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Gli itagliani sono il popolo più ignorante d'Europa


Oscuro

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io concordo tuttosommato con @losvedese.

"Ho visto scuole all'estero (elementari, medie e superiori) con aule attrezzatissime con tanto di pc a ogni banco e lavagne elettroniche"  sicuri che in questo modo si venga su piú svegli e piú capaci?

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L'istruzione teorica non è un male! L'inglese non lo si impara all'università, ma fuori! Ho ampiamente criticato ai tempi la decisione del politecnico di tenere tutti i corsi di laurea magistrale in Inglese. L'inglese è importante, ma non è di primaria importanza. Se lo parli e non conosci i concetti, nel mondo del lavoro vali comunque meno di zero.

Gli italiani non hanno meno competenze, ma sono in media più svogliati.

Io quando stavo in Italia mi son fatto il culo ed alla fine della triennale sono andato all'estero.

Ho avuto modo di notare che in fluidodinamica sono più preparato degli studenti del MIT e di Stanford con cui ho avuto a che fare, anche se sono le prime due università in classifica nell'ambito (costano però 50000$ all'anno).

Ci vogliamo mettere in testa che l'università ed il modo di viverla dipendono da NOI?!

TUTTO il sistema scolastico e universitario va riformato profondamente ma tanto eh perché a colpa non è mai solo da nessuna parte...Tu stesso sei andato all'estero, perché non sei rimasto in Italia? Ritornando al tema...Come mai i ragazzi non si laureano? O, come mai una volta ottenuto il pezzo di carta non trovano lavoro? Come mai i nostri colleghi degli altri Paesi (Uk, USA, Svezia, Germania, Norvegia, ecc...) Si laureano e, molti di questi, s'inseriscono bene nel mondo del lavoro? Solo colpa dei ragazzi svogliati? Come mai molti ragazzi italiani sentono la necessità di scappare dall'Italia? Dici che l'inglese non s'impara sui banchi, l'inglese non s'impara sui banchi perché la materia non viene presa sul serio quando dovrebbe essere la materia più importante in tutti gli indirizzi scolastici e non fare 2/3 ore settimanali al pari di educazione fisica...

 

Poi in altri Paesi ci sono associazioni che aiutano i giovani a trovare lavoro, a realizzare le loro idee o li aiutano a studiare dandogli dei prestiti...Tutto ciò in Italia c'è?

 

A me sembra che i ragazzi italiani sia quando studiano e sia quando non studiano sono lasciati a se stessi...Motivo per cui si trovano in difficoltà...Poi oh magari hai ragione te, nessuno si vuole fare il culo come ti sarai fatto te...Boh...Ma quasi il 50% di disoccupazione giovanile in un qualsiasi Paese è un dato drammatico e tra questi ci sono tanti laureati...

 

Sono laureato pure io ma tornando indietro non studierei più in Italia tutta la cultura che ho immagazzinato non mi è mai servita a nulla per i lavori che ho fatto e il lavoro che sto facendo, anche perché nessuno ai colloqui mi chiede di Dante, Ariosto o Puccini anzi, con tutta probabilità, manco sanno chi sono...

 

@redneck se uno è tarato o svogliato lo è con il libro e pure con il pc...Ma il sistema scolastico deve adeguarsi ai tempi...All'estero fin da bambino sei instradato con la finalità del mondo del lavoro, in Italia questo concetto non c'è...

 

Questo è un liceo inglese, nemmeno in una zona chic o chissà che: http://www.lesoco.ac.uk/courses-home-yp

 

Guardate com'è strutturata, organizzata e finalizzata al mondo del lavoro, la differenza sta qui...Là pensano al lavoro e vengono introdotti a questo mondo all'età di 14 anni, i ragazzi che frequentano le scuole superiori in Italia a 14 anni pensano a ai videogiochi e le scuole cadono a pezzi...

Edited by mentecritica
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TUTTO il sistema scolastico e universitario va riformato profondamente ma tanto eh perché a colpa non è mai solo da nessuna parte...Tu stesso sei andato all'estero, perché non sei rimasto in Italia? Ritornando al tema...Come mai i ragazzi non si laureano? O, come mai una volta ottenuto il pezzo di carta non trovano lavoro? Come mai i nostri colleghi degli altri Paesi (Uk, USA, Svezia, Germania, Norvegia, ecc...) Si laureano e, molti di questi, s'inseriscono bene nel mondo del lavoro? Solo colpa dei ragazzi svogliati? Come mai molti ragazzi italiani sentono la necessità di scappare dall'Italia? Dici che l'inglese non s'impara sui banchi, l'inglese non s'impara sui banchi perché la materia non viene presa sul serio quando dovrebbe essere la materia più importante in tutti gli indirizzi scolastici e non fare 2/3 ore settimanali al pari di educazione fisica...

 

Poi in altri Paesi ci sono associazioni che aiutano i giovani a trovare lavoro, a realizzare le loro idee o li aiutano a studiare dandogli dei prestiti...Tutto ciò in Italia c'è?

 

A me sembra che i ragazzi italiani sia quando studiano e sia quando non studiano sono lasciati a se stessi...Motivo per cui si trovano in difficoltà...Poi oh magari hai ragione te, nessuno si vuole fare il culo come ti sarai fatto te...Boh...Ma quasi il 50% di disoccupazione giovanile in un qualsiasi Paese è un dato drammatico e tra questi ci sono tanti laureati...

