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Roma sprofonda, Milano splende


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La zanzara della chikungunya altro non è che la banalissima zanzara tigre endemica in ampie zone d'Italia da decenni

Comunque se la necessità del SSN di plasma motiva i Comuni a riprendere la disinfestazione oramai interrotta a causa

dei tagli di bilancio, potremo essere grati agli Africani di aver portato questa influenza in Italia

 

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4 hours ago, marco7 said:

situazione di degrado e soprattutto di carenza di programmazione del comune, le scuole materne sono chiuse tre mesi e c'era tutto il tempo per prepararle alla riapertura, senza porsi questi "normali" problemi gli ultimi giorni...  Non rovo scandaloso il problema dei topi in sé, non a caso in tutte le scuole si fanno cmq derattizzazioni, anche a titolo cmq precauzionale

ps: ma quanti sorcettini avremo a roma?????   :D 

La Repubblica

Corrado Augias

Nel poema sinfonico ‘I pini di Roma’ Ottorino Respighi dedica il brano d’apertura ai pini di villa Borghese. In uno dei migliori brani strumentali italiani del primo Novecento (nel repertorio di tutte le orchestre del mondo), si rincorrono motivi infantili, sapientemente orchestrati, arie di giochi, liete divagazioni. Cito l’episodio per dire quale importanza la villa abbia avuto nell’immaginario non solo dei semplici cittadini ma anche degli artisti. Vedere villa Borghese nello stato d’abbandono in cui ora si trova supera la semplice indecenza, diventa una ferita di valore simbolico alla memoria e al presente della capitale.

Giorni addietro l’ho attraversata salendo dalla scalea che fronteggia la Galleria d’Arte Moderna per arrivare fino alla terrazza del Pincio che incombe su piazza del Popolo e apre, a occidente, sul quartiere Prati e la lontana cupola di san Pietro. Nel percorso mi sono imbattuto in tappeti di rifiuti, manufatti e ornamenti marmorei scheggiati o imbrattati da scritte e sigle demenziali, statue decapitate, resti di alberi abbattuti lasciati lì semicoperti dall’orrida rete di plastica rossa detta ‘pollaio’. Abito per una parte dell’anno a Parigi non lontano dal Jardin du Luxembourg, lì succede che al tramonto alcuni vigilanti fischiano la chiusura, i cancelli vengono sbarrati e il parco riposa per riaprire la mattina.

Conosco l’obiezione: quel parco parigino appartiene al Senato che ne cura con grande cura e dispendio la manutenzione. Però succede anche per altri giardini, curatissimi anche loro, che appartengono invece alla municipalità (Parc Monceau, Jardin des Tuileries, Parc des Buttes Chaumont eccetera). Conosco anche un’altra obiezione: il Bois de Boulogne, che (come villa Borghese) non ha cancelli, si popola di notte di ambigui personaggi, è animato da loschi traffici. Se ne parla spesso. La differenza con la villa romana è che attraversando il Bois al mattino non si vede alcuna traccia delle losche figure notturne.

Cito Parigi ma potrei anche citare altri parchi che bene o male ho visitato (Central park a New York, Hyde e Green park a Londra, Tiergarten a Berlino), villa Borghese resterebbe di gran lunga il più antico e anche il più nobile - il più vasto giardino costruito a Roma dall’antichità - se non fosse ridotto com’è. La famiglia Borghese acquistò il primo nucleo della tenuta verso la fine del XVI secolo. L’intento era di crearvi una ‘villa di delizie’ come per esempio avevano fatto i Gonzaga a Mantova con Palazzo Tè.

Gli ampliamenti continuarono anche nell’Ottocento soprattutto in direzione di Porta Pinciana. Nel 1901 fu acquistato dallo Stato che due anni dopo lo cedette al Comune, il suo nome ufficiale era “Villa comunale Umberto I, già Borghese”; i romani però l’hanno sempre chiamata villa Borghese. Erano gli stessi anni in cui, all’interno delle mura, si compiva lo scempio della lottizzazione di villa Ludovisi dove poi sarebbe stata disegnata l’ampia arteria sinuosa di via Veneto che mette in comunicazione la Porta con la sottostante piazza Barberini. Anche molte altre ville vennero smembrate e lottizzate, villa Borghese fu tra le poche, forse l’unica, a salvaguardare la sua integrità.

