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Sinistra Italiana


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Non è quello il problema, è che un Almadel con l'Italicum al primo turno potrebbe votare qualsiasi partito di estrema sinistra che gli passi per la testa senza porsi o ponendosi molto di meno il problema di "non avvantaggiare l'avversario", col risultato che se in tanti lo votano può capitare anche che partiti che si davano per spacciati arrivino al secondo turno. Al secondo turno poi il nostro Almadel, se non ha visto il partito del cuore passare al ballottaggio, può comunque votare a sinistra e non avvantaggiare la destra. 

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Non è quello il problema

 

Non è che quali sono i problemi lo decidi tu, che

peraltro ti dici di destra....

 

 

 

col risultato che se in tanti lo votano può capitare anche che partiti che si davano per spacciati arrivino al secondo turno.

 

Tutto può succedere, ma tra il 3% ed il 30% a livello nazionale

credo vi siano 27 punti percentuali di distacco XD

 

In realtà il prototipo di una legge elettorale a doppio turno che

abbia un senso è un uninominale di collegio, dove Almadel se abita

in un collegio operaio o quel che volete, può sperare che il suo candidato

a sinistra del PD superi il 10-12% e quindi acquisisca IL DIRITTO di partecipare

al secondo turno

 

Un diritto a cui il partito di riferimento può rinunciare perchè vi è un accordo

fra partiti a livello nazionale, un apparentamento o coalizione, oppure una desistenza

per reciproci collegi.

 

A queste condizioni il diritto di votare il candidato renziano al secondo turno,

anche in dissenso rispetto alla linea del partitino votato al primo turno non è

pregiudicato

 

Almadel può votare il candidato Renziano anche se Civati-Fassina-Vendola & Renzi

non si sono accordati

 

 

  Non è che quali sono i problemi lo decidi tu, che peraltro ti dici di destra....

Io sono un liberale. Un liberale puro. In Italia. Penso che non ci sia persona al mondo che possa darmi lezioni sui danni del voto utile. Alle ultime elezioni alla Camera, dove ero (ingiustamente) molto sicuro che il PD avrebbe vinto, ho votato Fare per Fermare il Declino. Le percentuali del consenso per le mie idee in questo paese si misurano agevolmente con un abaco ad un asta sola. Il problema di partiti molto piccoli come Fare, o Il Partito Radicale, è che sono triturati dalla dinamica del voto utile. oggi non rivoterei per Fare, sapendo che la vittoria del PD non è affatto scontata. Ovvero faccio un discorso di "voto utile". Il problema che pingo non è al livello di apparentamenti fra partiti, è proprio al livello della rosa di decisioni che si presentano all'elettore. Io non posso votare quello che secondo me è il meglio ma non ha possibilità di vincere, perché sono praticamente costretto a votare per quello che è il meno peggio ma invece potrebbe vincere. 

 

 

Io non posso votare quello che secondo me è il meglio ma non ha possibilità di vincere, perché sono praticamente costretto a votare per quello che è il meno peggio ma invece potrebbe vincere.

 

Be', ma in ogni caso così è sempre ragionevole votare sia che viga il proporzionale purissmo, puro od infetto sia che viga il maggioritario più o meno leonino:

non per nulla in tempi di proporzionalità pura, seppure non purissima, Montanelli raccomandava che si votasse la Democrazia Cristiana pur turandosi il naso, ad evitare la vittoria relativa di un Partito Comunista ancora troppo legato, almeno a chiacchiere, al mito della rivoluzione bolscevica e del comunismo "reale";

non raccomandava di votare, come sarebbe stato più coerente date le sue opinioni, Partito Liberale o Repubblicano, che pure erano presenti in Parlamento e nel Governo.

Ovviamente a livello soggettivo tutti votano qualcosa

che ritengono utile, a maggior ragione se votano per

un partito in cui non si sentono del tutto rappresentati

 

In un sistema proporzionale con soglia di sbarramento

al 3% ( Italicum ) o al 4% ( Mattarellum ) o al 4% che

però diventa 2% per chi è coalizzato e recupero della

migliore lista della coalizione anche se non fa il 2% purchè

la coalizione faccia il 10% ( Porcellum ) bisogna vedere quanti

voti prende la lista e se supera la soglia di sbarramento

 

Per dire che il meccanismo previsto dal porcellum è iniquo

basta il buon senso perchè la legge prevede soglie diverse:

l'UDC ha preso 8 seggi con l'1,74% e addirittura ha consentito

l'elezione di 6 seggi a Tabacci con lo 0,49%

 

Il minimo della decenza che si richiede è che se deve esistere una soglia

di sbarramento per la rappresentanza sia uguale per tutti, perchè tutti i voti

dovrebbero essere uguali

 

Dopodiché dobbiamo osservare che le 10 liste elettorali che hanno eletto

dei parlamentari hanno prodotto qualcosa come 23 gruppi parlamentari

cioè l'idea che la complessità del sistema politico sia risolta dalla

previsione di soglie di sbarramento elettorali, funziona relativamente

 

Per quanto il meccanismo barocco ed iniquo del porcellum abbia avvantaggiato

Casini e Tabacci e penalizzato Ingroia Montezemolo e Giannino, una soglia che

li avesse esclusi semplicemente tutti e cinque, non avrebbe impedito a Civati,

Fassina, Alfano Verdini Giovanardi & C di "animare" la legislatura con migrazioni

politiche o transumanze che dir si voglia

  • 1 month later...

