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Matrimonio: denominazione e Costituzione.


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Denominazione.

 

Mercoledì scorso ho letto un articolo di Michele Ainis sul Corriere della Sera in cui il tema della denominazione delle unioni civili era trattato con arguta ironia:

Ainis notava le difficoltà di chiamare matrimonio le unioni civili e si domandava come dovessero essere chiamate:

forse funerale?

Proponeva infine di chiamarle "gaytrimonio" per evitare d'offendere i fanatici del matrimonio tradizionale.

 

Volendo conservare il suffisso latino -monio, io proporrei piuttosto "gaymonio" oppure anche "omomonio" per togliere del tutto il prefisso riferimento alla madre (matri-).

 

Oppure si potrebbe andare sul greco, che fa sempre scena forse più che l'inglese, ormai usato più o meno correttamente da tutti, e quindi proporrei "omogamia" .

 

Che ne dite?

 

 

 

Costituzione.

 

In questi giorni è la seconda volta che odo il commentatore del TG1, che peraltro di solito ascolto piuttosto distrattamente, trattare della proposta di legge sulle unioni civili affermando che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è vietato in Italia in forza della Costituzione secondo sentenza della Corte Costituzionale.

 

Poiché anche in questo forum si leggono spesso inesattezze in proposito, conviene chiarire per l'ennesima volta che:

 

1) la Costituzione non vieta il matrimonio tra coppie dello stesso sesso e neppure afferma che il solo matrimonio lecito sia quello tra coppie di sesso diverso, ma semplicemente, trattando della famiglia, afferma (articolo 29) che "la Repubblica risconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio";

quindi nessun divieto di matrimonio di qualsiasi tipo, a rigore neppure poligamico, e neppure nessuna definizione di matrimonio, anche se certamente il matrimonio cui essa si riferisce, in forza del significato giuridico e comune della parola al tempo della sua approvazione, è quello tra coppie di sesso diverso;

 

2) con la sentenza  n. 138 del 2010 la Consulta non ha confermato alcun divieto costituzionale del matrimonio tra coppie dello stesso sesso, anche perché (vedi punto precedente) non c'è alcun divieto costituzionale, ma, respingendo l'eccezione d'incostituzionalità delle leggi (scilicet il codice civile) che riservano il matrimonio alle coppie di sesso diverso, ha solo e giustamente osservato che tale riserva matrimoniale non è contraria alla Costituzione:

 

"sia perché essa trova fondamento nel citato art. 29 Cost., sia perché la normativa medesima non dà luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio",

 

infatti l'articolo  29 si riferisce necessariamente al matrimonio tra coppie di sesso diverso:

 

"Si deve ribadire, dunque, che la norma (l'articolo 29) non prese in considerazione le unioni omosessuali, bensì intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto." ;

 

quindi anche secondo la Consulta da una parte la Costituzione tratta di un istituto, il matrimonio, che, secondo una tradizione millenaria, è quello tra coppie di sesso diverso e pertanto le leggi che riservano tale istituto a tali coppie non sono incostituzionali;

ma dall'altra parte, e questo è molto importante, la Consulta riconosce che l'istituto millenario può ben essere mutato per adattarlo alla novità delle condizioni e delle esigenze del nostro tempo, solo che questo mutamento non è obbligo costituzionale, ma è discrezione del legislatore e quindi il legislatore come può rifiutare legittimamente il mutamento dell'istituto matrimoniale, così può legittimamente stabilirlo senza violare l'articolo 29 della Costituzione, infatti se non è obbligo costituzionale il mutamento dell'istituto matrimoniale per l'adattamento ai tempi, potendosi provvedere alle coppie dello stesso sesso con altri istituti, non è neppure obbligo costituzionale la sua conservazione nella forma tradizionale:

 

"Ancora una volta, con il rinvio alle leggi nazionali, si ha la conferma che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento.

Ulteriore riscontro di ciò si desume, come già si è accennato, dall’esame delle scelte e delle soluzioni adottate da numerosi Paesi che hanno introdotto, in alcuni casi, una vera e propria estensione alle unioni omosessuali della disciplina prevista per il matrimonio civile oppure, più frequentemente, forme di tutela molto differenziate e che vanno, dalla tendenziale assimilabilità al matrimonio delle dette unioni, fino alla chiara distinzione, sul piano degli effetti, rispetto allo stesso.