Quella villa è una meraviglia per la varietà di paesaggi e costruzioni che racchiude. Il ‘Casino nobile’ oggi Galleria Borghese; il ‘Casino dei giochi d’acqua’, oggi Aranciera; la Fortezzuola, oggi museo Canonica; l’anfiteatro di piazza di Siena, vaste aree lasciate a giardino di paesaggio di gusto inglese, fontane, piccole costruzioni ora in stile egizio, ora in forma di rovine classiche dove si trova perfino una copia della celeberrima Stele di Rosetta. Il primo nucleo del parco era nato dove un tempo sorgevano i Giardini di Lucullo. Quando nel 1911 (Cinquantenario dell’Unità) si costruì il cavalcavia che supera in quota la profonda incassatura del Muro Torto, la veneranda Villa venne messa in comunicazione diretta con il giardino del Pincio, altro luogo mitico; sulle pendici del colle si trovavano le tombe dei Domizi, lì vennero inumate le ceneri di Nerone, morto nel 68. Villa Borghese è questo insieme di bellezza e di memorie, bisognerebbe saperlo, perché se si tiene presente che cosa ha rappresentato quell’area verde nella storia non solo cittadina, si capisce meglio il dolore che dà vederla ridotta in senso letterale a strame, ovvero: “strato di erbe secche che serve come lettiera per il bestiame”.

Edited by Rotwang
  • 2 weeks later...

Candidatura Milano per Ema supera il primo scoglio Ue

BRUXELLES - Milano supera il primo scoglio per la sua candidatura ad ospitare l'Agenzia europea del farmaco (Ema), che traslocherà da Londra, causa Brexit. Si evince dalla valutazione dei criteri oggettivi della Commissione Ue. In gara per l'Ema ci sono altre 18 città. La valutazione di Bruxelles non contiene però classifiche, e non è vincolante. La decisione spetta ai 27 Stati, al consiglio Affari generali di novembre.

http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2017/09/30/candidatura-milano-per-ema-supera-il-primo-scoglio-ue_ca4e0447-d676-4f6c-a8fb-e4431740603f.html

Dita incrociate e chiappe strette

Corriere della Sera

La strada per la riapertura dei Navigli è segnata. Almeno per la maggioranza che sostiene il sindaco Giuseppe Sala: referendum abbinato alle elezioni regionali e politiche (probabilmente a marzo), dibattito pubblico, sostegno al progetto di riapertura delle prime cinque tratte, certezza che non vengano penalizzati gli interventi in periferia, ricerca di fondi anche privati per affrontare i costi e lavori da realizzare in parallelo ai cantieri di M4 per evitare eccessivi disagi alla città.

Questo il contenuto dei due ordini del giorno che il centrosinistra presenterà oggi in Consiglio comunale. Prima, della discussione e del voto, sarà il sindaco Beppe Sala a illustrare in una comunicazione alla città, la sua posizione su come affrontare il cammino che dovrà portare alla riapertura dei Navigli. E il sindaco non ha mai fatto mistero di preferire la strada del referendum rispetto ad altre opzioni. La volontà politica è quella di avere un mandato forte per realizzare un’opera che gli sta particolarmente a cuore (tanto da dedicarci un libro dal titolo «Milano sull’acqua. Ieri, oggi e domani») e considerata una priorità del suo programma elettorale.

I due ordini del giorno non dovrebbero incontrare troppe difficoltà nel passare il vaglio dell’aula anche se nei partiti d’opposizione ci sono parecchi distinguo. Difficile dire no a un progetto sicuramente affascinante anche se i dubbi sul ripetere un referendum che ha già dato un risultato positivo nel 2011 non mancano. Il percorso individuato prevede prima una campagna d’informazione e di confronto, poi il referendum specifico sulla riapertura dei cinque tratti del Naviglio in abbinata alle elezioni e se il risultato dovesse essere positivo, dei percorsi partecipati sul modello del dibattito pubblico in merito all’attuazione degli interventi.

