche è abbastanza raro. Ci sono gruppi di ragazzi e ragazze gay che porrebbero essere utili da questo punto di vista, come l'Arcigay (se la vostra città è abbastanza sviluppata da averne uno, non come Genova) però la mia paura è che alla fine anche se in quel momento in un luogo diverso da una discoteca, la discoteca e ciò che essa rappresenta continui ad essere una parte solida della "realtà" gay. Non so se si tratti del bisogno di avere un contesto dove essere se stessi, dove non ci sono rischi di discriminazione o di incomprensioni (come non capire se la persona che si ha di fronte porrebbe essere interessata o meno). Forse è tutto più diretto, ma ancora non mi sento di escludere altre alternative. Ad esempio, pensandoci, una volta mi è capitato che sul treno per Milano, senza che io dessi alcun segno della mia sessualità (e in più non sono per niente appariscente o effeminato), stavo solo leggendo un libro, un ragazzo ci abbia provato con me per tutto il viaggio. Al tempo, avevo il ragazzo, ma ricordo che il suo approccio mi ha molto sorpreso, soprattutto quando mi ha chiesto di andare insieme ad un museo (tornassi indietro lo farei senza pensarci due volte). E poi ancora voglio credere che magari altrove, in altri paesi, le cose siano almeno un po' diverse.

Per questo, in risposta al ragazzo che ha scritto che non ci sono alternative ai locali ecc ecc, risponderei con un'ulteriore domanda: se non ci sono, perché non inventarle?

@Phyl: ma guarda che anche in Canada e negli Stati Uniti non è che giri per strada e inciampi in un gay ogni volta che scendi dal marciapiede.

 

Potrebbe capitarti di flirtare con uno sconosciuto se stai prendendo un caffé nel quartiere gay di San Francisco o stai facendo compere nel quartiere gay di Montréal, ma altrove le probabilità si riallineano a quelle di qualunque paese occidentale e il "coup de foudre" col passante torna ad essere un evento extra-ordinario.

Edited by Sampei
Si tende a demonizzare il mondo dei divertimenti, della discoteca, delle feste, ecc senza però tenere presente che è proprio durante eventi di questo genere che si moltiplicano le occasioni in cui le persone

Sì ma non è che ti possono piacere per forza quelle cose.

Certo che no, ci mancherebbe, dicevo solo che una festa in una casa o una serata in un locale sono circostanze appositamente create per conoscer gente; in quello si esaurisce il loro fine principale, è per questo che sono la soluzione più semplice per molte persone.

 

"Vado ad una festa per conoscere persone" suona bene; "vado in libreria per conoscere persone" non suona per niente bene...

 

Ad una festa la "scusa" per far conoscenza si attesta sul minimo sindacale: sono lì per divertirmi ascoltando la musica, bevendo, chiacchierando ecc.

 

Esistono altre circostanze per conoscere nuove persone ma già lì la soglia della "scusa" per far conoscenza inizia ad essere più esigente: ad un raduno cinofilo ci si aspetta che io abbia un cane, ad una conferenza sui diritti umani si richiede che io sia perlomeno interessato alle tematiche dei relatori, ad una cena fra colleghi devo appunto condividere il posto di lavoro con gli altri, ad una riunione di forumisti esperti di barca a vela è essenziale che io partecipi al forum sulla barca a vela, ecc.

Ma cosa vorrebbe dire "non mi piacciono le feste"?

Una "festa" non è necessariamente una serata in discoteca sudati sul cubo,

potrebbe essere anche una cena di compleanno

o un'uscita al pub dove ciascuno invita un paio di amici gay single.

Che poi è il modo in cui normalmente si incontrano gli etero...

Non mi piacciono le feste. E' molto semplice in realtà. Io, personalmente, senza avere nulla di morale -ripeto- contro questo tipo di cose, mi sento a disagio in ambienti super affollati, o con la musica alta, o dove sia praticamente costretto a bere alcol, o a girare con una bottiglietta d'acqua mentre sono tutti un po' brilli. Non è il modo in cui mi diverto, e ciò non significa che non faccia "feste" di nessun genere coi miei amici, solo che non sono il tipo di feste a cui ho preso parte quando sono stato in locali a Milano o a Roma. Quelle che organizzavo con i miei amici non escludevano l'alcol per loro, o la musica, ma era l'ambiente a essere diverso. Magari eravamo semplicemente alla mia casa al mare, con una miriade di candele sparse per la sala, le luci spente, la musica, le sigarette (di nuovo loro perché io non fumo), e se non ballavamo chiacchieravamo o scherzavamo tra noi ecc ecc. Intendo dire, che non mi piacciano le feste non è una cosa che devo giustificare, e come ho detto dipende dal tipo di accezione assegnata alla parola festa. Se si tratta di quelle che mi è capitato di vedere in locali o eventi lgbt, no, non mi piacciono.

