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Lo sfogo del giornalista Luis Pabon


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Comunque, per la cronaca, i bar gay non esistono solo per il rimorchio. La differenza tra andare in un bar gay senza voler rimorchiare e andare in un bar etero sta, per rimanere in tema, nell'ambiente.

 

Poi, se dobbiamo ragionare per luoghi comuni, si dice degli etero che l'amicizia uomo-donna non esiste... Quindi non dipingerei l'eterosessuale medio proprio come esempio del "compagnerismo" disinteressato.

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Bisognerebbe fondare una nuova religione, l'ETERISMO, una credenza di carattere ancestrale che serpeggia in alcune persone e si basa sul culto idolatrico dell'eterosessuale bianco caucasico come l'esempio di pia maxima castissimaque virtus sempiterna erga orbem terrarum.

 

I fedeli sono esclusivamente di sesso maschile e di orientamento omosessuale.

Ma infatti più che disinteressato è più un esempio di sfogo naturale (vado nel gruppo di maschi etero per staccare la spina dalla fidanzata o dalla vita familiare). Per carità, concordo che ci sia anche una parte di convenienza. Un po' come quando si ricorre di più agli amici quando ci sono problemi col partner e si sente l'esigenza di sfogarsi e confidarsi. 

 

Inoltre, la similutidine gay forse potrebbe effettivamente essere quella tra uomo-donna per cui prima o poi l'uomo ci prova con l'amica. Eh no, non voglio parare sul fatto che i gay ci provino con gli amici perché credo sia una scemenza, ma forse di fondo potrebbero esserci i tipici difetti dell'amicizia tra donne (pettegolezzi, calunnie, invidie) e il fatto che essere attratti dallo stesso sesso non permette di fare una scissione spensierata tra sesso/amicizia. Un etero al bar con gli amici non potrà essere 'distratto' dall'amico dell'amico o dall'ambiente del bar (ci saranno pure le donne mozzafiato, ma in genere il rimorchio etero è meno immediato), nell'ambiente gay invece potrebbe esserci varie 'distrazioni' in più. Della serie "sì sono qua con i miei amici gay, ma possono unire l'utile - l'amicizia- al dilettevole - il rimorchio spensierato'.

 

Mi sono spiegato da cani, ma vado di fretta...spero si sia capito qualcosa xD

AndrejMolov89

Ma infatti più che disinteressato è più un esempio di sfogo naturale (vado nel gruppo di maschi etero per staccare la spina dalla fidanzata o dalla vita familiare). Per carità, concordo che ci sia anche una parte di convenienza. Un po' come quando si ricorre di più agli amici quando ci sono problemi col partner e si sente l'esigenza di sfogarsi e confidarsi. 

 

Inoltre, la similutidine gay forse potrebbe effettivamente essere quella tra uomo-donna per cui prima o poi l'uomo ci prova con l'amica. Eh no, non voglio parare sul fatto che i gay ci provino con gli amici perché credo sia una scemenza, ma forse di fondo potrebbero esserci i tipici difetti dell'amicizia tra donne (pettegolezzi, calunnie, invidie) e il fatto che essere attratti dallo stesso sesso non permette di fare una scissione spensierata tra sesso/amicizia. Un etero al bar con gli amici non potrà essere 'distratto' dall'amico dell'amico o dall'ambiente del bar (ci saranno pure le donne mozzafiato, ma in genere il rimorchio etero è meno immediato), nell'ambiente gay invece potrebbe esserci varie 'distrazioni' in più. Della serie "sì sono qua con i miei amici gay, ma possono unire l'utile - l'amicizia- al dilettevole - il rimorchio spensierato'.

 

Mi sono spiegato da cani, ma vado di fretta...spero si sia capito qualcosa xD

Si può separare sesso&amicizia. Basta essere onesti con sé stessi, e prendere determinate attrazioni sessuali, come semplici e fisiologiche presenze nel proprio animo. Invece, a me pare, che determinate persone si isolino perché si ritengono inette nel separare amicizia&sesso.

Io non capisco che gente frequentiate, veramente... Io frequento persone tranquillamente in coppia aperta e non ho mai assistito a dinamiche del genere, seppur ci sia il pregiudizio che in queste persone ci sia una maggiore meschinità. Invece..., no, sinceramente non ho mai riscontrato nella mia esperienza personale situazioni del genere.