«Stiamo lavorando per proporre un percorso il più partecipato possibile — spiega il capogruppo del Pd, Filippo Barberis — attivando tutti gli strumenti di partecipazione con l’obiettivo di informare i cittadini su un intervento ambizioso che riscoprendo un tratto dell’identità milanese guarda in realtà al futuro urbanistico della città . Non è nostalgia, ma una visione del futuro». «Siamo assolutamente favorevoli al progetto — dice la capogruppo della Lista Sala, Elisabetta Strada — Ci crediamo molto sia perché renderà sempre più bella Milano sia perché risolverà problemi idrogeologici».

Sull’altro fronte, i primi dubbi arrivano da Forza Italia: «Riunirò il gruppo e decideremo cosa fare — dice il capogruppo azzurro, Gianluca Comazzi — Mi sembra però che l’apertura dei Naviglio sia una bella suggestione ma gestita male dalla sinistra che in affanno di consenso cerca di unire il referendum alle regionali e alle politiche per confondere i cittadini e recuperare qualche voto. Inoltre dove verranno reperiti i fondi e quale impatto avranno i cantieri?». Dubbi anche dal Movimento Cinque Stelle che apprezzano il progetto, ma ritengono che le priorità della città siano altre.

Sui Navigli intervengono anche i Radicali, tra i propositori del referendum del 2011: «La riconnessione idraulica e il ripristino delle Conche sono opere imprescindibili, che da anni come Radicali Milano chiediamo siano realizzate subito, insieme alla apertura di un tratto di via Melchiorre Gioia — dicono Marco Cappato e Barbara Bonvicini —. È fondamentale che tali opere non siano rimesse in discussione e siano avviate nei tempi più brevi possibile, nel rispetto del voto popolare del 2011». Il referendum, invece, andrebbe bene per la riapertura completa dei Navigli «che deve essere attuato nel pieno coinvolgimento dei cittadini, delle istituzioni cittadine e regionali, coinvolgendo i rispettivi “governi” e opposizioni fuori da logiche di schieramento».

Propongono anche di «disegnare a terra il percorso di riapertura, per offrire in modo tangibile l’immagine della città che sarà». Infine tocca a Roberto Biscardini, presidente dell’Associazione Riaprire i Navigli: «Dieci anni fa abbiamo proposto di riaprire i Navigli a Milano. Molti ci avevano presi per matti. Adesso finalmente se ne discute in Consiglio. L’importante è non perdere di vista l’idea principale. E cioè riattivare la navigazione sull’intera rete dei Navigli Lombardi».

La Repubblica

Niente più varchi e pass. Da aprile (o al massimo giugno) per entrare con l'auto nel centro storico della capitale si pagherà un biglietto d'ingresso. E il costo non sarà contenuto. Come Milano, anche Roma tra qualche mese avrà una Congestion Charge Zone, un'Area C in cui l'accesso sarà consentito solo a chi avrà comprato l'apposito ticket valido per un solo giorno. Un progetto annunciato prima dell'estate dal presidente grillino della commissione comunale Mobilità, Enrico Stefàno (M5S), e che tra sei mesi troverà attuazione.

"Stiamo definendo alcuni dettagli, come il costo dei ticket e le modalità di accesso, ma siamo a buon punto e sicuramente tra aprile e giugno attiveremo l'Area C in via sperimentale", annuncia Stefàno. A Milano il biglietto valido 24 ore costa 5 euro, ma si possono anche acquistare pass dal valore di 30 o 60 euro da cui vengono scalati gli importi al momento dell'utilizzo.

"Ci saranno card a tariffa agevolata per i residenti del centro storico e chi per entrare nell'Area C utilizzerà il car- pooling, ovvero la condivisione di una stessa auto, otterrà bonus o crediti sull'acquisto dei ticket", fa sapere il presidente della commissione capitolina Mobilità. "I confini dell'Area C - prosegue - saranno quelli delle Ztl del centro storico e del Tridente, ma stiamo valutando se inserire nel perimetro anche Trastevere".

L'idea dell'Area C in realtà aveva già trovato spazio con l'amministrazione dell'ex sindaco Ignazio Marino, che la fece inserire nel Piano generale del traffico urbano firmato dall'ex assessore ai Trasporti, Guido Improta. All'epoca si pensò all'ipotesi di regalare 150 ingressi ai residenti e fissare il costo d'accesso in due "gettoni" per la mattina e l'orario di punta e uno per le altre fasce orarie. "Stabiliremo un prezzo che ci permetta di disincentivare l'uso dell'auto privata", taglia corto Stefàno che, ad aprile scorso, ha promesso che con l'istituzione dell'Area C "il traffico diminuirà del dieci per cento".

