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L'Italia di Renzi


Rotwang

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Che nel centrosinistra quel ragionamento lo facciano in pochi non mi pare proprio, poi è un ragionamento concreto che si basa su un dato di fatto e cioè che se lasci uno ius soli puro allora poi c'è il rischio di viaggi con la sola finalità di venire a partorire qui per ottenere la cittadinanza, persone che senza sapere l'italiano senza aver mai vissuto e senza conoscere nulla vengono qui a partorire per far ottenere la cittadinanza il figlio facendolo nascere qui.

 

Poi il Pd  non è un partito di centro ma è un partito di centro-sinistra, Sel è un partito di sinistra.

 

Poi come ho detto nessuno in questo parlamento ha la maggioranza da solo, quindi se si vuole approvare una legge bisogna trovare delle proposte che abbiano un consenso per avere una maggioranza parlamentare, sennò la legge non si approva.

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Il Pd coinvolge apre sempre a tutti peccato che il M5S quasi sempre sbatta le porte in faccia.

 

Ma se il M5S si rende disponibile il Pd dialoga e apre a tutti, infatti sulla legge contro gli ecoreati alla fine c'è stato un voto condiviso anche con i parlamentari del M5S, idem sulle unioni civili si va nella direzione di un voto finale che sia aperto anche al M5S.

 

Al M5S il più delle volte interessa solo fare caciara e polemica elettorale.

Edited by Sbuffo
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I 5s hanno detto chiaramente che non vogliono fare alleanze con nessuno. Linea politica condivisibile per un movimento che nasce come forza di protesta. Poi però non si lamenti se ignorato dalla forza di governo.

A volte sembra anche che abbiano come motto "tanto peggio tanto meglio" nel senso che più cresce la protesta più voti intercettiamo, ma non si può sperare la catastrofe per vincere le future elezioni.

 Riconosco che, alcune (solo alcune) idee dei cinque stelle sono più che condivisibili e mi piacerebbe che il governo le facesse proprie ma questo è un discorso completamente diverso. 

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Renzi ha perso credibilità già dal patto con Berlusconi...non che prima fosse credibile per me, ma con questo aveva già toccato il fondo e dalle continue notizie che escono su di lui, il suo partito e ciò che fanno (o meglio, non fanno), mi auguro un rapido declino. Ci sono senza dubbio persone (M5S) che meritano una concreta possibilità di mostrare a pieno il loro potenziale e magari svegliare un po' di gente...

Edited by Matteo94
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la Repubblica

 

Il governo apre al ponte sullo stretto di Messina, seppure nella forma di una 'infrastruttura ferroviaria'. Lo ha detto il sottosegretario alle Infrastrutture, Umberto Del Basso De Caro, intervenendo in aula alla Camera, e suggerendo una riformulazione della mozione di Ap-Ncd sulla Salerno-Reggio Calabria. Nel testo suggerito dal sottosegretario c'è l'impegno a "valutare l'opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo stretto come infrastruttura ferroviaria previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici, come possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno".

 

Ma la decisione del governo suscita la netta opposizione di Sel che con Arturo Scotto parla di un "un colpo di scena degno di un thriller".

"Il governo  - dice - cambia idea e per tenersi buono l'alleato dell'Ncd apre alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina, anche se ad uso ferroviario. Invece di impegnarsi per finire la Salerno-Reggio Calabria e per ammodernare il sistema viario calabrese, preferisce assecondare il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, e il suo partito l'Ncd, sponsor di questa opera inutile per lo sviluppo del Mezzogiorno. Siamo alla farsa e alla presa in giro degli italiani. Ma Matteo Renzi lo sa?".

 

La questione irrompe in aula a Montecitorio durante la discussione delle mozioni relative alla Salerno-Reggio Calabria. Tutte le mozioni meno quella di Forza Italia e di Ncd-Ap contengono una parte che chiede di interrompere ogni opera relativa al ponte e destinarla ad altre opere infrastrutturali, a cominciare dalla Salerno-Reggio. Forza Italia e Ncd sono invece 'continuiste'. Le loro mozioni dicono in sostanza 'avanti con il ponte'. Il governo, per sbrogliare la matassa, chiede ai gruppi di espungere ogni riferimento al ponte. Ma mentre sono in corso le dichiarazioni di voto, il gruppo di Ncd incontra il sottosegretario (che nel frattempo viene sostituito dal collega Enrico Zanetti), come denuncia in aula Barbara Saltamartini. Al ritorno, la parlamentare di Ncd suggerisce al governo una riformulazione sulla 'questione ponte' che in sostanza lo trasforma in infrastruttura ferroviaria. Poi riprende la parola Del Basso De Caro il quale apre all'idea di un ponte quale 'infrastruttura ferroviaria', suggerendo lui stesso il testo della mozione che il governo potrebbe accettare. La mozione viene approvata con 289 voti a favore e solo 98 contrari. Le mozioni dei gruppi contrari al ponte, dove a questo punto viene mantenuto il riferimento al 'no' vengono bocciate.

 

La replica dei moderati di Ap non si fa attendere. A parlare è Vincenzo Garofalo, vicepresidente della commissione Trasporti alla Camera: "E' tempo - dice - che si torni a parlare del ponte sullo stretto, con un approccio nuovo e maggiormente costruttivo, senza demonizzazioni inutili e dannose. Un segnale positivo - quello del governo - che si muove nella direzione giusta, ovvero quella di riconsiderare finalmente questa opera infrastrutturale come strategica per il mezzogiorno". Secondo il deputato si tratta di "un'opera importante, necessaria ed utile per il Mezzogiorno e la sua crescita ed è per questo - annuncia - che Area popolare andrà avanti con la sua proposta di legge al riguardo, quello che chiediamo è che si vada avanti sul merito e non sul pregiudizio, sciogliendo ogni nodo possibile, costi ed impatto, ricordandoci però tutti che esiste uno studio e un progetto che ha già affrontato e risolti tali nodi".

