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si dice che il lavoro nobilita l'uomo


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BruisePristine

ogni giorno siamo più vecchi e più stanchi, risucchiati nel mondo del lavoro e ci perdiamo la vera essenza della vita.

perchè il lavoro ci nobilita?
perchè possiamo viziarci e vivere?

ma queste sono solo barriere create dall'uomo, a volte proprio non ci sto e mi deprimo pensando a una realtà dove potremmo vivere le nostre vite facendo quello che ci piace fare, senza pre concetti, fanatismi e scazzi, che potremmo vivere dove avremmo voluto vivere, senza bisogno di visa.

siamo chiusi per la maggior parte della nostra vita al lavoro a sputare sangue e raccogliere le briciole di guadagni..
e la realtà è fuori dalla finestra.

alcune volte vado in immensi film mentali mentre son al lavoro, mi ricordo quando ero a scuola alle elementari e la maestra mi diceva che sognavo a occhi aperti, mi sgridava sempre che passavo le ore a guardare fuori dalla finestra...
e osservavo le nuvole e immaginavo che fossero un po' tutto tranne che quello che erano.


siamo nati liberi.. e non lo siamo poi tanto ora.
questa realtà è malata.. e forse sono un po' hippie dentro, da sempre e per sempre.

Edited by BruisePristine
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https://www.gay-forum.it/topic/32490-si-dice-che-il-lavoro-nobilita-luomo/
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questa realtà è malata..

 

la nostra vita è stata costruita fin dall'infanzia secondo il principio della galera... l'asilo e la scuola sono delle strutture coercitive, così come il lavoro, che si espleta in una gabbia fisica e di relazioni

oggi la tecnologia permetterebbe di svolgere molte attività da remoto, ma non tutte le aziende sono strutturate per poter offrire questa opportunità, ed inoltre alcuni lavori richiedono comunque la presenza fisica 

Edited by conrad65
NorwegianWood

Il lavoro può nobilitare, sfiancare, galvanizzare, deprimere, annoiare, rendere liberi e potremmo continuare all'infinito. Dipende da come lo si affronta, dal tipo di lavoro, dal carattere, dall'ambiente, dai colleghi, dal periodo e potremmo di nuovo continuare all'infinito. Col lavoro possiamo metterci al servizio degli altri e fare qualcosa per loro e/o per noi stessi, possiamo trovare una nostra dimensione collaborando, scoprendo ad esempio che ciascuno sa fare qualcosa e che unire le forze a volte è più efficace che agire in solitudine, oppure tutto questo può sembrarci un'inutile costrizione che ci imprigiona togliendoci tempo prezioso. E sì, potremmo anche stavolta continuare all'infinito.

 

Quel che è certo è che, senza il lavoro nostro e soprattutto altrui, non avremmo un PC, un cellulare eccetera, né i programmi e le app che ci sembrano necessari quanto l'aria che respiriamo, e nemmeno una piattaforma come questo forum sulla quale scrivere ciò che stiamo scrivendo ora. Per non parlare del cibo, dei mezzi di trasporto, dell'istruzione e... vabbè, avete capito. ;)

 

Senza il lavoro, il sistema si inceppa e bisogna trovare nuovi modi, più naturali - nel senso di secondo natura - per vivere. Fermo restando che in natura la divisione delle varie mansioni è la prassi nel branco, che ha bisogno di coordinare le energie, altrimenti si disperde o peggio. Dubito, però, che funzionerebbe... non per nulla l'uomo, sul lavoro, ha tessuto tutta una sua filosofia, aggiungendo inoltre l'incentivo dello stipendio proprio perché, senza di esso, quasi a nessuno basterebbe la consapevolezza di aver fatto il bene della comunità.

 

Tra l'altro, la realtà è la fuori ma è pure qui dentro (in ufficio o altrove), come è anche nella nostra testa. Sognare a occhi aperti fa bene, stimola la fantasia, ci fa immaginare mondi e modi nuovi, e tutto ciò non solo è bellissimo ma è fondamentale. Però il sogno non deve farci dimenticare da dove veniamo e dove siamo e il fatto che nessuno è veramente libero né nasce libero; nasce semplicemente sé stesso, in un determinato ambiente, una determinata epoca e così via, in una realtà che ha le sue leggi - tra cui quelle fisiche, biologiche e genetiche - molto più antiche dell'uomo. Milioni di anni di evoluzione, comprese le complesse relazioni sociali e le abitudini alimentari che hanno portato fino a Homo sapiens, non si cancellano con un colpo di spugna. Sono dentro di noi ed è saggio tenerne conto. Desmond Morris e il suo "scimmione nudo" insegnano.

