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Riforma costituzionale di Renzi


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Nel primo articolo riporta la normativa costituzionale che nulla dice sulla disciplina per l'elezione dei senatori, fissa solo alcuni principi quali il metodo proporzionale per questo dico che mi pare prematuro esprimere un parere senza che nemmeno ci sia una legge che disciplina l'elezione dei senatori, ad esempio ipotizza l'adozione del metodo D’Hondt ma non essendoci una legge non si può sapere a priori.

Poi indipendentemente dal metodo di distribuzione dei seggi i nominativi saranno scelti cmq dai cittadini perchè rimane il principio costituzionale della conformità alle scelte operate dai cittadini in sede di elezione regionale.

 

L'articolo a cui ti riferisci è quindi quello postato da Rot?

Lo trovo interessante perché dimostra come l'emendamento Finocchiaro sia del tutto inidoneo a garantire il risultato che la minoranza PD si vanta di aver ottenuto, ossia l'investitura popolare dei nuovi senatori.

Certo, quell'articolo ipotizza l'adozione del metodo D'Hondt e in questo potrà essere smentito, ma sta di fatto che l'art. 2 del ddl Boschi prescrive che i consigli regionali eleggano, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti, "in conformità alle scelte espresse dagli elettori" e che i seggi vengano attribuiti "in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun consiglio".

Si tratta di norme contraddittorie e confuse, tant'è che dell'emendamento Finocchiaro è stato detto che esso vuol dire "tutto e niente", che "se c'è un senso è che la decisione sul come verranno eletti i 75 consiglieri-senatori è stata semplicemente rinviata ad una legge futura", che il riferimento al metodo proporzionale "mira a rafforzare la scelta di quel metodo, ma in realtà introduce un altro elemento di ambiguità [in quanto] una cosa sono i voti e un'altra è la composizione dell'assemblea, cioè i seggi". Insomma, un articolo improvvisato, confuso, basato su equivoci, fraintendimenti e contraddizioni.

(*) Quelle tra virgolette sono parole del prof. D'Alimonte.

 

 

 

Quell'articolo mescola le cose parlando di riforma elettorale con riforma costituzionale che sono due cose distinte, perchè se parliamo di riforma costituzionale secondo me si rafforza la vigilanza democratica (potenzia i referendum abrogativi abbassandone il quorum con 800.000 firme, introduce i referendum propositivi, slega da un rapporto di fiducia il senato dal governo così da poter avere anche un Senato delle regioni di colore politico opposto che potrà svolgere un ruolo di controllo visto che nominerà giudici costituzionali e avrà diritto di veto sulla possibilità di riformare la costituzione, cosa che oggi non avviene perchè essendo Senato e Camera eletti contestualmente esprimono la stessa maggioranza di governo).

Poi parla del 1922/1945 ma fa riferimento ad un periodo in cui non c'era una costituzione, non c'era una corte costituzionale, non c'era un CSM indipendente, non c'era in sostanza tutta una serie di strumenti democratici per equilibrare l'esecutivo.

Poi sono questioni che mi sembra che entrino più nel merito piuttosto che sulla questione della legittimità.

 

A dire il vero l'articolo di Palumbo è tutto incentrato sulle conseguenze della sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale, ovvio che prenda in considerazione sia la Costituzione che la legge elettorale. Tra l'altro non troverei affatto sbagliato trattare in parallelo di entrambe, anzi!

Io comunque lo avevo citato per sottolineare che anche dal punto di vista giuridico non tutto è lineare come tu sembravi dare per scontato, infatti io avevo scritto

 

 

 

Non sono l'unico a nutrire queste perplessità, anzi c'è pure chi va oltre: http://www.confronti...nali.eu/?p=1419

 

Poi è vero, io ho riportato uno stralcio non dell'articolo, ma della risposta di Palumbo alle osservazioni un po' provocatorie di un lettore che aveva tirato in ballo il ventennio fascista; mi prendo la mia parte di responsabilità per aver citato solo un passaggio contenente anche alcune provocazioni in risposta ad altrettante provocazioni, ma francamente davo per scontato che avresti letto l'intero articolo e che su quello ti saresti eventualmente confrontato.

Ad ogni buon conto, per tornare in topic, il punto centrale per me è questo:

 

In ogni caso, e comunque la si voglia pensare in proposito, prudenza avrebbe suggerito di non caricare su questo parlamento un compito che domani potrà essere ritenuto al di fuori dei suoi legittimi poteri, se non in termini giurisdizionali, quanto meno in termini politici.

 

 

Sulla questione della maggioranza secondo me non ha molto senso dire che non si debba approvare una riforma costituzionale solo con la maggioranza di governo, perchè la maggioranza di governo potrebbe anche essere una maggioranza larghissima o potrebbe ipoteticamente essere anche l'unanimità del parlamento se ci fosse un governo di unità nazionale sostenuto da tutte le forze politiche, già quello che c'è oggi infatti è un governo di semi-unità nazionale perchè unisce forze provenienti da schieramenti diversi.

Poi all'elaborazione del testo ha partecipato anche Forza Italia e l'ha anche votata al Senato, quindi secondo me non si può prescindere da ciò nella valutazione, perchè il testo nelle letture successive non è stato stravolto è rimasto lo stesso nella sostanza, il motivo del cambio di opinione di Forza Italia è stato solo politico e strumentale, per questo credo che sia legittimo portare a compimento con approvazione definitiva quel progetto su cui si era lavorato con un'ampia convergenza.

Lasciano perdere ipotesi un po' improbabili come le votazioni unanimi, il fatto stesso che la tua obiezione debba ipotizzare un governo di unità nazionale è la conferma di quel che io sostengo, se solo consideri che un governo di unità nazionale è un governo eccezionale, appoggiato da tutte le maggiori forze politiche che normalmente si dividerebbero lungo l'asse maggioranza-opposizione. In altre parole, un governo di unità nazionale trova la sua ragion d'essere proprio nell'accordo bipartisan, peraltro esteso all'intera azione politica, mentre quello che io caldeggio è un accordo bipartisan limitato alle sole riforme istituzionali.

Inutile dire che il governo Renzi non è un governo di unità nazionale; anzi, in altri tempi si sarebbe parlato di trasformismo, ma se torna comodo a certa parte politica, tutto sembra diventare eticamente lecito. E va beh...

 

 

Poi un Senato che sia rappresentativo di comuni e delle opposizioni vuol dire un Senato ancora più rappresentativo delle autonomie locali e degli equilibri al loro interno e vuol dire un Senato che da spazio anche alle opposizioni (il Bundesrat questo non lo fa e seguendo quel modello avremmo prodotto un Senato ancora meno rappresentativo degli equilibri regionali e delle varie forze e sarebbe stato certamente ancora più monocolore).

 

A mio avviso questo senato soffre di veltronite, di "ma_anchismo": vuole rappresentare le regioni, ma anche le minoranze, ma anche i comuni, ma anche il corpo elettorale, ma anche il Capo dello Stato, ma anche gli ex Presidenti della Repubblica. Il risultato è un'assemblea raccogliticcia che fallirà l'obiettivo di rappresentare le istituzioni territoriali. Per farsene un'idea basta dare un'occhiata agli interventi del prof. Roberto Bin in commissione affari costituzionali, tutti reperibili on line nel forum di quaderni costituzionali. Cito il prof. Bin per due motivi: è un costituzionalista particolarmente attento alle autonomie locali e non è per niente ostile alla riforma Boschi. Ebbene, il prof. Bin critica -tra l'altro- sia la presenza dei cinque senatori di nomina presidenziale e degli ex presidenti della Repubblica in quanto del tutto eterogenei rispetto al senato rappresentativo delle istituzioni territoriali, sia e soprattutto la mancata previsione del voto in blocco che garantirebbe un effettivo legame tra senatori e territorio di riferimento. Senza voto in blocco, i singoli senatori si determineranno secondo logiche di appartenenza politica e a quel punto sarà legittimo chiedersi perché mai non debbano essere eletti direttamente dal corpo elettorale, come negli Stati Uniti. Per favore non tiriamo in ballo l'emendamento Finocchiaro che, come ho scritto sopra, non garantisce un bel nulla ed è solo uno specchietto per le allodole.

 

Insomma quello che io critico è innanzitutto la grave mancanza di coerenza interna, non tanto il fatto che ora come ora il Senato denoterebbe una netta maggioranza PD.

 

Sulle varie osservazioni di merito (referendum, elezione del Presidente della Repubblica, funzioni di vigilanza ecc.), rispondo separatamente.

 

 

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brevissimamente, le mie perplessità sulle questioni di merito che hai evidenziato.

 

Elezione del Presidente della Repubblica. A mio avviso i senatori saranno poco rilevanti proprio perché pochi. Già ora il collegio che elegge il Capo dello Stato si compone di 60 delegati regionali, ma mai hanno avuto un qualche rilievo. Hanno sempre votato per appartenenza politica. Non vedo perché dovrebbero comportarsi diversamente i nuovi consiglieri-senatori che con ogni probabilità andranno solo a rinforzare i rispettivi gruppi politici di riferimento.

Poi certo, l'innalzamento del quorum va nella giusta direzione, ma il collegio che eleggerà il Presidente coinciderà per più di 6/7 con l'assemblea di montecitorio nella quale la legge elettorale precostituisce sempre una maggioranza significativa, e lì sta il guaio, nella legge elettorale.