Ma i romani rispetto ai milanesi sono forse più restii ad accettare le novità. E così, per abituare gli abitanti della capitale all'idea di dover raggiungere il centro di Roma a piedi o con mezzi di trasporto (sempre in ritardo o guasti), i 5 Stelle hanno pensato di adottare un sistema graduale. "Estenderemo l'orario di chiusura delle Ztl del centro storico, portando il divieto di accesso fino alle 20 e uniformeremo gli orari, che attualmente sono differenti per ogni Ztl", spiega Stefàno. Un provvedimento che sicuramente non piacerà a commercianti e ristoratori, da sempre contrari ai divieti di accesso in centro. Ma come ci si muoverà all'interno della Congestion Charge Zone? "Con i fondi europei - spiega Enrico Stefàno - compreremo i mini- bus elettrici e istituiremo delle linee che consentano di raggiungere tutti i rioni". Un sogno, forse, in una città dove è già tanto se le stazioni delle metro non si allagano e se i bus viaggiano senza ritardi e senza guasti.

Edited by Rotwang

Credo che non mi dispiacerebbe come sistema....  

vediamo come viene attuato, quello conta!

Ma il vero nodo della questione è rappresentato dai trasporti pubblici:  ok a limiti e pagamenti x accesso al centro storico con i mezzi privati, ma il comune deve garantire dei trasporti pubblici funzionali ed efficienti! punto!     :smoke:

10 hours ago, marco7 said:

 "in fondo a Roma si è trattato di pochi casi su quasi tre milioni di abitanti"

*fixed

  • 3 weeks later...
  • 2 weeks later...

E voi che ne pensate di questa analisi???

http://www.milanocittastato.it/featured/la-vera-sfida-di-milano-e-uscire-dalla-sua-zona-di-comfort/

La vera sfida di Milano è uscire dalla sua zona di comfort

In Psicologia si studia che uno dei principali freni alla crescita è la zona di comfort. La zona di comfort è la nostra copertina di Linus, un luogo molto comodo che ognuno di noi si è creato mettendoci dentro le proprie sicurezze e le proprie abitudini. All’interno della nostra zona di comfort ci sentiamo protetti, abbiamo tutto sotto controllo, ma in realtà essa è il risultato della nostra insicurezza, perchè si cerca di tenere al di fuori tutto ciò che può causare dolore o pericolo. Se si vuole crescere ed evolvere questo è un passaggio obbligato: bisogna uscire fuori dalla propria zona di comfort.

Se si vuole crescere ed evolvere questo è un passaggio obbligato: bisogna uscire fuori dalla propria zona di comfort.

Qualche giorno fa sono stato a un evento in cui si è parlato di Milano.

C’erano volti noti della società milanese che hanno descritto perchè amano la nostra città. Milano è grande perchè è il luogo delle opportunità, Milano è concreta, Milano è internazionale e così via. Tutto molto vero, ma al tempo stesso sentendoli parlare mi è venuta in mente la copertina di Linus.
Tutti erano d’accordo nel menzionare qualità indiscutibili di Milano e credo che proprio questo sia il più grande pericolo di Milano per il suo futuro: il fatto che tutti fossero d’accordo che Milano è così straordinaria. Siamo d’accordo perchè Milano è così perfetta o siamo d’accordo perchè siamo tutti dentro a una zona di comfort? Pensare e ripetere che Milano è così magnifica rischia di diventare il principale freno alla sua crescita, esattamente come succede all’individuo con la zona di comfort. Perchè la crescita nasce da un’inquietudine, dall’ambizione di arrivare a qualcosa che non si è ancora, la crescita nasce dall’insoddisfazione più che dall’appagamento. Ed è solo con la forza dell’inquietudine e dell’insoddisfazione che si può sfidare la propria zona di comfort.

la crescita nasce da un’inquietudine, dall’ambizione di arrivare a qualcosa che non si è ancora, la crescita nasce dall’insoddisfazione più che dall’appagamento.

La zona di comfort di Milano ha due tabù che devono essere violati se vogliamo fare crescere la nostra città.