LocoEmotivo

perchè il lavoro ci nobilita?

Perché il lavoro è fare, e il fare è il perfetto equilibrio tra la potenza e l'atto.

Siamo ciò che mangiamo, ma siamo anche ciò che facciamo.

Ecco perché prima della rivoluzione industriale chi faceva il maniscalco era il maniscalco, chi faceva l'artista era l'artista.

La spersonalizzazione dei processi produttivi ti ha ridotto a non essere soddisfatto di quel che fai perché compi semplicemente un'azione anonima, che non ti identifica e in cui non ti identifichi. Sei l'abusata metafora dell'ingranaggio, e in quanto tale sei pienamente cosciente di essere perfettamente sostituibile - e cosa ti vieta di pensare per analogia che questa sostituibilità valga anche per la vita personale?

Il lavoro è importante, perché ci attribuisce un connotato sociale e cioè il cosiddetto "posto nel mondo".

Ecco perché la nostra è una società di nevrotici.

GOMBLODDO111

 

non c'è nessun complotto, in passato leggendo "Sorvegliare e punire" ho avuto la sensazione che non parlasse delle prigioni ma in generale di tutta la società occidentale e che usasse la prigione come sua metafora

il lavoro come "artigianato" è fatto nobile, così come l'apprendimento dal maestro, la sessualità e la guarigione del malato

ma la nostra scuola, i nostri uffici, i nostri ospedali, i nostri quartieri, la normalizzazione della sessualità, i monoteismi, i nostri cimiteri etc. sono tutti pensati e realizzati seguendo una mentalità costrittiva e contenitiva, direi "detentiva", in parte necessaria per gestire i grandi numeri ma in parte non necessaria e realizzata per imbrigliare i destini e i pensieri

non diversamente da come alleviamo i polli in batteria o le mucche da latte o dagli eserciti moderni o da come furono efficientemente organizzate le impersonali industrie del genocidio, e non per niente, tornando al titolo del topic, fu scelta l'agghiacciante frase all'ingresso di Auschwitz

 

Il lavoro rende liberi

 

in quel contesto, quella frase era una menzogna: ma era solo una menzogna? venne in mente per caso al suo anonimo ideatore, oppure in una certa misura la sua menzogna è sempre vera, almeno dal XX° secolo in poi?

Edited by conrad65
la nostra vita è stata costruita fin dall'infanzia secondo il principio della galera... l'asilo e la scuola sono delle strutture coercitive, così come il lavoro, che si espleta in una gabbia fisica e di relazioni

eh..

come disse Bennato 40 anni fa,

https://www.youtube.com/watch?v=OFRad3PiW0I

 

 

la nostra scuola, i nostri uffici, i nostri ospedali, i nostri quartieri, la normalizzazione della sessualità, i monoteismi, i nostri cimiteri etc. sono tutti pensati e realizzati seguendo una mentalità costrittiva e contenitiva, direi "detentiva", in parte necessaria per gestire i grandi numeri ma in parte non necessaria e realizzata per imbrigliare i destini e i pensieri

visione molto fordista del mondo del lavoro;

peccato però che la catena di montaggio novecentesca ormai sia un -brutto & alienante- retaggio del passato,

chè ormai la forza lavoro, con tutto il suo retaggio di coscienza di classe & lotte sindacali, si è trasformata in una ancor più spersonalizzante "risorsa umana", delocalizzabile ovunque il costo lavoro sia inferiore per le megaditte globalizzate.

 

L'unica possibilità di non alienarsi è riuscire a trovare un'attività che cmq appassioni e rientri nei nostri interessi; e purtroppo non siamo moltissimi a poter dire di esserci riusciti!

Edited by freedog

Complimenti @loco per l'analisi dei processi alienanti del lavoro e @conrad per la disamina foucaultiana della faccenda.

 

perchè il lavoro ci nobilita?