Sul fatto di ghettizzarsi, io, personalmente, lo trovo sbagliato. Credo che ci sarà davvero accettazione e comprensione delle differenze quando, oltre ad esserci locali per gay, ecc ecc, ci sarà però, anche, la possibilità di conoscere il tuo "lui" fuori dalla scatola di sicurezza. Essere gay non è una cultura o un movimento, non è qualcosa di cui creare un ghetto e fortezze dove si sia sicuri che a tutti i ragazzi piaccia il pene; essere gay è qualcosa di normale, e per quanto ci possa definire, ciò che definisce prima di tutto è soltanto la nostra sessualità, non il nostro modo di essere o di pensare. Altrimenti, si darebbe credito alle stupide barzellette del tipo "a tutti i gay piacciono il rosa e gli unicorni".

 

E poi non penso che questo sia il modo in cui normalmente si incontrano gli etero. Ci sono mille altre occasioni, come al lavoro, a scuola, e perché no, continuo a pensare anche in libreria o su un treno. Certo, può andare male, e si può essere rifiutati, ma questo può accadere in entrambi i casi. E se io fossi su un traghetto per nonsodove, e un ragazzo carino, mentre sono seduto su una panchina ad ascoltare la musica, mi chiedesse che musica ascolto, non lo prenderei per un maniaco, ma per una persona coraggiosa. Certo, io potrei non essere me e un altro gli avrà di sicuro detto " che cazzo vuoi, fr***o?", ma io gli direi semplicemente cosa ascolto.

 

Ed in ogni caso, continuo a credere che differenza ce ne sia molta fra l'Italia e l'America, ad esempio, o l'Inghilterra, o il Canada. Ad esempio, quando ho fatto tre mesi estivi in Scozia, non era strano vedere coppie baciarsi per strada, o letture di poesie in piano bar o caffè letterari dove semplicemente si potesse incontrare il tuo lui. A me è capitato di conoscere quello che adesso è il mio migliore amico, anche se a distanza, gay, perché proprio a una di queste letture, quando ancora ero fidanzato, mi è venuto a parlare (ci provava, e ora ne scherziamo un sacco) chiedendomi se mi stessi divertendo e se fossi straniero. Questo non mi è mai capitato, non solo a Genova, ma neanche nelle mie vacanze di una o due settimane dagli zii a Milano. 

Magari mi sbaglio, e, a dire il vero, lo vorrei molto, anche se non ci credo.

Edited by Phyl
Schlechtbumen

Il fatto è che te hai centrato il punto. Molti non hanno il coraggio per paura di essere giudicati da chi gli sta intorno oppure dallo stesso ragazo che vogliono conoscere e che potrebbe rivelarsi un omofobo insultando il malcapitato, o peggio, malmendandolo.

Per questo motivo, come dici te, ci si "ghettizza" perchè frequentando locali o discoteche per gay si sa di sicuro che un ragazzo che trovi carino è sicuramente gay o bisex senza temere nemmeno il giudizio di chi sta intorno. E questo è un motivo pressoché culturale. Come hai detto te nei paesi anglosassoni e protestanti ( e vorrei sottolineare l'ultima parola, assai importante ) non hanno paura perchè lì non c'è questa ostilità e l'omosessualità non è un tabù ( e penso anche perchè non c'è tutta questa malizia, all'italiana da paesino bigtto, nel vedere due ragazzi che si conoscono in un bar o in una libreria ).

Edited by Schlechtbumen

Ma cosa vorrebbe dire "non mi piacciono le feste"?

Una "festa" non è necessariamente una serata in discoteca sudati sul cubo,

potrebbe essere anche una cena di compleanno

o un'uscita al pub dove ciascuno invita un paio di amici gay single.

Che poi è il modo in cui normalmente si incontrano gli etero...

Oh, ovvio che quelle sono tutte buone occasioni, ma io quelle non sempre le chiamo "feste". Un'uscita al pub non la chiamo festa. 