Edited by Rotwang
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Si parla del nulla ed è lo stesso ministro delle infrastrutture Del Rio, non c'è nessun via libera al ponte, c'è solo un'ipotesi di rivalutazione di un diverso progetto per il ponte, ma il governo ha altre priorità e cmq attualmente non c'è nessun dossier riguardo al ponte sul tavolo del governo:

http://www.repubblica.it/politica/2015/09/29/news/governo_valuta_ponte_sullo_stretto_di_messina_come_ferrovia-123920667/

 

"Non si tratta di una riapertura dei giochi - è l'altolà intimato stamani da Palermo dal ministro per le Infrastrutture e i Trasporti,Graziano Delrio -. Il sottosegretario ha semplicemente accolto l'invito fatto al governo di valutare, se lo vorremo, l'opportunità di riguardare i costi e benefici di quel progetto. Dovremo valutare ma in questo momento il dossier non è sul mio tavolo, abbiamo dossier più urgenti. Noi non abbiamo il dossier sul tavolo in questo momento - ha proseguito - se una forza politica o il parlamento ci invita a valutare se un domani potremo riaprirlo, noi non diciamo di no. Non abbiamo pregiudizi - ha concluso - la valutazione si fa sempre".
Edited by Sbuffo
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Il governo ha sempre avuto le sue priorità e ha sempre seguito una sua tabella di marcia.

 

Sulla questione non c'è nessuna apertura, c'è solo la possibilità di una valutazione di un eventuale progetto su cui non c'è alcuna priorità e che al momento non è nemmeno sul tavolo del governo.

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Linkiesta

 

La liberalizzazione della cannabis non è più solo un’ipotesi. La proposta di legge firmata da 290 parlamentari di tutti gli schieramenti potrebbe presto iniziare il suo percorso alla Camera dei deputati. Su richiesta di Sinistra Ecologia e Libertà, la capigruppo di Montecitorio ha inserito la discussione del provvedimento nel calendario trimestrale. Da qui alla fine dell’anno i deputati della commissione Giustizia potranno avviare l’esame del progetto.

 

Al momento nulla è ancora certo, la calendarizzazione non assicura l’automatico iter parlamentare. Intanto il primo passo è stato fatto. La data non è priva di suggestioni. Tra poche ore apriranno in Oregon i primi negozi di vendita al dettaglio di marijuana. Si tratta del quarto Stato americano dopo Colorado, Washington e Alaska ad aver completamente legalizzato l’uso della cannabis. Proprio per raccontare i risultati dell’esperienza statunitense, ieri è stato presentato alla Camera dei deputati un libro particolare. Si chiama “Legalizzare con successo”, raccoglie numerosi approfondimenti dei principali quotidiani e settimanali d’Oltreoceano, ed è stato stampato su carta di canapa.

 

L’autore Luca Marola spiega il motivo dell’iniziativa. «Le leggi degli Stati americani che regolamentano la cannabis stanno dando risultati, e tutti complessivamente positivi. Questi risultati sono da immettere nel dibattito italiano, caratterizzato da molta ideologia e poca attinenza alla realtà fattuale». A sentire Marola il 2014 è l’anno della svolta. «L’anno Uno della legalizzazione – spiega – con negozi che aprono a Denver e Seattle e i cittadini dell’Oregon, dell’Alaska e di Washington Dc che approvano le proposte di legalizzazione». Soprattutto, continua l’autore, è anche l’anno in cui l’opinione pubblica americana si è schierata per la prima volta a favore della regolamentazione della marijuana.

 

In Usa il confronto pubblico è stato approfondito. Il libro cita, tra gli altri, un articolo pro liberalizzazione firmato a luglio di un anno fa dall’intero gruppo di editorialisti del New York Times. Adesso i risultati raggiunti in America possono aiutare ad aprire un dibattito anche in Italia. Marola – già autore del manuale di coltivazione fai da te “La Marijuana in salotto” – racconta i dati del fenomeno. «Nei primi sette mesi dopo la legalizzazione della cannabis, in Colorado il gettito fiscale è aumentato di 73 milioni di dollari. La criminalità è scesa dell’otto per cento. Si sono creati 16mila nuovi posti di lavoro. E dalle maggiori entrate la commissione di bilancio statale ha destinato 975mila dollari alle scuole pubbliche per l’assunzione di assistenti sanitari». Senza considerare l’emersione di un’economia «fino ad allora esclusivo appannaggio della criminalità».

 

Favorevoli o contrari alla liberalizzazione, i dati colpiscono. Intanto gli Stati interessati dal fenomeno rischiano presto di aumentare. «Il 2016 sarà un anno importante – continua Marola – Ci saranno almeno dieci stati americani che andranno a referendum per la regolamentazione della cannabis». Le elezioni più attese si svolgeranno in California, dove il voto sarà a novembre. «L’impatto sull’opinione pubblica sarà enorme».