 

No, il lavoro non nobilita affatto. Anche se una vita totalmente priva di responsabilità può rivelarsi altrettanto indesiderabile, o comunque insana e foriera di malanni. 

 

Il mio ideale è l'otium romano: io in versione toga-party che passo le giornate sul triclinio immerso in profonde meditazioni marcaureliane, disegno giardini e compongo liriche mediocri.

Capricorno57

Parlando dell'argomento sono solito dire che "se ti piacciono le capesante, mangiando un po' di cacca ogni tanto le apprezzerai di più". 

In quest'ottica stimo il lavoro che ho da 40 anni, impiegato "base" della Pubblica Amministrazione, essendomi sempre rifiutato di accedere ai concorsi riservati per passare al livello superiore. 

Ho la fortuna di godere degli ottimi rapporti coi colleghi, con tutti i quali sono dichiarato, la maggioranza dei quali conosce il mio fidanzato.

Per amplificare il meraviglioso stacco tra servizio e libertà, sono in part-time verticale, lavoro 6 mesi e non lavoro gli altri 6. 

La pensione nel mio caso non è un traguardo, ma potrei permettermi di licenziarmi domattina. 

Quarantanni fa, lavorare nello Stato era considerato, dalle mie parti, roba da falliti...

 

 

visione molto fordista del mondo del lavoro

 

Auschwitz è l'apoteosi del fordismo applicato al genocidio, e forse non tutti sanno che Henry Ford finanziò il partito nazista e Adolf Hitler aveva un ritratto di Ford a grandezza naturale nel suo studio: Ford fu un importante riferimento culturale per Hitler

per quanto riguarda "Il lavoro rende liberi", slogan menzognero di Auschwitz, si tratta di un invito ad aderire liberamente alla propria morte, prima spirituale e poi fisica: tu scava e riempi buche, noi ti diamo un tetto una scodella di cibo le cure mediche e facciamo anche sparire dal tuo sguardo l'orrore della morte, semplicemente un giorno le persone scompaiono e non tornano più

che si tratti di una paleo-metafora, una metafora arcaica e perfezionabile, e infine perfezionata, dell'occidente?

@Bruise l'ideale sarebbe di trovare quel compromesso che ti permette di fare esattamente ciò che ti piace fare e trarne guadagno per poter vivere. "Monetizzare" la tua passione, diciamo. Non è affatto facile, molti non hanno passioni monetizzabili, molti altri si accontentano, moltissimi altri si auto-sabotano senza nemmeno provarci. Ma ogni tanto si legge di qualcuno che ci riesce.

 

Che lavoro dovresti fare per poterti sentire libero?

L'accezione nobilitante del lavoro, a mia personale interpretazione, si traduce nell'inserimento del soggetto lavoratore nel sistema economico conferendone manforte, che diviene parte dell'intero processo che conduce una nazione ad esser produttiva.

Il lavoro permette al lavoratore di acquisire competenze, valore e gratificazione professionale, valori aggiunti che si possono trarre da qualsiasi mansione si decida di svolgere, dalla più umile alla maggiormente rilevante.

Siamo parte integrante di un sistema che non cambierà mai, salvo cataclismi od implosioni a cui non si potrà far fronte.

Nel contesto strettamente attuale, però, non è così facile che il lavoro sia gratificante, o nei peggiori dei casi presente, ed è per questo che la sensazione di impotenza, di sudditanza e di prigionia si acuiscono notevolmente. Si è spesso costretti a prodigarsi in mansioni non consone a quanto si desidera, ed è a causa di ciò che - ovviamente - l'insoddisfazione si rende imperante generando, di riflesso, un'ondata di malcontento a cui, vista l'impostazione generale, non possiamo sottrarci.

I pochi fortunati che possono permettersi la mansione a loro congeniale avranno un'ottica totalmente antitetica a quella da te esposta, malgrado siano relegati ad un'attività coercitiva per poter permettersi la vita agiata, serena, e spensierata bramata da tutti.

Il lavoro e' come la galera , i risultati sono gli stessi dopo 40 anni a fare l operaio sei fritto fuori e dentro . Non ragioni piu da uomo libero ma da scampato quando arrivi alla pensione sei fatto e non ci puoi fare nulla . Io alla pensione non ci arrivero' mai e crepero prima ma che me frega !!!