 

In somma, si rifiuti pure d'aprire il matrimonio alle coppie dello stesso sesso per opportunità politica, per quieto vivere religioso, per non esasperare gli animi, perché si hanno incombenze più urgenti eccetera, ma almeno non si dica che lo vieta la Costituzione come interpretata anche dalla Corte Costituzionale!

 

 

 

 

 

Link to comment
https://www.gay-forum.it/topic/32218-matrimonio-denominazione-e-costituzione/
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È una discussione molto densa quindi rispondo per ora solo ad una parte, cioè quella sulla possibilità di chiamare con un termine che non sia Matrimonio il matrimonio tra due persone omosessuali.

 

L'origine latina o greca di una parola deve essere oggetto di studi etimologici, storici e quant'altro. Non deve però limitare la naturale evoluzione della lingua, cioè non ci si deve formalizzare su un suffisso, una desinenza o una radice se la società utilizza quella parola in un ambito preciso e riconosciuto da tutti.

 

Il matrimonio come viene inteso oggi è sicuramente diverso dai matrimoni di 100 anni fa, ma nessuno si è sognato di dargli un nome differente solo perché lo sposo non è più tenuto a chiedere il permesso al padre della amata e tutte le questioni che conosciamo benissimo.

 

Allo stesso modo non vedo la necessità di dare un nome diverso ad una unione che già esiste. Negli altri paesi europei in cui è stato approvato il matrimonio gay il termine utilizzato è lo stesso per le coppie etero. Forse la vicinanza tra l'italiano e il latino in questo caso è fuorviante...

 

L'altra difficoltà sarebbe nel trovare un verbo per descrivere due persone che si sono unite in gaymonio o omogamia. Sarebbero sposate? Gaymoniate? No, di fatto resterebbe il verbo sposare, e la distinzione resterebbe solo a livello amministrativo/giuridico.

 

 

Volendo conservare il suffisso latino -monio

Coglierei l'occasione per sostituire il piacere al dovere, e mi orienterei verso qualcosa come "gioia dell'unione"; in questo momento, però, né il latino né il greco mi suggeriscono delle soluzioni gradevoli.

 

In questo caso, però, pretenderei che anche tutte le coppe eterosessuali che non hanno (non volendo o non potendo) dei figli si sforzino a coniare un nuovo termine per la loro unione per evitare d'offendere i fanatici del significato etimologico. Infine bisognerà trovare una soluzione anche per le lesbiche che hanno dei figli.

 

 

Il matrimonio come viene inteso oggi è sicuramente diverso dai matrimoni di 100 anni fa, ma nessuno si è sognato di dargli un nome differente solo perché lo sposo non è più tenuto a chiedere il permesso al padre della amata e tutte le questioni che conosciamo benissimo.

 

Be' hai ragione, ma la differenza, rispetto al matrimonio tradizionale, di un matrimonio tra persone dello stesso sesso o di un matrimonio senza consenso dei genitori mi pare notevole a sfavore del matrimonio omo.....

 

 

 

 

L'altra difficoltà sarebbe nel trovare un verbo per descrivere due persone che si sono unite in gaymonio o omogamia. Sarebbero sposate

 

Be' per l'uso di sposate pare non ci siano obiezioni e del resto sponsus viene al latino spondeo che significa prometto.

 

 

 

 

 

Gaytrimonio sembra una pratica erotica ed è una parola che trovo cacofonica e quel - tri - di mezzo non serve a niente.

 

in effetti il -tri- sembrerebbe rimandare ad una "trioppia" invece che ad una "doppia"  ;-)

 

 

 

 

mi orienterei verso qualcosa come "gioia dell'unione"

 

Enosikharma? o kharmenosi?  ;-)

 

 

 

 

In questo caso, però, pretenderei che anche tutte le coppe eterosessuali che non hanno (non volendo o non potendo) dei figli si sforzino a coniare un nuovo termine per la loro unione per evitare d'offendere i fanatici del significato etimologico. Infine bisognerà trovare una soluzione anche per le lesbiche che hanno dei figli.

 

Accidenti:

vuoi complicare le cose!

Però secondo le consuetudini linguistiche si dovrebbe dire "gentimonio"....

Comunque forse, se matrimonio è intoccabile, è meglio unione civile e del resto Ainis era ironico proponendo gaytrimonio.

 

Tuttavia è anche vero che matrimonio rimanda a madre e dunque per l'unione di due maschi, che al massimo potrebbero essere entrambi padri, sarebbe meglio trovare un altro termine:

rimanendo in ambito tradizionale, potremmo usare "sposi" e "sposalizio", che derivano dal latino  "spondeo", che significa "prometto" e che quindi s'adattano benissimo ad una promessa di vita in comune tra due maschi senza implicazioni di maternità più o meno surrogata.