A Montecitorio c’è anche Rita Bernardini, segretaria di Radicali italiani. Autrice negli anni di oltre 40 azioni di disobbedienza civile per la liberalizzazione della cannabis. E, ricorda con un sorriso, finora mai arrestata. «Ho ricevuto solo due condanne definitive - racconta - a due e quattro mesi». Ironia della sorte, proprio oggi la radicale è attesa al Tribunale di Siena. Sotto processo per aver distribuito alcune piante di cannabis terapeutica durante l’ultimo congresso nazionale del movimento. «Il cammino della proposta di legge sarà in salita» spiega. «In Italia dobbiamo abbattere molti tabù, le insidie sono moltissime. Senza informazione è praticamente impossibile proporre un cambiamento». Rita Bernardini ricorda il silenzio che ha accompagnato l’ultima relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia. Un documento, spiega, che ha riconosciuto il totale «fallimento dell’azione repressiva». Ne parla anche il libro di Marola. «È proprio la DNA – si legge – a proporre politiche di depenalizzazione che potrebbero dare buoni risultati “in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali”».

Intanto il Parlamento italiano si prepara ad affrontare il dibattito. Protagonista dell’iniziativa legislativa è il senatore Benedetto Della Vedova – sottosegretario agli Esteri – che ha promosso la creazione di un intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis. Un fronte trasversale che pochi mesi fa ha preparato il testo di legge ora in calendario a Montecitorio. Tra i parlamentari più attivi dell’intergruppo c’è anche l’ex Pd Pippo Civati, invitato alla presentazione del libro. «Questo non è un tema di nicchia da adolescenti – spiega – Stiamo parlando di cose serissime». Pur ammettendo di non essere un «particolare consumatore», Civati sottolinea la necessità di un intervento normativo. «L’Italia ha l'occasione di fare una grande riforma - spiega il deputato -. Ci sono ragioni di liberalità, di moralità politica, ma anche questioni economiche che valgono miliardi di euro. Molto più della Tasi, tanto per dire»..

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L'Huffington Post

 

Adesso una data c'è. Entro fine ottobre nascerà, alla Camera, il nuovo gruppo parlamentare della sinistra-sinistra. Ma ancora prima di nascere, il nuovo gruppo perde pezzi. La fusione, annunciata mesi fa, avverrà tra Sinistra ecologia e libertà, i fuoriusciti dal Pd tra cui Stefano Fassina e gli ex grillini. La presenza dei parlamentari vicini a "Possibile", al movimento cioè di Pippo Civati, è invece ancora in bilico, nonostante il percorso fosse iniziato insieme.

Le riunioni si susseguono. I nodi da sciogliere sono tanti e non mancano i primi distinguo, che annunciano un percorso in salita il cui approdo sarà la presentazione di una lista alle elezioni amministrative. O forse no. Su Milano potrebbe venir fuori già il primo psicodramma. Ma anche a Cagliari, Napoli e Roma. E l'ostacolo è proprio questo. Ovvero, il nuovo soggetto politico deve ancora decidere come si comporterà sui territori e quale sarà il suo rapporto con il Pd.

A domanda precisa, se entrerà o meno a far parte del nuovo gruppo parlamentare, Civati all'Huffington post risponde così: "Per ora faccio parte di Possibile. Per me i gruppi politici nascono se c'è una ragione politica anche fuori dal Palazzo. Per esempio sarei interessato a capire se questo nuovo gruppo si allea con il Pd o no. Io no!". Parole che lasciano capire tutta la complessità dell'operazione.

A Milano, per esempio, non sanno chi candidare. O meglio: partecipare oppure no alle primarie del centrosinistra? E nel caso vincesse il candidato renziano Emanuele Fiano: sostenerlo oppure no? Nel caso questa aggregazione nascesse in "opposizione vera" al Pd, come chiede Civati, potrebbe essere proprio il leader di Possibile il candidato per palazzo Marino. "Ma mi sembra assai improbabile - attacca Civati - che gli altri vogliano uscire realmente dal solco del Pd. Il problema non è fare un partito di sinistra a sinistra del Pd, ma un partito di governo. È questo che non capiscano".

Intanto, un'altra discussione aperta è quella sulla scelta del nome da dare a questa nuova componente politica che da novembre dovrebbe avviare un percorso costituente per trasformarsi in partito. C'è chi vuole la parola "sinistra", chi quella "lavoro", chi tutte e due e chi né l'una né l'altra. Per qualcuno, il nuovo soggetto politico dovrebbe essere un partito neo laburista che già nel nome deve esprime il concetto del "lavoro, che in Italia non c'è". Altri invece, come Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel, dicono che non è affatto scontato che nel nome ci siano le parole "sinistra" e "lavoro", perché invece si potrebbe andare oltre.

La road map comunque è stata tracciata. Il nuovo gruppo dovrà essere presente in Aula quando approderà la legge di stabilità. Sarà questo il banco di prova, anche se già i deputati alleati, come fa notare Fassina, lavorano insieme da tempo firmando emendamenti e proposte comuni. A Palazzo Madama invece non è detto che si raggiunga il numero necessario per formare un nuovo gruppo parlamentare. Ai senatori di Sel dovrebbero aggiungersi Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino, entrambi ex 5Stelle, ma non si arriverebbe al numero di dieci. E se non ci sarà la possibilità di far nascere un gruppo autonomo, si creerà una componente comune che resterà nel gruppo Misto.

A novembre, invece, se tutto va bene, si butteranno le basi per un partito unico. La sinistra-sinistra, quella che ha battagliato contro il Giglio magico fiorentino scegliendo alla fine un'altra strada, a questo punto dovrebbe decidere cosa fare alle amministrative. Se candidarsi e in che modo nel 2016, a quali elettori guardare e a come affermarsi sui territori. "Ma neanche questo è detto che avvenga. Intanto pensiamo alle battaglie in Parlamento. Per il resto dobbiamo ancora vedere in quali città essere presenti", osserva Fratoianni. A riprova che vale sempre, quando c'è di mezzo la sinistra, il motto di Mao: "Grande è la confusione sotto il cielo". Dunque, "la situazione è eccellente"?