Il primo di questi limiti è la parola che viene più spesso associata a Milano: internazionale.
Milano è sicuramente una città internazionale se la si paragona al resto d’Italia. Ma se la si guarda superando i confini della nostra nazione, Milano è davvero così internazionale? Io credo di no. Mi chiedo spesso se il successo di Milano nei confronti di Roma sia perchè Milano sta crescendo o se invece perchè Roma sta peggiorando. Volente o nolente Milano si confronta sempre con Roma, è più forte di lei. E più Roma precipita più sembra che Milano stia meglio ma in realtà è solo un gap che aumenta perchè uno dei due peggiora. Se invece Milano guarda all’estero, siamo così sicuri che stia guadagnando posizioni?

Sempre in quell’evento si è parlato del Politecnico, una grande eccellenza, una università straordinaria se la si guarda a livello italiano, ma che risulta al di fuori delle prime 200 università del mondo. E’ internazionale una città che ha la sua migliore università fuori dalle migliori 200? E questo vale anche per altri settori, purtroppo. Milano è la capitale dell’imprenditoria, oggi le nuove imprese si chiamano start up, ma è mai possibile che nessuna start up milanese sia nelle 100 start up più di successo in Europa? E’ mai possibile che l’Italia del venture capital, di cui Milano è capitale, muovono ogni anno investimenti per 170 milioni di euro quando i nostri principali competitor, come Francia, Germania o Regno Unito, sono al di sopra dei 2 miliardi?

Quando si dice che il pregio di Milano è che è internazionale bisogna avere il coraggio di dire che questo è anche il suo difetto: il non essere abbastanza internazionale. Milano non è abbastanza internazionale perchè non si misura con le altre città del mondo, non lo è perchè forse noi milanesi non siamo abbastanza internazionali. Abbiamo una mente ancora troppo provinciale e guardiamo troppo all’interno della nostra nazione invece che guardare al ruolo che dovremmo avere nei confronti del mondo.

noi milanesi non siamo abbastanza internazionali. Abbiamo una mente ancora troppo provinciale e guardiamo troppo all’interno della nostra nazione invece che guardare al ruolo che dovremmo avere nei confronti del mondo.

Il secondo tabù è la sudditanza con Roma.

Più si parla di quanto Milano sia meglio di Roma e più emerge il senso di sudditanza che Milano ha con Roma. Milano soffre di un complesso di sudditanza con Roma, sudditanza perchè continua a pensare Roma come il centro delle responsabilità politiche e decisionali. E questo accade non per la forza di Roma ma per la debolezza di Milano nel rivendicare la sua responsabilità: Milano si comporta con Roma come un figlio che continua ad andare da papà per mostrargli quanto è bravo e giustificare la sua paghetta, senza accorgersi che in realtà è lui che sta dando i soldi a papà, anche se fa finta che sia viceversa. Questo accade perchè Milano non ha il coraggio di assumersi le responsabilità che comporta gestirsi da sé.
Con la sudditanza intendo dunque sentirsi più sudditi che parte del sistema politico nazionale, incarnato da Roma.

Uscire dalla sua zona di comfort rispetto a Roma significa per Milano rivendicare un ruolo che se si guarda il resto d’Europa tutte le principali città hanno. Nei Paesi più grandi ci sono degli hub.
Gli hub che cosa sono? Esattamente come per gli aeroporti, in ogni nazione ce ne sono di nazionali e di internazionali, ci sono delle aree che si autogestiscono e che sono in competizione una con l’altra per attrarre persone e imprese. Questi hub si definiscono in termini amministrativi delle città stato, nel senso che sono amministrativamente autonome e devono rendere conto solo al governo centrale, senza altre mediazioni di poteri, e decidono da sé le proprie leggi. Sono degli hub Londra, Madrid, Parigi, Bruxelles, Amburgo, Vienna o San Pietroburgo. Questi hub funzionano come un aeroporto internazionale che consente di attrarre un pubblico internazionale, come porta d’ingresso nel loro Paese. Tutti i principali Stati hanno almeno un hub tranne l’Italia.