LocoEmotivo

peccato però che la catena di montaggio novecentesca ormai sia un -brutto & alienante- retaggio del passato,

Dici?

La tuta blu è un retaggio del passato, l'operaio in catena di montaggio (forse) è un retaggio del passato, ma la spersonalizzazione del processo produttivo è ancora attualissima.

Vuoi un esempio?

Telefona a qualche società o gestore per un reclamo. Parlerai con il call center, che magari non è della stessa società ma ha solo vinto un appalto. Loro inoltreranno la segnalazione. La segnalazione verrà recepita da qualche ufficio (forse anche questo esternalizzato, ma sorvoliamo). Questo ufficio provvederà a classificarla e smistarla ad un altro ufficio (stavolta operativo) e magari inoltrerà una nota parallela all'ufficio qualità come sorta di audit interno. L'audit interno analizzerà la segnalazione mettendola in correlazione col proprio storico ed emetterà delle osservazioni (o delle direttive).

E tu, come lavoratore, cosa sei? L'addetto del call-center? Lo smistatore? Il tecnico che ripara? Il tizio che smista? Quello che analizza i processi produttivi o i feedback?

Qualunque sia il tuo ruolo, tu farai sempre e soltanto quello.

Fordismo, per l'appunto. Perché sempre di catena di montaggio si tratta, anche se impalpabile.

 

Il mio ideale è l'otium romano: io in versione toga-party che passo le giornate sul triclinio immerso in profonde meditazioni marcaureliane, disegno giardini e compongo liriche mediocri.

Con schiere di giovani Giovenzio dagli occhi di miele che sciamano intorno al triclinio?

Minchia, ci sto! :D

La premessa mi sembra piuttosto qualunquista. Di che lavoro stiamo parlando? Il lavoro può anche qualcosa di cui non dispiace occuparsi, su cui si spende una quantità ragionevole del proprio tempo; qualcosa che può dare soddisfazione e arricchire l'individuo.

Se vedi il lavoro come una croce o una galera forse il problema non sta tanto nel lavoro in sè, ma nel come lo vivi. Sei costretto o ti costringi a fare qualcosa che non ti piace fare? Allora l'invettiva può avere senso.

Capricorno57

 

 

il problema non sta tanto nel lavoro in sè, ma nel come lo vivi
 

qualunque attività umana fatta con passione e cura nobilita..

Pare comunque difficile appassionarsi a un lavoro mal pagato e senza prospettive, come quello non precisato ma ben definito dell'Opener, che lamenta l'essere "chiuso per la maggior parte della sua vita al lavoro a sputare sangue e raccogliere le briciole di guadagni". 

Dirgli di cambiare lavoro, digitando dal letto di casa, risulterebbe offensivo...

 

 

Il mio ideale è l'otium romano: io in versione toga-party che passo le giornate sul triclinio immerso in profonde meditazioni marcaureliane, disegno giardini e compongo liriche mediocri.

 

mi hai fatto tornare in mente alcune vecchie strisce di Dilbert, bellissimo fumetto ambientato nel variopinto mondo delle major americane

 

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PS la può davvero capire solo chi ha avuto a che fare nella vita con un ufficio marketing :o

 

qualunque attività umana fatta con passione e cura nobilita..

Pare comunque difficile appassionarsi a un lavoro mal pagato e senza prospettive, come quello non precisato ma ben definito dell'Opener, che lamenta l'essere "chiuso per la maggior parte della sua vita al lavoro a sputare sangue e raccogliere le briciole di guadagni". 

Dirgli di cambiare lavoro, digitando dal letto di casa, risulterebbe offensivo...

 

 

Ma infatti non sto dicendo nulla del genere. Mi sembrava che l'opener stesse mettendo in discussione il valore del lavoro tutto e non mi sembrava corretto. Quello che intendevo dire è che forse sarebbe il caso di spostare l'attenzione sul suo caso personale, piuttosto che sparare a zero sull'ideale del lavoro con le solite generalizzazioni.

 

O forse quello che usa è un plurale maiestatis per riferirsi effettivamente alla sua esperienza personale. Boh.

Edited by wwspr

il lavoro nobilita se c'è l'asilo aziendale, i permessi malattia, le ferie pagate e l'aumento nei festivi, così da potersi permettere una vita sociale e una casa adeguati.