Edited by Mario1944

Io caro @mario1944, ti adoro, ma nel caso specifico devo chiederti se ti sembra davvero di aver posto una questione seria.

 

Se il tuo dubbio è solo lessicale, non credi che il termine matrimonio vada benissimo per definire l'unione tra due donne lesbiche?

 

Non ti sfuggirà che l'estensione dell'istituto matrimoniale alle coppie dello stesso sesso rappresenta un ultimo(forse) passo nella sua lunga evoluzione. Che sia rimasto stabile ed immutato per tanti secoli non ci deve stupire, solo negli ultimi tre secoli abbiamo assistito ad una sequenza di mutamenti sociali tanto significativi da stravolgere significativamente le strutture tradizionali prima considerate intangibili.

 

Il punto essenziale da comprendere è che attualmente il concetto di matrimonio non si riferisce più all'unione procreativa destinata a perpetuare la stirpe, ma, nel sentire comune di tutti, definisce l'unione affettiva(riconosciuta) tra due persone che si traduce nella costituzione di un nucleo familiare, del quale possono eventualmente far parte dei figli.

Questa è una conseguenza diretta dell'emancipazione femminile, in conseguenza della quale i coniugi vanno considerati come individui posti su un piano perfettamente paritario.

A questo punto, se gli sposi hanno uguali diritti e doveri, se i figli(nati nel matrimonio) diventano un elemento accessorio e hanno uno status equiparato a quelli nati fuori dal matrimonio, non resta che riconoscere che, a parte quelle genitali, mancano differenze tali da caratterizzare l'istituto rispetto a realtà di fatto non riconosciute ma sostanzialmente equivalenti. Conseguentemente l'inclusione delle coppie omosessuali è una necessità logica(come dovrebbe essere logico che tempi e modalità del divorzio vanno ridotti e semplificate).

 

La coesistenza di istituti con nomi diversi ma contenuti equivalenti, in entrambi i quali, inevitabilmente, vi saranno coppie con figli, non può che denunciare l'insensatezza di questo apartheid delle famiglie.

Edited by Demò
devo chiederti se ti sembra davvero di aver posto una questione seria.

 

In principio proprio no e l'ho scritto in capo al post iniziale:

 

 

Mercoledì scorso ho letto un articolo di Michele Ainis sul Corriere della Sera in cui il tema della denominazione delle unioni civili era trattato con arguta ironia:

 

e d'altronde mi premeva piuttosto parlare della questione costituzionale che però sembra essere di poco interesse forse per l'eccessivo tecnicismo.

 

Poi però, ripensandoci, leggendo alcune risposte e considerando anche le difficoltà che ci sono nel far digerire la matrimonialità dell'unione tra due maschioni, incomincio a sospettare, prendendo spunto dall'articolo ironico di Ainis, che ci si potrebbe anche ricredere:

in fondo perché volere il matri-monio, visto che qui al massimo ci sono padri?

Non lo vogliono condividere il nome?

che se lo tengano intero!

Due maschi sposi cioè promessi l'uno all'altro per comunione di vita, uno sposalizio (nel senso promissorio etimologico) tra due uomini che si piacciono reciprocamente ed il nome di matrimonio lasciamolo pure a chi piace la f....emmina ;-)

Tra l'altro non ci sarebbero neppure complicazioni costituzionali perché né sposo né sposalizio sono citati nella Carta fondamentale.

 

 

NB: Io sono in conflitto d'interessi perché personalmente non desidero una certificazione giuridica del mio status affettivo e quindi potrei essere obbiettivamente accusato di tiepidezza per negligenza, anche se veramente ambirei all'apertura del matrimonio per parificazione della dignità dell'amore.

Edited by Mario1944

I cattolici doc alla,binettimnon vogliono che ci sia una cosa simile al matrimonio per gay e lesbiche. Dicono che a cambiare il nome ma avere una istituzione simile e' un attacco alla famiglia e non s'ha da fare. I gay vanno messi solo nei lager e basta, altro che unioni civili.

 

 

I cattolici doc

 

Vabbe' ma non è che si possano ascoltare tutte le variabili impazzite delle opinioni presenti non dico nella società italiota, ma anche solo in Parlamento:

cattolici doc, cattolici docp, cattolici dem, cattolici com, cattolici soc, cattolici ecc.....