Se lo avesse non potrebbe che essere Milano. Ma Milano deve smetterla di pavoneggiarsi dal confronto con la capitale, deve uscire dalla sudditanza e rivendicare un’autonomia decisionale. Deve uscire da questo anche se è scomodo. Perchè è scomodo per ogni milanese riconoscere che Milano non è internazionale ed è scomodo riconoscere che Milano ha un complesso di sudditanza nei confronti di Roma.
E’ il momento di osare, di crescere, e per farlo occorre uscire dalla zona di comfort ed evitare che essere milanesi significhi semplicemente affermare gli indiscutibili pregi della città, ma mettendo la testa sotto la sabbia quando è il caso di intervenire sui limiti che impediscono a Milano di essere grande come potrebbe essere.

Dire

Via la Casa internazionale delle donne. Sfrattata. Il Comune di Roma, infatti, lunedì ha inviato l’avviso alla struttura di via della Lungara. La Capitale rischia quindi di dare l’addio a un’altra realtà sociale molto importante per il territorio e la città, che opera qui da 30 anni.

Nel 1987 il Movimento femminista romano aveva occupato parte del complesso del Buon Pastore (fin dal ‘600 adibito a reclusorio femminile), rivendicando la prevista destinazione dell’edificio per finalità sociali, con particolare riguardo alle donne. E’ iniziata una lunga trattativa con il Comune per il restauro e la consegna dell’edificio all’associazionismo femminile.

Nel 1992 il Progetto Casa internazionale delle donne è stato elencato tra le opere di Roma Capitale e approvato dal Comune. La Casa ha deciso di sobbarcarsi tutte le spese ordinarie e straordinarie, dalla ristrutturazione e messa in sicurezza alle bollette. Pagando poi l’affitto al Comune. C’era comunque un debito pregresso che la Casa si è accollata (si dice intorno ai 150 mila euro), che non è mai riuscita a saldare.

Durante l’amministrazione guidata da Ignazio Marino, con il Comune era stato quasi raggiunto un accordo per la ‘cancellazione’ del debito, in cambio di servizi gratuiti offerti alla comunità, in particolare ovviamente nel sociale. E così la Casa ha fatto, con prestazioni socio-sanitarie, psicologiche, legali, di accoglienza e orientamento al lavoro. Un punto di riferimento passato, presente e futuro per il Municipio I, ma una realtà conosciuta, apprezzata e indicata alle donne (e non solo) in difficoltà in tutta Roma.

Con la vittoria del M5s e l’arrivo in Campidoglio di Virginia Raggi e Laura Baldassarre, assessore alla Persona e alla Comunità solidale, dopo un iniziale dialogo, scambio di documenti e confronto su come portare a termine la vicenda, la parte burocratica si è bloccata di colpo. Niente più formalizzazione degli accordi e lettera di sfratto.

Addio EMA

La procedura per la scelta della sede dell'Agenzia europea del farmaco si chiude con una beffa per la candidata italiana. Dopo il pareggio tra le due città al terzo turno delle votazioni ha deciso il caso

http://www.repubblica.it/salute/medicina/2017/11/20/news/ema_oggi_per_milano_il_momento_della_verita_dublino_si_ritira_dalla_corsa-181604271/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S1.8-T1

Adnkronos

Addio al lungomuro, 50 per cento di spiaggia libera, riapertura della visuale con passeggiata sul mare. Sono alcune delle linee guida previste nella memoria di giunta con cui il Campidoglio recepisce la delibera di indirizzo per l'adozione del Pua-Piano di utilizzazione degli Arenili, definita dalla commissione straordinaria per la gestione del X Municipio di Roma. Il piano è stato presentato in Campidoglio nel corso di una conferenza stampa convocata all'indomani della vittoria di Giuliana Di Pillo al ballottaggio di Ostia e alla quale hanno partecipato la sindaca di Roma Virginia Raggi, il prefetto Domenico Vulpiani, nominato commissario del X Municipio dopo lo scioglimento per mafia, l'assessore capitolino all'Urbanistica Luca Montuori, il capogruppo M5S Paolo Ferrara. Presente in Sala anche la nel presidente del X Municipio.

Il Pua, strumento di programmazione e pianificazione delle aree demaniali marittime per la regolamentazione della fruizione per fini turistici e nella salvaguardia dell'ambiente, dovrà essere approvato successivamente dall'Assemblea Capitolina.

