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Sentirsi dare del gay da bambino


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Ciao a tutti, questa è la mia prima discussione!

Molto brevemente, io non credo che l'omosessualità sia una malattia o un disturbo da curare MA non è detto che il nostro orientamento sessuale, come il resto della nostra persona, non possa essere plasmato anche dalle esperienze e dall'ambiente in cui cresciamo e viviamo. Ad ogni modo qualsiasi sia la causa dell'omosessualità non c'è comunque alcun pretesto per crederla qualcosa di negativo.

 

Detto questo, quello che vi voglio chiedere è questo:

per un bambino molto sensibile ed insicuro, che cresce in una famiglia non proprio equilibrata, secondo voi, sentirsi dare del gay dai coetanei, che si suppone dovessero essere suoi amici, prima ancora di sapere bene cosa effettivamente voglia dire essere gay, lo si può considerare un trauma se poi lo si vive male e il pensiero di queste prese in giro se lo porta fino ai 20 anni?

 

Grazie, ciao! 

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https://www.gay-forum.it/topic/27735-sentirsi-dare-del-gay-da-bambino/
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È tutto molto vago e dipende dal carattere della persona.

Moltissimi bambini ritenuti come deboli/timidi sono stati etichettati come gay/ciccione/secchione/quattrocchi etc.

Ovviamente dipende anche dal modo e la costanza con cui vengono rivolti.

Ciao e benvenuto,

 

beh, se non sai neanche cosa significa, ad una certa età, non credo sia un trauma. Trauma de che? :D

Dopo, a significato conosciuto,, potrebbe anche esserlo, perché no. Come tante cose, senza però banalizzare!

Tuttavia mi chiedo: c'è forse un motivo per cui QUEL bambino era chiamato gay? E ancora, perché si vive male la cosa? La si può vivere male come no, non pensi? Sarebbe stato uguale se t'avessero detto che sei un mostro con la lingua biforcuta?

Io la butto lì per la riflessione personale, null'altro ;).

Edited by Fe92

Grazie!

 

Anche se non sai cosa significa, senti che te lo stanno dicendo con cattiveria, come fosse qualcosa di brutto, e poi ti isolano quindi è difficile fraintendere.

Senza dubbio c'è un momento di confusione che lascia il segno, anche se non si sa fino a quanto lascia il segno.

Il motivo  suppongo proprio che sia l'effeminatezza ed i modi gentili e pacati.

 

per la mia esperienza è stato molto difficile (se non si è capito parlavo di me in terza persona) più che altro perchè non mi hanno lasciato scelta.

o stai con le bambine o stai da solo, noi non ti vogliamo.

 

MA sarebbe stato lo stesso se magari mi avessero discriminato chiamandomi con altri nomi come secchione, quattrocchi ect in quel caso mi sarei sentito allo stesso modo ma non sarei qua

a menarvela!  :unknw:

IvanUlgamoth

Ciao!

 

Scusa la franchezza, ma la tua più che una domanda sembra un'affermazione ed uno sfogo :)

E forse più che di una risposta hai semplicemente bisogno di essere ascoltato, compreso e consigliato.

 

E sei nel posto giusto per farlo, spero! ;)

Edited by IvanUlgamoth

per un bambino molto sensibile ed insicuro, che cresce in una famiglia non proprio equilibrata, secondo voi, sentirsi dare del gay dai coetanei, che si suppone dovessero essere suoi amici, prima ancora di sapere bene cosa effettivamente voglia dire essere gay, lo si può considerare un trauma se poi lo si vive male e il pensiero di queste prese in giro se lo porta fino ai 20 anni?

 

 

ma tutto questo discorso significa che hai sofferto e soffri per le prese in giro dei compagni rispetto al fatto di essere gay?

Certo che è traumatico, lo sarebbe per tutti, a prescindere dall' essere cresciuti in una famiglia piu o meno equilibrata

ma il problema non è il definirti gay ma l'accezione negativa che ne davano loro

poi non ho ben capito se tu pensi che l' essere gay dipenda da fatto che gli altri ti  consideravano tale

Edited by prefy

Eh, mi sembra quasi il genere di topic che potrei aprire anch'io, che ho pure 20 anni!

Dopo un trasferimento voluto dai miei, mi sono trovato in un contesto di avvoltoi, ovvero le scuole medie, da solo, introverso, sensibile e insicuro. L'idea però non era "o stai con le bambine o stai da solo, noi non ti vogliamo", ma direttamente: "stai da solo".

Ho sofferto molto per questo, ma aggiungi all'isolamento una situazione familiare difficile e ottieni il cocktail perfetto della confusione adolescenziale. Perché sì, non sapevo neanche come ero.