Eh si, meno male che ci sono omosessuali illuminati come te

Fate anche sacrifizi di semolino al deus penis sed tantummodo in vaginam?

 

A parte gli scherzi, è questo il nucleo specifico del corto circuito psichiatrico che si può vedere in quei gruppetti di omosessuali che sono "adinolfisti", e in generale contro il matrimonio omosessuale, contro l'adozione, contro la parificazione giuridica. Persone rimaste a metà, perché pur avendo esaurito ogni scusa per negare l'esistenza dell'omosessualità e l'evidenza della propria omosessualità,  restano pervicacemente incapaci di concepire la propria perfetta interscambiabilità con gli eterosessuali: persone convinte che eterosessuale = in fondo in fondo intrinsecamente positivo, mentre omosessuale = in fondo in fondo intrinsecamente negativo. Paradossalmente sono fra i più attivi fra le sentinelle (paradossalmente perché lo sono a volte anche più accanitamente degli etero) e comunque d fatto si attestano su comportamenti molto sentinelleggianti. Sono un piccolo fenomeno sociale riscontrabile tendenzialmente nei paesi cattolici non iberofoni.

Edited by Sampei
privateuniverse

Motivo per cui in un parco di notte con amici si può parlare di Proust(ma anche no...che palle..!) o si scherza e si parla d'altro, e lo stesso dicasi per una sauna, si ci andrebbe per rilassarsi e chiacchierare. In realtà il problema del non è del mezzo o del luogo, ma dell'uso che fa la maggioranza(reale o percepita) gay di questi elementi. Credo che il problema di fondo sia che il gay medio non ha lo stesso tipo di socialità dell'etero medio. L'etero sta in compagnia al bar con gli amici, il gay pure, ma ha un atteggiamento di fondo abbastanza solitario e in genere opportunistico, nulla a che vedere col compagnerismo etero..

 

E' esattamente quel che ho scritto anch'io (ma anche @Greed89): gli strumenti e le opportunità di socializzazione non sono gli stessi per gay e etero.

 

Non so che etero frequenti tu, ma io ne ho conosciuti a bizzeffe che, anche al bar con amici, hanno un "atteggiamento di fondo abbastanza opportunistico".

 

 

PS Non ho parlato di andare al parco di notte con amici; l'esempio del parco che ho fatto era quello di un luogo in cui si batte e in cui si va a battere, non per fare una passeggiata notturna con amici (ovviamente, nell'un caso e nell'altro gli argomenti di conversazione saranno, presumibilmente, diversi).

Quando cambiai città, uno dei miei tanti cambi di città, divenni amico con un ragazzo un po' strano. Niente di incredibilmente stretto, ma fu un appoggio all'inizio. Assolutamente etero, diceva; la prima volta che prendemmo il discorso omosessualità, così su due piedi, venne fuori quasi subito che io non sopporto chi cerca di convertirmi. Credo sia per questo che effettivamente poi non ha mai cercato di convertirmi: per questo, solo per questo, o quasi solo per questo.

Lui non mi disse mai la verità, ma me la raccontarono: era un ex-gay, o se preferiamo, un ex-bisessuale visto che in effetti aveva avuto anche storie con ragazze (dopotutto gli ex-gay sono sempre, nel migliore dei casi, bisessuali...). Aveva avuto una storia d'amore finita molto male e aveva preso quella strada. E l'aveva presa anche molto sul serio, faceva anche volantinaggio, cercava di convertire gli altri... il che rende ancora più sorprendente che non abbia preso subito le distanze da me (lo fece parecchio tempo dopo, non ne abbiamo mai parlato comunque). 

Come ci si può aspettare, era diventato lo zimbello della nutrita e già piuttosto perfida comunità gay cittadina. Indirettamente lo divenne anche di me; non per qualcosa di specifico su di lui, ma perché a me l'idea dell'ex-gay fa un certo ribrezzo: l'"adattato" ad ogni costo, il piegato. Per uno come me, che non spiega neanche di fronte all'apocalizze, è repellente.

