Ernesto83 Posted April 17, 2015 Share Posted April 17, 2015 Quindi? Cosa vuol dire essere gay per me? Niente. E' solo un grosso processo di trasformazione, scoperta e riscoperta, affermazione e riaffermazione di sé (non diverso dall'etero-/bi-sessualità), vissuta però in maniera più conflittuale, conflittualità che dipende anche dalla società. se siamo gay abbiamo qualcosa in comune, quella di essere (più o meno) attratti da esseri dello stesso sesso, pur con tutte le differenze del caso, e più partecipo a questo Forum più me ne rendo conto, delle differenze e delle esperienze vissute. Perdonate la mia scarsa conoscenza, ma essere gay, non dovrebbe essere il normale mix delle due affermazioni citate? Mi spiego meglio, il sapere, riconoscere e manifestare la propria sessualità non è il semplice avere coscienza del proprio essere, unico e peculiare ma che contiene in sè anche una componente che ci accomuna ad altri individui che hanno una caratteristice in comune con noi? Ogni individuo, è manifestazione delle proprie peculiarità innate, del proprio vissuto, delle proprie esperienze, del proprio background culturale, ma la risultanza di ciò ci porta ad essere soggetti che potrebbero avere in comune passioni, interessi o orientamenti che possono essere presenti anche in altre persone. Da ciò oso presupporre quanto prima esternato, essere gay dovrebbe essere solamente l'aver coscienza di chi si è in tutte le proprie sfaccetature. O vi sono elementi e realtà che mi sfuggono e che mi fanno avere un'idea errata circa questa questione? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted April 17, 2015 Share Posted April 17, 2015 Da ciò oso presupporre quanto prima esternato, essere gay dovrebbe essere solamente l'aver coscienza di chi si è in tutte le proprie sfaccetature. E' una possibile definizione, tra l'altro connessa con l'etimologia della parola, se almeno la coscienza di quel che si è porta gioia...... Però ovviamente una tale definizione comprenderebbe un eterosessuale che avesse coscienza di sé, ma non un omosessuale che non avesse coscienza di sè! Forse non è esattamente quella che si dice una definizione aderente all'uso corrente. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Saramandasama Posted April 17, 2015 Share Posted April 17, 2015 (edited) In realtá "gay" è un termine generico usato anche per le persone di gender xx. Un termine più specifico per il nostro topic starter potrebbe essere androfilo. http://en.m.wikipedia.org/wiki/Androphilia Rileggendo i vari commenti, comunque è vero, molti non hanno la minima idea di cosa sia l' identità di genere o l'orientamento sessuale.. Edited April 17, 2015 by Salamandro Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Capricorno57 Posted April 17, 2015 Share Posted April 17, 2015 (edited) ma essere gay, non dovrebbe essere il normale mix delle due affermazioni citate? non solo delle 2 affermazioni che citi, Ernesto83, ma di tutte le precedenti espresse, credo, dalle più articolate alle più semplici. Già la definizione "gay" traducibile come "gaio" mi sta stretta perchè non sono gaio per niente, io sono un perplesso inquieto caso mai, ma tant'è. Per me essere gay può voler dire anche solo aspettare il moroso che fra 2 ore verrà qui da me x il fine settimana, finito il turno di lavoro, e se gli chiederò "per te cosa vuol dire essere gay" lui mi risponderà cinguettando "cosa c'è in frigo?" Di sicuro essere gay nel mio caso non vuol dire portarsi sulle spalle un pesante fardello, o meglio il fardello c'è ma è di peso paragonabile, forse inferiore, a quello di tutti gli esseri vagamente pensanti. Edited April 17, 2015 by Capricorno57 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ernesto83 Posted April 17, 2015 Share Posted April 17, 2015 Però ovviamente una tale definizione comprenderebbe un eterosessuale che avesse coscienza di sé, ma non un omosessuale che non avesse coscienza di sè! Di sicuro essere gay nel mio caso non vuol dire portarsi sulle spalle un pesante fardello, o meglio il fardello c'è ma è di peso paragonabile, forse inferiore, a quello di tutti gli esseri vagamente pensanti. Grazie mille ad entrambi per la visione che mi state pertendo di avere su questo mondo così vicino e separato solo da una porta che dopo essere stata chiusa per anni, ora si è parzialmente aperta permettendomi di vedere almeno parte di quello che celava. Dalle vostre esternazioni, v'è una cosa che non mi è del tutto chiara... In cosa essere omosessuali, avendone conoscenze, differisce dall'essere eterosessuali ed averne coscienza? (ovviamente mi riferisco alla percezione di sè, non al ciò che ovviamente molto evidente e non a caso si trova proprio alla base della distinzione tra omosessuali ed eterosessuali). Essere omosessuale consapevole o eterosessuale consapevole non sono la stessa cosa? O meglio la consapevolezza di sè non ci rende esseri umani che si conoscono, si piacciono e si vogliono bene per quello che sono? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