Quindi "aumentare le probabilità di essere circondati da gay" è ghettizzazione?

 

Signori miei, si parla di 5% della popolazione, aggiungendo i repressi e gli inconsapevoli possiamo tirarlo su fino all'8%. Non di più.

Se amate sfidare le leggi della statistica fate pure, anche perchè siete perfettamente liberi di provarci con chi vi pare e in qualunque occasione vi capiti.

Ma non vi lamentate se il 92% delle volte il ragazzo che vi siede accanto sul traghetto non è gay.

 

Se invece ritenete che siano gli altri a doverci provare con voi... molto bene, aspettate e sperate.

 

PS: per favore non ditemi che andare ad una lettura serale di poesie non è una cosa da gay :)

Il 5% INCLUDE i repressi e gli inconsapevoli. 

Puoi alzarlo anche fino al 20%, ma devi includere tutti quelli che magari nell'adolescenza hanno una "fase gay", o tutti quegli eterosessuali che si palpeggiano occasionalmente. 

 

A parte questa precisazione, è vero la storia della ghettizzazione non convince. Voglio dire, potremmo anche dire potremmo provarci con tutti quelli che ci attirano indipendentemente dal fatto che sappiamo a priori che siano gay, ma questo richiede o una incredibile abilità nel riconoscere i gay a distanza oppure un muso durissimo per beccarci un sacco di rifiuti e magari qualche insulto, se non anche qualche botta in rari casi. 

Andare in posti dove sappiamo di essere circondati dai gay è un modo sensatissimo e naturale per aumentare le possibilità.

Sì, purtroppo crea una certa artificiosità... e infatti credo che questo sia il più grosso problema che un gay incontra nella propria vita sentimentale. 

Forse occorre un muso durissimo per accettare i rifiuti, o forse occorre solo un po' di coraggio, ma, personalmente, trovo sbagliato dover fare qualche cosa che non mi piace per "aumentare le possibilità" di conoscere qualcuno. Magari una lettura serale di poesie è una cosa da gay, come dice Sampei, ma, oltre ad essere tutto il contrario di una festa in discoteca, e non essere esclusivamente lgbt (visto che c'erano un sacco di ragazze, ragazzi, scrittori ecc), era qualcosa che mi piaceva fare, e l'unico motivo per cui sono andato non era flirtare con qualcuno, ma fare ciò che amo. Poi è capitato di conoscere proprio lì una persona speciale, ma non perché una lettura serale di poesia sia un posto da gay, ma perché ci siamo conosciuti non ballando ubriachi, ma in un luogo che entrambi amavamo, un luogo che aveva un significato.

E' ovvio, è raro. Mille volte ho passato intere giornate da solo, mentre ero là in Scozia, ma - e di nuovo ripeto che è una cosa personale - perlomeno non mi sono costretto ad una tristezza per me più grande, che sarebbe stata quella di andare ad una festa in cui non mi sarei sentito altro che malinconico e solo.

mentecritica

Non capisco perché in discoteca o in una festa devi bere per forza o comportarti come gli altri...Devi essere te stesso sempre e in qualsiasi situazione e fare quello che vuoi...

 

Io ci vado molto spesso in discoteca e bevo poco o nulla...E ho sempre conosciuto...

Ma infatti ragazzi se la mettete così sembra che invitarvi ad una serata in un locale o ad una festa da un amico sia peggio che trascinarvi sul patibolo.

 

L'appagamento di interessi personali e la conoscenza di nuove persone sono obiettivi che viaggiano su binari diversi. Le occasioni per soddisfare i primi non devono necessariamente coincidere con le occasioni per permettere\favorire\stimolare la seconda.

 

E poi su, dai, alle feste è pieno di gente che, dopo che ci hai scambiato due parole, ti rivela di essere a disagio, o annoiata, o che la folla la angoscia, o che socializzare la stressa, o che odia le feste\i locali\la gente ecc ed ecco che scatta il "oh ma dai anche io"....

 

Ci sta essere outsider: ma anche lì ti serve un contesto rispetto al quale esserlo.

Edited by Sampei

edit: con questo non voglio dire che una persona che odia le interazioni sociali debba per forza sentirsi condannata ad andare ad una festa o in un locale. C'è l'alternativa di cui ho già parlato all'inizio della discussione, cioè internet, oppure altri eventi culturali connotati in senso lgbt, che supplisce direi abbastanza bene consentendo interazioni molto meno stressanti per chi è timido.