 

Sono laureato pure io ma tornando indietro non studierei più in Italia tutta la cultura che ho immagazzinato non mi è mai servita a nulla per i lavori che ho fatto e il lavoro che sto facendo, anche perché nessuno ai colloqui mi chiede di Dante, Ariosto o Puccini anzi, con tutta probabilità, manco sanno chi sono...

 

@redneck se uno è tarato o svogliato lo è con il libro e pure con il pc...Ma il sistema scolastico deve adeguarsi ai tempi...All'estero fin da bambino sei instradato con la finalità del mondo del lavoro, in Italia questo concetto non c'è...

 

Questo è un liceo inglese, nemmeno in una zona chic o chissà che: http://www.lesoco.ac.uk/courses-home-yp

 

Guardate com'è strutturata, organizzata e finalizzata al mondo del lavoro, la differenza sta qui...Là pensano al lavoro e vengono introdotti a questo mondo all'età di 14 anni, i ragazzi che frequentano le scuole superiori in Italia a 14 anni pensano a ai videogiochi e le scuole cadono a pezzi...

In Italia non esistono laboratori per la ricerca che sto portando avanti, non perché non amassi la mia università (che mi ha comunque portato via 3 anni della mia vita).

Se i ragazzi non si laureano perché gli esami sono troppo difficili, forse farebbero meglio a cambiare facoltà. Io ho avuto professori stronzi (e già questo termine è un eufemismo) ma nonostante tutto sono stati proprio coloro che mi hanno insegnato di più.

L'inglese non lo si impara a scuola semplicemente perché lo si impara parlandolo, meglio se con madrelingua. Quindi si deve preparare la valigia e partire per un programma di scambio (i licei finanziano questi progetti per gli studenti più meritevoli e motivati).

 

Perché non iniziamo a farci un esame di coscienza e a guardare anche ad eventuali sbocchi lavorativi quando scegliamo un corso di laurea piuttosto che un altro? E' giusto scegliere ciò che ci piace, ed è anche meglio se riusciamo ad unire ciò che ci piace a ciò che può permetterci di sopravvivere, ma sarebbe anche il caso di pensare, ogni tanto, alle conseguenze delle nostre scelte.

 

I ragazzi non sono abbandonati a sé stessi. I ragazzi, se vogliono, le occasioni se le creano.

Edited by losvedese
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I ragazzi non sono abbandonati a sé stessi. I ragazzi, se vogliono, le occasioni se le creano.

La società italiana condivide una caratteristica con quella tedesca: il paternalismo. Paternalismo che però è spontaneamente effettuato dalla pubblica amministrazione tedesca a fronte di un'utenza indifferente, mentre è preteso dall'utenza italiana a fronte d'una pubblica amministrazione per quanto possibile inerte ma idealisticamente tarata sulla sécurité sociale francese.

 

Una popolazione che esige "assistenzialismo ESISTENZIALE" è una popolazione nella quale i meccanismi sociopolitici si fanno pericolosi perché gli strati bassi della popolazione esigono deresponsabilizzazione. E infatti il fascismo lo abbiamo inventato noi.

 

Il totale disinteresse da parte della classe dirigente nei confronti della ricerca è facilmente spiegabile con un altro tragico problema di mentalità: il culto del parassitismo, il malcelato desiderio di vivere di rendita che è geneticamente intrinseco nel cervello di qualsiasi essere umano abbia cultura italiana: questa mentalità porta a ripudiare gli investimenti di lungo periodo e le pianificazioni progettuali d'equipe per potersi concentrare sul ricavo immediato. Bisogna strappare il più possibile per potersi ritirare dai giochi il prima possibile con in mano quanta più ricchezza possibile. La mentalità italiana ha caratteristiche antiimprenditoriali per eccellenza: è una mentalità di stampo agricolo e terzomondista, perché mentre gli altri paesi occidentali gestivano privatamente e borghesemente le loro rivoluzioni industriali, noi eravamo troppo indietro e il primo accenno di sviluppo industriale s'è impiastricciato troppo presto di questioni ideologiche totalitarie prima di potersi liberare del culto del latifondo.

 

La mentalità della classe dirigente italiana è una mentalità in un certo senso spiccatamente bancaria, una mentalità di sfruttamento e dunque la più anti-produttivistica possibile. Se poi si aggiunge la corruzione ambientale (cioè talmente in uso da essere ormai un fenomeno connaturato alle attività pubbliche) e l'elevatissimo tasso di impunità, il quadro diventa miserabilmente chiaro.

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Io non credo affatto che le nostre università siano tra le peggiori al mondo (e non ci sono classifiche che dicono questa cosa...).

 

Ci sono diversi problemi in ambito universitario, assolutamente. Primo tra tutti l'accessibilità a CHIUNQUE, e non mi riferisco a livello economico, sia chiaro. C'è gente che resta in università parcheggiata anni ed anni, un po' di sano sbarramento all'entrata aiuterebbe.

 

No, non ci sono classifiche in questo, ma ci sono invece classifiche dove nessun ateneo italiano è nei primi posti non dico nel mondo ma nemmeno in Europa : http://it.wikipedia.org/wiki/Academic_Ranking_of_World_Universities

 

battuti pure da Finlandia e Israele che hanno 1/10 della nostra popolazione...

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Le occasioni te le crei andando all'estero.

Ho centinaia dei miei colleghi che, essendosi fermati alla triennale ed in Italia hanno comunque trovato lavoro.

Se poi uno non studia e vuole uno stipendio a quattro zeri, beh, quello è un altro paio di maniche.