 

La sitazione è un po' migliorata col passare del tempo e con il liceo frequentato da pendolare, che mi ha permesso di cambiare contesto.

Poi in realtà è come se il "problema" fosse passato in secondo piano, per riaffiorare più avanti perché un po' troppo soffocato. Ora però , se non altro, so chi sono. Dovrei farlo sapere agli altri, però, altrimenti diventa un mero soliloquio XD

 

La domanda che ti poni è una domanda che mi son fatto anch'io in passato, ovvero se quello che ho subito possa avermi condizionato a tal punto. Francamente non lo so, ma attribuire ai miei aguzzini un tale potere non mi va, quindi preferisco pensare di no.

E non mi piace neanche la teoria del "gay ci nasci". Ma perché non credo si nasca neanche etero.

Poi a un certo punto arrivo ad una tranquillità relativa, chiedendomi: "Ma perché pensarci? A che pro?"

In fondo la domanda "Come si diventa gay?" è una domanda mal posta. La domanda più corretta sarebbe, credo, "Come si diventa chi si è?".

Take it easy ;)

 

 

[un altro papiro... devo iniziare a limitarmi XD]

No, di per sé non lo definirei "trauma" perché per trauma sarei portato

ad identificare un fatto specifico, di forte impatto, imprevedibile.

 

Certamente è una esperienza di marginalizzazione e discriminazione precoce

che può influire sulla formazione del carattere e della personalità ( in vari modi )

 

 

 


Moltissimi bambini ritenuti come deboli/timidi sono stati etichettati come gay/ciccione/secchione/quattrocchi etc.

 

Questa affermazione detta così è politicamente sbagliata

 

E' giusto ed a livello anche intuitivo di sollievo psicologico dire ad un bambino o ad un ragazzino che vive

una situazione del genere: guarda che non sei il solo...discriminano anche Ciccio ( perchè grasso ) Amir ( perchè

straniero ) Marco ( perchè nerd secchione-quattrocchi )

 

Però le situazioni non sono comparabili, perchè Ciccio sa di essere grasso e di poter scegliere se rimanerlo

o dimagrire, Marco sa di essere apprezzato dagli adulti e che crescerà, Amir invece no subisce del razzismo

al pari dell'omofobia però almeno ne può parlare apertamente coi genitori.

 

La peculiarità del bambino che si sente dare del gay è che subisce una forma di razzismo rispetto a cui non

dispone di difese culturali, né di appoggi dal mondo adulto

 

Politicamente noi lo dobbiamo dire, non dobbiamo ridimensionare il problema...altrimenti come facciamo

a pretendere che l'omofobia sia combattuta come fenomeno sociale?

Mettiamola così:

Ciccio non è più grasso della media degli altri bambini

Amir potrebbe ricoprire la parte del bullo se non fosse per il suo carattere

Marco potrà anche avere il favore degli adulti (delle maestre in particolare) ma questo non farà altro che alimentare gli insulti dei compagni.

 

Cioè questi insulti sono grossomodo svincolati da quanto la parola rappresenta (come quanto si da del figlio di troia, di solito non si vuole sottolineare che il soggetto in questione è nato da una prostituta, quanto che si comporti da stronzo).

Il meccanismo consiste nel trovare una o più persone deboli e poi prenderle di mira con insulti che permettano di mettersi in mostra. Se il soggetto è sovrappeso gli si darà del ciccione, se è magro dello stecco, se prende bei voti del secchione, se prende brutti voti dello stupido e via dicendo.

Il vero problema è che gay sia percepito nella società comune come insulto...

Che tu la pensassi così l'avevo capito, il problema è che per me è sbagliato XD

 

L'idea cioè che l'insulto sia svincolato dal significato della parola usata, tale

per cui ogni insulto equivale all'altro è esattamente quel meccanismo di rimozione

dell'omofobia, in cui siamo cresciuti e ci ha portato a credere esattamente questo

 

Questo può valere per un bambino di 3 anni che dica "cacca" per impressionare

gli adulti, ma cessa di essere vero per parole come "negro di ****" o "frocio"

Detto questo, quello che vi voglio chiedere è questo:

per un bambino molto sensibile ed insicuro, che cresce in una famiglia non proprio equilibrata, secondo voi, sentirsi dare del gay dai coetanei, che si suppone dovessero essere suoi amici, prima ancora di sapere bene cosa effettivamente voglia dire essere gay, lo si può considerare un trauma se poi lo si vive male e il pensiero di queste prese in giro se lo porta fino ai 20 anni?

 

Sì. Io mi vergognavo, quando feci coming out, più che altro perché era passato sì e no un anno da quando avevano smesso di darmi del frocio...e mi toccava pure ammettere che quelli che me lo dicevano avevano ragione! Tragicomico.