"Ancora sorrido, perché questo è un momento importante che aspettavamo tutti da moltissimo tempo, finalmente Roma torna a respirare e ad affacciarsi sul mare - ha detto la sindaca Raggi - Il Pua che presentiamo oggi è un lavoro importante di ridefinizione dei parametri della legalità intorno ai 18 km di spiagge del litorale che per troppi anni sono state gestite in maniera assolutamente incontrollata".

"Questo lavoro riparte da dei pilastri molto chiari: restituire il mare a Ostia e a Roma muovendoci su alcune direttrici, come il previsto riequilibrio del 50% del lungomare fatto di spiagge libere, soprattutto nella zona prospiciente alla zona abitata del Municipio - ha spiegato Raggi - Verranno conservati gli edifici storici e non i chioschi sorti negli anni, saranno privilegiati i corridoi e la visuale del mare, verrà abbattuto il lungomuro, saranno istituite fasce di rispetto intorno agli edifici storici anche sulla battigia".

"C'è stato un lavoro di riordino di 71 concessioni fatto in maniera estremamente certosina - ha sottolineato Raggi - E il punto d'inizio di un percorso che consentirà finalmente una nuova prospettiva di Roma verso il mare e la libera fruizione delle spiagge. Abbiamo già iniziato questa estate con la restituzione ai cittadini delle prime spiagge libere. La scorsa settimana in Giunta una memoria contenente il Pua, che andrà in Aula il prima possibile e sempre nel minor tempo possibile avremo un piano definito che possa partire affinché Roma possa tornare ad affacciarsi sul mare in maniera pulita, legale e fruibile da tutti".

''Quando ci siamo insediati abbiamo trovato una situazione confusionaria e abbiamo cominciato a studiarla - ha detto Vulpiani - Abbiamo rivoltato 18 km di spiaggia metro per metro, abbiamo ricostruito il panorama con l'ausilio dei tecnici e degli investigatori, perché molti documenti erano spariti e altri non venivano esibiti. La cartina di Ostia nel 1916 è stata delineata a tavolino dagli urbanisti che volevano creare sbocchi verso il mare: oggi, liberare la visuale verso il mare è la cosa più importante. Non è solo questione di recinzioni, ma di edifici sovrapposti alla spiaggia. C'è stato uno sfruttamento degli spazi non come concessionari ma quasi come proprietari".

"71 concessioni devono confluire in 8 consorzi - ha aggiunto - Chi gestirà stabilimenti e chi gestirà le spiagge libere con servizi, dovrà finanziare la pulizia. Qual è il guadagno? Chi va nella spiaggia libera e vuole un caffè, può andare nel bar dello stabilimento. L'importante è mantenere un quadro trasparente e questo si può ottenere con le gare, una parola che molti non vogliono sentire". L'ex commissario Sabella, ha aggiunto Vulpiani rispondendo a una domanda, "ha scoperchiato la pentola, ma noi abbiamo seguito un'altra strada che non poteva essere quella dell'intervento sporadico sul singolo stabilimento. Abbiamo scelto una strada che consenta di intervenire su tutti i 18 km di litorale: dove deve andare giù il muro, deve andare giù tutto".

Edited by Rotwang

http://www.corriere.it/esteri/17_novembre_20/ema-calcoli-alleanze-fine-stato-fatale-voltafaccia-spagnolo-eeb8aa68-ce42-11e7-a3ca-40392580f143.shtml

Quote

Di sicuro non ci ha mai votati la Spagna, all’inizio logicamente impegnata con Barcellona, ma poi subito schieratasi a sostegno di Amsterdam, forse memore dei tempi della dominazione spagnola sui Paesi Bassi.

E la madonna! La Francia allora ci avrà votati di sicuro perché un tempo ha avuto in mano parti o l'intera Penisola, lol.

Stupidi eterosessuali...che non vedono l'Eurofestival

La Francia non ci ha votato, perchè voleva l'EBA ed insieme alla Germania ha scambiato i voti coi nordici, semplice e lineare

...la Spagna possiamo immaginarci  quanto si sia data da fare per Barcellona XD

Praticamente avrà barattato la sua candidatura per il carcere agli indipendentisti....