Se c'è una comodità nell'organizzazione della Chiesa romana è che essa ha un capo supremo e (quasi) assoluto con cui si può trattare:

inutile ascoltare i lai di tutte le correnti e di tutti gli spifferi cattolici per tentare di accontentali;  tanto vale puntare al capo supremo ed accordarsi con quello!

Passo dell'articolo citato da Marco7:

 

"Molti credenti però si cullano ancora nell’illusione che il nuovo papa Francesco sia portatore di idee progressiste, in contrapposizione al conservatorismo della Curia romana e dei vescovi italiani. Ma, a smentirli, bastano le due lettere che l’allora cardinal Bergoglio scrisse in occasione dell’analogo voto del Parlamento argentino sulla legge per il matrimonio e le adozioni omosessuali: legge poi approvata il 15 luglio 2010, e molto più avanzata del nostro solito timido e pasticciato “compromesso storico” all’italiana."

 

Si trattava di matrimonio in Argentina, non di regolazione di unioni civili.

 

Comunque la mia osservazione non è che il vertice della Chiesa sia più accomodante di singoli spifferi cattolici, ma è che mi pare inutile tentare di ottenere l'approvazione dei molteplici spifferi, quando sarebbe semmai più logico, beninteso non potendosi fare altrimenti, tentare di ottenere almeno la tolleranza del vertice stesso.

Per me sono e dovrebbero chiamarsi solo: CONVIVENZE CIVILI...stop, il matrimonio e' tutta un'altra cosa.

 

Comunque nel tempo, nei secoli, nei millenni gli istituti giuridici possono anche cambiare per adattarsi a realtà nuove prima inesistenti o minime.

Certo che il matrimonio è radicato secondo una certa forma nella tradizione comune, non solo religiosa, ma anche e forse soprattutto culurale e quindi introdurre mutamenti "gravi" non è facile.

Sarebbe come voler introdurre il matrimonio poligamico, quando la nostra tradizione quasi trimillenaria, risalente addirittura agli antichi Greci dei tempi omerici, è monogamica:

inevitabilmente le resistenze sarebbero fortissime e da molti si parlerebbe di snaturamento del matrimonio.

Eppure per miliardi di persone ancor oggi, ad esempio Mussulmani, Ebrei, Animisti africani perfino alcuni Cristiani (i Mormoni) il matrimonio non è monogamico, ma poligamico almeno dalla parte della donna (poliginia)..

Se quindi lo consideriamo universalmente parlando nell'ambito della specie umana, non possiamo trovare una sola specie di matrimonio, ma varie specie adattate alle necessità delle varie società in cui sono state istituite.

 

Certo non si trova mai, che io sappia, un matrimonio tra due maschi o tra due femmine, ma questo perché il matrimonio ebbe sempre funzione di contenitore della generazione di prole nell'ambito d'una gens e nell'interesse sociale.

Tendendo a venir spesso meno questa essenziale funzione riproduttiva specialmente nelle nostre società sovrappopolate e comunque anteponendosi la convivenza duratura tra due persone per reciproca affettività, il matrimonio s'è trasformato.

Trasformazione per trasformazione, perché esso non potrebbe abbracciare anche il caso di coppie dello stesso sesso affettivamente legate in un proposito di convivenza duratura?

Non ci sono obiezioni efficaci logiche o giuridiche, ma solo tradizionali e religiose.

Edited by Mario1944
NorwegianWood

Le parole hanno una storia lunga e complessa. A volte anche troppo perché le si possa usare con innocenza e univocità. Se ci fossilizziamo sulla loro etimologia potremmo addentrarci in una discussione da capogiro, dalla quale potremmo non uscire più o, peggio, alla quale potremmo sottrarci con le idee più confuse di prima.

 

A molti la parola matrimonio evoca la derivazione da mater, con l'idea che ci si sposi, in sostanza, per diventare madre e formare in questo modo una famiglia. È chiaro che già oggi, per vari motivi, il matrimonio - non da tutti, ma da alcuni o forse molti - è visto in modo ben diverso. Non ci si sposa per far figli (magari anche, ma non è il nucleo fondante dell'unione), ma per sancire quell'unione in modo ufficiale, davanti allo Stato e/o alla Chiesa. Oltre al fatto che esistono coppie che hanno figli, propri e no, senza essere sposate. Quindi l'etimologia di matrimonio è di per sé una questione di lana caprina. O almeno lo sarebbe, se la sola parola non incutesse in certuni un sacro timore... e perciò può essere ed è usata come qualcosa da difendere contro lo spauracchio di leggi immorali perché vanno "contro la tradizione".