 

difficile che causi una catarsi quando ci si scontra con (im)prenditori, sindacati nullafacenti e assunzioni eternamente temporanee.

Auschwitz è l'apoteosi del fordismo applicato al genocidio, e forse non tutti sanno che Henry Ford finanziò il partito nazista e Adolf Hitler aveva un ritratto di Ford a grandezza naturale nel suo studio: Ford fu un importante riferimento culturale per Hitler

per quanto riguarda "Il lavoro rende liberi", slogan menzognero di Auschwitz, si tratta di un invito ad aderire liberamente alla propria morte, prima spirituale e poi fisica: tu scava e riempi buche, noi ti diamo un tetto una scodella di cibo le cure mediche e facciamo anche sparire dal tuo sguardo l'orrore della morte, semplicemente un giorno le persone scompaiono e non tornano più

che si tratti di una paleo-metafora, una metafora arcaica e perfezionabile, e infine perfezionata, dell'occidente?

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Ilromantico

Qual è il senso del topic? Odio le persone che fanno gli snob con il lavoro e quelli che credono di meritarsi per forza stipendi stellari per qualità che non hanno.

 

Lo scopo primario del lavoro è portare la pagnotta a casa, poi da lì se si ha l'opportunità, si possono esigere lavori più gratificanti, costruttivi e ben pagati. Ma anche in un scenario non ottimale, le ore di lavoro vanno prese con filosofia. A tutti è capitato il capo e/o il collega stronzo di turno, l'importante è prenderla come una recita... La falsità è una dote da utilizzare in ambenti di lavoro duri ed ostili.

 

Io al momento faccio un lavoro gratificante, costruttivo e stressante, ma non mi sognerei mai di lagnarmi di nulla. Alla fine mi nobilita perché la pagnotta me la sudo e trovo sia salutare mantenersi 8 ore lavorando.

 

Il non lavorare mi sembra da fannuloni e da falliti a meno che non ci siano valide ragioni: il partner che ti mantiene (perché guadagna abbastanza), una coppia che vive di rendita, ecc.

A me sono capitati brevi periodi di non-lavoro forzato, riuscivo ad occupare tutto il mio tempo libero, ma non sono mai riuscito a godermelo per il senso di colpa. Quando si lavora invece il tempo libero te lo godi al 100% e sapendo di essertelo meritato.

Ilromantico

@marco7

Sì e no. Una commessa sottopagata e sfruttata hai voglia a dirgli "devi vivere il lavoro in un altro modo" perché in teoria non è un lavoraccio, ma moltissimi imprenditori lo rendono tale. In questo caso la soggettività è abbastanza discutibile. Lo stesso non può dirsi per certi cretini che "lavorano" nelle amministrazioni statali e si lagnano sia coi clienti sia nella loro vita.

Poi viene la frase di @rotolo che spero averla capita... Se lavori sei a posto con la coscienza e con la tua gratificazione personale, credo ci sia ben poco di soggettivo e personale. Se sei nato ricco e/o vivi di rendita allora puoi anche permetterti di relativizzare la 'bellezza' del lavorare, ma in caso contrario sarebbe alquanto ridicolo (a meno che non si sia disoccupati per forza di cose). Nel caso di spiantati e parassiti cosa vuoi che ti dicano? È logico che se non hai mai lavorato seriamente in vita tua non capisci il valore delle cose né del tempo.

Il non lavorare mi sembra da fannuloni e da falliti a meno che non ci siano valide ragioni

sai bene anche tu però che generalizzare così non è nemmeno corretto!!!

quanta gente conosciamo buttata in mezzo a una strada, anche dopo decenni di onorato servizio, perchè la megaditta, per risparmiare sui salari, ha delocalizzato in inculonia di sopra?? (est europa, Cina, Vietnam.. adesso pare che l'ultima frontiera a basso costo sia la nordCorea..)

 

chè noi qui possiamo filosofeggiare quanto vogliamo, ma x i 40-50-60enni mi sa che non è esattamente facilissimo ricollocarsi e/o dover traslocare, se hanno pure una famiglia al seguito!!!

-e di situazioni del genere ne conosco ben più di qualcuna!!!-

Edited by freedog

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