Left

 

Sinistra Italiana ha un senso se non coltiva la presunzione dell’autosufficienza, ma l’ambizione di una comune ricostruzione». La dice così, nero su bianco, Arturo Scotto, andando subito al nocciolo della questione, il rapporto col Pd, che tanto sta facendo discutere a sinistra. Lo scrive nel documento con cui si candida (o «mette a disposizione», come è più elegante dire) alla segreteria di Sinistra italiana, che dal 17 al 19 febbraio terrà a Rimini il suo congresso fondativo. Scotto, con ogni probabilità, si sfiderà con Nicola Fratoianni, ultimo coordinatore di Sel, il partito di Nichi Vendola che si è sciolto proprio per dar vita al nuovo, insieme a ex dem come Cofferati, Fassina e D’Attorre. In un clima, però, piuttosto acceso – avrete notato, anche distrattamente – anche per colpa di “disturbatori” come Giuliano Pisapia, che hanno fatto riesplodere la solita questione del rapporto con i dem.

 

Scotto, lei dice che nell’ultimo anno c’è stata una «rappresentazione grottesca» del vostro dibattito interno. Poi però nel documento con cui si candida scrive «Sinistra Italiana ha un senso se non coltiva la presunzione dell’autosufficienza, ma l’ambizione di una comune ricostruzione», e va subito al nodo delle alleanze. Ma è veramente quello il punto?

«Lo è insieme ad altri, ovviamente. Ma non perché si debba dire a priori se allearsi o no con il Pd. Lo è perché se è evidente che con Matteo Renzi non sarebbe possibile ricostruire alcunché, coltivare vocazioni pregiudizialmente quartopoliste è invece un errore politico. Un peccato».

 

Non mi pare siano in molti a dire “col Pd mai e poi mai”. Ho come la sensazione che sia tutto più una questione di posizionamento. Su Matteo Renzi siete d’accordo. Giusto?

«Il giudizio su Renzi, sul suo Pd, sul suo governo e sull’intera stagione politica ci unisce, senza dubbio. Infatti tutti insieme abbiamo fatto in questi anni un’opposizione netta, chiara e sempre sul merito. Forse, però, ci divide il giudizio sul dopo – se vogliamo parlare di alleanze e non dell’organizzazione del partito, della selezione delle classi dirigenti e degli altri temi di cui parleremo al congresso. Per me la sinistra che ci prova, quella che vuole provare a incidere, è quella che riapre le discussioni. Riapre le discussioni che è utile aprire, ovviamente, quelle che possono servire a rimettere al centro di un campo più largo i nostri temi».

 

Vendola dice che l’analisi e la proposta di Pisapia, con tutto il cascame sul nuovo Ulivo, sono superficiali, non tengono conto di cosa è diventato il Pd, di cosa è adesso. Non tiene conto dei voucher, del jobs act, della riforma costituzionale. Lei pensa che il Pd potrebbe, credibilmente, tornare indietro?

«Io, per cominciare, penso che, come peraltro dice Nichi, Giuliano non è un nemico. Poi però, ovviamente, neanche io condivido le sue posizioni su Matteo Renzi, perché mi pare impensabile ricostruire un centrosinistra nuovo con quello che è stato il suo killer. Invece, però, non penso affatto che il centrosinistra sia destinato a non riformarsi più. E così il Pd. Perché è vero che Renzi non l’ha portato la cicogna e che è figlio degli errori della sinistra progressista, il frutto di troppi anni di accondiscendenza verso una visione ottimistica della globalizzazione, ma è vero anche che in un momento in cui si mette in crisi proprio quella storia, vanno incoraggiate elaborazioni critiche – e autocritiche – come quelle che sta facendo la minoranza Pd. Non serve a molto indicarle come operazioni di maquillage».

 

«Fondiamo un partito nuovo e non l’ennesimo partito», ha scritto. Mi tocca far notare che Sinistra italiana forse non è l’ennesimo ma non è neanche l’unico né ultimo partito a sinistra. Anche sciolta Sel e unito ciò che ne resta a un po’ di ex Pd, rimane una certa abbondanza di sigle. Non si poteva fare di più, qualcosa di veramente nuovo?

«Si può sempre far meglio, ma io non ho mai pensato che bisognasse costruire una forza politica che unisse tutta la sinistra. Non è quello di cui abbiamo bisogno perché la risposta sarebbe tutta politicista. La sinistra va unita ma anche rinnovata. Noi vogliamo una sinistra popolare, larga, ma anche di governo – anche se in questo momento, ovviamente, convintamente all’opposizione. Riunire, come è successo in passato, per una strana ansia tutta elettorale, identità diverse ci condanna invece all’irrilevanza».