Per l'Italia hanno votato Malta la Romania la Grecia e Cipro più qualche paese dell'est

secondo me dire "ce l'abbiamo messa tutta, Milano ha perso per la cattiva sorte" può essere consolatorio ma non dice tutta la verità

la verità è che l'Italia, nonostante la candidatura della sua città più efficiente ed europea ed il forte impegno politico e diplomatico profuso trasversalmente da tutti i partiti ed i loro rappresentanti impegnati a ricoprire ruoli istituzionali, non riesce a convincere

una candidatura come quella di Milano poteva e doveva tranquillamente passare al secondo turno, non ci si doveva neanche arrivare all'estrazione a sorte...

pensiamo solo che UK, che non è neanche un paese fondatore dell'Unione Europea, aveva due calibri da 90 come EMA ed EBA... l'Italia in questo momento ha giusto l'agenzia per la sicurezza alimentare EFSA con sede a Parma e anche allora per averla dovette sudare e sbattersi

aggiungo che sul Messaggero di oggi è uscito un articolo di cui non è dato leggere il testo online  ma che già dal titolo non promette niente di buono: "Questione nazionale/ Una scelta che avrebbe squilibrato il Paese"

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/ema_amsterdam_milano-3379119.html

si intuisce che secondo il quotidiano romano l'eventuale vittoria di Milano avrebbe "squilibrato il paese" (questo, ripeto, a meno di ragionamenti più sofisticati contenuti nel testo, dato che spesso i titoli non rispecchiano del tutto i contenuti ma sono più che altro lo specchio delle visioni politiche dei direttori ovvero della proprietà dei mezzi di informazione)

se il senso fosse quello che si intuisce dal titolo, mi pare una considerazione davvero provinciale...

Milano sicuramente sarebbe stata un'ottima sede per l'EMA: non mi pare però che Milano meritasse la candidatura soprattutto per la presenza in Italia di una forte industria manifatturiera farmaceutica, come hanno affermato in molti... anzi il fatto che l'Olanda non rappresenti forti interessi nell'industria farmaceutica è oggettivamente l'unico punto di forza della vittoria di Amsterdam

la sintesi è che Parigi si è presa il boccone migliore... e noi restiamo periferia, tagliati fuori dai processi decisionali e politicamente irrilevanti

Edited by conrad65
2 hours ago, conrad65 said:

l'Italia in questo momento ha giusto l'agenzia per la sicurezza alimentare EFSA con sede a Parma

In realtà, ha anche l'Agenzia per la formazione professionale, a Torino. 

Certo, non che questo cambi granché il succo del tuo discorso.

Se non altro si riconferma ciò che dicevo in un altro topic:

1. I Paesi fondatori hanno sempre più peso degli altri (Francia, Olanda, Italia, Germania lo sono tutti). Tanto più ora che l'UK è uscita di scena, che di fatto era l'unico Paese non fondatore che contasse qualcosa, tolta Spagna e Austria in certi frangenti.

2. All'interno di questo club ristretto, c'è un club ancor più esclusivo formato dai Paesi nordici e poi dall'asse franco-tedesco.

Poi ci sarebbe tutta la questione legata alle modalità con cui si interviene in caso di spareggio: estrazione a sorte. Il che è davvero poco serio... 

2 hours ago, conrad65 said:

anche allora per averla dovette sudare e sbattersi

Eh, già... 

 Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, ricorda con ironia che per ottenere questo risultato «io ebbi a fare la corte alla presidente della Finlandia», e infatti «quando si insegue un risultato si devono usare tutte le arti»; tanto che, per l'occasione, il premier - a Parma per l'inaugurazione ufficiale della sede dell'Authority - dice di avere «rispolverato tutte le arti da playboy». 

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/06_Giugno/21/berlu.shtml

Poi ci si sorprende se non ci prendono sul serio, lol. :asd:

Edited by Layer
On 20/11/2017 at 6:38 PM, Sbuffo said:

La cosa che infastidisce è che a decidere sia stata la sorte con un sorteggio tramite busta.

Anche perchè Milano era risultata prima per numero di voti sia al primo turno sia al secondo turno.

Hanno influito una serie di fattori a cui i media hanno dato ben poco peso:

- il fatto che ad Amsterdam le persone mediamente conoscono l'inglese mentre a Milano no

- la posizione geografica e logistica indubbiamente più favorevole

- last but non least la percezione di sicurezza del Paese, se Milano ha i tassi di criminalità di Lima e Amsterdam quelli di Rejkyavik è palese che un lavoratore scelga la seconda...

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