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Ma stai zitto, devi solo portare rispetto a tutti i disoccupati e gli immigrati italiani! Anche io conosco gente che ha preso subito il posto, con le raccomandazioni però! E quando dico con raccomandazioni lo dico con consapevolezza, sapendo chi li ha raccomandati!

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Ma stai zitto, devi solo portare rispetto a tutti i disoccupati e gli immigrati italiani! Anche io conosco gente che ha preso subito il posto, con le raccomandazioni però! E quando dico con raccomandazioni lo dico con consapevolezza, sapendo chi li ha raccomandati!

Bene. Allora son tutti raccomandati, come dici tu. Ti fa sentire meglio pensare che solo i raccomandati trovino lavoro in Italia? Perché, sai, non è proprio così. A me alla fine della triennale era stato proposto un lavoro come disegnatore CAD in uno studio, lavoro che ho rifiutato per poter proseguire nella mia carriera di studente-ricercatore. Non sono raccomandato e sono un "calabrese di merda", come gentilmente venivo apostrofato dai miei colleghi all'università. Come supporti la tua teoria?

Edited by losvedese
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Si vede che non conosci l'italiano perché qui non ho proposto nessuna tesi, anzi mi sembra che tu ne abbia promossa una dicendo che i disoccupati italiani sono dei viziati.

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AndrejMolov89

Bisogna stare calmini. Dipende dai corsi di laurea scelti. Gli ingegneri sono figure onnicomprensive e che sostanzialmente possono prendere qualsiasi lavoro in campo tecnico a prescindere dalla loro formazione (un po' come gli archi"tutto", solo leggermente competenti). Difficilmente un ingegnere rimane a spasso, anche se esce a furia di calci in culo o dieci anni dopo. Il problema degli ingegneri è che vengono presi come i geni della lampada ovvero si trovano assunti in posti ove o le loro competenze sono sprecate, oppure in posti di lavoro in cui non è sufficiente la preparazione ricevuta.
Se, invece, parliamo di altri corsi di laurea difficilmente un geologo triennale può trovare un lavoro, già fa fatica un magistrale. Bisogna ammettere che non tutti i corsi di laurea sono uguali per quanto concerne il mondo del lavoro, premesso questo è logico che esistano delle differenze sostanziali tra l'esperienza di un geologo o un ingegnere, o di qualsiasi altro corso di laurea. La questione è che non tutti i percorsi formativi hanno necessariamente un bacino occupazionale molto elevato. A prescindere dall'assurdità per una figura professionale come quella del geologo di non trovare lavoro in Italia, io ammetto che ho meno possibilità di lavoro di un ingegnere che può paradossalmente fare il mio lavoro anche se non ha le competenze per farlo (così come l'architutto, che può fare carte geomorfologiche quando in linea teorica non sa che cazzo sia un sedimento colluviale o elluviale, oppure quando non sa quali parametri bisogna usare per la suscettibilità di frana, esempio)

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le possibilità di trovare lavoro dopo la laurea dovrebbero pure essere un criterio tra i tanti con sui si sceglie cosa si studia.

 

se qualcuno studia filosofia è cosciente fin dall'inizio dello studio che il mercato del lavoro cerca pochi laureati in filosofia.

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AndrejMolov89

le possibilità di trovare lavoro dopo la laurea dovrebbero pure essere un criterio tra i tanti con sui si sceglie cosa si studia.

 

se qualcuno studia filosofia è cosciente fin dall'inizio dello studio che il mercato del lavoro cerca pochi laureati in filosofia.

Sì, tesoro, però, se permetti l'Italia è il paese a più alto rischio idrogeologico d'Europa, e abbiamo gran parte della cartografia tecnica e geologica ferma agli anni 30. Capisci bene che, sì, sono conscio che non troverò facilmente lavoro, ma posso permettere un leggero disappunto. Pensa che a volte "scienze della comunicazione" ha più lavoro di noi geologi e siamo in 4 gatti in tutta italia.

Diciamo che l'utilità del geologo è proporzionale a quanto sia ha a cuore il territorio e la prevenzione, evidentemente in Italia è importante assumere pubblicitari per montare stucchevoli servizi su quanto le popolazioni colpite da terremoti o da alluvioni siano messe male.

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Si vede che non conosci l'italiano perché qui non ho proposto nessuna tesi, anzi mi sembra che tu ne abbia promossa una dicendo che i disoccupati italiani sono dei viziati.

Ho semplicemente detto che finora i miei colleghi hanno trovato lavoro senza troppi problemi. Ho anche degli amici che non hanno frequentato l'università per scelta ed adesso trovano delle notevoli difficoltà. Tu ti sei alterato senza motivo alcuno, davvero.

 

 

 

le possibilità di trovare lavoro dopo la laurea dovrebbero pure essere un criterio tra i tanti con sui si sceglie cosa si studia.

E' quello che ho sempre sostenuto. A me sarebbe piaciuto studiare matematica, come ti avevo detto già in passato, ma ho ragionato, ahimè, in termini utilitaristici nella scelta universitaria. Non me ne pento, comunque.

 

 

 

Pensa che a volte "scienze della comunicazione" ha più lavoro di noi geologi e siamo in 4 gatti in tutta italia.
 

Ma davvero?! Io pensavo che fosse una facoltà con sbocchi occupazionali inesistenti. 