 

Io però sono stato diverso da tutti gli altri... forse se n'era anche accorto e forse per questo non mi aveva allontanato. Io mi domandavo perché si era piegato, me lo domandavo dannatamente sul serio: come si arriva a questo?

Io credo che ci si pieghi per non spezzarsi, è un meccanismo di coping. Quando il dolore è troppo devi sopravvivere. 

Raccontarsi una bugia o una mezza verità, come faceva lui, come fa un di Tolve, sono meccanismi di coping. Forse non i migliori, ma gli unici a cui si poteva accedere in quel momento. Sapete cosa accade quando non si hanno più meccanismi di coping, vero? Ci si spezza.

 

Mi racconto le stesse cose del giornalista anche io, molto spesso. In parte, ci credo, c'è tanto vero ed è inutile negarlo. Ma ovviamente la generalizzazione finisce sempre con lo sbagliare, semplicemente per la sua generalità... quanto più pretendi che la tua affermazione sia legge assoluta e generale, tanto più è facile beccarti in errore. Fondamentali regole di retorica: prevedi sempre eccezioni.

Quindi non posso crederci del tutto, che TUTTI i gay siano merda: "just the majority", come canta DJ Lubel.

Quel meccanismo di coping, quello del raccontarsi cazzate, quel meccanismo fondamentale di sopravvivenza in un'esistenza che senza bugia è squallida e vuota, in me non funziona granchè. Probabilmente, io sono uno di quelli che si spezzeranno. Sta a voi giudicare se sia meglio un uomo piegato alla Di Tolve, o un uomo spezzato; io dico che forse è meglio spezzarsi, se il prezzo è quello.

 

Però non mi interessa qui. C'è chi vede uno sfigato che si sfoga, chi vede un'analisi sensata... a me viene naturale guardare da un'altra parte. Siamo di fronte a un meccanismo di difesa potente, nei casi più estremi (come di Tolve) devastante. Quanto devastante dev'essere stato il dolore che l'ha reso necessario?

Io sono più sul versante della compassione qui, e della comprensione. 

"Senza perdonare né condannare... capisco".

Se vogliamo parlare dell'infelicità gay lo possiamo fare, ma necessariamente

dovremmo partire da una situazione personale o individuale di infelicità.

 

Altrimenti bisogna contestualizzare ad una storia

 

Siamo una minoranza sessuale, per dire Paolo Poli ci parla della bellezza

degli "amori rubati" e consumati furtivamente dietro i portoni aperti dei palazzi

del centro storico fiorentino

 

Prima che esistesse ogni e qualsiasi forma di socializzazione

 

Eppure egli è stato ed è un gay al cubo ed è stato felice, certo si è adattato

ad una società che gli ha consentito di esprimersi più come queer, cioè nella

forma solitaria ( queer va inteso come pre-gay ) dello spettacolo artistico e 

è ben più difficile immaginare una felicità piena in quel contesto, per chi non ha potuto

godere della sua libertà.

 

Certo c'è il peso di una inibizione sessuale e la possibilità di esprimersi sessualmente

in ambiti più o meno ristretti e difficili, che possono mettere in difficoltà, ma siamo una

minoranza (sessuale) di persone cresciute in contesti più o meno isolati

 

Al di là dell'omofobia interiorizzata, ravvisabile come qualcosa di specifico e determinato

in sentimenti di avversione che possono essere razionalizzati e superati, c'è anche forse

una psicologia positivamente - nel senso delle caratteristiche di una personalità - formatasi

nell'individualità solitaria ( peraltro più o meno sulla difensiva, antisociale...visto che gli etero

rappresentano una potenziale minaccia )

 

L'esigenza di socializzare ed essere comunità rappresenta quindi la novità storica del XX secolo

( degli ultimi 30 anni del XX secolo in termini politici e generalizzati )

 

Al di là del fatto che gli Italiani hanno mostrato una marcata avversione a questa novità ( per omofobia )

sarebbe forse troppo il pretendere che personalità formatesi nella solitudine non manifestino anche delle

difficoltà di socializzazione, di ordine culturale ( sistematica svalutazione di tutto ciò che è gay ) ma anche

di ordine psicologico

 

 

Se vogliamo parlare dell'infelicità gay lo possiamo fare, ma necessariamente dovremmo partire da una situazione personale o individuale di infelicità.

