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Senza che Euclide lo sappia


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In fondo ti avevo fatto solamente una domanda.

La luce del locale. Non troppo bassa, ma nemmeno così abbagliante da non riuscire a guardarti negli occhi. Quegli occhi che tieni sempre un po’ troppo bassi. Forse osservi i tuoi pensieri, appoggiati sul tavolo, accanto ai bicchieri mezzi pieni. O mezzi vuoti.

Sono vivi questi occhi. Non si fermano mai.

Accompagnano le mani che cercano di dare forma ad un discorso che - si capisce - è chiaro nella tua testa, nei tuoi pensieri, ma che fanno fatica ad uscire ed arrivare al tuo uditorio.

In questo caso il tuo uditorio sono io.

Che poi la domanda te l’avevo fatta io.

E mentre noto la tua camicia, stirata con precisione e così dolcemente meno elegante di quella che avrei scelto io per te, questi pensieri fluiscono. Io quasi non ascolto le parole. Ma mi soffermo sul tono della tua voce. Sul suono della tua voce. E vivo, come gli occhi e le tue mani. Non posso che concludere - questo è il mio teorema, per la serata - che tu sei vivo.

Il vino bianco non è il mio preferito. Ma possiede questa innata attitudine ad alleggerire i pensieri. Renderli un poco più aguzzi. Come il bouquet appuntito che sento sulla lingua e poi scendere in gola. Disseta senza togliere la sete. Un po’ come il desiderio. Ad ogni modo, mentre i tuoi occhi, per un istante un po’ troppo breve incrociano i miei, mi dici che in effetti due rette parallele potrebbero incontrarsi.

Fin dai tempi del liceo avevo una curiosità smodata per questo postulato indimostrabile di Euclide. Insomma queste rette parallele che non si incontrano davvero mai? E’ perchè il mai, che seppure esistente, assume valore negativo e non si mostra tranne che nel buio? O forse perchè non esiste spazio infinito da rimpire con lunghi fogli e scorte enormi di matite per disegnare queste due rette parallele?

E tu, professore di matematica, giovane ed abbronzato, sebbene un poco demodè. Con l’entusiasmo negli occhi e vigore che guizza nei muscoli nascosti dalle maniche di quella camicia che preferirei bianca e sciancrata sui fianchi. Mi stai davanti a raccontarmi delle geometrie non euclidee. Mi parli di iperboli ed ellissi, manco fossi la voce di un profeta, ed io ad osservarti. Fino ad un sorriso. Un mio sorriso.

Ti  blocchi. Ti sei forse offeso?

No. Sei intelligente e sensibile. E pensi di avermi annoiato.

Non so. In realtà non ti ho ascoltato. Ti ho sentito.

Dentro.

Risuonare e riverberare nelle vene.

Sulla pelle.

Quanto desiderio, a questo punto, che i tuoi occhi si posino su di me.

Che le tue mani prendano la mia pelle. Le mie spalle.

E lasciarmi ondeggiare in una deriva infinita, lunga come una scopata rubata.

Sperando che non si tratti di questo. Ma che i nostri occhi si parlino ancora. Di geometrie non euclidee ed algebra araba, di camice stirate e di un vestito blu che ti vedrei bene addosso.

Sei ancora in silenzio.

Ed io ho sono sciocco. Forse è il vino.

-Sai- dico - in questi giorni ho una fantasia che non mi abbandona mai.

-Dimmi.

-Non sono feticista. E’ strano.

-Beh, il feticismo è un fenomeno antico. Legato al culto delle icone, probabilmente…

-Ho un paio di calzettoni. Di lana. Grigi. Non sono particolarmente sexy. Neanche particolarmente costosi. O di marca.

-...non capisco…

-Ieri sera, dopo la doccia, li ho indossati. Ero in casa a ciondolare. Poco prima di scriverti quel messaggio….

-..dove vuoi andare a parare.

-...in cui ti dicevo che ti volevo..

-Abbassa la voce, per favore.

-...e volevo, in quel momento, essere preso da te. Nudo. Solo con quei calzettoni. Inginocchiato sul letto. Il tuo torace sulla mia schiena. Pelle su pelle. Le tue mani sui miei fianchi. Sentirti dentro.

-.....ma….

-Dentro di me. Un po’ come le tue parole. Quelle che non ascolto sui teoremi. Ma quelle che sento sulla pelle. Accarezzarmi i sogni. Onde sonore un poco perverse. Quelle di cui mi inondi.

- G********.

-E… Io ti voglio. Adesso. Lo sai?

Senza che Euclide lo sappia, possiamo dirgli che qualche volta le rette parallele, equidistanti all’infinito, si incontrano. Fosse in tram, su di un ascensore, in una chat. E poi si amano. Magari su di un letto. O al tavolo di un bar, sorseggiando vino bianco. E sparlando di lui, ma sottovoce, perchè è meglio che Euclide non lo sappia.

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https://www.gay-forum.it/topic/29069-senza-che-euclide-lo-sappia/
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È molto intrigante il tuo modo di scrivere.

Ho voglia di leggerti ancora...quindi aspetto con ansia una nuova novella, se proprio di seguito non vuoi parlare. :)

Ho iniziato a scrivere racconti anni fa, con tematiche espressamente erotiche.

Col tempo mi sono reso conto che ho una grande passione verso tutto il contorno che circonda l'erotismo. Spesso questo contorno è l'amore, altre volte un portato di emozioni e sensazioni, che sublimano nella fantasia e nella descrizione erotica.

 

Diciamo che il seguito è sempre nella mente e nelle membra intorpidite dalla passione.

Ma è annichilente il potere erotico dell'immaginazione, quando sguardi e conversazioni premettono tutto.

 

A presto Ricc.

 

J.

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