 

Corte costituzionale. Per me è un male che un Senato così malcomposto elegga due giudici. Un senato espressione di una classe politica -quella regionale- che si è dimostrata davvero scadente.

A dirla tutta per me è un male proprio che un simile Senato possa esistere :) A questo punto avrei preferito un sistema monocamerale, con quel che ne consegue.

 

Referendum. L'abbassamento del quorum è un mezzo passo avanti, mezzo perché limitato ai soli casi in cui siano state raccolte almeno 800.000 firme, cifra molto elevata che verosimilmente potrà essere raggiunta solo da grandi partiti e sindacati (così almeno se osserviamo gli ultimi quesiti referendari). Positivo sì (e se la riforma fosse tutta qui, non esiterei a votare sì), ma poco incisivo.

Misure ben più incisive si potrebbero approvare a costituzione invariata: anticipo del giudizio di ammissibilità, semlificazione delle procedure, election-day.

 

Referendum di indirizzo. Altro rinvio. Servirà una legge costituzionale per darvi contenuto: perché non anticiparlo già in costituzione?

 

Funzioni di verifica e di controllo del Senato. Funzioni del tutto misteriose che possono voler dire tutto e (più probabilmente) niente.

 

Poi ci sono anche aspetti positivi (es. per quel che riguarda i decreti legge), ma trovo che quelli negativi siano di gran lunga prevalenti.

L'articolo a cui ti riferisci è quindi quello postato da Rot?

Lo trovo interessante perché dimostra come l'emendamento Finocchiaro sia del tutto inidoneo a garantire il risultato che la minoranza PD si vanta di aver ottenuto, ossia l'investitura popolare dei nuovi senatori.

Certo, quell'articolo ipotizza l'adozione del metodo D'Hondt e in questo potrà essere smentito, ma sta di fatto che l'art. 2 del ddl Boschi prescrive che i consigli regionali eleggano, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti, "in conformità alle scelte espresse dagli elettori" e che i seggi vengano attribuiti "in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun consiglio".

Si tratta di norme contraddittorie e confuse, tant'è che dell'emendamento Finocchiaro è stato detto che esso vuol dire "tutto e niente", che "se c'è un senso è che la decisione sul come verranno eletti i 75 consiglieri-senatori è stata semplicemente rinviata ad una legge futura", che il riferimento al metodo proporzionale "mira a rafforzare la scelta di quel metodo, ma in realtà introduce un altro elemento di ambiguità [in quanto] una cosa sono i voti e un'altra è la composizione dell'assemblea, cioè i seggi". Insomma, un articolo improvvisato, confuso, basato su equivoci, fraintendimenti e contraddizioni.

(*) Quelle tra virgolette sono parole del prof. D'Alimonte.

Ma non c'è nessuna confusione e norma contradditoria, i consigli eleggeranno con metodo proporzionale (si vedrà poi se d’hondt o quale altro) ma la loro sarà di fatto una ratifica perchè la nomina sarà fatta in conformità con le scelte espresse dagli elettori, cioè di fatto la distribuzione dei seggi ai vari gruppi sarà fatta con metodo proporzionale ma la scelta di chi mandare al senato dovrà essere fatta in conformità alle scelte degli elettori.

 

A dire il vero l'articolo di Palumbo è tutto incentrato sulle conseguenze della sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale, ovvio che prenda in considerazione sia la Costituzione che la legge elettorale. Tra l'altro non troverei affatto sbagliato trattare in parallelo di entrambe, anzi!

Io comunque lo avevo citato per sottolineare che anche dal punto di vista giuridico non tutto è lineare come tu sembravi dare per scontato, infatti io avevo scritto

 

 

Ma quello che hai citato non riporta nessuna argomentazione sulla questione giuridica.

Poi se si parla di riforma costituzionale non è la stessa cosa di riforma elettorale, perchè se una va in una direzione non è detto che l'altra vada nella stessa direzione, infatti se la legge elettorale rafforza la maggioranza con il premio di maggioranza non è altrettanto vero che la riforma costituzionale vada in quella direzione, anzi va nella direzione opposta rafforzando gli istituti di garanzia (potenzia i referendum abrogativi abbassandone il quorum con 800.000 firme, introduce i referendum propositivi, slega da un rapporto di fiducia il senato dal governo così da poter avere anche un Senato delle regioni di colore politico opposto che potrà svolgere un ruolo di controllo visto che nominerà giudici costituzionali e avrà diritto di veto sulla possibilità di riformare la costituzione, cosa che oggi non avviene perchè essendo Senato e Camera eletti contestualmente esprimono la stessa maggioranza di governo), per questo dicevo che non ha senso parlane assieme come come se operassero allo stesso modo.

 

Poi è vero, io ho riportato uno stralcio non dell'articolo, ma della risposta di Palumbo alle osservazioni un po' provocatorie di un lettore che aveva tirato in ballo il ventennio fascista; mi prendo la mia parte di responsabilità per aver citato solo un passaggio contenente anche alcune provocazioni in risposta ad altrettante provocazioni, ma francamente davo per scontato che avresti letto l'intero articolo e che su quello ti saresti eventualmente confrontato.

Ad ogni buon conto, per tornare in topic, il punto centrale per me è questo:

 

In ogni caso, e comunque la si voglia pensare in proposito, prudenza avrebbe suggerito di non caricare su questo parlamento un compito che domani potrà essere ritenuto al di fuori dei suoi legittimi poteri, se non in termini giurisdizionali, quanto meno in termini politici.

 

I termini politici sono sempre abbastanza fumosi, opinabili e soggetti ad interpretazione, utilizzati spesso come scusa per non cambiare mai nulla, poi di certo non portano alla decadenza di una riforma.

 

Lasciano perdere ipotesi un po' improbabili come le votazioni unanimi, il fatto stesso che la tua obiezione debba ipotizzare un governo di unità nazionale è la conferma di quel che io sostengo, se solo consideri che un governo di unità nazionale è un governo eccezionale, appoggiato da tutte le maggiori forze politiche che normalmente si dividerebbero lungo l'asse maggioranza-opposizione. In altre parole, un governo di unità nazionale trova la sua ragion d'essere proprio nell'accordo bipartisan, peraltro esteso all'intera azione politica, mentre quello che io caldeggio è un accordo bipartisan limitato alle sole riforme istituzionali.

Inutile dire che il governo Renzi non è un governo di unità nazionale; anzi, in altri tempi si sarebbe parlato di trasformismo, ma se torna comodo a certa parte politica, tutto sembra diventare eticamente lecito. E va beh...

 

Ma non è vero che un governo di unità nazionale è solo un governo che affronta le riforme istituzionali, i governi Ciampi o Monti non hanno riformato nè la costituzione nè la legge elettorale eppure erano governi sostenuti trasversalmente (DC+DS il governo Ciampi e PD+FI il governo Monti).

Anche in questo caso per necessità per garantire un governo al paese forze opposte (cioè Pd con Ncd e Scelta Civica, 3 forze appartenenti a schieramenti diversi) si sono dovute unire in un governo di simil unità nazionale.

 

Poi il punto rimane una riforma voluta discussa e votata fin dall'inizio da Pd+Forza Italia+Scelta Civica, cioè le principali forze elettorali delle ultime politiche che fanno la riforma costituzionale assieme e di cui una si sfila solo per motivazioni politico-strumentali (ma di quel soggetto rimangono cmq Ncd di Alfano e Alleanza Liberalpopolare di Verdini).

 

A mio avviso questo senato soffre di veltronite, di "ma_anchismo": vuole rappresentare le regioni, ma anche le minoranze, ma anche i comuni, ma anche il corpo elettorale, ma anche il Capo dello Stato, ma anche gli ex Presidenti della Repubblica. Il risultato è un'assemblea raccogliticcia che fallirà l'obiettivo di rappresentare le istituzioni territoriali. Per farsene un'idea basta dare un'occhiata agli interventi del prof. Roberto Bin in commissione affari costituzionali, tutti reperibili on line nel forum di quaderni costituzionali. Cito il prof. Bin per due motivi: è un costituzionalista particolarmente attento alle autonomie locali e non è per niente ostile alla riforma Boschi. Ebbene, il prof. Bin critica -tra l'altro- sia la presenza dei cinque senatori di nomina presidenziale e degli ex presidenti della Repubblica in quanto del tutto eterogenei rispetto al senato rappresentativo delle istituzioni territoriali, sia e soprattutto la mancata previsione del voto in blocco che garantirebbe un effettivo legame tra senatori e territorio di riferimento. Senza voto in blocco, i singoli senatori si determineranno secondo logiche di appartenenza politica e a quel punto sarà legittimo chiedersi perché mai non debbano essere eletti direttamente dal corpo elettorale, come negli Stati Uniti. Per favore non tiriamo in ballo l'emendamento Finocchiaro che, come ho scritto sopra, non garantisce un bel nulla ed è solo uno specchietto per le allodole.

 

Ma è perfettamente possibile rappresentare le regioni e le minoranze, perchè vai a riproporre gli equilibri dei consigli regionali, così avrai le maggioranze dei consigli regionali e le opposizioni, ed un parlamento che rappresenta quindi le maggioranze dei consigli regionali pur lasciando spazio anche alle opposizioni, rispettando così i giusti equilibri dei consigli regionali.