Edited by Sampei

Per me andare ad una festa non è come andare ad un patibolo; altrimenti sarei già bell'e morto. E non è questo, in fondo, il nocciolo della questione, credo, anche se può essere un modo di affrontarla. Quello che non mi piace è che come dici molte persone ad una festa ti diranno "mi sento a disagio" o "mi annoio"; così come magari stai pensando tu proprio in quel momento. Mi domando allora perché, se così tante persone non amano un ambiente del genere, o comunque ne preferirebbero uno diverso, non c'è, al costo di inventarla, un'alternativa. Va bene, ci sono internet ed eventi lgbt di vario genere, che, personalmente, apprezzo un po' di più perché perlomeno non mi sento tanto a disagio quanto in un locale (ripeto per la millesima volta che è una cosa mia, non giudico minimamente e in nessun modo), Solo che, senza parlare di ghettizzazione, e ripetendo qualcosa che ho già detto, trovo che la vera parità di diritti, la vera uguaglianza ci sarà solo quando non ci sarà il bisogno di avere come unica possibilità locali esclusivamente gay o pride o eventi, e quando si potrà vivere la propria sessualità liberamente, e se si verrà rifiutati non sarà diverso che il rifiuto che un etero potrebbe esprimere verso una ragazza o viceversa. Qualcuno ha detto che anche gli etero flirtano tutti in discoteche o serate o feste; non credo sia così, e penso che quando sarà la stessa cosa per i gay, allora ci sarà accettazione, allora ci sarà libertà. Ed è per questo che ho cominciato il post, accorgendomi di come praticamente per tutti i ragazzi gay che conosco la discoteca e quel tipo di socialità siano una parte importante e solida della loro realtà, più, credo, di quanto lo sia in generale.

Oggi, non c'è ancora quell'uguaglianza, e capisco comprendo accetto il significato e l'utilità di locali ed eventi specifici, ma non smetto di sperare in qualcosa di diverso, a costo di doverlo inventare creare trovare.

Guest Ernesto

Sai bello , il mondo è vario... Non è mai facile capire dove poterlo conoscere veramente , dobbiamo vivere nella casualità , oppure ricorrere ad ambienti per ''noi'', chat , palestre (di solito però lì nn si dichiara nessuno per paura essendo luoghi in cui regna la maschera della virilità) oppure ad associazioni per gay .. Bacio :)

 

 


Solo che, senza parlare di ghettizzazione, e ripetendo qualcosa che ho già detto, trovo che la vera parità di diritti, la vera uguaglianza ci sarà solo quando non ci sarà il bisogno di avere come unica possibilità locali esclusivamente gay o pride o eventi, e quando si potrà vivere la propria sessualità liberamente, e se si verrà rifiutati non sarà diverso che il rifiuto che un etero potrebbe esprimere verso una ragazza o viceversa.

 

Se fosse come dici tu non ci sarebbero locali gay nei Paesi molto tolleranti

e invece sai qual è la verità? Più il Paese è tollerante, più locali gay ci sono:

se davvero vuoi conoscere omosessuali per strada, mi sa che devi andare in Iran :)

 

Infatti all'estero non ci sono solo i "locali gay": ci sono interi "quartieri gay"

con il macellaio gay, il farmacista gay, la libreria gay e il fruttivendolo gay:

ma nonostante questo ci sono ANCHE i locali gay

perché anche alle persone omosessuali dà un po' fastidio chi ci prova per strada.

 

 

palestre (di solito però lì nn si dichiara nessuno per paura essendo luoghi in cui regna la maschera della virilità)

 

No, guarda... io in palestra non mi dichiaro per lo stesso motivo

per cui non mi dichiaro quando vado in banca o dal barbiere.

Sarà pur vero che nei paesi più tolleranti ci siano più locali/eventi/quartieri gay; ma il mio post non è indirizzato a decostruirne la validità o a criticarli, anche se in molti lo avete letto in questa chiave. Per quanto mi riguarda, non ho proprio niente contro luoghi specificatamente lgbt, ed il mio post non è sulla ghettizzazione o argomenti del genere. Il fatto che a New York, o in altre grandi città più tolleranti di qua (ma nessuna è perfetta), ci siano interi quartieri gay, con negozi librerie lavanderie e quello che vuoi gay, non esclude il fatto che proprio in queste città ci siano più probabilità che qua di conoscere ragazzi gay al di fuori di eventi prettamente indirizzati a questo scopo. Non esclude che ci sia un'alternativa, che due ragazzi si possano semplicemente conoscere a scuola, a un museo, a una serata, ad un concerto, ad una conferenza o in un caffè, senza che questo faccia parte del quartiere gay.