 

Ancora peggio è il caso di nozze, un termine che ricorda persino l'antico rituale romano, secondo il quale la sposa doveva andare velata alla casa dello sposo. Immagino che tale tradizione sia fuori tempo massimo da secoli. Un retaggio è rimasto in nubile, che indica la donna che deve ancora sposarsi con le nuptiae. Ancora una volta, l'etimologia è più un laccio, una trappola, che uno spunto per una discussione o una trattativa seria.

 

Detto in soldoni, non credo sia necessario trovare un nuovo termine per indicare il matrimonio. Un po' perché sarebbe un neologismo che andrebbe incontro al senso del ridicolo, ma soprattutto perché sono convinto che sia molto più importante attribuire al termine già esistente, matrimonio, un significato più ampio, che comprenda l'unione tra persone dello stesso sesso. Al massimo potrebbe avere senso sostituire a matrimonio la parola unione (civile), che ha alle spalle una sua storia e un suo fondamento giuridico, pur essendo meno forte e incisiva di matrimonio.

 

Trovo invece interessantissimo l'appunto sulla costituzionalità delle unioni civili omosessuali o, meglio, sul fatto che non si possa eccepire sulla possibilità di legiferare a favore di tali unioni invocandone una presunta e inesistente incostituzionalità. Anche in questo senso, basterebbe ridefinire il concetto di matrimonio, la sua sfera semantica, che non è solo un problema lessicale, anzi, in realtà quello è il meno. È una questione di sensibilità, di volontà di accettare che le persone cambiano, la società cambia, le istituzioni cambiano, e le parole cambiano con loro. Basta farsene una ragione.

Costituzione.

 

(...)

 

2) con la sentenza  n. 138 del 2010 la Consulta non ha confermato alcun divieto costituzionale del matrimonio tra coppie dello stesso sesso, anche perché (vedi punto precedente) non c'è alcun divieto costituzionale, ma, respingendo l'eccezione d'incostituzionalità delle leggi (scilicet il codice civile) che riservano il matrimonio alle coppie di sesso diverso, ha solo e giustamente osservato che tale riserva matrimoniale non è contraria alla Costituzione:

 

(...)

 

In somma, si rifiuti pure d'aprire il matrimonio alle coppie dello stesso sesso per opportunità politica, per quieto vivere religioso, per non esasperare gli animi, perché si hanno incombenze più urgenti eccetera, ma almeno non si dica che lo vieta la Costituzione come interpretata anche dalla Corte Costituzionale!

 

Sono pienamente d'accordo. E' vero che nella sentenza n. 138/2010 si ritovano passaggi come quelli citati dal seguente articolo

 

http://www.repubblica.it/politica/2016/01/18/news/unioni_civili-131496309/?refresh_ce

 

ma si tratta di citazioni decontestualizzate.

 

La Corte costituzionale fu infatti chiamata ad esprimersi circa la presunta incostituzionalità delle norme del codice civile che precludono il matrimonio tra persone dello stesso sesso ed è in questa prospettiva che vanno collocate le argomentazioni addotte dalla Corte, ivi comprese le distinzioni tra matrimonio e unione omoaffettiva che la sentenza richiama per negare l'esistenza di obbligo costituzionale di estendere  il diritto di sposarsi alle persone dello stesso sesso.

Dunque assenza di un obbligo, non già presenza di un divieto.

 

Per questo mi ha sorpreso quanto affermato dal prof. Silvestri, presidente emerito della Corte costituzionale e componente del collegio che decise le questioni definite con la sentenza 138/10, che sembra invece ritenere precluso al legislatore un'eventuale equiparazione tra unioni omoaffettive e matrimonio:

 

http://www.repubblica.it/politica/2016/01/19/news/gaetano_silvestri_niente_equiparazioni_o_la_consulta_dovra_bocciarla_-131583168/

 

le dichiarazioni del prof. Silvestri mi lasciano perplesso...

Per questo mi ha sorpreso quanto affermato dal prof. Silvestri, presidente emerito della Corte costituzionale e componente del collegio che decise le questioni definite con la sentenza 138/10, che sembra invece ritenere precluso al legislatore un'eventuale equiparazione tra unioni omoaffettive e matrimonio: http://www.repubblic...rla_-131583168/le dichiarazioni del prof. Silvestri mi lasciano perplesso...