Non serve il voto di blocco per il semplice fatto che in questo caso i senatori saranno esattamente le stesse persone che andranno anche in consiglio regionale e quindi le stesse politiche che portano avanti in consiglio regionale le porteranno avanti anche in Senato, sarebbe servito un voto di blocco se le persone fossero state diverse, poi il voto di blocco si può ipotizzare in un sistema in cui sono rappresentati i governi ma qui sono rappresentati i consigli regionali, quindi mi sembrerebbe anche di difficile attuazione.

Poi cmq i parlamentari saranno scelti dai cittadini la norma è chiara.

brevissimamente, le mie perplessità sulle questioni di merito che hai evidenziato.

 

Elezione del Presidente della Repubblica. A mio avviso i senatori saranno poco rilevanti proprio perché pochi. Già ora il collegio che elegge il Capo dello Stato si compone di 60 delegati regionali, ma mai hanno avuto un qualche rilievo. Hanno sempre votato per appartenenza politica. Non vedo perché dovrebbero comportarsi diversamente i nuovi consiglieri-senatori che con ogni probabilità andranno solo a rinforzare i rispettivi gruppi politici di riferimento.

Poi certo, l'innalzamento del quorum va nella giusta direzione, ma il collegio che eleggerà il Presidente coinciderà per più di 6/7 con l'assemblea di montecitorio nella quale la legge elettorale precostituisce sempre una maggioranza significativa, e lì sta il guaio, nella legge elettorale.

 

Anche se il presidente fosse eletto solo dalla Camera non basterebbe la sola maggioranza di governo data dal premio di maggioranza, perchè con l'innalzamento sarà richiesta una maggioranza dei 3/5, la partecipazione anche dei 100 senatori fa alzare ulteriormente il quorum da 378 (3/5 di 630) a 438 (3/5 di 730) e contando che il Senato può avere un colore politico anche differente questo può portare alla necessità di un consenso ancora maggiore per l'elezione del presidente della repubblica.

 

 

Corte costituzionale. Per me è un male che un Senato così malcomposto elegga due giudici. Un senato espressione di una classe politica -quella regionale- che si è dimostrata davvero scadente.

A dirla tutta per me è un male proprio che un simile Senato possa esistere :) A questo punto avrei preferito un sistema monocamerale, con quel che ne consegue.

 

Il fatto che la classe politica regionali si sia dimostrata scadente è un fatto non di natura giuridico-istituzionale, è un fatto contingente che dipende dalle persone e dipende da chi i cittadini eleggono e decidono di mandare nelle istituzioni, si deve semmai intervenire sulle norme di eleggibilità (cosa che è anche stata fatta con la legge severino che è da poco in vigore e i cui effetti si vedranno nei prossimi anni) e poi devono essere anche i cittadini stessi che si responsabilizzano e fanno scelte più oculate.

Poi permettere che 2 giudici costituzionali siano eletti dal Senato diversifica le nomine come garanzia affinchè non ci sia un'eccessiva concentrazione di nomine da parte della stessa istituzione.

 

Referendum. L'abbassamento del quorum è un mezzo passo avanti, mezzo perché limitato ai soli casi in cui siano state raccolte almeno 800.000 firme, cifra molto elevata che verosimilmente potrà essere raggiunta solo da grandi partiti e sindacati (così almeno se osserviamo gli ultimi quesiti referendari). Positivo sì (e se la riforma fosse tutta qui, non esiterei a votare sì), ma poco incisivo.

Misure ben più incisive si potrebbero approvare a costituzione invariata: anticipo del giudizio di ammissibilità, semlificazione delle procedure, election-day.

 

 

Poco incisivo si vedrà visto che già oggi con 500.000 firme solo le grandi organizzazioni politiche, sindacali o associative riescono a raccogliere quel numero di firme (basta vedere come la raccolta firme di Civati che si è mosso praticamente da solo è sfumata in un nulla di fatto).

 

Referendum di indirizzo. Altro rinvio. Servirà una legge costituzionale per darvi contenuto: perché non anticiparlo già in costituzione?

 

 

Ma anche i referendum abrogativi mica sono normati in costituzione, c'è una legge specifica che li norma, lo stesso avverrà per i referendum propositivi, anche perchè la legge che norma i referendum abrogativi è formata da una cinquantina di articoli, mica si poteva inserire una normativa del genere direttamente in costituzione.

 

Funzioni di verifica e di controllo del Senato. Funzioni del tutto misteriose che possono voler dire tutto e (più probabilmente) niente.

 

 

Andranno poi verificati ma vengono inseriti poteri che prima il Senato nemmeno aveva.

Anche perchè fino ad oggi essendo il Senato eletto contestualmente alla Camera ed essendo legato da un rapporto di fiducia al governo non ha mai svolto un ruolo di controllo, mentre ora potrà svolgere un ruolo di controllo slegando il senato da un rapporto di fiducia con il governo e fissando le elezioni in un momento diverso rispetto alle politiche.

Edited by Sbuffo

Ma non c'è nessuna confusione e norma contradditoria, i consigli eleggeranno con metodo proporzionale (si vedrà poi se d’hondt o quale altro) ma la loro sarà di fatto una ratifica perchè la nomina sarà fatta in conformità con le scelte espresse dagli elettori, cioè di fatto la distribuzione dei seggi ai vari gruppi sarà fatta con metodo proporzionale ma la scelta di chi mandare al senato dovrà essere fatta in conformità alle scelte degli elettori.

 

Potrebbe essere come tu dici "se ogni regione usasse un sistema elettorale perfettamente proporzionale", ma siccome così non è i voti non corrispondono ai seggi, da qui l'inconcludenza (io dico l'intrinseca contraddittorietà) della norma che da un lato richiama il metodo proporzionale e l'attribuzione dei seggi in ragione della composizione di ciascun consiglio e dall'altro evoca le scelte degli elettori.

Sto citando sempre D'Alimonte, che certo non può essere sospettato di ostilità alla riforma in itinere (peraltro, non ho contezza di studiosi che ritengano perspicuo l'emendamento Finocchiaro).

 

 

Ma quello che hai citato non riporta nessuna argomentazione sulla questione giuridica.

Come ho spiegato, ho citato una chiosa polemica che faceva riferimento sia ragioni giuridiche che politiche, confidando nel fatto che avresti letto l'articolo e l'annesso dibattito nella sua interezza, visto che non è certo un articolo lungo.

Tra l'altro citavo l'articolo di Palumbo solamente per sottolineare che anche sotto il profilo squisitamente giuridico ci sono questioni ancora aperte.

 

 

I termini politici sono sempre abbastanza fumosi, opinabili e soggetti ad interpretazione, utilizzati spesso come scusa per non cambiare mai nulla, poi di certo non portano alla decadenza di una riforma.

A parte il fatto che, come dicevo, anche i profili giuridici sono opinabili e purtroppo di sovente malcerti (specialmente in Italia), faccio presente che è dall'inizio di questa discussione che ripeto che la mia è una critica di tipo politico, di opportunità, non di legittimità, e aggiungo che per questo non la ritengo certo meno grave.

 

 

Ma non è vero che un governo di unità nazionale è solo un governo che affronta le riforme istituzionali, i governi Ciampi o Monti non hanno riformato nè la costituzione nè la legge elettorale eppure erano governi sostenuti trasversalmente (DC+DS il governo Ciampi e PD+FI il governo Monti).

Scusa, e chi ha mai sostenuto che un governo di unità nazionale è solo un governo che affronta le riforme istituzionali?

 

Ad ogni buon conto, tanto per puntualizzare, il Presidente del Consiglio che controfirmò la legge Mattarella si chiamava Carlo Azeglio Ciampi e quello che controfirmò la legge di revisione costituzionale n. 1/2012 si chiamava Mario Monti.

 

 

Poi il punto rimane una riforma voluta discussa e votata fin dall'inizio da Pd+Forza Italia+Scelta Civica, cioè le principali forze elettorali delle ultime politiche che fanno la riforma costituzionale assieme e di cui una si sfila solo per motivazioni politico-strumentali (ma di quel soggetto rimangono cmq Ncd di Alfano e Alleanza Liberalpopolare di Verdini).

 

Ho già ripetuto due volte che trovo ragionevole questa tua obiezione nel caso di specie, per cui la mia critica in questo caso, pur rimanendo, assume carattere marginale.

Repetita juvant :)

 

 

Ma è perfettamente possibile rappresentare le regioni e le minoranze, perchè vai a riproporre gli equilibri dei consigli regionali, così avrai le maggioranze dei consigli regionali e le opposizioni, ed un parlamento che rappresenta quindi le maggioranze dei consigli regionali pur lasciando spazio anche alle opposizioni, rispettando così i giusti equilibri dei consigli regionali.

Non serve il voto di blocco per il semplice fatto che in questo caso i senatori saranno esattamente le stesse persone che andranno anche in consiglio regionale e quindi le stesse politiche che portano avanti in consiglio regionale le porteranno avanti anche in Senato, sarebbe servito un voto di blocco se le persone fossero state diverse, poi il voto di blocco si può ipotizzare in un sistema in cui sono rappresentati i governi ma qui sono rappresentati i consigli regionali, quindi mi sembrerebbe anche di difficile attuazione.

Poi cmq i parlamentari saranno scelti dai cittadini la norma è chiara.