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Purtroppo è vero che moltissimi italiani leggono poco e sono disinformati. Colpa, spesso, della televisione e della cattiva informazione. Ho letto molti commenti sul mondo della scuola e dell'università. Permettetemi alcune considerazioni. 

Le scuole e le università estere dal punto  di vista infrastrutturale sono spesso ottime. In Italia spesso ci si trova ad insegnare in aule sporche, fredde, mal illuminate e senza strumenti didattici multimediali (LIM, pc, etc.) e laboratori. Ovviamente ciò incide anche sulla qualità dell'apprendimento. Avere, ad esempio, un laboratorio di lingue o uno di fisica può facilitare di moltol'apprendimento e può essere un valido aiuto all'attività didattica. 

Nel corso degli ultimi anni la scuola e l'università hanno subito numerosi tagli, iniziati con il ministro Fioroni e proseguiti con la Gelmini. Le conseguenze dei tagli si sono tradotte in un aumento degli alunni per classe (le cosiddette "classi-pollaio" con più di 30 alunni) e una perdita di numerosi posti di lavoro. Anche io mi trovo a lavorare in classi con più di 30 alunni e vi posso assicurare che si lavora male, che non c'è il tempo per correggere tutti gli esercizi alla lavagna e per seguire meglio ogni singolo alunno. Dispiace dirlo, ma purtroppo è la triste realtà. 

Per quanto riguarda le università straniere, dal punto organizzativo e dei servizi che offrono agli studenti, sono davvero molto più efficienti dei nostri atenei, che hanno subito anche loro numerosi tagli. 

La qualità di molte delle nostre università, tuttavia, non è affatto inferiore a tante università americane o anglosassoni. Mi capita spesso di collegarmi sui loro siti e di scaricare materiale e "lecture notes" di diversi corsi. Vi assicuro che spesso sono molto ma molto più facili di tanti corsi che si tengono nelle nostre università. Un esame di fisica generale o di meccanica analitica o quantistica ha spesso un livello inferiore al nostro. Ricordo ancora che quando ho dato l'esame di fisica 2. Un mio amico, figlio di un ricercatore, mi prestò un libro con le prove d'esame per l'accesso ad un dottorato in una prestigiosa università americana. Gli esercizi erano di livello inferiore a quelli che stavo svolgendo per preparare l'esame di fisica 2. 

Il grandissimo vantaggio che hanno molte università straniere è però il forte legame con il mondo del lavoro, dell'impresa e della ricerca, cosa che in Italia avviene in pochissimi ed assai limitati casi. 

Nelle università straniere spesso gli studenti lavorano come stagisti (retribuiti,  e non gratis come avviene in Italia) in aziende, facendo pratica e iniziando a conoscere le dinamiche del mondo del lavoro. Una mia amica italo-americana, già laureata negli Stati Uniti,  che si trasferì in Italia per conseguire il titolo accademico anche da noi, mi raccontò di aver lavorato in un osservatorio astronomico mentre frequentava l'università, cosa impensabile qui in Italia.

Un altro grande vantaggio che hanno gli studenti stranieri è quello di essere maggiormente seguiti nel loro percorso di studi. Durante i corsi hanno delle scadenze, settimanali o mensili, i cosiddetti "homework", che hanno un peso nella valutazione dell'esame. Sono presenti figure di riferimento, i tutor, che aiutano gli studenti in difficoltà. Da noi, se non hai capito qualcosa, al massimo vai al ricevimento dal professore o da qualche suo collaboratore, sperando di trovarlo. E se c'è, spesso ti tocca fare una fila di ore. 

Altro punto forte delle università straniere è la qualità della didattica. Per insegnare bene, infatti, non basta conoscere i contenuti. E' necessario saperli trasmettere. Da noi non sempre ci  sono insegnanti e docenti in grado di trasmettere in modo efficace i contenuti. Mi è capitato spesso di seguire alcuni corsi universitari, tenuti da ottimi professori, ricercatori e assistenti, molto bravi e preparatissimi nel loro campo professionale e di ricerca, ma che erano dei pessimi insegnanti e che facevano delle lezioni incomprensibili e spesso saltavano da un argomento all'altro, senza un chiaro filo logico. 

Nelle università straniere, invece, la didattica è fondamentale. E' molto difficile che un docente che non curi la didattica possa tenere il corso l'anno successivo. In Italia, invece, certi professori continuano per anni a fare gli stessi corsi, pur essendo pessimi insegnanti. 

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Io non so neanche cosa sia di preciso un disegnatore CAD e se possa considerarsi un lavoro

da laureato

 

Posso dirvi che ci sono laureate in legge che lavorano come segretarie telefoniste in studi legali

 

Obiettivamente che convenienza ha uno Stato a spendere soldi per formare dei laureati in legge

se poi finiscono a svolgere un lavoro per il quale il 90% delle competenze acquisite è inutile?

 

In termini culturali si può sostenere sia sempre un guadagno, ma in termini economici è certamente

una rimessa: sarebbe inimmaginabile in tutti quei paesi in cui l'università si paga a botte di 20.000 euro

l'anno, ma certamente è una rimessa per lo Stato italiano che copre il 90% della spesa

 

Siccome da noi la spesa è pubblica e non privata si trascura come i soldi vengono spesi e si finisce

per spendere più per mantenere l'apparato che per svolgere un servizio utile ( non dico a tutti ma a

una maggioranza almeno )

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Ho semplicemente detto che finora i miei colleghi hanno trovato lavoro senza troppi problemi. Ho anche degli amici che non hanno frequentato l'università per scelta ed adesso trovano delle notevoli difficoltà. Tu ti sei alterato senza motivo alcuno, davvero.