 

PS: ridicoli

Edited by Rotwang
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l'Unità

 

Cosa cambierà per i cittadini con la nuova manovra finanziaria, quando verrà approvata e quali sono i pilastri su cui si basa? Tutto ciò che c’è da sapere sulla legge di stabilità 2016

 

Ha il compito di regolare la vita economica del Paese. A pochi giorni dalla sua presentazione, il provvedimento di economia più atteso dell’anno, la legge di stabilità, sta prendendo forma tra indiscrezioni, dichiarazioni ufficiali e ipotesi sempre più plausibili. Ma quali sono i pilastri su cui si basa la norma e che tipo di ostacoli dovrà superare? Quando verrà approvata e soprattutto, cosa sono gli 'imbullonati', la 'flessibilità' e tutti gli altri termini tecnici di cui spesso sentiamo parlare? 

 

La manovra, come già annunciato più volte dal presidente del Consiglio, avrà un carattere espansivo, vedrà una riduzione del carico fiscale e il saldo totale sarà di 27 miliardi. Non ci sarà nessun aumento di tasse e le coperture arriveranno in parte dalla spending review (6-8 miliardi), in parte dal miglioramento delle condizioni del quadro macroeconomico (circa 3 miliardi), ma soprattutto dalla flessibilità richiesta a Bruxelles (16 miliardi).

 

Sono quattro i principali pilastri della manovra che cambieranno le regole economiche del nostro Paese: da un importante riduzione delle tasse a un piano contro la povertà, passando per incentivi al lavoro e investimenti per far ripartire il Sud.

 

- Riduzione del carico fiscale. Per ridare ossigeno alle famiglie e restituire forza al settore dell’edilizia, com’è ormai noto, il governo intende ridurre la tassazione sulla casa, eliminando l’Imu e la Tasi sulla prima abitazione. Non solo, per favorire gli investimenti verrà anche ridotta la tassazione sul capitale, Imu su terreni agricoli e imbullonati (ossia i macchinari industriali pesanti ancorati al terreno). Il ragionamento del governo alla base della scelta è il seguente: se ho un capannone e compro un nuovo macchinario per lavorare e produrre (creando quindi capitale) è scoraggiante pagare più tasse a causa dell’aumento di valore del capannone. Proprio per non disincentivare gli investimenti, il governo vuole quindi eliminare la tassazione sul capitale (Imu agricola e imbullonati). E ancora, per sostenere le imprese, già con questa manovra comincerà a ridurre l’Ires (l’imposta sul reddito delle società che oggi è al 27,5%), senza attendere il 2017.

 

Decontribuzione sul lavoro. Per premiare le assunzioni stabili e continuare a sostenere la crescita dell’occupazione a tempo indeterminato, palazzo Chigi ha intenzione di mantenere la decontribuzione sul lavoro anche nel 2016. Una delle ipotesi del dibattito in corso è la decontribuzione per tutti i nuovi assunti ma con il dimezzamento della soglia annua massima (da 8.060 a circa 4mila euro).

 

- Investimenti e Sud. La legge di stabilità, come preannunciato nel Def (il documento di programmazione economica del governo), conterrà misure per incentivare gli investimenti e “rivitalizzare l’economia meridionale”. Secondo il governo, per ottenere un’accelerazione della ripresa economica c’è bisogno che il Sud cresca in maniera vigorosa, più della media nazionale. Per questo l’intenzione è convogliare gli investimenti infrastrutturali proprio nelle regioni del Sud: dalla banda larga agli interventi per la messa in sicurezza del territorio. Non sarebbero invece previsti strumenti d’incentivo selettivi, validi soltanto per il Sud (come ipotizzato inizialmente). Tra le misure in grado di aiutare gli investimenti, inoltre, si sta pensando di incentivare il salario di produttività e il welfare aziendale. Ci sarebbero poi sostegni fiscali all’innovazione e all’efficienza energetica. E sempre per incoraggiare gli investimenti è previsto anche – lo ha annunciato ieri il presidente del Consiglio – uno sconto fiscale legato all’acquisto di macchinari, un ‘super ammortamento’: chi investirà in beni strumentali nel 2016 (purché non siano immobili), potrà portare in ammortamento fino al 140% del valore.

 

Piano contro la povertà. Per la prima volta si parla di una misura strutturale contro la povertà (non un intervento tampone e sperimentale). Si tratterebbe di una legge delega (connessa alla manovra) in grado di riordinare tutti gli strumenti di assistenza sociale e di combattere la povertà. Un piano che, secondo fonti del governo, a regime sarà di oltre un miliardo. Dovrebbe prevedere misure a favore delle famiglie povere, con Isee basso e con una particolare attenzione a chi ha bambini piccoli. Ci sarà inoltre – come annunciato dal premier – un intervento ad hoc per un milione di bambini sotto il livello di povertà.

 

La legge di stabilità rivolgerà un’attenzione particolare anche al lavoro autonomo. Dopo il Jobs act e gli sgravi finalizzati a dare centralità al tempo indeterminato, il governo vorrebbe tutelare anche il popolo delle partite Iva. Tra le varie ipotesi ci sarebbe l’idea di una legge delega (parte integrante della legge di stabilità) per tutelare maggiormente i lavoratori autonomi e riformare il regime dei minimi.