 

L'esperienza comparata dimostra il contrario, ossia che un senato come quello delineato dal ddl Boschi è inidoneo a fungere da camera di rappresentanza delle regioni. Potrà -forse- assolvere efficacemente ad altre funzioni, ma non a quella di rappresentanza delle istituzioni territoriali. I motivi li ha spiegati il prof. Bin nelle varie relazioni che ho citato e a cui mi riporto, dove tra l'altro si illustrano possibili correttivi volti a conciliare la funzione rappresentativa delle autonomie locali con le scelte del Governo e della maggioranza assembleare.

Sulla chiarezza dell'art. 2 del DDL Boschi non ti segue neppure D'Alimonte, il che è tutto dire.

Anche se il presidente fosse eletto solo dalla Camera non basterebbe la sola maggioranza di governo data dal premio di maggioranza, perchè con l'innalzamento sarà richiesta una maggioranza dei 3/5, la partecipazione anche dei 100 senatori fa alzare ulteriormente il quorum da 378 (3/5 di 630) a 438 (3/5 di 730) e contando che il Senato può avere un colore politico anche differente questo può portare alla necessità di un consenso ancora maggiore per l'elezione del presidente della repubblica.

Il problema più grave, come dicevo, non è tanto nella norma costituzionale (c'è anche lì, perché l'apporto dei senatori sarà del tutto marginale vista la sproporzione nei numeri), ma nella legge elettorale che insedierà una camera composta da 2/3 di nominati e in cui una forza politica potrebbe ottenere 340 seggi pur a fronte di un consenso elettorale anche assai modesto.

Concorrono due fattori di squilibrio e quello determinato dalla legge elettorale è il più insidioso.

 

 

Il fatto che la classe politica regionali si sia dimostrata scadente è un fatto non di natura giuridico-istituzionale, è un fatto contingente che dipende dalle persone e dipende da chi i cittadini eleggono e decidono di mandare nelle istituzioni, si deve semmai intervenire sulle norme di eleggibilità (cosa che è anche stata fatta con la legge severino che è da poco in vigore e i cui effetti si vedranno nei prossimi anni) e poi devono essere anche i cittadini stessi che si responsabilizzano e fanno scelte più oculate.

Poi permettere che 2 giudici costituzionali siano eletti dal Senato diversifica le nomine come garanzia affinchè non ci sia un'eccessiva concentrazione di nomine da parte della stessa istituzione.

Intanto questa classe politica scadente ce la terremo per molti anni, visto che anche i sostituti non mi sembrano molto migliori di sostituiti e sostituendi.

Temo poi che questa classe politica, che obiettivamente è andata via via peggiorando, sia figlia proprio del regionalismo italiano così come realizzato a partire dagli anni '70.

I mitici Padri costituenti pensavano alle Regioni come enti leggeri, di coordinamento delle azioni degli enti locali già esistenti, ppensavano addirittura che di norma le regioni avrebbero agito delegando le proprie funzioni a province e comuni ovvero avvalendosi dei loro uffici. La realtà è stata ben diversa: sono stati creati una ventina di enti che replicavano in periferia le burocrazie centrali, nuove strutture che sono andate sovrapporsi alle precedenti, centri di spesa poco efficienti che si finanziano essenzialmente con trasferimenti statali.

Questo mix di spesa pubblica disgiunta dalla responsabilità di procacciarsi l'entrata tende a incentivare meccanismi viziosi facilmente intuibili, il che incentiva il formarsi di una classe politica locale scadente.

 

Sia chiaro, hai anche le tue ragioni ad anteporre una sorta di ottimismo della volontà, io però vedo di più il pessimismo della ragione :)

 

 

Poco incisivo si vedrà visto che già oggi con 500.000 firme solo le grandi organizzazioni politiche, sindacali o associative riescono a raccogliere quel numero di firme (basta vedere come la raccolta firme di Civati che si è mosso praticamente da solo è sfumata in un nulla di fatto).

 

gli ultimi referendum sono stati promossi da L'Italia dei Valori, non propriamente una grande organizzazione politica. Idem per il partito radicale, o per il movimento che faceva capo a Mario Segni.

 

 

Ma anche i referendum abrogativi mica sono normati in costituzione, c'è una legge specifica che li norma, lo stesso avverrà per i referendum propositivi, anche perchè la legge che norma i referendum abrogativi è formata da una cinquantina di articoli, mica si poteva inserire una normativa del genere direttamente in costituzione.

Immagino che non ti sfugga la differenza tra l'art. 75 cost. e la locuzione "Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione".

La legge 352/70 disciplina le modalità attuative di un istituto i cui contenuti sono già delineati dalla Carta, mentre l'art. 11 del ddl Boschi nulla dice in punto di contenuto, limitandosi a rinviare a una legge costituzionale per quanto attiene a condizioni ed effetti e a una legge bicamerale per quanto attiene alle modalità attuative.

Infine, faccio notare che anche il codice di procedura penale consta di circa 750 articoli, ma questo non ha precluso l'approvazione dell'art. 111 cost, né della sua recente novellazione.

 

 

Andranno poi verificati ma vengono inseriti poteri che prima il Senato nemmeno aveva.

A sì? L'art. 82 cost., questo sconosciuto...

Edited by Finrod

Potrebbe essere come tu dici "se ogni regione usasse un sistema elettorale perfettamente proporzionale", ma siccome così non è i voti non corrispondono ai seggi, da qui l'inconcludenza (io dico l'intrinseca contraddittorietà) della norma che da un lato richiama il metodo proporzionale e l'attribuzione dei seggi in ragione della composizione di ciascun consiglio e dall'altro evoca le scelte degli elettori.

Sto citando sempre D'Alimonte, che certo non può essere sospettato di ostilità alla riforma in itinere (peraltro, non ho contezza di studiosi che ritengano perspicuo l'emendamento Finocchiaro).

 

Ma non c'è contraddizione, non importa se le regioni usano o meno un sistema perfettamente proporzionale, nel testo quando parla di proporzionale non parla di legge regionale, dice che i consigli eleggono con metodo proporzionale e poi dice che la scelta dei candidati debba avvenire in conformità ai voti espressi dai cittadini.

Cioè ogni regione eleggerà i suoi consiglieri regionali poi i consigli regionali nomineranno quelli che dovranno andare in Senato con una speciale legge che dovrà essere scritta (e che potrà prevedere il metodo d'hondt come il sainte-laguë, l'hare o un qualsiasi altro metodo proporzionale) e questa nomina dovrà essere fatta in conformità alle scelte espresse dai cittadini in sede di elezione regionale per cui sarà di fatto una ratifica di quanto scelto dai cittadini.

In sostanza i senatori potranno al più influire in modo minimo sui seggi in Senato spettanti ai vari gruppi ma non sulla scelta dei nomi che dovrà essere fatta in conformità con le scelte espresse dai cittadini.

Da quel principio non si scappa.

 

Come ho spiegato, ho citato una chiosa polemica che faceva riferimento sia ragioni giuridiche che politiche, confidando nel fatto che avresti letto l'articolo e l'annesso dibattito nella sua interezza, visto che non è certo un articolo lungo.

Tra l'altro citavo l'articolo di Palumbo solamente per sottolineare che anche sotto il profilo squisitamente giuridico ci sono questioni ancora aperte.

 

 

Le questioni giuridiche le ha chiese la stessa corte nella sentenza sul porcellum ritenendo perfettamente legittimo questo parlamento e quindi ogni suo atto.

 

Scusa, e chi ha mai sostenuto che un governo di unità nazionale è solo un governo che affronta le riforme istituzionali?

Ad ogni buon conto, tanto per puntualizzare, il Presidente del Consiglio che controfirmò la legge Mattarella si chiamava Carlo Azeglio Ciampi e quello che controfirmò la legge di revisione costituzionale n. 1/2012 si chiamava Mario Monti.

 

 

Tu hai detto: "In altre parole, un governo di unità nazionale trova la sua ragion d'essere proprio nell'accordo bipartisan, peraltro esteso all'intera azione politica, mentre quello che io caldeggio è un accordo bipartisan limitato alle sole riforme istituzionali".

Io mi chiedo perchè si dovrebbe auspicare una larga intesa solo sulle riforme istituzionali? perchè se c'è un governo di unità nazionale allora non vanno bene le riforme costituzionali? se c'è una larga maggioranza di unità nazionale che fa anche le riforme costituzionali quelle sarebbero da criticare additandole come approvazioni a colpi di maggioranza anche se mettono d'accordo tutto l'arco parlamentare?

 

 

Ho già ripetuto due volte che trovo ragionevole questa tua obiezione nel caso di specie, per cui la mia critica in questo caso, pur rimanendo, assume carattere marginale.

 

Ma quello era il punto centrale di tutta la discussione sulla critica di una riforma approvata "a colpi di maggioranza".

Perchè non si può dire a "colpi di maggioranza" senza tener conto di quella considerazione.

 

L'esperienza comparata dimostra il contrario, ossia che un senato come quello delineato dal ddl Boschi è inidoneo a fungere da camera di rappresentanza delle regioni. Potrà -forse- assolvere efficacemente ad altre funzioni, ma non a quella di rappresentanza delle istituzioni territoriali. I motivi li ha spiegati il prof. Bin nelle varie relazioni che ho citato e a cui mi riporto, dove tra l'altro si illustrano possibili correttivi volti a conciliare la funzione rappresentativa delle autonomie locali con le scelte del Governo e della maggioranza assembleare.