Non hai scritto che ci sono italiani che non si adattano alla gavetta?

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AndrejMolov89

Il percorso formativo superiore viene inteso come una scuola professionale avanzata. Non è così, bisogna metterselo in testa, lo è diventato a causa della percezione estera ed utilitaristica dell'università. Questi concetti sono applicabili a lauree scientifiche e strettamente collegate con la tecnologia. Una persona che sceglie il suo percorso formativo deve rendersi conto che sta approfondendo un argomento che gli interessa o che lo fa per il mondo del lavoro. Sfortunatamente una persona che sceglie materie umanistiche non si rende conto che a conti fatti la sua laurea è poco spendibile nel mercato del lavoro aziendale dove sono richieste tutt'altre capacità, ma questo non implica che un umanista possa sfruttare le sue competenze in modo funzionale alle realtà aziendali esistenti. Io ho scelto geologia non per le prospettive di lavoro, bensì perché era la cosa che mi interessava di più oltre a filosofia o psicologia. Che io adori questa materia è tutt'altro paio di maniche, perché ho imparato ad adorarla da me, durante il percorso universitario.
Il problema dell'ignoranza estera è determinata dal fatto che le università sono diventate delle scuole professionali avanzate: viene insegnato tutto ciò che viene ritenuto necessario per il mondo del lavoro e infatti tendono a puntare tutto su un percorso a tappe con continui task, tipo fare il poster di un determinato argomento, fare un essay, perché prepara ad una vita frenetica lavorativa in cui devi essere puntuale nelle consegne. Le università anglossassoni sono pratiche e pragmatiche e puntano tutto sulla tua integrabilità nel mondo del lavoro.
Il problema dell'assorbimento degli studenti laureati nel mondo del lavoro italiano è dato anche dall'incapacità dell'imprenditoria di fare ricerca per innovarsi, e dalla volontà mal celata di essere competitiva solo sui costi del lavoro trasmutando tutto e tutti in perfetti schiavi. Prima di accusare l'università italiana di dare scarse propsettive di lavoro domandatevi se effettivamente la classe dirigente non sia formata da idioti, ignoranti e schiavisti: perché è questa la realtà imprenditoriale italiana una manica di schiavisti. Perché a 30 anni uno deve fare ancora gavetta? Parlando degli ingegneri, ok, trovano lavoro facilmente, ma certe volte vengono assunti solo per fare dei compiti idioti che erodono le loro competenze e a volte il periodo di gavetta dell'ingegnere significa anche fare cose poco formative per poi essere lasciati a casa.
Ci si lamenta della scarsa aderenza dell'università al mondo del lavoro, ma bisognerebbe anche ricordarsi che abbiamo una classe imprenditoriale che non punta sull'innovazione e fonda gran parte del loro profitto sull'idea del made in italy, e sullo schiavismo.

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Non hai scritto che ci sono italiani che non si adattano alla gavetta?

Esatto, ho detto che ci sono italiani che non si adattano alla gavetta, non che nessun italiano si adatta (anche perchè cadrei nella contraddizione, dato che io sono italiano e mi adatterei).

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Sì ma non significa molto

 

Io quel che posso dire è che la retribuzione media di un laureato

italiano al suo primo impiego - chi cioè accetta un lavoro entro un

anno, perché evidentemente ha bisogno o è disponibile alla "gavetta"

- oscilla fra i 970 ed i 1003 euro ( netti )

 

Non so dire mediamente questo guadagno a quale mansione o qualifica

corrisponda, perché non ho dati statistici sul tipo di lavoro

 

La retribuzione però è molto bassa, anche se notoriamente l'Italia spende

meno di altri paesi per formare questo laureato ( un laureato in Italia costa

più o meno allo stato 35.000 euro )

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Io non so neanche cosa sia di preciso un disegnatore CAD e se possa considerarsi un lavoro

da laureato

 

Posso dirvi che ci sono laureate in legge che lavorano come segretarie telefoniste in studi legali

 

Obiettivamente che convenienza ha uno Stato a spendere soldi per formare dei laureati in legge

se poi finiscono a svolgere un lavoro per il quale il 90% delle competenze acquisite è inutile?

 

In termini culturali si può sostenere sia sempre un guadagno, ma in termini economici è certamente

una rimessa: sarebbe inimmaginabile in tutti quei paesi in cui l'università si paga a botte di 20.000 euro

l'anno, ma certamente è una rimessa per lo Stato italiano che copre il 90% della spesa

 

Siccome da noi la spesa è pubblica e non privata si trascura come i soldi vengono spesi e si finisce

per spendere più per mantenere l'apparato che per svolgere un servizio utile ( non dico a tutti ma a

una maggioranza almeno )

 

[Ho conosciuto una laureata in legge che faceva la disegnatrice CAD LOL]

 

Touché, d'altronde è impossibile che tutti i laureati facciano il lavoro per cui hanno studiato, gli altri si devono per forza arrangiare a fare altro, programmare di sfornare tot laureati per tot posti disponibili è un paradosso.

Ma l'istruzione per tutti non è un bene dal punto di vista sociale? (domanda pseudo-retorica) per esempio: se fossi perfettamente ignorante dovrei prendere per buone e accettare tutte le cavolate che la gente più istruita mi dice.