 

Qui la sentenza integrale della Consulta:

http://www.giurcost.org/decisioni/2010/0138s-10.html

 

Certi commenti di giudici alle proprie sentenze lasciano talora più perplessi delle sentenze stesse.....

D'altronde è anche vero che si trattò d'una sentenza collegiale e quindi è normale che ci siano state posizioni iniziali diverse, conciliate e contemperate in sede di sentenza, ma che poi possono uscire in sede di commento.

 

Comunque i passi "incriminati" del commento silvestrino mi pare siano questi:

 

1)

È la bocciatura preventiva di una legge che parifica matrimonio e unione tra gay?
"Una completa equiparazione non può esserci, perché la Corte ha chiarito che si tratta di istituti giuridici diversi. Tuttavia il riferimento ai diritti fondamentali tira in ballo i diritti che i soggetti acquistano in relazione a un'unione stabile riconosciuta dallo Stato. Parliamo di salute, di diritto alla casa, alla pensione, di diritti di successione in caso di decesso di uno dei due soggetti".

 

2)
Il ddl Cirinnà vorrebbe parificare unione e matrimonio. I paletti costituzionali sono troppo alti?
"Guardi, io eviterei riferimenti specifici agli articoli del codice civile che riguardano il matrimonio per evitare che in sede interpretativa questo diverso istituto giuridico possa essere del tutto parificato al matrimonio. Le unioni civili devono avere una loro disciplina autonoma, e non per mero rinvio alle norme che regolano il matrimonio".
 
3)
Servirebbe una legge costituzionale per parificare matrimonio e unione civile?
"In dottrina ci sono opinioni in questo senso. Per equiparare totalmente matrimonio tradizionale, quindi eterosessuale, e unione omosessuale, è necessaria una legge di revisione costituzionale".
 
 
Per il punto 1):
l'osservazione si può leggere in senso tautologico e non proibitorio, nel senso cioè che, acclarato che non v'è una violazione costituzionale nel conservare il matrimonio riservato alle coppie di sesso diverso, un altro istituto giuridico (l'unione civile) che si occupi invece delle coppie di sesso uguale è chiaramente ed ovviamente..... un altro istituto!
 
Per il punto 2):
la raccomandazione si può leggere in senso chiarificatore, perché le norme che rimandano ad altre norme formulate per condizioni diverse creano quasi sempre confusioni e dubbi interpretativi, cose di cui in Italia non abbiamo certo bisogno.
 
Per il punto 3):
Silvestri stesso riconosce che ci sono interpretazioni diverse!  e proprio questa riconosciuta incertezza interpretativa non depone a favore di un divieto insito nella Costituzione contro il matrimonio aperto a coppie dello stesso sesso;
peraltro la revisione costituzionale potrebbe avere funzione di chiarezza e di ostacolo preventivo a future eccezioni d'incostituzionalità, in caso d'estensione del matrimonio alle omocoppie con legge ordinaria.
 
 
Così interpreto io pro bono pacis ;-)
Edited by Mario1944

Anche un altro presidente emertito e la probabile futura presidente della Corte ritengono che la sentenza n. 138/10 osti ad una legislazione che introduca il matrimonio same sex.

 

Così il prof. Cesare Mirabelli

http://www.avvenire.it/Politica/Pagine/Il-ddl-Cirinn-a-rischio-incostituzionalit-.aspx

http://www.avvenire.it/Politica/Pagine/Unioni-civili-testo-ipocrita-e-lontano-dalla-Costituzione-.aspx

secondo cui la Consulta avrebbe posto il seguente paletto alle unioni civili: "evitare la omologazione al matrimonio".

 

Ancora più netta l'analisi dell'attuale vicepresidente della Corte, prof.ssa Marta Cartabia, che già nel 2011 ebbe a sostenere: "la Corte costituzionale ha chiaramente affermato che la Costituzione italiana protegge la famiglia, differenziandola da altre forme di convivenze e non permette il matrimonio omosessuale".