Sulla chiarezza dell'art. 2 del DDL Boschi non ti segue neppure D'Alimonte, il che è tutto dire.

 

 

Ma se il Senato deve rappresentare i consigli regionali e in Senato ci andranno gli stessi consiglieri che faranno parte dei consigli regionali come farà a non essere rappresentativo il Senato? 

Bisogna che i senatori abbiano uno sdoppiamento di personalità.

I consiglieri regionali che in regione approvano i bilanci e approvano delle leggi regionali che vanno in una direzione quando saranno in senato porteranno avanti le stesse politiche portate avanti nei consigli regionali.

Il problema più grave, come dicevo, non è tanto nella norma costituzionale (c'è anche lì, perché l'apporto dei senatori sarà del tutto marginale vista la sproporzione nei numeri), ma nella legge elettorale che insedierà una camera composta da 2/3 di nominati e in cui una forza politica potrebbe ottenere 340 seggi pur a fronte di un consenso elettorale anche assai modesto.

Concorrono due fattori di squilibrio e quello determinato dalla legge elettorale è il più insidioso.

 

Qui però si parlava di riforma costituzionale.

Non si può dare una colpa che non ha alla riforma costituzionale.

Anche perchè indipendentemente da cosa dice la riforma elettorale la riforma costituzionale migliora la situazione per l'elezione del presidente della repubblica, perchè richiedendo una maggioranza dei 3/5 obbliga a ricercare un'ampia condivisione anche con l'italiacum (visto che con l'italaicum la maggioranza di governo non arriva ai 3/5 ma si ferma al 54%).

 

Intanto questa classe politica scadente ce la terremo per molti anni, visto che anche i sostituti non mi sembrano molto migliori di sostituiti e sostituendi.

Temo poi che questa classe politica, che obiettivamente è andata via via peggiorando, sia figlia proprio del regionalismo italiano così come realizzato a partire dagli anni '70.

I mitici Padri costituenti pensavano alle Regioni come enti leggeri, di coordinamento delle azioni degli enti locali già esistenti, ppensavano addirittura che di norma le regioni avrebbero agito delegando le proprie funzioni a province e comuni ovvero avvalendosi dei loro uffici. La realtà è stata ben diversa: sono stati creati una ventina di enti che replicavano in periferia le burocrazie centrali, nuove strutture che sono andate sovrapporsi alle precedenti, centri di spesa poco efficienti che si finanziano essenzialmente con trasferimenti statali.

Questo mix di spesa pubblica disgiunta dalla responsabilità di procacciarsi l'entrata tende a incentivare meccanismi viziosi facilmente intuibili, il che incentiva il formarsi di una classe politica locale scadente.

 

Sia chiaro, hai anche le tue ragioni ad anteporre una sorta di ottimismo della volontà, io però vedo di più il pessimismo della ragione :)

 

 

Può essere ma il problema dell'etica della classe politica regionale non è un'argomentazione giuridico istituzionale, e se si vuole affrontare quel problema ci sono altri strumenti e sedi, ma non può essere che siccome nell'ultima consiliatura regionale ci sono stati degli indagati allora a prescindere non possiamo fare il senato della regioni.

 

gli ultimi referendum sono stati promossi da L'Italia dei Valori, non propriamente una grande organizzazione politica. Idem per il partito radicale, o per il movimento che faceva capo a Mario Segni.

 

 

L'Italia dei valori era un partito di rilevanza nazionale (nel 2009 arrivò anche all'8% dei voti) strutturato su tutto il territorio nazionale e con i mezzi per supportare un referendum, non stiamo parlando di un circolo bocciofilo.

 

Immagino che non ti sfugga la differenza tra l'art. 75 cost. e la locuzione "Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione".

La legge 352/70 disciplina le modalità attuative di un istituto i cui contenuti sono già delineati dalla Carta, mentre l'art. 11 del ddl Boschi nulla dice in punto di contenuto, limitandosi a rinviare a una legge costituzionale per quanto attiene a condizioni ed effetti e a una legge bicamerale per quanto attiene alle modalità attuative.

Infine, faccio notare che anche il codice di procedura penale consta di circa 750 articoli, ma questo non ha precluso l'approvazione dell'art. 111 cost, né della sua recente novellazione.

 

 

Anche l'art.75 è praticamente un articolo che le istituisce solo ma non dice quasi nulla dal punto di vista del contenuto e nulla sulle modalità operative.

Anche in quel caso senza una legge attuativa i referendum non si sarebbero potuti tenere, perchè nulla diceva quell'articolo sulle modalità concrete con cui si sarebbe dovuto svolgere un referendum.

 

A sì? L'art. 82 cost., questo sconosciuto...

 

 

Ma non è solo l'art.82 adesso ci sono nuove competenze per il Senato.

Poi anche sull'art.82 era di fatto inesistente il potere di controllo perchè parlamento e governo erano legati da un rapporto di fiducia quindi il Senato non avrebbe mai utilizzato quel potere contro il suo stesso governo, ora invece rompendo quel vincolo il Senato sarà più libero di esercitare un potere di controllo.

Ma non c'è contraddizione, non importa se le regioni usano o meno un sistema perfettamente proporzionale, nel testo quando parla di proporzionale non parla di legge regionale, dice che i consigli eleggono con metodo proporzionale e poi dice che la scelta dei candidati debba avvenire in conformità ai voti espressi dai cittadini.

Cioè ogni regione eleggerà i suoi consiglieri regionali poi i consigli regionali nomineranno quelli che dovranno andare in Senato con una speciale legge che dovrà essere scritta (e che potrà prevedere il metodo d'hondt come il sainte-laguë, l'hare o un qualsiasi altro metodo proporzionale) e questa nomina dovrà essere fatta in conformità alle scelte espresse dai cittadini in sede di elezione regionale per cui sarà di fatto una ratifica di quanto scelto dai cittadini.

In sostanza i senatori potranno al più influire in modo minimo sui seggi in Senato spettanti ai vari gruppi ma non sulla scelta dei nomi che dovrà essere fatta in conformità con le scelte espresse dai cittadini.

Da quel principio non si scappa.

 

Proporzionale nel senso, ovviamente, che rispecchierà la proporzione tra i gruppi consiliari, tra i *seggi* consiliari, tra gli *eletti* in consiglio, ma siccome i sistemi elettorli vigenti nelle regioni e nelle province autonome prevedono tutti dei correttivi di natura maggioritaria, non vi sarà affatto corrispondenza tra *voti* e *seggi* e la proporzione non può che essere riferita a questi ultimi, di qui la contraddittorietà della norma laddove evoca la "conformità alle scelte espresse dagli elettori".

 

Se trovi un qualche esperto di sistemi elettorali che sia in grado di scioglere questo rebus, per favore indicamelo

 

 

Le questioni giuridiche le ha chiese la stessa corte nella sentenza sul porcellum ritenendo perfettamente legittimo questo parlamento e quindi ogni suo atto.

Insomma, l'articolo di Palumbo non lo hai letto e non ti interessa leggerlo. E va beh

 

 

Tu hai detto: "In altre parole, un governo di unità nazionale trova la sua ragion d'essere proprio nell'accordo bipartisan, peraltro esteso all'intera azione politica, mentre quello che io caldeggio è un accordo bipartisan limitato alle sole riforme istituzionali".

Io mi chiedo perchè si dovrebbe auspicare una larga intesa solo sulle riforme istituzionali? perchè se c'è un governo di unità nazionale allora non vanno bene le riforme costituzionali? se c'è una larga maggioranza di unità nazionale che fa anche le riforme costituzionali quelle sarebbero da criticare additandole come approvazioni a colpi di maggioranza anche se mettono d'accordo tutto l'arco parlamentare?

 

Io stavo rispondendo ad una tua obiezione che riteneva di ravvisare un'incongruenza nel mio argomentare contro le riforme a colpi di  maggioranza proprio ipotizzando un governo di unità nazionale, ipotesi tua sottolineo, e ti rispondevo dicendoti che a mio avviso non è affatto problematico se la maggioranza parlamentare che sostiene un governo di unità nazionale approva anche riforme costituzionali proprio perché il carattere bipartisan che a mio avviso devono avere le riforme istituzionali è già implicto nella definizione di governo di unità nazionale, senza necessità di dover ulteriormente allargare quella maggiornaza.

Il più contiene il meno.

 

 

Ma quello era il punto centrale di tutta la discussione sulla critica di una riforma approvata "a colpi di maggioranza".

Perchè non si può dire a "colpi di maggioranza" senza tener conto di quella considerazione.

 

La critica ai colpi di maggioranza era rivolta alle riforme del 2001 e del 2006, per il ddl Boschi assume carattere marginale (è la quarta volta che lo ripeto).

La critica forte che muovo a questa riforma è un'altra (e sottolineo ancora una volta che si tratta di critica essenzialmente politica)

 

 

Ma se il Senato deve rappresentare i consigli regionali e in Senato ci andranno gli stessi consiglieri che faranno parte dei consigli regionali come farà a non essere rappresentativo il Senato? 

Bisogna che i senatori abbiano uno sdoppiamento di personalità.

I consiglieri regionali che in regione approvano i bilanci e approvano delle leggi regionali che vanno in una direzione quando saranno in senato porteranno avanti le stesse politiche portate avanti nei consigli regionali.

No, nessuno sdoppiamento di personalità, avremo solamente senatori che seguiranno logiche partitiche anziché territoriali. Lo spiega il prof. Bin a cui una volta ancora mi riporto.