 

Quando però le elezioni si avvicineranno forse con alcune sigle un discorso converrà farlo. Non sono tutte vocate all’opposizione, no?

«A me sembrerebbe curioso che una forza che a febbraio fa il suo congresso fondativo, con un percorso partecipato, centinaia di delegati, migliaia di militanti, poi non si presenti alle elezioni. Curioso e sbagliato, perché non abbiamo certo bisogno di Arcobaleni bis. Non è questo che ci viene chiesto: ci si chiede invece di rimettere in moto un mondo – che dobbiamo sì allargare, e io mi metto a disposizione per questo – su alcuni temi. Ci si chiede, anche sostenendo i referendum della Cgil, di proporre con forza il reddito minimo garantito; ci si chiede di sostenere la necessità di una stagione di forti investimenti pubblici, la centralità della rivoluzione femminile, di una rivoluzione ecologica».

 

Investimenti pubblici, reddito, diritti civili. Insisto nel dire che con alcuni si fa fatica a cogliere distanze politiche. L’unica forse rilevante è quella sull’euro, che peraltro è tutta interna a Sinistra Italiana. Cosa pensa dell’emendamento di Fassina?

«Sono contento di poterne discutere ma non lo condivido. Zygmunt Bauman ha scritto che il mondo nel quale viviamo rischia di esser quello delle “retro utopie”, delle utopie del ritorno al passato, che poi sono spesso le utopie del recinto, dello stato nazione. È questo che mi preoccupa e convince, consapevole peraltro che un ritorno così lo gestirebbero le destre. Il nostro impegno, invece, partendo dalla stessa radicale critica, deve esser quello per una riforma dei trattati, facendo leva sulle crepe che si stanno aprendo nell’Europa della grande coalizione, che – anche con l’elezione del presidente dell’europarlamento – mostra la sua insostenibilità».

La Repubblica

 

Quindici giorni fa il tesseramento era fermo a quota 4mila iscrizioni – cifra stazionaria da mesi - ma in vista del congresso di Sinistra Italiana c’è stata l’impennata: ad oggi le tessere sono 21mila. Cinque volte tanto. Improvviso interesse per il progetto politico oppure una corsa non limpidissima alla conquista dei delegati per vincere la sfida interna di Rimini, dal 17 al 19 febbraio?
 
"Una sub-commissione composta da Elisabetta Piccolotti, Peppe De Cristoforo e Alfredo D’Attorre ha il mandato di presentare alla Commissione di garanzia il quadro della situazione delle anomalie sulle adesioni al percorso costituente a partire dalle denunce di irregolarità e veridicità dei dati inseriti, procedendo nella riunione convocata per il 31 gennaio con eventuali annullamenti e sospensioni", si legge sul sito di Sinistra Italiana. Tradotto: viste le svariate anomalie riscontrate negli ultimi giorni, i tre dirigenti dovranno valutare se e dove i “signori delle tessere” si sono messi in moto.
 
Sotto la lente di ingrandimento ci sono soprattutto alcune zone del sud: Lazio, Puglia, Campania. Si racconta di parlamentari della ex Sel che si sono dati da fare nell’“acquisto” di pacchetti di tessere. Magari – è il sospetto - prendendo dati e nominativi di iscritti del passato.
 
In realtà però ci sono altri fattori che possono spiegare, almeno in parte, l’aumento repentino: ad esempio l’inizio del nuovo anno e la fine dell’impegno referendario per il No. E comunque le 21mila tessere sono comunque un dato in linea con il tesseramento degli anni scorsi di Sel, che anzi arrivava a 30-40mila. "Fino a qualche settimane fa c’era un pezzo del vecchio partito che neanche sapeva se partecipare o meno al congresso", racconta un dirigente.
 
Sul piano politico, la competizione interna è fra un’ala più intenzionata a lavorare con il centrosinistra (il candidato alla segreteria è Arturo Scotto, capogruppo a Montecitorio) e un’altra che punta ad una netta alternatività, con candidato Nicola Fratoianni, già coordinatore di Sel e appoggiato da Nichi Vendola. Ma Scotto sul Manifesto di oggi chiede una “tregua”, visto il livello dello scontro interno, assai aspro: "Cambiamo la ragione sociale del congresso, facciamone una tappa politica, non la nostra blindatura organizzativa". Per questo "sto chiedendo di fermare la conta".

Sono di sinistra da sempre ma queste continue spaccature interne ti fanno davvero passare la voglia. Certo, non andassi a votare la sinistra preferirei rimanermene a casa, nessun altro schieramento o movimento avrà mai il mio voto, ma mi fa veramente tristezza che non si riesca ad avere una sinistra decente da votare in questo paese.

  • 2 weeks later...

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