Quanto al nodo previdenziale, il governo è al lavoro per gestire la contingenza: salvaguardare in maniera definitiva gli esodati rimasti e introdurre la cosiddetta opzione Donna, una norma che consentirebbe alle lavoratrici di andare in pensione anticipatamente optando per il sistema contributivo.

La legge di stabilità verrà licenziata dal Consiglio dei ministri il 15 ottobre nello stesso giorno in cui sarà presentata in Parlamento. Contestualmente, la proposta di manovra sarà trasmessa alla Commissione Ue: secondo quanto stabilito dal calendario del semestre europeo, infatti, entro la metà di ottobre tutti gli Stati dell’Eurozona devono inviare le proprie proposte di bilancio a Bruxelles per un’analisi preventiva.

A quel punto, la Commissione prenderà un paio di settimane di tempo per manifestare le proprie osservazioni ed entro il 30 novembre esprimerà il proprio giudizio: una valutazione positiva sarebbe di fatto un via libera alla flessibilità richiesta da Roma.

Parallelamente, il dibattito parlamentare interno sarà già iniziato con la presentazione della manovra del 15 ottobre. Dalla Commissione bilancio di palazzo Madama, il testo approderà prima nell’Aula del Senato e poi in quella della Camera per essere approvato in via definitiva entro natale, dopo almeno due letture.

Ma cosa si intende esattamente per flessibilitàDa non confondere con quella in uscita (relativa alle pensioni), è un termine che si riferisce a un concetto molto semplice: consentire allo Stato di spendere di più rispetto agli accordi europei di politica fiscale, permettendo l’allontanamento dal pareggio di bilancio. In pratica ogni governo, in base a una serie di fattori (concordati con tutti gli altri stati membri) deve rispettare tutti gli anni un limite di spesa rapportato al proprio Pil, un limite (rapporto deficit/Pil) che non dovrebbe oltrepassare. Grazie anche all’impegno del semestre italiano di presidenza europea, oggi l’Unione è meno rigorosa e prevede una flessibilità di bilancio: nel nostro caso la flessibilità richiesta è dello 0,8% del Pil (circa 13 miliardi). Attenzione però, non si tratta di nessun regalo e di nessuno sconto: “l’autorizzazione di spesa” si otterrebbe infatti in cambio di riforme e di investimenti.

La strategia di bilancio del governo è comunque specificata nella nota di aggiornamento al Def (approvato e autorizzato dal Parlamento giovedì scorso) nella parte del documento in cui vengono definiti i nuovi obiettivi del 2016. Il deficit/Pil viene infatti aumentato al 2,2% e mantenuto comunque ben al di sotto del famigerato 3%, livello massimo concesso dal Patto di stabilità e crescita che ormai diversi governi sono abituati a sforare: Francia e Spagna, solo per citarne due, sono al 4% circa.

Tirando le somme, quindi, la flessibilità totale equivale a oltre 16 miliardi, risorse fondamentali per coprire gli interventi di una manovra che vuole essere soprattutto espansiva.

Certo, in questo modo la strada per raggiungere il pareggio di bilancio sarà un po’ più lunga e tortuosa del previsto, ma da un punto di vista politico equivale a ciò che il nostro governo ha sempre chiesto a Bruxelles: meno austerità per dare più ossigeno e spinta alla ripresa, tenendo comunque in regola i conti dello Stato e mantenendo il rapporto deficit/Pil sotto il 3%.

Edited by Rotwang
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l'Unità

 

Bisognerebbe cominciare a prendere sul serio il Movimento 5 stelle. Una certa consolidata pigrizia induce la maggior parte dei media a parlarne in termini di folklore politico o, nella migliore delle ipotesi, a considerarlo semplicemente il sintomo di un malessere diffuso e di una fondata diffidenza verso l’establishment politico tradizionale. Il che naturalmente è vero: ma non basta. La fase eroica e ingenua – quella del Parlamento da aprire come una scatoletta, delle scie chimiche e dei microchip sottopelle – appartiene al passato, sebbene non sia tramontata del tutto: oggi sembra più adeguato descrivere il M5S come un adolescente che s’affaccia all’età adulta.

 

Del resto, i movimenti politici si definiscono e prendono forma nel loro divenire concreto, in virtù delle scelte compiute ma anche, e spesso soprattutto, grazie al contesto in cui si trovano ad agire. L’Italia che ha votato nel 2013 era esattamente divisa in tre (Bersani, Berlusconi, Grillo); l’Italia di domani – o di dopodomani – è destinata a tornare bipolarista e forse a diventare bipartitica, perché questa è la dinamica della democrazia e perché la nuova legge elettorale, fortunatamente, agevola e premia la dinamica dell’alternanza.

 

Può darsi che il centrodestra riesca infine a liberarsi di Silvio Berlusconi, a trovare un nuovo leader capace di riunificarne le membra sparse, a ricostituire una coalizione competitiva e potenzialmente vincente. Ma può anche darsi di no: e se così fosse, il compito di costruire un’alternativa, indipendentemente e persino al di là delle intenzioni di Beppe Grillo, ricade sul M5S. Al quale la sorte e le circostanze hanno riservato un destino particolare: lo sfarinamento del centrodestra libera un consistente serbatoio di voti (e dunque non è un caso se le posizioni sull’immigrazione strizzano l’occhio a quell’elettorato), ma la trasversalità strutturale del Movimento consente anche di pescare voti a sinistra, fra i delusi e gli irriducibili che considerano Renzi una specie di usurpatore e non hanno tempo da perdere con l’ennesima, futura reincarnazione della “sinistra radicale”.