Sarebbe bello fare il lavoro inerente al proprio titolo accademico, ma anche la soddisfazione di studiare qualcosa che ci piace rende la vita piacevole, o sbaglio? Per questo non prenderei mai una facoltà che non mi piace esclusivamente con lo scopo di trovare lavoro più in fretta.

Edited by Fantom
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Ma l'istruzione per tutti non è un bene dal punto di vista sociale?

 

La domanda è lecita, ma la risposta quale è?

 

Io non lo so

 

In teoria l'UE ha fissato un obiettivo: entro il 2020 portare la media UE dei laureati nella fascia

di età 25-34 anni al 40%

 

In teoria questo obiettivo servirebbe per soddisfare una relativa domanda di lavoratori laureati

e rimontare un divario su Giappone e USA 

 

Nella pratica però la media UE è già al 34% per cui non è un obiettivo così ambizioso come potrebbe

sembrare, inoltre si dice che questi posti di lavoro sarebbero il 35% ( il che significa che sono già soddisfatti )

si programma quindi una "eccedenza" di laureati

 

Nella pratica l'Italia ha fissato il proprio obiettivo ad un modesto 27% ed attualmente siamo al 22%

siamo il paese che ha fissato l'obiettivo più basso di tutti e si prevede di non realizzarlo

 

Se eravamo quartultimi nell'Europa a 28 nel 2004 ora nel 2014 siamo proprio gli ultimi

 

Sempre nella pratica non è detto neanche che queste statistiche siano del tutto veritiere perchè

la Francia ad esempio per i lavori di prestigio ha l'accesso a concorso alle cd. Grand Ecoles

i cui costi sono esorbitanti rispetto ad una università per i comuni cittadini ( 40.000 euro l'anno

rispetto a 12.000 di una università francese )  ed in Inghilterra ci sono le Università private

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Purtroppo è vero che moltissimi italiani leggono poco e sono disinformati. Colpa, spesso, della televisione e della cattiva informazione. Ho letto molti commenti sul mondo della scuola e dell'università. Permettetemi alcune considerazioni. 

Le scuole e le università estere dal punto  di vista infrastrutturale sono spesso ottime. In Italia spesso ci si trova ad insegnare in aule sporche, fredde, mal illuminate e senza strumenti didattici multimediali (LIM, pc, etc.) e laboratori. Ovviamente ciò incide anche sulla qualità dell'apprendimento. Avere, ad esempio, un laboratorio di lingue o uno di fisica può facilitare di moltol'apprendimento e può essere un valido aiuto all'attività didattica. 

Nel corso degli ultimi anni la scuola e l'università hanno subito numerosi tagli, iniziati con il ministro Fioroni e proseguiti con la Gelmini. Le conseguenze dei tagli si sono tradotte in un aumento degli alunni per classe (le cosiddette "classi-pollaio" con più di 30 alunni) e una perdita di numerosi posti di lavoro. Anche io mi trovo a lavorare in classi con più di 30 alunni e vi posso assicurare che si lavora male, che non c'è il tempo per correggere tutti gli esercizi alla lavagna e per seguire meglio ogni singolo alunno. Dispiace dirlo, ma purtroppo è la triste realtà. 

Per quanto riguarda le università straniere, dal punto organizzativo e dei servizi che offrono agli studenti, sono davvero molto più efficienti dei nostri atenei, che hanno subito anche loro numerosi tagli. 

La qualità di molte delle nostre università, tuttavia, non è affatto inferiore a tante università americane o anglosassoni. Mi capita spesso di collegarmi sui loro siti e di scaricare materiale e "lecture notes" di diversi corsi. Vi assicuro che spesso sono molto ma molto più facili di tanti corsi che si tengono nelle nostre università. Un esame di fisica generale o di meccanica analitica o quantistica ha spesso un livello inferiore al nostro. Ricordo ancora che quando ho dato l'esame di fisica 2. Un mio amico, figlio di un ricercatore, mi prestò un libro con le prove d'esame per l'accesso ad un dottorato in una prestigiosa università americana. Gli esercizi erano di livello inferiore a quelli che stavo svolgendo per preparare l'esame di fisica 2. 

Il grandissimo vantaggio che hanno molte università straniere è però il forte legame con il mondo del lavoro, dell'impresa e della ricerca, cosa che in Italia avviene in pochissimi ed assai limitati casi. 

Nelle università straniere spesso gli studenti lavorano come stagisti (retribuiti,  e non gratis come avviene in Italia) in aziende, facendo pratica e iniziando a conoscere le dinamiche del mondo del lavoro. Una mia amica italo-americana, già laureata negli Stati Uniti,  che si trasferì in Italia per conseguire il titolo accademico anche da noi, mi raccontò di aver lavorato in un osservatorio astronomico mentre frequentava l'università, cosa impensabile qui in Italia.

Un altro grande vantaggio che hanno gli studenti stranieri è quello di essere maggiormente seguiti nel loro percorso di studi. Durante i corsi hanno delle scadenze, settimanali o mensili, i cosiddetti "homework", che hanno un peso nella valutazione dell'esame. Sono presenti figure di riferimento, i tutor, che aiutano gli studenti in difficoltà. Da noi, se non hai capito qualcosa, al massimo vai al ricevimento dal professore o da qualche suo collaboratore, sperando di trovarlo. E se c'è, spesso ti tocca fare una fila di ore. 