freedog Posted April 18, 2015 Share Posted April 18, 2015 Per me essere gay può voler dire anche solo aspettare il moroso che fra 2 ore verrà qui da me x il fine settimana, finito il turno di lavoro, e se gli chiederò "per te cosa vuol dire essere gay" lui mi risponderà cinguettando "cosa c'è in frigo?". apperò!!! nemmeno io nel mio max acidume riesco ad arrivare a vette sì elevate di romanticismo... Essere omosessuale consapevole o eterosessuale consapevole non sono la stessa cosa? O meglio la consapevolezza di sè non ci rende esseri umani che si conoscono, si piacciono e si vogliono bene per quello che sono? per omosex *consapevole* intendi chi è in pace con questo LATO della sua personalità? Se sì, in pratica ti sei risposto da solo Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted April 18, 2015 Share Posted April 18, 2015 In cosa essere omosessuali, avendone conoscenze, differisce dall'essere eterosessuali ed averne coscienza? Non ne differisce ovviamente in sé quanto all'averne coscienza. La differenza c'è nella generazione di tale coscienza, quando almeno si nasca e cresca in un ambiente omofobo, dove certo l'eterosessuale non ha bisogno di generarsi una coscienza di sé, in quanto eterosessuale, perché tale coscienza gli è già abbondantemente provvista dall'educazione che riceve, mentre al contrario l'omosessuale si deve conquistare, spesso faticosamente, il "gnothi sauton" cioè il conosci te stesso in quanto omosessuale e quindi si deve generare autonomamente(o quasi....) la coscienza di sé. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ernesto83 Posted April 20, 2015 Share Posted April 20, 2015 @@freedog, @@Mario1944, grazie mille per le vostre risposte, le quali mi fanno sorgere una domanda ed una constatazione. La domanda riguarda quanto dice freedog, ossia l'essere in pace con se stessi e l'accettazione. Questa è una cosa sulla quale in effetti non avevo mai riflettuto, ho sempre dato per scontato che un omosessuale fosse "obbligato" ad accettarsi in quanto si trattava solamente di conoscersi e che una volta fatto ciò non si potesse non accettare quel che si è. Però, anche in virtù di quanto dice Mario1944 mi rendo conto che la società demonizza questa cosa e che quindi il prendere coscienza di sè effettivamente potrebbe essere traumatico e far nascere una non accettazione in quanto farebbe nascere un'idea di "essere sbagliato" che cozzerebbe con il desiderio di normalità insito in tutti gli esseri umani. Quanto ipotizzato può essere ricalcante il vero? E' la società che fornendoci dei canoni fa sì che una persona omosessuale si possa autoritenere non normale e quindi si possa trovare nella condizione di non auto accettarsi? Mentre circa l'esternazione di Mario1944 sono nuovamente costretto a dire che non avevo mai pensato neppure a questo. Quanto sostenuto mi ha aperto un altro mondo. Non solo v'è il problema del come la società si rapporta con l'omosessuale, ma v'è anche il problema di doversi generare una coscienza propria partendo dalle domande più semplici (da porsi, non alle quali è più semplice dare risposta) ed esistenziali, fino alle più "complesse" che nascono dal vivere quotidiano. Ed il tutto va fatto nel momento in cui si prende coscienza di sè e si compie quella che non a caso ho sentito definire una nuova rinascita, visto che in quel momento di perdono parte delle proprie consapevolezze e si è costretti a ripartire da zero per ricostruirle. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
freedog Posted April 20, 2015 Share Posted April 20, 2015 (edited) La domanda riguarda quanto dice freedog, ossia l'essere in pace con se stessi e l'accettazione. Questa è una cosa sulla quale in effetti non avevo mai riflettuto, ho sempre dato per scontato che un omosessuale fosse "obbligato" ad accettarsi in quanto si trattava solamente di conoscersi e che una volta fatto ciò non si potesse non accettare quel che si è. Però, anche in virtù di quanto dice Mario1944 mi rendo conto che la società demonizza questa cosa e che quindi il prendere coscienza di sè effettivamente potrebbe essere traumatico e far nascere una non accettazione in quanto farebbe nascere un'idea di "essere sbagliato" che