 

Ma per conquistare un consenso sufficiente a proporsi come forza di governo non bastano la protesta, il “vaffa”, la battaglia sugli scontrini o l’esibizione ostentata dell’onestà: occorre anche un po’ di buona politica. E’ precisamente a questo crocevia che si trova oggi il partito – anche se il termine non piace agli interessati – di Grillo e Casaleggio.

 

“Italia5stelle”, la manifestazione nazionale che si terrà sabato e domenica a Imola – a metà strada fra una festa e un congresso, un happening e una Leopolda – ha come tema il governo: “La stanca litania del ‘Non avete fatto niente’ dei partiti – si legge sul blog di Grillo – sarà smentita dalle azioni svolte con successo dal M5S attraverso le ‘Buone notizie’, un elenco di tutte le cose fatte e portate a termine dagli eletti”. Il punto qui non è sapere quali buone cose hanno fatto gli attivisti e gli eletti del Movimento: il punto è che l’accento, per la prima volta in modo così evidente, cade sulle cose da fare anziché sulle denunce, le irrisioni e le proteste.

 

Non è difficile intravvedere lo scontro fra due linee, e il lento prevalere della seconda. La prima, incarnata da Gianroberto Casaleggio, ha un carattere fortemente identitario ma, politicamente, sterile: è la linea dell’intransigenza, del #vinciamonoi, delle espulsioni a raffica, del fondamentalismo programmatico, della purezza rivoluzionaria. La seconda, che oggi ha in Luigi Di Maio la sua espressione più compiuta, prova a fare un passo in più, e offre di sé un’immagine più pragmatica, più concentrata sull’azione parlamentare (con i suoi inevitabili compromessi), più attenta all’ascolto di quei pezzi di società che allo scontento uniscono anche la legittima difesa di interessi concreti.

 

Non è un caso se Di Maio – il candidato in pectore alla presidenza del Consiglio, sebbene le sensibilità e le procedure del M5S impediscano di dirlo chiaro – è cresciuto a pane e politica: figlio di un dirigente del Msi e poi di An, consigliere di facoltà quando studiava giurisprudenza, candidato (senza successo) al consiglio comunale di Pomigliano d’Arco e, oggi, vicepresidente della Camera. La biografia di Di Maio è la testimonianza più sicura del fatto che vuol fare sul serio – il che naturalmente non significa che sarà capace di traghettare tutto il Movimento “dalla protesta alla proposta” (come disse una volta Almirante, e come dopo di lui hanno ripetuto innumerevoli leader), né che saprà conquistare il consenso necessario a proporsi come credibile forza di governo. Ma la strada è questa, per la buona ragione che non ce ne sono altre percorribili se si vuol mantenere, e magari incrementare il 25% delle scorse elezioni.

 

Grillo, sebbene in un recente sondaggio Swg sia stato superato proprio da Di Maio nel consenso fra gli elettori del M5S (24% contro il 29% del vicepresidente della Camera), resta tuttora il grande catalizzatore di voti, lo sciamano capace di infondere identità e appartenenza, la bandiera e lo spirito del Movimento. Ma è percepibile la scelta di compiere almeno un passettino indietro, lasciando sempre più spazio al gruppo che si è venuto formando in questi due anni, di cui Di Maio è il leader riconosciuto, e che da qualche mese, accantonata la fatwa contro i talk show, appare sistematicamente in tv. E anche questo è un segnale.

 

Un altro segnale verrà da Roma, dove ancora non è chiaro con quale candidato e quale squadra il Movimento sceglierà di correre, e soprattutto se vorrà davvero correre per vincere – con il rischio, in caso di vittoria, di doversi misurare in un’impresa estremamente difficile e piena di rischi – o se si accontenterà di partecipare, mantenendo così intatta fino alle elezioni politiche l’immagine di fustigatore dei costumi altrui senza l’ingombro del governo di una grande città (nelle piccole, come Livorno, i risultati non sembrano brillanti).

 

Il cammino è ancora lungo, ma del resto anche le elezioni sono lontane. Aspettiamo intanto di vedere che cosa succederà a Imola, quanto la nuova classe dirigente del M5s saprà mostrarsi all’altezza dello slogan della manifestazione – “Il M5s al governo” – e quanto invece le antiche pulsioni qualunquistiche e a tratti violente potranno zavorrare la nuova fase. Che, in ogni caso, è cominciata: e faremmo bene a prenderne tutti nota.

Edited by Rotwang
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  • 4 weeks later...

Lettera43

 

«Paraculo, vai fuori dai coglioni». Domenica, 8 novembre: Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, ha incominciato da pochi minuti a parlare in piazza Maggiore a Bologna, durante la manifestazione “Liberiamoci” organizzata dalla Lega Nord di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
I Giovani padani, sotto al palco, lo insultano. Senza tregua. È l’una e mezza di pomeriggio.
Mentre sul ponte di via Stalingrado la polizia blocca i manifestanti del Laboratorio Crash che vogliono arrivare in centro per contestare le camicie «verdi-brune», il vecchio Cavaliere, dopo tre anni di assenza dai comizi, inizia il suo discorso ringraziando i compagni di vent’anni di politica, da Umberto Bossi a Roberto Calderoli fino a Roberto Maroni. Sembra quasi un congedo.
Poi l’ex premier attacca Renzi («Ha perso 10 punti nei sondaggi da gennaio»), mettendo di fatto il patto del Nazareno nel congelatore. Quindi se la prende con Equitalia, che «bisogna abolire» e alla fine si mette a parlare di riforme costituzionali, contestandole. Annuncia che il centrodestra «unito arriverà al 40%». Ma è lento e la piazza, gremita da migliaia di persone, non apprezza, qualcuno fischia. In pochi applaudono.
C'è chi, tra gli stessi dirigenti leghisti, alla fine dirà: «Berlusconi è bollito».