Altro punto forte delle università straniere è la qualità della didattica. Per insegnare bene, infatti, non basta conoscere i contenuti. E' necessario saperli trasmettere. Da noi non sempre ci  sono insegnanti e docenti in grado di trasmettere in modo efficace i contenuti. Mi è capitato spesso di seguire alcuni corsi universitari, tenuti da ottimi professori, ricercatori e assistenti, molto bravi e preparatissimi nel loro campo professionale e di ricerca, ma che erano dei pessimi insegnanti e che facevano delle lezioni incomprensibili e spesso saltavano da un argomento all'altro, senza un chiaro filo logico. 

Nelle università straniere, invece, la didattica è fondamentale. E' molto difficile che un docente che non curi la didattica possa tenere il corso l'anno successivo. In Italia, invece, certi professori continuano per anni a fare gli stessi corsi, pur essendo pessimi insegnanti.

 

Quoto pure le virgole!!!
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La questione è che non tutti i percorsi formativi hanno necessariamente un bacino occupazionale molto elevato. 

 

Non avrei saputo esprimermi meglio.

 

le possibilità di trovare lavoro dopo la laurea dovrebbero pure essere un criterio tra i tanti con sui si sceglie cosa si studia.

 

se qualcuno studia filosofia è cosciente fin dall'inizio dello studio che il mercato del lavoro cerca pochi laureati in filosofia.

 

Be sì...anche se non è sempre facile sapere cosa "cerca" questo azz' di mercato del lavoro...per fortuna di tanto in tanto qualcuno non prende la decisione statisticamente più razionale, sennò sai che noia :D

 

La domanda è lecita, ma la risposta quale è?

 

Io non lo so

 

In teoria l'UE ha fissato un obiettivo: entro il 2020 portare la media UE dei laureati nella fascia

di età 25-34 anni al 40%

 

In teoria questo obiettivo servirebbe per soddisfare una relativa domanda di lavoratori laureati

e rimontare un divario su Giappone e USA 

 

Nella pratica però la media UE è già al 34% per cui non è un obiettivo così ambizioso come potrebbe

sembrare, inoltre si dice che questi posti di lavoro sarebbero il 35% ( il che significa che sono già soddisfatti )

si programma quindi una "eccedenza" di laureati

 

Neanch'io so esattamente di cosa stiamo parlando.

Perché la formazione di un laureato italiano poco ha a che fare con quella di un laureato francese, che non c'entra molto con quella di un laureato statunitense eccetera. Più le cose le si guarda da lontano e più si somigliano, più le si analizza e più ci si imbatte in tante differenze. Probabilmente la mia visione della cosa è comunque disassata, perché nel cd ambito umanistico dette "differenze" nella formazione universitaria sono le più vistose.

Nondimeno (perché non credo l'UE richieda letterati), questa richiesta di formazione universitaria/di conseguimento di un titolo di studio...che genere di obiettivo ha? In che misura poi la politica "sfrutterà" -a fin di bene- le competenze dei futuri neolaureati? Queste mi paiono le domande fondamentali.

 

Marcolino2 riporta alcune impressioni che anch'io ho avuto a proposito del raffronto università italiane/straniere e, giustamente, ricorda che l'Italia usa poco i suoi laureati...

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Ora, io mi domando se sistemi che escludono per motivi economici una buona fetta di popolazione dall'istruzione universitaria non siano poi sistemi che si pongono un certo obiettivo di società assai poco utopico e drammaticamente svilente rispetto all'idea di modernità e progresso che avevamo.

In effetti mi domando, considerando che dubito che le nostre università diano una qualificazione inferiore a quelle del mondo anglosassone(da notare che sposo completamente l'opinione di marcolino) o di altri paesi europei, se il problema non sia dato soprattutto dal fatto che gli studenti vengono visti più come consumatori passivi di un servizio piuttosto che patner, membri del sistema stesso. Non è che per cambiare radicalmente le università italiane basterebbe dare un peso effettivo e rilevante agli studenti e ai loro rappresentanti? Mi rendo conto che bisognerebbe sconfiggere il pregiudizio che vuole gli studenti degli immaturi che desiderano solo un 18 politico per poter ottenere il pezzo di carta

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questa richiesta di formazione universitaria/di conseguimento di un titolo di studio...che genere di obiettivo ha? In che misura poi la politica "sfrutterà" -a fin di bene- le competenze dei futuri neolaureati? Queste mi paiono le domande fondamentali.

 

Non lo so perché si tratta di decisioni prese a livello di Commissione europea

penso maturate per lo più da un confronto fra dirigenti ministeriali tecnici etc

( nello stesso senso che si potrebbe dire di ogni decisione della Commissione

cioè in modo del tutto generico )

 

Per quanto riguarda l'Italia l'opinione più diffusa mi pare sia che il sistema imprenditoriale

italiano basato su piccole e piccolissime imprese non abbia la capacità organizzativa di

mettere in valore i laureati

 

Certamente il livello di istruzione di una università di massa che punta al 40% di laureati

non può essere quello di una università che laureava il 10% o il 15%, qui si formano dei

quadri aziendali non certo uffici di ricerca

 

Salvo il fatto che in molti paesi esistono sistemi differenziati ( le grandi ecoles, i college

privati etc ) ed in altri l'atteggiamento "passivo" degli studenti, denunciato da Demò non

è risolto attraverso la partecipazione politica, ma attraverso il pagamento economico

anche quando avviene -come nei paesi nordici- attraverso debiti assunti dagli studenti

nei confronti dello stato ( cioè lo stato se ti ammette all'università ti finanzia ma tu devi

restituire il 15% se rendi bene, il 50% se rendi così-così, il 100% se vai fuori corso etc )

 

Insomma....non sei un consumatore passivo, perché sei un debitore nei confronti dello

stato

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Per quanto riguarda l'Italia l'opinione più diffusa mi pare sia che il sistema imprenditoriale

italiano basato su piccole e piccolissime imprese non abbia la capacità organizzativa di

mettere in valore i laureati

 

Concordo; sarà che ho vissuto spesso lo scoramento di dover dire alle persone del mio paesello che avevo studiato filosofia...

scoramento perché io temo di imbarazzare le persone, e m'imbarazzo del loro imbarazzarsi, come direbbe la cortellesi-santanchè.