Dici? Perché? Tu parli spesso della comunità gay, il mio nominalismo superindividualista non ti è mai piaciuto. Se possiamo parlare di comunità gay, perché non possiamo considerare la possibilità che abbia problemi?

Se hai problemi come gay è sempre un tuo problema. Oppure è colpa dell'omofobia. Altro non esiste, altri problemi non ce ne stanno e non ce ne possono essere, everything is awesome.

Dopotutto, siamo come gli etero che si lamentano delle donne/degli uomini che sono tutti uguali.

Potrei dire che forse è vero che le donne hanno problematiche specifiche e gli uomini hanno problematiche specifiche? La guerra dei sessi non è iniziata ieri. Ma se ne parliamo siamo sessisti, se parliamo di problemi interni alla comunità gay siamo omofobi. "E' un problema tuo".

 

Qual è la differenza fra un problema mio e un problema sociale? 

La quantità. Solo quello. Quando la gente che un problema suo inizia ad abbondare si inizia a parlare di problemi sociali. Di solito. 

Se parliamo di "infelicità" parliamo di una condizione personale

Io posso stabilire se sono felice io, già se lo sei tu devo chiedertelo

 

Quindi io non so se gli altri gay che si comportano diversamente da me

sono più felici di me, meno felici di me, infelici etc

 

Al più posso avere delle "impressioni" su di loro...per esempio Paolo Poli

mi dà una impressione di felicità anche se vedo ( da persona giovane ) lo

sforzo di adattamento ad un contesto più difficile del mio

 

L'ex gay è felice, infelice, lo era più prima, lo è più ora? Mica è facile

rispondere...si è adattato alla società invece che alla comunità ok è

una scelta, se era bisex poteva farlo 

 

Mentre per quel che riguarda i problemi di socializzazione mi sembra più

facile individuarne le radici storiche

 

 

 

Se hai problemi come gay è sempre un tuo problema

 

Mica ho scritto che è un problema specificatamente tuo

 

Ma una comunità è fatta di tanti individui, non è che esisti tu e la massa indistinta dei gay felici

 

Se ragioni in questi termini ragioni già in termini antisociali, perché crei una contrapposizione

fra te ( individuo ) e loro ( il gruppo )

 

Questo può essere un problema tendenziale dei gay, solo perché sono cresciuti in ambiente

etero ragionando in questo modo , ma magari se si andasse a fondo tante altre persone in

questo gruppo ragionano esattamente nello stesso modo, anche se apparentemente sono

diversi da te perché si sono "adattati" meglio

privateuniverse

Quel meccanismo di coping, quello del raccontarsi cazzate, quel meccanismo fondamentale di sopravvivenza in un'esistenza che senza bugia è squallida e vuota, in me non funziona granchè. Probabilmente, io sono uno di quelli che si spezzeranno. Sta a voi giudicare se sia meglio un uomo piegato alla Di Tolve, o un uomo spezzato; io dico che forse è meglio spezzarsi, se il prezzo è quello.

 

Però non mi interessa qui. C'è chi vede uno sfigato che si sfoga, chi vede un'analisi sensata... a me viene naturale guardare da un'altra parte. Siamo di fronte a un meccanismo di difesa potente, nei casi più estremi (come di Tolve) devastante. Quanto devastante dev'essere stato il dolore che l'ha reso necessario?

Io sono più sul versante della compassione qui, e della comprensione. 

"Senza perdonare né condannare... capisco".

 

Io invece non mi chiedo più molto, di fronte a un'osservazione, a una critica, etc., chi è che fa quell critica o quell'osservazione.

 

Io mi chiedo se, in quella critica, a prescindere dalle considerazioni personali che la possono motivare, o dalle caratteristiche di chi la muove, c'è del vero oppure no.

 

Secondo me, in certe osservazioni c'è del vero (e non è la prima volta che le si fa).

 

Quanto ai meccanismi di difesa: di fronte ai fallimenti, scattano sempre, e lo dice uno che di fallimenti e di sconfitte se ne intende. Poi dipende come ci si difende, dai fallimenti, perché non tutte le difese sono uguali e non tutte consistono nel raccontarsi bugie: ci si può anche raccontare verità spiacevoli, amare.

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