Qui però si parlava di riforma costituzionale.

Non si può dare una colpa che non ha alla riforma costituzionale.

Anche perchè indipendentemente da cosa dice la riforma elettorale la riforma costituzionale migliora la situazione per l'elezione del presidente della repubblica, perchè richiedendo una maggioranza dei 3/5 obbliga a ricercare un'ampia condivisione anche con l'italiacum (visto che con l'italaicum la maggioranza di governo non arriva ai 3/5 ma si ferma al 54%).

 

Infatti l'ho scritto fin dal primo post (e ribadito pure nell'ultimo) che la criticità maggiore è legata alla legge elettorale e non alla riforma costituzionale in sé.

La seconda (e a mio avviso minore) criticità è invece insita nella riforma costituzionale laddove questa prefigura un collegio elettorale nel quale la netta inferiorità numerica dei senatori renderà il loro voto marginale, visto che l'accordo maggioranza-opposizione -stante la forza dei numeri- si realizzerà tutto all'interno della Camera dove basterà che la maggioranza di governo (340) trovi l'appoggio di una novantina di deputati. In realtà anche meno, visto che è improbabile che in Senato non siedano senatori dello stesso colore politico della maggioranza alla camera e/o che assumano una posizione autonoma in seno al collegio elettorale.

Ne deriva quindi, a mio avviso, un Senato del tutto marginale nell'elezione del Capo dello Stato.

Si sarebbero potute sperimentare altre soluzioni da mutuare dall'esperienza tedesca o -perché no?- dalla costituzione della V repubblica francese del 1958.

 

 

Può essere ma il problema dell'etica della classe politica regionale non è un'argomentazione giuridico istituzionale, e se si vuole affrontare quel problema ci sono altri strumenti e sedi, ma non può essere che siccome nell'ultima consiliatura regionale ci sono stati degli indagati allora a prescindere non possiamo fare il senato della regioni.

 

La mia sfiducia riguarda una classe politica, quella regionale, che in quanto espressione di una realtà istituzionale fortemente (e purtroppo, strutturalmente) inefficiente sarà portata ad esprimere un'azione politica altrettanto inefficiente. Non ho in mente le degenerazioni patologiche cui hai fatto cenno (che peraltro dovrebbero esse stesse far riflettere, visto che non sono affatto limitate all'ultima consiliatura di una regione), ma il regionalismo italiano quale effettivamente è.

La riforma del titolo V voluta dalla sinistra ha accentuato queste criticità, tant'è che ad oggi abbiamo ben sette regioni con i conti della sanità in rosso a rischio commissariamento e una di queste, l'Abruzzo, è talmente mal amministrata da aver indotto la Corte dei Conti a segnalare al Governo quelle gravi e ripetute violazioni che potrebbero persino inverare i presupposti di cui agli artt. 120 e 126 cost.

Nel suo ultimo libro, Sabino Cassese accusa alcune regioni (Puglia, Calabria, Sicilia e mi pare Campania) di manifestare un vero e proprio *disprezzo* (sic!) per la Costituzione: il pensiero che questi enti possano in qualche modo concorrere a determinare la composizione della Corte non mi tranquillizza per niente.

 

 

L'Italia dei valori era un partito di rilevanza nazionale (nel 2009 arrivò anche all'8% dei voti) strutturato su tutto il territorio nazionale e con i mezzi per supportare un referendum, non stiamo parlando di un circolo bocciofilo.

 

Concorderai che non esistono solo grandi partiti o circoli bocciofili.

L'Italia dei Valori, ad esempio, raccolse l'8% dei voti alle europee del 2009, risultato lusinghiero cui però in termini assoluti corrrispondono poco più di duemilioni e quattrocento mila voti: non mi pare un partito grande (senza contare che quello che tu citi è il miglior risultato mai raggiunto da quella formazione che qualche anno più tardi non sarebbe neppure riuscita a far eleggere un parlamentare, nemmeno in coalizione con altri).

Un grande partito non sono mai stati neppure i radicali, mentre i comitati di Mario Segni non erano né un partito, né grandi.

 

 

Anche l'art.75 è praticamente un articolo che le istituisce solo ma non dice quasi nulla dal punto di vista del contenuto e nulla sulle modalità operative.

Anche in quel caso senza una legge attuativa i referendum non si sarebbero potuti tenere, perchè nulla diceva quell'articolo sulle modalità concrete con cui si sarebbe dovuto svolgere un referendum.

 

Del referendum abrogativo l'art. 75 precisa l'oggetto, gli effetti, i soggetti legittimati a richiederlo, i requisiti di validità e i limiti. La legge ordinaria ha disciplinato, appunto, le modalità operative, ma non certo i contenuti.

Il refrendum di indirizzo è invece solo annunciato, tant'è che sono previste ben due ulteriori fonti normative: una legge costituzionale che ne determinerà i contenuti ("condizioni ed effetti") e una successiva legge bicamerale che ne stabilirà le modalità di attuazione. Il fatto stesso che si renda necessaria una fonte integrativa di rango costituzionale dimostra che ad essere carente è il testo stesso della costituzione.

 

 

Ma non è solo l'art.82 adesso ci sono nuove competenze per il Senato.

Poi anche sull'art.82 era di fatto inesistente il potere di controllo perchè parlamento e governo erano legati da un rapporto di fiducia quindi il Senato non avrebbe mai utilizzato quel potere contro il suo stesso governo, ora invece rompendo quel vincolo il Senato sarà più libero di esercitare un potere di controllo.

 

Già ora la Costituzione e i regolamenti parlamentari forniscono alle camere strumenti conoscitivi e di controllo, mentre alla nuova camera alta composta da senatori part-time mancherà ogni potere sanzionatorio, visto che non potrà indirizzare in alcun modo l'azione di governo (non esistono solo le mozioni di sfiducia, esistono anche ordini del giorno, risoluzioni, pareri vincolanti ecc.).

Insomma, avremo affidato queste ineffabili funzioni di verifica e di controllo a un cane sdentato ;-)

Infatti l'ho scritto fin dal primo post (e ribadito pure nell'ultimo) che la criticità maggiore è legata alla legge elettorale e non alla riforma costituzionale in sé.

La seconda (e a mio avviso minore) criticità è invece insita nella riforma costituzionale laddove questa prefigura un collegio elettorale nel quale la netta inferiorità numerica dei senatori renderà il loro voto marginale, visto che l'accordo maggioranza-opposizione -stante la forza dei numeri- si realizzerà tutto all'interno della Camera dove basterà che la maggioranza di governo (340) trovi l'appoggio di una novantina di deputati. In realtà anche meno, visto che è improbabile che in Senato non siedano senatori dello stesso colore politico della maggioranza alla camera e/o che assumano una posizione autonoma in seno al collegio elettorale.

Ne deriva quindi, a mio avviso, un Senato del tutto marginale nell'elezione del Capo dello Stato.

Si sarebbero potute sperimentare altre soluzioni da mutuare dall'esperienza tedesca o -perché no?- dalla costituzione della V repubblica francese del 1958.

 

Sono quasi 100 i deputati necessari oltre i 340 per raggiungere il quorum (i 3/5 di 730 è 98), non sono proprio 4 gatti, è tutt'altro che facile riuscire a trovare qualcosa come 100 deputati, e in ogni caso vuol dire che non basta la sola maggiorana di governo.

Inoltre il senato essendo eletto in un momento differente è invece possibile e per nulla improbabile che abbia una colorazione politica opposta, quindi potrà rendere ancora più ostico il raggiungimento del quorum per la maggioranza.

 

La mia sfiducia riguarda una classe politica, quella regionale, che in quanto espressione di una realtà istituzionale fortemente (e purtroppo, strutturalmente) inefficiente sarà portata ad esprimere un'azione politica altrettanto inefficiente. Non ho in mente le degenerazioni patologiche cui hai fatto cenno (che peraltro dovrebbero esse stesse far riflettere, visto che non sono affatto limitate all'ultima consiliatura di una regione), ma il regionalismo italiano quale effettivamente è.

La riforma del titolo V voluta dalla sinistra ha accentuato queste criticità, tant'è che ad oggi abbiamo ben sette regioni con i conti della sanità in rosso a rischio commissariamento e una di queste, l'Abruzzo, è talmente mal amministrata da aver indotto la Corte dei Conti a segnalare al Governo quelle gravi e ripetute violazioni che potrebbero persino inverare i presupposti di cui agli artt. 120 e 126 cost.

Nel suo ultimo libro, Sabino Cassese accusa alcune regioni (Puglia, Calabria, Sicilia e mi pare Campania) di manifestare un vero e proprio *disprezzo* (sic!) per la Costituzione: il pensiero che questi enti possano in qualche modo concorrere a determinare la composizione della Corte non mi tranquillizza per niente.

 

La classe politica regionale non è tale per volontà divina e non è nemmeno un diritto di nascita, sono i cittadini a scegliere e se vogliono potranno cambiarla, poi ora con la Severino ci sono anche norme più rigide sulla decadenza dagli incarichi.

 

Concorderai che non esistono solo grandi partiti o circoli bocciofili.

L'Italia dei Valori, ad esempio, raccolse l'8% dei voti alle europee del 2009, risultato lusinghiero cui però in termini assoluti corrrispondono poco più di duemilioni e quattrocento mila voti: non mi pare un partito grande (senza contare che quello che tu citi è il miglior risultato mai raggiunto da quella formazione che qualche anno più tardi non sarebbe neppure riuscita a far eleggere un parlamentare, nemmeno in coalizione con altri).