 

La peculiarità del bambino che si sente dare del gay è che subisce una forma di razzismo rispetto a cui non

dispone di difese culturali, né di appoggi dal mondo adulto

 

E' difficile "proteggersi" quando ci si sente dare del finocchio...specie poi quando già inizi a intuire che lo sei, o quando al campo scuola venti prepubescenti ululanti ti etichettano così.

 

Resta, in generale, l'inciviltà dell'insulto; io non ricordo (l'avrò rimosso probabilmente) di aver mai preso in giro PER PRIMO qualcun'altro.

Questo mi ha reso un po' snob, arrogante anche; però se io bimbo non ti prendo in giro e tu compagno di banco lo fai, allora rivendico il mio diritto a detestarti cordialmente. Per inciso, non sono riuscito neanche a detestare davvero chi mi insultava, la cosa era cagione di ansia e dispiacere ma non di palese maleducazione da parte mia. Se ben ricordo capitava pure che passassi i compiti ai miei "aguzzini", e non tanto perché mi rompevano le scatole, quanto perché davvero volevo fare amicizia.

Ero un bambino troppo "educato", troppo "colto" e "troppo ben vestito" (per la gioia di mamma e papà) per risultare divertente ai coetanei; non mi sento nemmeno di criticarli, ché a parte un paio di ragazzini realmente bulli, gli altri non sapevano bene come parlarmi e io non sapevo bene come rispondere. Difatti non ho grandi ricordi di amicizie ai tempi dell'infanzia. Genitori che si crogiolano delle prestazioni scolastiche o delle buone maniere dei figli andrebbero fucilati, perché io ero talmente spaventato (dai divieti, dalle regole, dalla possibilità di fallire in qualcosa) che crescendo son diventato un adulto decisamente nevrotico...gli "adulti" vicino a me credevano che io fossi una specie di genio perché invece di giocare a pallone sfogliavo le enciclopedie (vagamente Asperger come passatempo),ma non si preoccupavano di spingermi a trovare dei modi per socializzare, o non mi davano consigli al riguardo. Di tanto in tanto, nel tempo, ho reagito assumendo temporanei comportamenti distruttivi e autodistruttivi, più o meno eclatanti

.

La diffidenza per il mondo è rimasta. Anzi, direi che oggi a 27 anni suonati sono un vero disadattato :D

 

 


La peculiarità del bambino che si sente dare del gay è che subisce una forma di razzismo rispetto a cui non
dispone di difese culturali, né di appoggi dal mondo adulto

Già. È quello che è capitato anche a me. Diciamo che il "trauma" ci può essere, ma dipende dall'intensità e dalla frequenza delle offese e dal carattere di chi viene offeso: c'è chi non se ne frega, chi subito si offende, chi non dice nulla, chi reagisce...io da piccolo ero quello che non reagiva, che subiva in silenzio e covava rancore. Con gli anni ho capito che nessuno può permettersi di cucirti qualcosa addosso, indipendentemente dal fatto che abbia ragione o no. Sono gay? Ok, mi sta bene così. Perché non può star bene anche a te, bulletto da strapazzo, tant'è vero che usi questo termine addirittura per offendere? Il problema secondo me è che dare del frocio a qualcuno nella nostra società, soprattutto in Italia, è considerata tra le offese più grandi che si possano fare a un ragazzo, o peggio a un bambino. Per chi usa "gay" per offendere, questo termine è sinonimo di effeminato e quindi contrario di virile. Sono preconcetti sbagliati che andrebbero estirpati alla radice, ma è molto diffcile. Se accadrà sarà tra molto tempo.

Obiettivamente io a coloro che dicono che non gliene frega niente

non credo

 

Certo si può imparare anche a "fregarsene" ( come dicevo non deve intendersi

come un trauma irreparabile ) ma lo si impara eventualmente a partire da una

situazione iniziale in cui ci si sente "feriti"

 

Si può in effetti reagire all'offesa, ma qui c'è il problema rispetto ad altre forme

di razzismo

 

Se mi prendono in giro perché nero-asiatico-straniero io ho ( o potrei avere )

delle figure di riferimento positive a partire dai miei genitori che sono come me

e che peraltro mi hanno insegnato che sono gli altri bambini ad essere stupidi e

che siamo tutti uguali etc

 

Questo ad un gay non può capitare, perché l'idea assolutamente predominante

è che l'omosessualità sia  - nell'ipotesi più ottimistica - una disgrazia a cui tocca

rassegnarsi

 

Diventa quindi obiettivamente più difficile reagire

 

Io questo lo dico perché so che poi ci sono ragazzini che si colpevolizzano pure

per il fatto di non essersi difesi

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