LITE FURENTE TRA DIRIGENTI AZZURRI. Ma se sul palco si consuma uno spettacolo così avvilente, è dietro le quinte, dove l’orecchio del pubblico non può arrivare, che va in scena la vera tragedia di Forza Italia in questa assolata domenica di novembre.
Paolo Romani, Renato Brunetta, Mariastella Gelmini, infatti, sentendo gli insulti e i fischi, iniziano a prendere a male parole Licia Ronzulli, Giovanni Toti e Gregorio Fontana. Sono le due fazioni che in questi giorni si sono divise se portare o meno Berlusconi a Bologna. I primi per il no, i secondi per il sì. 
C’è un battibecco violento. Le accuse sono chiare: «Avete visto? Bravi, l’avete portato per farlo fischiare». C’è chi urla, sale la tensione. Poi si stempera. Del resto, sono stati soprattutto i militanti leghisti a non apprezzare la presenza del Cav in una manifestazione dove il 97% dei partecipanti era 'padana', con qualche sparuta bandiera azzurra a far da contraltare.

GIOVANI PADANI ALL'ATTACO DI SILVIO. I più arrabbiati sono stati i Giovani Padani, ai piedi del palco. La corrente dei salviniani di ferro, che Calderoli avrebbe chiesto di sciogliere nelle scorse settimane, ha deciso di ricoprire Berlusconi di insulti, dall’inizio alla fine del discorso: «Paraculo, merda, ci hai rotto i coglioni».
Basta questa fotografia per raccontare una delle giornate più brutte per il berlusconismo.
Il leader di Forza Italia forse se lo aspettava. O forse no. Sta di fatto che l'aver battezzato «Giorgia» e «Matteo», a cui ha fornito un programma «per vincere contro Renzi», gli è costata una scarica di fischi e insulti come non gli era mai accaduto.
O meglio, di contestazioni Berlusconi ne ha ricevute nella sua carriera politica, ma solo dagli avversari, di certo non dai suoi alleati di partito.
Ma i fischi per il vecchio padre del centrodestra italiano non sono che una delle tante contraddizioni di una manifestazione che non passerà di certo alla storia della politica italiana.

MATTEO APRE A GRILLO, SILVIO NO. In piazza si è visto tutto e il contrario di tutto. Salvini porta a casa un buon risultato, perché riempie una città storicamente rossa. Ma le divisioni nelle varie fazioni sono diverse e si vedevano a occhio nudo. C’era chi cantava l’Inno di Mameli e veniva silenziato a pochi metri dal grido di «secessione, secessione».
C’erano le bandiere “Prima il Nord” e quelle di “Noi con Salvini”, il partito del Sud fedele al segretario.
C’è stato Berlusconi che ha definito «Grillo come Adolf Hitler» e Salvini che invece ha detto che con «Grillo farebbe le riforme». Lo stesso leader della Lega Nord ha detto di voler parlare a tutta Italia, ma nel suo discorso ha citato il federalismo del professore antifascista e storico Gaetano Salvemini, arrivando persino a ricordare Gianfranco Miglio, ideologo della Lega degli esordi, poi ripudiato da Umberto Bossi.
Nella Lega ne sono sicuri, le citazioni dei due teorici del federalismo sono un segnale: «Matteo ha capito che in piazza c’era soprattutto la gente del Nord, i vecchi leghisti che hanno riempito la manifestazione con le bandiere del Sole delle Alpi e del Veneto. Quelli di 'Noi con Salvini' erano in quattro gatti». Considerazione vera, perché la Lega ha occupato la piazza e non l’ha mollata. È stato evitato il peggio con i centri sociali, che sono rimasti lontani durante tutto il comizio, scontrandosi con la polizia sul ponte di Stalingrado, mentre nel centro storico bolognese si sono segnalati solo un paio di tafferugli, sedati sempre dalle forze dell'ordine.

LA LOTTA COMUNE SOLO CONTRO GLI INSETTI. Alla fine della giornata Salvini, Meloni e Berlusconi sembrano avere solo un punto in comune nel programma: i comunisti e gli insetti.
Sui primi in piazza è tornato a riecheggiare il vecchio slogan «Chi non salta comunista è», tra i golpe del socialismo con la magistratura e qualche cenno alle zecche rosse.
Sugli insettti invece c’è stata proprio una dichiarazione comune tra la leader di Fratelli D’Italia e l’ex Pierino Padano, con attacchi contro Giorgio Napolitano, Laura Boldrini e il fronte europeista che «vuole che in Italia si mangino gli insetti».
«Se non vi va bene pane e salame andate a casa», ha minacciato Salvini dal palco prendendosela con gli immigrati.
Ad ascoltare il consiglio del «pane e salame» sono stati soprattutto i litigiosi dirigenti di Forza Italia, che in seguito sono andati con Berlusconi a mangiare in una trattoria bolognese.
Per fare pace. E trarre le conclusioni di una giornata nella quale il centrodestra ha annunciato di essere tornato unito, ma non si capisce ancora da cosa.

Edited by Rotwang
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Di una cosa nutro non poche perplessità: la Lega Nord prende i voti dei razzisti, dei sempliciotti e delle teste di fallo, che folkloristicamente vengono descritte come rozzi agitatori privi di logica.