Un grande partito non sono mai stati neppure i radicali, mentre i comitati di Mario Segni non erano né un partito, né grandi.

 

 

Ma non è tanto l'avere l'8% il 4% o il 20% ma semmai essere un partito strutturato sul territorio nazionale, perchè se anche sei un partito con il 2% ma che ha una struttura capillare in tutte le regioni e con anche solo 1 consigliere comunale  nella maggior parte dei grandi comuni allora hai la struttura per riuscire a fare i banchetti a raccogliere le firme e convalidarle.

Poi quello del quorum ridotto a 800.000 è una cosa in più non è certo un peggioramento, se uno non arriva a 800.000 ma supera le 500.000 può cmq presentare il referendum con il vecchio quorum, per cui è una cosa che si aggiunge e migliora, nel peggiore dei casi si applicano le regole vecchie.

 

Del referendum abrogativo l'art. 75 precisa l'oggetto, gli effetti, i soggetti legittimati a richiederlo, i requisiti di validità e i limiti. La legge ordinaria ha disciplinato, appunto, le modalità operative, ma non certo i contenuti.

Il refrendum di indirizzo è invece solo annunciato, tant'è che sono previste ben due ulteriori fonti normative: una legge costituzionale che ne determinerà i contenuti ("condizioni ed effetti") e una successiva legge bicamerale che ne stabilirà le modalità di attuazione. Il fatto stesso che si renda necessaria una fonte integrativa di rango costituzionale dimostra che ad essere carente è il testo stesso della costituzione.

 

 

Ma non era cmq applicabile senza una legge attuativa così come per i nuovi referendum propositivi.

 

Già ora la Costituzione e i regolamenti parlamentari forniscono alle camere strumenti conoscitivi e di controllo, mentre alla nuova camera alta composta da senatori part-time mancherà ogni potere sanzionatorio, visto che non potrà indirizzare in alcun modo l'azione di governo (non esistono solo le mozioni di sfiducia, esistono anche ordini del giorno, risoluzioni, pareri vincolanti ecc.).

Insomma, avremo affidato queste ineffabili funzioni di verifica e di controllo a un cane sdentato ;-)

 

 

Ma il Senato non poteva avere un ruolo di controllo perchè era legato da un vincolo di fiducia al governo, ora invece il Senato non avrà un vincolo di fiducia al governo e sarà eletto in un momento diverso quindi potrà svolgere una funzione di controllo.

Sono quasi 100 i deputati necessari oltre i 340 per raggiungere il quorum (i 3/5 di 730 è 98), non sono proprio 4 gatti, è tutt'altro che facile riuscire a trovare qualcosa come 100 deputati, e in ogni caso vuol dire che non basta la sola maggiorana di governo.

Inoltre il senato essendo eletto in un momento differente è invece possibile e per nulla improbabile che abbia una colorazione politica opposta, quindi potrà rendere ancora più ostico il raggiungimento del quorum per la maggioranza.

 

Come dicevo, è verosimile che la maggioranza di governo (340) sia omogenea ad almeno una parte dei senatori, per cui i voti mancanti saranno ben meno di 98: se prendiamo per buoni i dati riportati dall'articolo citato da Rotwang, il PD potrebbe contare su una sessantina di senatori e il centrodestra su una trentina, in diffocoltà sarerebbero solo i 5 stelle. Il Senato risulterebbe marginale in quanto la sproprozione dei numeri farà sì che i voti mancanti vengano ricercati là dove i voti sono più abbondanti, ovverosia alla Camera (poco meno di 300) dove peraltro a una maggioranza forse composta da un solo partito faranno riscontro più forze di opposizione, il che amplierebbe ulteriormente i margini di manovra di una maggioranza (magari "gonfiata" in modo abnorme dal premio di maggioranza).

 

Tengo a ricordare che la critica è rivolta alla marginalità del Senato nella composizione del collegio elettorale.

 

 

La classe politica regionale non è tale per volontà divina e non è nemmeno un diritto di nascita, sono i cittadini a scegliere e se vogliono potranno cambiarla, poi ora con la Severino ci sono anche norme più rigide sulla decadenza dagli incarichi.

 

No di certo, nessuna volontà divina, anzi, umanissima... e sul diritto di nascita lasciamo perdere vah

Tu continui ad alludere a patologie penalmente rilevanti, mentre le mie riserve, come dicevo, sono legate alla struttura delle regioni e alla classe politica che questa struttura va a plasmare.

 

 

Ma non è tanto l'avere l'8% il 4% o il 20% ma semmai essere un partito strutturato sul territorio nazionale, perchè se anche sei un partito con il 2% ma che ha una struttura capillare in tutte le regioni e con anche solo 1 consigliere comunale  nella maggior parte dei grandi comuni allora hai la struttura per riuscire a fare i banchetti a raccogliere le firme e convalidarle.

 

A parte il fatto che il discorso "8%" lo hai tirato in ballo tu mentre io mi ero limitato a dire che l'Italia dei Valori non è / non era un grande partito, io di sicuro non definirei grande partito una forza politica che è riuscita a eleggere un consigliere comunale nella maggior parte dei comuni; tra l'altro se bastasse essere in grado di aprire un banchetto in ogni grande comune dovremmo definire grande partito anche la formazione politica di Civati.

Di sicuro poi non erano grandi i comitati di Mario Segni che a dirla tutta non erano nemmeno un partito.

 

 

Poi quello del quorum ridotto a 800.000 è una cosa in più non è certo un peggioramento, se uno non arriva a 800.000 ma supera le 500.000 può cmq presentare il referendum con il vecchio quorum, per cui è una cosa che si aggiunge e migliora, nel peggiore dei casi si applicano le regole vecchie.

 

 e chi ha mai detto che sarebbe un peggioramento? ho solo detto che sarebbe un mezzo passo avanti

 

 

Ma non era cmq applicabile senza una legge attuativa così come per i nuovi referendum propositivi.

 

anche qui, e chi ha mai sostenuto il contrario? chi ha mai detto che la costituzione dovrebbe disciplinare gli aspetti organizzativi di dettaglio?

La critica sta[va] nel fatto che questo nuovo strumento è un mero flatus vocis totalmente privo di contenuti, visto che il rinvio ad una fonte normativa di rango costituzionale denota proprio la consapevolezza da parte dei padri ri-costituenti dell'evanescenza del nuovo istituto di democrazia diretta come declinato in costituzione. Perché mai non si è deciso di stabilire da subito oggetto, presupposti ed effetti del referendum di indirizzo?

Poche idee e ben confuse, direbbero i miei prof del liceo...

 

 

Ma il Senato non poteva avere un ruolo di controllo perchè era legato da un vincolo di fiducia al governo, ora invece il Senato non avrà un vincolo di fiducia al governo e sarà eletto in un momento diverso quindi potrà svolgere una funzione di controllo.

 

ora invece potrà abbaiare liberamente alla luna, ammesso che la maggioranza assembleare lo consenta.

Che poi anche volendo, ma che azione di controllo e di verifica possiamo aspettarci da un'assemblea di senatori part-time i cui enti di appartenenza dipendono in tutto e per tutto dai trasferimenti statali?

Come dicevo, è verosimile che la maggioranza di governo (340) sia omogenea ad almeno una parte dei senatori, per cui i voti mancanti saranno ben meno di 98: se prendiamo per buoni i dati riportati dall'articolo citato da Rotwang, il PD potrebbe contare su una sessantina di senatori e il centrodestra su una trentina, in diffocoltà sarerebbero solo i 5 stelle. Il Senato risulterebbe marginale in quanto la sproprozione dei numeri farà sì che i voti mancanti vengano ricercati là dove i voti sono più abbondanti, ovverosia alla Camera (poco meno di 300) dove peraltro a una maggioranza forse composta da un solo partito faranno riscontro più forze di opposizione, il che amplierebbe ulteriormente i margini di manovra di una maggioranza (magari "gonfiata" in modo abnorme dal premio di maggioranza).

 

Tengo a ricordare che la critica è rivolta alla marginalità del Senato nella composizione del collegio elettorale.

 

Le riforme non vanno giudicate solo dal dato contingente, perchè ora il Pd controlla la stragrande maggioranza delle regioni (16 su 20), quindi è una situazione particolarmente favorevole per il Pd e anche piuttosto rara (e non so francamente per quanto potrà durare), essendo il Senato eletto in un momento diverso rispetto alla Camera si potrebbe anche verificare la situazione opposta in cui l'opposizione ha la maggioranza al Senato e quindi il quorum necessario aumenterebbe.

Ma anche in questa situazione particolarmente favorevole il partito che otterrà la maggioranza alle politiche non potrà cmq nominare il presidente della repubblica da solo, dovrà cmq cercare i voti dell'opposizione su un nome condiviso, perchè il Pd non ha 3/5 nemmeno al Senato (i 3/5 di 100 è 60 e il Pd ne avrebbe 55 secondo l'ipotesi fatta nell'articolo precedente), questo vuol dire che dovrebbe cmq trovare circa una cinquantina di onorevoli oltre ai propri nonostante la situazione particolarmente favorevole, se ipotizzassimo una situazione opposta con il Pd tra i 20/30 seggi allora al Pd ne servirebbero circa 70/80 di seggi per arrivare al quorum.