 

http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2011/6/28/NEW-YORK-Matrimonio-a-ogni-costo-la-pretesa-dei-falsi-diritti/2/190094/

 

Anche da alcuni interventi del prof. Cassese mi era parso di cogliere una certa freddezza (al momento ho trovato solo questo http://www.panorama.it/news/politica/nozze-gay-serve-legge/

 

Comunque, ciò che mi sorprende è che tutti i giudici costituzionali prima citati vedono nella 138 un impedimento al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, anche qualora fosse introdotto dal legislatore; mi sorprende perché io invece, nel mio piccolo, ci trovo solo un più modesto rigetto delle questioni di legittimità costituzionale che due corti di merito avevano sollevato in ordine alle norme codicistiche che presuppongono la diversità di sesso tra i nubendi. Comunque mi confrorta sapere che questa lettura "riduttiva" della 138 non è solo un parto della mia mente :-P

 

Peraltro, anche ammesso che le unioni tra persone dello stesso sesso debbano essere un minus rispetto al matrimonio, non mi è ben chiaro quali limiti il legislatore debba rispettare per non incorrere nella censura di incostituzionalità...

Mi sembra evidente che queste persone hanno un problema di cattolicesimo.

Per carità, è tipico di questa gente inventarsi cose che non esistono quando fa loro più comodo, in questo caso direi che riescono ad essere particolarmente sgradevoli.

 

 

Comunque, ciò che mi sorprende è che tutti i giudici costituzionali prima citati vedono nella 138 un impedimento al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, anche qualora fosse introdotto dal legislatore;

 

Be', allora perché non lo scrissero apertamente e chiaramente?:

forse perché altri giudici, in maggioranza, pensavano altrimenti?

D'altronde qualunque cosa detta o scritta da un uomo può, anzi dev'essere interpretata e quindi non solo le leggi più o meno fondamentali, ma anche le sentenze pertinenti a quelle leggi.

 

 

 

 

Peraltro, anche ammesso che le unioni tra persone dello stesso sesso debbano essere un minus rispetto al matrimonio, non mi è ben chiaro quali limiti il legislatore debba rispettare per non incorrere nella censura di incostituzionalità...

 

Effettivamente è un altro punto d'oscurità:

concesso che l'apertura del matrimonio alle omocoppie sia costituzionale, quali sono i limiti che debbono essere posti nella legislazione sulle unioni civili, che del resto è stata raccomandata dalla Consulta stessa, affinché queste non si equiparino al matrimonio violando così la Costituzione?

Evidentemente tutta la faccenda è incerta nella mente degli stessi giudici della Consulta!

E' il caso di domandare: quis custodiet custodes? :-)

 

 

 

 

Mi sembra evidente che queste persone hanno un problema di cattolicesimo.

 

Non necessariamente, anche se l'essere cattolici aiuta ;-)

 

 

Infine, se anche passasse l'interpretazione dell'articolo 29 della Costituzione in senso di riserva esclusiva del matrimonio alle eterocoppie, non vedo quali impedimenti (giuridici ovviamente) ci potrebbero essere ad una revisione costituzionale per togliere tale riserva, sempre che il legislatore volesse toglierla.....

Segnalo questa analisi dell'esperienza portoghese:

 

http://archivio.rivistaaic.it/rivista/2010/00/Crivelli001.pdf

 

Le vicende portoghesi sono interessanti in quanto la Corte costituzionale di quel Paese è stata chiamata ad esprimersi in due momenti diversi: dapprima circa la pretesa incostituzionalità della legislazione ordinaria che riservava il matrimonio a persone di sesso diverso, in seguito circa l'estensione del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso. In entrambi i casi, il giudice delle leggi ha ritenuto legittime le scelte operate di volta in volta dal legislatore, ovverosia dapprima di escludere e poi di estendere il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

 

Non ho letto la sentenza portoghese, né conosco il diritto di quel paese, ma stando alla ricostruzione dell'autrice mi par di capire che nel caso portoghese sia prevalsa un'interpretazione evolutiva della Carta fondamentale seppur riservata alle valutazioni del legislatore, mentre nel caso italiano la Corte costituzionale ha optato per una lettura originalista della Costituzione, fattore questo che potrebbe introdurre margini di incertezza circa la legittimità costituzionale di una legge ordinaria che estendesse il matrimonio anche alle coppie di persone dello stesso sesso.

stando alla ricostruzione dell'autrice mi par di capire che nel caso portoghese sia prevalsa un'interpretazione evolutiva della Carta fondamentale seppur riservata alle valutazioni del legislatore, mentre nel caso italiano la Corte costituzionale ha optato per una lettura originalista della Costituzione

 

Quest'interpretazione della lettura della nostra Consulta è però quella dei singoli giudici costituzionali che hai sopra citati, perché a me sembra invece ( e mi pare che così sembri anche a te ) che la Corte nostrana non abbia sostanzialmente interpretato in modo diverso da quella portoghese:

le rispettive costituzioni si riferivano (e  non potevano non riferirsi.....) al matrimonio tra eterocoppie, ma non ne vietano l'estensione alle omocoppie, anche perché quando esse furono formulate fotografavano lo stato giuridico a suo tempo vigente e calzante allo stato politico sociale di quei tempi e non potevano prevedere lo stato politico sociale futuro né per approvarlo certo, ma neppure per vietarlo:

dunque il divieto d'apertura del matrimonio alle omocoppie da dove si ricava, se non da dottrine religiose che necessariamente sono immutabili per chi le professa, ma che devono rimanere estranee ai giudizi d'opportunità politico sociale del legislatore profano?