Bene, quando verrà il momento delle elezioni, la Lega Nord prenderà comunque i loro voti visto che dovrà stilare un programma che non sarà gradito da tutti, viste le correnti spesso contrastanti tra loro (tipo nazionalisti e secessionisti)? 

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Mi permetto di fare una riflessione forse un po' emotiva, ma io sono emotivo e quindi non è una novità.

 

Qui c'è un governetto da italietta giolittiana, che sta seriamente pensando di aumentare le tasse universitarie mentre alza la soglia di punibilità per chi non versa l'iva ed il limite per i pagamenti in contanti. Il tutto mentre promette di realizzare il ponte di Messina.

 

Intanto fuori monta una destra che è l'arca di noè di tutto lo schifo che questo paese ha prodotto, ma riassumibile in questa definizione: fascisti eurofobi clericobigotti xenofobi e anti"comunisti", antistatali ma a favore della spesa pubblica per i propri interessi privati.

Qui in Veneto abbiamo più volte visto come la gente tra la sinistra destrorsa e la destra vera preferisca la seconda, sento spesso dire che la Sicilia è il laboratorio politico anticipatore delle vicende nazionali. No: questa volta sarà il nordest. Perse Bortolussi(morto di recente, pace all'anima sua) quando fu candidato per compiacere gli imprenditori, ha perso la Moretti quest'anno.

 

Come la vedete voi? Io male.

Edited by Demò
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Ci sarebbe anche una alternativa - di destra - meno ruspante

ma per certi versi più pericolosa, perchè potrebbe veramente

diventare da laboratorio politico un "modello" esportabile

 

E' l'Inghilterra di Cameron, che ha già vinto il confronto coi liberali

con il referendum sulla legge elettorale e l'intestazione dei matrimoni

gay, ha già vinto quello contro gli indipendentisti scozzesi ed ora sta

andando allo scontro definitivo con l'UE

 

Qualora Cameron riuscisse a vincere questo confronto politico, contro

i pochi privilegi dei paesi che adottano l'euro, contro i diritti sociali dei

lavoratori UE che si trasferiscono in Inghilterra, e contro la burocrazia

di Bruxelles...certo sarebbe "manna" dal cielo anche per la destra italiana

che per ora sta imitando - come noto - più la linea Le Pen-FN francese

 

Cameron però riesce a trasformare le istanze irrazionali in agenda politica

cosa che - piaccia o non piaccia, riesca o non riesca - è tre spanne sopra

il livello modesto della nostra classe politica

 

In questo momento la destra italiana sconta un problema di credibilità di

Salvini al Sud, Renzi è più credibile quando gli dice che gli porta i piccioli

( il Sud "governista" chiede soldi e quello "antigovernista" vota M5S )

 

Questo è un problema specifico italiano che potrebbe ostacolare l'esportabilità

del modello Veneto

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Dire che il nord-est è l'anticipatore della politica italiana è una follia vera e propria, visto che è sempre stato un feudo elettorale della destra (DC ma anche MSI durante la prima repubblica, FI e Lega nella seconda).

 

Ci sono aree dove il voto è sempre marcato in un certo modo, vuoi anche perchè si è creato un sistema clientelare di scambio granitico, il Lombardo-Veneto per le destre, la Toscana e la punta d'Italia (Puglia, Lucania e Calabria) per le sinistre, il resto è più o meno contendibile. C'è da considerare che la destra (NCD escluso) nonostante tv e giornali a suo favore prenda complessivamente appena il 28%, addirittura 4 punti sotto il PD nonostante il governo impopolare di Renzi e la dolorosa scissione interna http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/11/10/sondaggi-piepoli-sinistra-italiana-a-esordio-fa-registrare-2-rispetto-a-sel-_c4884e76-5a64-457d-b1ea-1369366078a4.html

 

con un Silvio ormai troppo vecchio manca il collante, la manifestazione di Bologna di domenica era patetica a confronto a quella organizzata dallo stesso Berlusconi nel 2007 contro il governo Prodi (1/10 dei partecipanti di allora).

 

E' interessante vedere che se prosegue il trend attuale potrebbe esserci prima o poi il sorpasso del M5S sul PD, passato da meno del 20% delle regionali al 27-28% attuale, a cui convergerebbero, nel ballottaggio, i probabili voti di Sinistra Italiana, quanto al leader sicuramente il mediatico Di Battista tirerebbe di più rispetto al più grigio Di Maio.

 

Che in determinati momenti storici le destre possano fare il botto di voti non è cosa nuova, già vista per esempio qui http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=S&dtel=07/05/1972&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S

Edited by Fabius81
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Fabius tu hai l'innocenza dei bimbi ti perdono

 

Oltre alle battute hai letto i sondaggi? Considerando che i partiti di destra vincono in tutta Europa, Renzi malgrado non abbia fatto nulla rimane il primo partito, motivo? Berlusconi ormai è stracotto e il M5S purtroppo non riesce a non essere identificato con la figura ingombrante Grillo e perciò non prende più di tanti il voto dei delusi da PD/FI... 

Edited by Fabius81
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I sondaggi sulla vittoria del partito curdo o quelli che davano zauia e la moretti a uno 0, di distanza?

 

Veramente nell'ultimo anno si è votato in nove regione, e il Pd ne ha vinte sette contro due della destra, i capoluoghi governati da Fi o dai suoi alleati sono una ventina contro quasi settanta del Pd. Dimmi te se devo fare il difensore di Renzi, ma attualmente la destra in buona salute non la da nemmeno Sallusti (il suo sondaggio gli da il 30-31%...).

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