 

 

A parte il fatto che il discorso "8%" lo hai tirato in ballo tu mentre io mi ero limitato a dire che l'Italia dei Valori non è / non era un grande partito, io di sicuro non definirei grande partito una forza politica che è riuscita a eleggere un consigliere comunale nella maggior parte dei comuni; tra l'altro se bastasse essere in grado di aprire un banchetto in ogni grande comune dovremmo definire grande partito anche la formazione politica di Civati.

Di sicuro poi non erano grandi i comitati di Mario Segni che a dirla tutta non erano nemmeno un partito.

 

Ma infatti io dicevo l'8% per dire che anche un partito con l'8% può essere un grande partito, inteso come un partito strutturato a livello nazionale che ha consiglieri regionali in ogni regione e consiglieri comunali in tutte le grandi città di ogni regione, perchè è questo che ti permette di organizzare una raccolta firme capillare e ti permette di poter su tutto il territorio nazionale di poter autenticare le firme raccolte tramite i propri consiglieri, il movimento di Civati è un piccolo movimento appena nato e non ha la struttura capillare e radicata per poterlo fare.

 

 

No di certo, nessuna volontà divina, anzi, umanissima... e sul diritto di nascita lasciamo perdere vah

Tu continui ad alludere a patologie penalmente rilevanti, mentre le mie riserve, come dicevo, sono legate alla struttura delle regioni e alla classe politica che questa struttura va a plasmare.

 

Ma il problema delle regioni può semmai essere la qualità della classe politica ma non credo si possa affermare che la classe politica regionale è scadente ladra per colpa della struttura delle regioni, o quantomeno sarebbe molto opinabile e discutibile.

 

anche qui, e chi ha mai sostenuto il contrario? chi ha mai detto che la costituzione dovrebbe disciplinare gli aspetti organizzativi di dettaglio?

La critica sta[va] nel fatto che questo nuovo strumento è un mero flatus vocis totalmente privo di contenuti, visto che il rinvio ad una fonte normativa di rango costituzionale denota proprio la consapevolezza da parte dei padri ri-costituenti dell'evanescenza del nuovo istituto di democrazia diretta come declinato in costituzione. Perché mai non si è deciso di stabilire da subito oggetto, presupposti ed effetti del referendum di indirizzo?

Poche idee e ben confuse, direbbero i miei prof del liceo...

 

Perchè non sarebbe cambiato praticamente nulla visto che sarebbe stato cmq necessario intervenire ulteriormente visto l'impossibilità di renderla immediatamente applicativa, l'importante è aver inserito in costituzione questo nuovo strumento, poi si approverà la legge per definirlo e renderlo applicativo.

Anzi meglio visto che ci sarà più tempo per ponderare meglio il contenuto in separata sede.

 

ora invece potrà abbaiare liberamente alla luna, ammesso che la maggioranza assembleare lo consenta.

Che poi anche volendo, ma che azione di controllo e di verifica possiamo aspettarci da un'assemblea di senatori part-time i cui enti di appartenenza dipendono in tutto e per tutto dai trasferimenti statali?

 

Ad esempio:

-avrà potere di veto sulle riforme costituzionali, quindi potrà vigilare sulle riforme della costituzione affinchè non venga modificata dalla sola maggioranza di governo della Camera.

-potrà costituire commissioni di inchiesta.

-potrà controllare e valutare le politiche pubbliche.

-potrà concorrere ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del governo.

Sono tutti compiti di vigilanza e controllo che potrà svolgere liberamente senza essere legata da un vincolo di fiducia al governo, cosa che prima non poteva accadere.

Edited by Sbuffo
  • 2 weeks later...

 

Le riforme non vanno giudicate solo dal dato contingente, perchè ora il Pd controlla la stragrande maggioranza delle regioni (16 su 20), quindi è una situazione particolarmente favorevole per il Pd e anche piuttosto rara (e non so francamente per quanto potrà durare), essendo il Senato eletto in un momento diverso rispetto alla Camera si potrebbe anche verificare la situazione opposta in cui l'opposizione ha la maggioranza al Senato e quindi il quorum necessario aumenterebbe.

Ma anche in questa situazione particolarmente favorevole il partito che otterrà la maggioranza alle politiche non potrà cmq nominare il presidente della repubblica da solo, dovrà cmq cercare i voti dell'opposizione su un nome condiviso, perchè il Pd non ha 3/5 nemmeno al Senato (i 3/5 di 100 è 60 e il Pd ne avrebbe 55 secondo l'ipotesi fatta nell'articolo precedente), questo vuol dire che dovrebbe cmq trovare circa una cinquantina di onorevoli oltre ai propri nonostante la situazione particolarmente favorevole, se ipotizzassimo una situazione opposta con il Pd tra i 20/30 seggi allora al Pd ne servirebbero circa 70/80 di seggi per arrivare al quorum.

 

 

Infatti la mia è una critica strutturale. Come avevo ricordato in chiusura del mio post,

 

la critica è rivolta alla marginalità del Senato nella composizione del collegio elettorale
. Quei sessanta/quaranta voti mancanti verranno ricercati alla Camera perché è alla Camera che quei voti saranno ragionevolmente disponibili, peraltro frazionati tra almeno due minoranze e una dozzina di eletti nelle circoscrizioni estero; la smaccata inferiorità numerica dei senatori renderà del tutto secondario il loro apporto.

Per questo sarebbe stato preferibile lasciare gli attuali quorum, ma modellare un collegio elettorale più ampio, sul modello tedesco, o della costituzione francese del 1958.

 

 

Ma infatti io dicevo l'8% per dire che anche un partito con l'8% può essere un grande partito, inteso come un partito strutturato a livello nazionale che ha consiglieri regionali in ogni regione e consiglieri comunali in tutte le grandi città di ogni regione, perchè è questo che ti permette di organizzare una raccolta firme capillare e ti permette di poter su tutto il territorio nazionale di poter autenticare le firme raccolte tramite i propri consiglieri, il movimento di Civati è un piccolo movimento appena nato e non ha la struttura capillare e radicata per poterlo fare.

 

Non so se l'Italia dei Valori possa essere definito un partito strutturato nel senso di dotato di una presenza capillare, comunque va beh, se è solo un questione nominalistica allora cambiamo scala semantica e diciamo che la raccolta di 500.000 firme è alla portata dei grandi partiti, ma che la raccolta di 800.000 sottoscrizioni è appannaggio dei soli partiti grandissimi.

Peraltro non è neanche vero, dato che i comitati di Mario Segni di firme ne raccolsero 500.000 (ma meno di 800.000) e non erano né grandi, né un partito.

 

 

Ma il problema delle regioni può semmai essere la qualità della classe politica ma non credo si possa affermare che la classe politica regionale è scadente ladra per colpa della struttura delle regioni, o quantomeno sarebbe molto opinabile e discutibile.

 

Tu insisti a volermi mettere in bocca affermazioni che non ho fatto circa le vicende penali che stanno interessando molte regioni.

La mia critica è rivolta al modello regionale come esso è; gli organi di direzine politica delle regioni non possono che difendere l'assetto attuale per la semplice ragione che è di esso che sono espressione. Che non sia una critica campata in aria lo dimostra, ad esempio, la lettera della senatrice Lanzillotta pubblicata dal Corriere la settimana scorsa, mirabile capolavoro di arrampicata sugli specchi.

 

 

Perchè non sarebbe cambiato praticamente nulla visto che sarebbe stato cmq necessario intervenire ulteriormente visto l'impossibilità di renderla immediatamente applicativa, l'importante è aver inserito in costituzione questo nuovo strumento, poi si approverà la legge per definirlo e renderlo applicativo.

 

A tacer del fatto che secondo questa logica sarebbero superflue tutte le norme costituzionali recanti riserve di legge rinforzata, inutile semmai si rivela la norma costituzionale, visto che rinvia in toto ad una fonte normativa equiparata alla costituzione la cui approvazione necessiterà dello stesso identico procedimento aggravato richiesto per emendare la costituzione stessa: tanto valeva non scrivere nulla e lasciare al futuro padre ricostituente la completa definizioen dell'istituto, sulla falsariga dell'art. 75 cost.

 

 

Anzi meglio visto che ci sarà più tempo per ponderare meglio il contenuto in separata sede.

 

evito di commentare perché questo non puoi averlo scritto seriamente

 

 

Ad esempio:

-avrà potere di veto sulle riforme costituzionali, quindi potrà vigilare sulle riforme della costituzione affinchè non venga modificata dalla sola maggioranza di governo della Camera.

-potrà costituire commissioni di inchiesta.

-potrà controllare e valutare le politiche pubbliche.

-potrà concorrere ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del governo.

Sono tutti compiti di vigilanza e controllo che potrà svolgere liberamente senza essere legata da un vincolo di fiducia al governo, cosa che prima non poteva accadere.

 

Sono tutte funzioni che il Senato già ha ed esercita.

Cosa poi potranno e vorranno fare senatori part-time i cui enti di appartenenza dipendono dalla finanza centrale, è facile intuirlo.

Semmai, la corretta prospettiva sarebbe stata quella di riconoscere iniziative di controllo e vigilanza alle minoranze assembleari. Sottolineo il sostantivo "iniziative" al fine di non sentirmi rinfacciare affermazioni che non ho fatto.

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