 

 

 

 

mentre nel caso italiano la Corte costituzionale ha optato per una lettura originalista della Costituzione, fattore questo che potrebbe introdurre margini di incertezza circa la legittimità costituzionale di una legge ordinaria che estendesse il matrimonio anche alle coppie di persone dello stesso sesso.

 

Certamente un margine d'incertezza, visti anche i pareri espressi da alcuni giudici costituzionali, potrebbe esserci ma, se il legislatore volesse realmente aprire il matrimonio alle omocoppie, potrebbe anche aggiungere un chiarimento in forma di revisione costituzionale:

quale sarebbe il problema?

Il problema è solo la (mancanza di) volontà politica.....

 

 

 

Approfitto per correggere un mio lapsus calami.

 

In quello che ho scritto nel post precedente manca il prefisso negativo alla parola "costituzionale" e quindi:

 

Effettivamente è un altro punto d'oscurità:

concesso che l'apertura del matrimonio alle omocoppie sia costituzionale, quali sono i limiti che debbono essere posti nella legislazione sulle unioni civili, che del resto è stata raccomandata dalla Consulta stessa, affinché queste non si equiparino al matrimonio violando così la Costituzione? Evidentemente tutta la faccenda è incerta nella mente degli stessi giudici della Consulta! E' il caso di domandare: quis custodiet custodes? :-)

 

deve leggersi:

 

Effettivamente è un altro punto d'oscurità:

concesso che l'apertura del matrimonio alle omocoppie sia incostituzionale, quali sono i limiti che debbono essere posti nella legislazione sulle unioni civili, che del resto è stata raccomandata dalla Consulta stessa, affinché queste non si equiparino al matrimonio violando così la Costituzione? Evidentemente tutta la faccenda è incerta nella mente degli stessi giudici della Consulta! E' il caso di domandare: quis custodiet custodes? :-)

Edited by Mario1944
  • 2 weeks later...

A proposito del ragionamento fatto da alcuni, anche giudici della Consulta, per cui, essendo pacifico che il matrimonio citato dall'articolo 29 della Costituzione non poteva che essere il matrimonio della nostra tradizione sociale etica e giuridica e quindi il matrimonio tra un uomo ed una donna, non è costituzionalmente possibile, se non appunto con legge di revisione costituzionale, aprire il matrimonio a coppie dello stesso sesso, c'è da osservare che dunque il medesimo ragionamento d'illegittimità si sarebbe dovuto fare, anzi, si dovrebbe tuttora fare per la legge che ha introdotto il divorzio in Italia.

 

Infatti:

 

1) se è vero (e questo penso sia difficilmente contestabile) che il legislatore costituzionale, citandolo nell'articolo 29, si riferiva al matrimonio della nostra tradizione giuridica o comunque a quello allora vigente

 

2) e se è vero (ma questo mi pare molto forzato) che il tipo di matrimonio citato dal legislatore nell'articolo 29 della Costituzione renda incostituzionale l'introduzione in Italia d'altri tipi di matrimonio ovvero la modificazione dell'istituto matrimoniale,

allora il divorzio non si sarebbe potuto introdurre con legge ordinaria, ma sarebbe stata necessaria una legge di revisione costituzionale, essendo pacifico che il matrimonio della nostra millenaria tradizione sociale, etica e giuridica o comunque quello allora vigente e quindi quello citato nell'articolo 29 della Costituzione era e non poteva che essere il matrimonio monogamico tra uomo e donna perpetuamente indissolubile.

 

Insomma, va bene cristallizzare il matrimonio nello specimen giuridicamente ammissibile e concepibile o comunque vigente nel 1947, pretendendo dunque che variazioni a quello specimen abbiano forma di leggi di revisione costituzionale, ma non va bene, per la contraddizion che no'l consente, che lo si cristallizzi solo dove, come, quando e se faccia comodo!

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