E sì, le piccole imprese (almeno nella mia zona) sfruttano poco i laureati...quando ce n'è qualcuno, spesso più competente del datore di lavoro, è una presenza che (purtroppo) quasi "infastidisce".

 

Salvo il fatto che in molti paesi esistono sistemi differenziati ( le grandi ecoles, i college

privati etc ) ed in altri l'atteggiamento "passivo" degli studenti, denunciato da Demò non

è risolto attraverso la partecipazione politica, ma attraverso il pagamento economico

anche quando avviene -come nei paesi nordici- attraverso debiti assunti dagli studenti

nei confronti dello stato ( cioè lo stato se ti ammette all'università ti finanzia ma tu devi

restituire il 15% se rendi bene, il 50% se rendi così-così, il 100% se vai fuori corso etc )

 

So di sembrare stupido, ma non avevo mai pensato al fatto che l'indebitamento dello studente collo Stato potesse costituire un incentivo -per lo Stato- affinché il laureato trovi un buon impiego, anche se il ragionamento fila ;)

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Devo dire che il sistema scandinavo non è di quelli che smuove entusiasmo

però ha una sua linearità, il timore però è che trasposto in un paese in cui il

rapporto fra cittadini ed istituzioni è "sfiduciario" piuttosto che "fiduciario", potrebbe

determinare un crollo delle iscrizioni all'università.

 

Per quanto riguarda la filosofia potrei dire delle gravi inesattezze, ma la mia sensazione

è che all'estero in questa come in altre discipline ci si sia mossi secondo due direttrici, la

prima l'abbandono dell'insegnamento della filosofia istituzionale ( laddove contrastava con

il bisogno di creare corsi di studio comprensivi o di massa ) a cui poi è seguito il recupero

della filosofia come disciplina del "filosofeggiare" ( capacità di discutere, storia delle idee etc )

 

Io ora dirò delle cose sgradevoli...ma io ho seguito i vecchi corsi di studi italiani, quelli proprio

classici consolidati, prima di ogni riforma, quindi quanto dico riguarda soprattutto la mia generazione

Siamo sicuri che gli studenti italiani non siano semplicemente più "eruditi" ?

 

La stessa domanda potrebbe essere sollevata sullo studio del diritto, dove lo studente affronta

i fondamenti e le istituzioni di quasi ogni ambito disciplinare, ma poi non è minimamente formato

alla logica giuridica, alla interpretazione, alla capacità di dissertazione etc

 

Cioè a tutte quelle competenze che determinano la capacità applicativa delle nozioni e quindi

il valore dello studente sul mercato del lavoro.

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3 punti: la mia esperienza con lo studio del diritto, la dicotomia lauree umanistiche/"scientifiche", l'universitá di massa.

 

Quanto al primo punto:sono arrivato al V anno e posso dire di non aver acquisito la minima professionalitá. Decine e decine e decine di esami, alcuni enormi, non mi hanno lasciato nulla. Salvo le procedure che almeno sono concrete. Il resto é teoria astrattissima quanto sarebbe astratto studiare teologia nella parigi duecentesca. Basta solo considerare il disprezzo(pure classista come se non bastasse) con il quale gli accademici autori dei manuali chiamano "operai del diritto" quanti poi il diritto lo fanno vivere per lavoro.

Io dovessi organizzare il corso, farei partire con casi pratici dal primo anno, ma figurarsi. Gli unici professori che si pongono il problema di insegnare qualcosa di solito son tabagisti depressi o quarantenni senza una cattedra perché non sono nel giro mafioso e clientelare che decide tutto o venerabili vecchietti che fanno risalire la loro genealogia apostolica ai luminari morti 40 anni fa. Il resto, evito di dirlo. Se non avessi avuto l'ingenuitá di pensare al dopo, sarebbe stato meglio divertirmi facendo altro.

 

Quanto alle lauree umanistiche...ho quasi detto tutto: l'accademismo ne uccide il valore di mercato. Questo ovviamente non accade per quelle scientifiche, ma anche li, il mondo del lavoro italiano é troppo arretrato per servirsene. Meglio fuggire altrove.

 

Quanto all'universitá di massa, questa specie di scuola superiore di qualitá inferiore a tante scuole superiori, questa é la sua dicotomia: da una parte ha un grande valore sociale per il paese, perché il mondo universitario, ben oltre la qualitá dei suoi servizi, fa "crescere" tanti ragazzi emancipandoli da precedenti realtá...manchevoli....se questo paese ha una speranza, sono i suoi laureati, pure quelli di facoltá posticce inventate per fare soldi. Perché le universitá sono un baraccone come tanti altri qui in italia. Il dramma é che fuori dal valore di crescita sociale per il paese, il singolo laureato perde tempo e soldi per nulla di "spendibile". Non qui almeno.

Edited by Demò
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