cozzerebbe con il desiderio di normalità insito in tutti gli esseri umani. Quanto ipotizzato può essere ricalcante il vero? E' la società che fornendoci dei canoni fa sì che una persona omosessuale si possa autoritenere non normale e quindi si possa trovare nella condizione di non auto accettarsi? beh, prova a chiederti quanti strizzacervelli ci campano con pazienti che devono imparare ad accettare la propria sessualità: chè se la reprimono (citofonare preti, ma non solo loro) prima o poi fisiologicamente la devono sfogare in qualche modo, purtroppo pure pericoloso e/o violento.... Edited April 20, 2015 by freedog Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted April 20, 2015 Share Posted April 20, 2015 Questa è una cosa sulla quale in effetti non avevo mai riflettuto, ho sempre dato per scontato che un omosessuale fosse "obbligato" ad accettarsi in quanto si trattava solamente di conoscersi e che una volta fatto ciò non si potesse non accettare quel che si è. Questa è una faccenda un po' complicata però, perché s'intreccia con la questione dell'origine dell'omosessualità: ovviamente, se l'omosessualità ha origine genetica e quindi non reprimibile è difficile pensare che uno possa non accettarsi per quello che è, se non nascondendo per così dire a sé stesso una parte di sé; se invece l'omosessualità ha origine ambientale, la non accettazione dell'omosessualità sembrerebbe, se non facile, almeno non difficilissima ed in ogni caso potrebbe presentarsi addirittura come il recupero del sé autentico, malamente soffocato da quell'ambiente che gli ha sovrapposto un'inautentica e perturbante deviazione. Però, anche in virtù di quanto dice Mario1944 mi rendo conto che la società demonizza questa cosa e che quindi il prendere coscienza di sè effettivamente potrebbe essere traumatico e far nascere una non accettazione in quanto farebbe nascere un'idea di "essere sbagliato" che cozzerebbe con il desiderio di normalità insito in tutti gli esseri umani. Ma sei certo che TUTTI gli esseri umani desiderino la "normalità"? Io non ne sarei affatto sicuro, anzi, ho praticamente per certo che al massimo questo sia un desiderio prevalente, ma niente affatto esclusivo degli esseri umani: Non pochi di loro non solo non hanno desiderio di normalità, ma addirittura hanno il desiderio contrario! E' la società che fornendoci dei canoni fa sì che una persona omosessuale si possa autoritenere non normale e quindi si possa trovare nella condizione di non auto accettarsi? Questo è in ogni caso pacifico, dato che uno difficilmente può svegliarsi il mattino ed autoritenersi anormale, se non abbia un canone di normalità precedente e prestabilito da altri cui rapportarsi. Mentre circa l'esternazione di Mario1944 sono nuovamente costretto a dire che non avevo mai pensato neppure a questo. Quanto sostenuto mi ha aperto un altro mondo. Non solo v'è il problema del come la società si rapporta con l'omosessuale, ma v'è anche il problema di doversi generare una coscienza propria partendo dalle domande più semplici (da porsi, non alle quali è più semplice dare risposta) ed esistenziali, fino alle più "complesse" che nascono dal vivere quotidiano. Certamente, in mancanza di riferimenti culturali e sociali, il problema è notevole: se tutti dicono che sei malato (o peccatore) se fai X, indipendentemente da tutto, anche del tuo compiacerti di fare comunque X perché sei un Bastian contrario, probabilmente anche tu ti ritieni malato (o peccatore), seppure malato (o peccatore) compiaciuto del suo malanno (o del suo peccato). Fortunatamente anche ai miei tempi, per chi almeno avesse la fortuna di essere acculturato in un certo modo e senza troppe censure, certi riferimenti culturali non mancavano, studiando la storia o la letteratura. Oggi poi i riferimenti culturali e sociali sono financo troppi e se c'è un problema è semmai quello di una certa manipolazione paradigmatica dell'omosessualità, forse di origine omofoba, forse semplicemente dovuta ad ignoranza, in forza della quale l'omosessuale è una macchietta carnevalesca con parrucche vistose, vestiti sgargianti ed eccentrici, voce in falsetto, vita notturna e spesso anche diurna a dir poco sregolata ecc, ma soprattutto con una grande vuotezza di pensiero, di cultura e perfino d'educazione. Tutto considerato era meglio ai tempi di Dante, il quale ci condannava sì alla perdizione perpetua dell'Inferno sotto una tempesta di fuoco, ma con quale dignità nostra e con quale ammirazione sua (vedi Brunetto Latini)! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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