Ovviamente potete essere contrari, ci tengo a sottolineare che è il mio punto di vista, e che sono prontissimo a ritrattarlo; personalmente ritengo sia così, basandomi sulla mia esperienza delle estati in Scozia, Inghilterra e New York, ma non ho mai vissuto in nessuno di questi paesi per più di uno/due mesi l'uno, quindi se qualcuno ne ha una conoscenza più approfondita, sono tutto orecchie.

Sì, credo che la cosa dipenda dal rapporto che c'è tra la struttura e l'ambiente attorno: è ovvio che, per fare un esempio, se ogni domenica sera il Borgo di Milano fosse circondato da naziskin (metà dei quali si scoperebbero volentieri un uomo, ma gli piace di più l'autoscissione) vogliosi di pestare qualche "frocio" ci sarebbero molti meno locali di quanti non ce ne sono attualmente.

 

Forse la quantità di locali ad hoc non è tanto testimone di una ghettizzazione, quanto di un buon rapporto tra le due parti in questione che favorisce la libertà di entrambi. 

 

Per il resto ti dico: frequento una delle università che dovrebbe avere più gay di tutta Milano e ti garantisco che, fino ad oggi, non ne ho incontrato ancora uno. E il mio istinto oltretutto canna difficilmente.

Questo significherebbe che all'università non ci sono gay (cosa che va anche contro le statistiche) o che non c'è ancora abbastanza apertura perché possano semplicemente e liberamente riconoscersi? I ragazzi che si incontrano in un locale o ad una festa non vanno ad un'università, non studiano come fai tu? Loro non esistono solo in quei locali e in quei momenti, solo che altrove non c'è ancora abbastanza accettazione e uguaglianza perché non desiderino ridursi a quelle nicchie dove la paura di essere rifiutati è minore.

Ma essere gay non è un movimento o un fatto culturale. Essere gay non definisce tutto ciò che siamo, i nostri ideali, valori, significati, pensieri. Ciò che definisce è il nostro orientamento, ma per il resto io mi sento una persona con mille caratteristiche diverse, che come qualsiasi etero o non vorrebbe conoscere la proprià "metà" anche al di fuori di un locale, vorrebbe potersi esprimere in qualsiasi luogo, senza paura di essere discriminato. In fondo, anche gli etero vengono rifiutati, ma questo significa che tutti, allora, si dedichino esclusivamente alle ragazze facili con le quali non c'è possibilità di rifiuto? Non credo.

L'errore è che riducete l'omosessualità a qualcosa che riguarda solo sesso o fidanzato. Non funziona così. Ha un ruolo nella vita sociale e infatti quelli che trovano più facilmente il ragazzo sono quelli che hanno una rete di conoscenze gay nella vita reale.

Certo, essere gay ha un impatto sociale come qualsiasi altra cosa. Perfino avere i capelli rossi ha una sorta di impatto sociale, avere un genitore di origini straniere, essere sovrappeso, avere la pelle di un colore diverso da quella di chi vive nel tuo stesso Stato... tutto ciò ha anche delle ritorsioni sociali, ma non per forza deve significare la sua trasformazione in movimento. Se tutti quelli con i capelli rossi frequentassero altri solo con capelli rossi, andassero in locali di persone coi capelli rossi e quartieri dello stesso tipo, e se lo stesso accadesse per ogni cosa che almeno un po' ci distingue, dove sarebbe l'uguaglianza? Rendere un fatto culturale (come l'essere punk, skinhead, o appartenenti a qualche setta) l'essere gay equivale a trasformarlo in una subcultura, e ciò comporta che le persone possano liberamente dire "approvo" o "non approvo", come farebbero con i punk. Ma essere gay è normale, è qualcosa che attiene prima di tutto alla nostra sessualità, e solo dopo si traduce in impatto sociale, per via del contatto con le strutture sociali esterne. Se si dicesse con semplicità "alcune persone sono gay, ma per il resto sono esseri umani come te" (un po' come dicevano i famosi adesivi "some people are gay, get over it") credo si sarebbe un passo più vicini ad una vera uguaglianza e non a questa sorta di indifferente accettazione.

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